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LA DEVOZIONE FILIALE ALLA MADONNA.

MI255 [10-01-1969]

10 gennaio 1969

Don Aldo festeggia il suo santo patrono il 10 di gennaio, e all’epoca era il superiore della Comunità dell’Istituto San Gaetano.

Il riferimento è all’assistente Pietro Grendele, uno fra i primi collaboratori di don Ottorino, che aveva emesso la professione religiosa con il primo gruppo il 7.10.1948. Per molti anni all’Istituto San Gaetano si provvedeva anche a preparare il pane, e l’assistente Pietro Grendele svolse per un periodo l’ufficio di fornaio con tutti i sacrifici connessi.

Il riferimento è all’assistente Luciano Franceschi, che era il responsabile del grande orto e vigneto a fianco della Casa dell’Immacolata e dell’allevamento dei maiali che venivano allevati per il consumo interno.

MI255,1 [10-01-1969]

.1 Penso che vi siate ricordati di pregare per don Aldo : io ho celebrato la Santa Messa per lui; ritengo che si sia già ristabilito e che qualcuno passi a portargli gli auguri.
Ricordatevi che la riconoscenza è il più bel fiore che possa nascere in casa nostra. Cerchiamo di averla sempre, non solo verso don Aldo, ma verso tutti coloro che ci vogliono bene. E questa riconoscenza esprimiamola in chiesa pregando per loro, ma esprimiamola qualche volta anche con il sorriso e con la parola. Vi ricordate, in tempi che furono, come vi esortavo a ringraziare, per esempio, il nostro caro assistente Pierino che faceva il pane, e l’uno e l’altro? E vi accorgevate subito quanta gioia portava questo ringraziamento! Esprimete il ringraziamento per coloro che si sacrificano, non soltanto interiormente, ma anche esteriormente nella circostanza del compleanno, dell’onomastico, e in altri momenti dell’anno. Per esempio, abbiamo il nostro caro assistente Luciano che si sacrifica nei campi per noi.Alcune sere fa egli si trovava nella riunione degli assistenti e ha detto quello che posso riferirvi perché l’ha detto pubblicamente: “Senta, don Aldo. Io lo dico subito: io non aspiro al diaconato perché vedo che non ne ho le doti. Se leggo una pagina di un libro, quando arrivo in fondo devo ricominciare di nuovo perché vedo che non l’ho capita. Perciò io rinuncio al diaconato proprio perché vedo che mi mancano le doti, però non mi sento inferiore a quelli che vanno diaconi e sono felice, contento di offrire la mia vita così, di essere religioso, di lavorare qui dove il Signore mi vuole. Nella mia vita mi sforzerò sempre di non invidiare i diaconi, perché voglio sentirmi come loro, anzi mi sforzerò proprio di non sentirmi mai umiliato nel fare qualsiasi lavoro e lo farò per amore di Dio; voglio farlo proprio per amore delle anime, della Congregazione, dei miei fratelli!”. Amici miei, non vi pare che questo atto meriti anche un sorriso esterno? Non vi pare che qualche volta noi, forse, dimentichiamo queste creature? Ho nominato Luciano per ricordare uno dei fratelli. E magari si passa vicino a lui! Quanto costerebbe fargli un sorriso, fermarsi con lui un momentino, circondarlo di un po’ d’affetto? Mi sono soffermato su questo perché Luciano aveva detto: “Mi viene solo una tentazione, che cerco di cacciare: finché ci sarete voi, don Aldo e don Ottorino, so che voi non mi umilierete mai, che mi vorrete sempre bene, ma... quando voi non ci sarete più, gli altri confratelli mi vorranno ancora bene come me ne vogliono adesso?”.

PENITENZA sacrificio

DIACONATO diacono

ESEMPI umiltà

DOTI UMANE

CONSACRAZIONE religioso

VIRTÙ

umiltà

APOSTOLO salvezza delle anime

CONGREGAZIONE

Il riferimento è all’ordinazione dei primi sette diaconi permanenti della Congregazione, fissata per il 22.1.1969, festa del diacono Vincenzo.

Il riferimento è all’assistente Vinicio Picco, che all’epoca era consigliere generale e responsabile del laboratorio di meccanica della Casa dell’Immacolata.

MI255,2 [10-01-1969]

2. Ecco, io vi dico: approfittiamo di questa circostanza dell’onomastico di don Aldo per rimarcare questo principio della riconoscenza. Cercate di voler bene a tutti, ma specialmente a quelli che hanno uffici un po’ più umili. Non dimenticateli mai; per esempio, le nostre buone donne, qualche assistente dell’Istituto. Quando andate in tipografia o in qualche altra parte, passate vicino a uno dei fratelli, voi forse non pensate al bene che potreste fare loro solo con un sorriso, con un saluto, con una parola un po’ calda. Mi pare che questo sia un dovere di giustizia oltre che di carità, perché, in fin dei conti, in una famiglia bisogna dire anche grazie, qualche volta, a qualcuno che si sacrifica per noi.
Mostratevi proprio fratelli, specialmente voi dell’Immacolata, i più anziani dell’Immacolata, mostratevi riconoscenti in tutta la Comunità. E questo fatelo un domani quando arriveranno confratelli da altre Comunità. Per esempio, adesso in questa circostanza dell’ordinazione verranno da Crotone e da Roma: non ci sia un saluto freddo. Sapeste quanto bene fa un saluto un po’ caloroso! Per esempio, siete tornati dalle vacanze... - una volta si tornava dalle vacanze, dopo essere stati lontani due o tre giorni e ci si ritrovava con un “Oh, Vinicio , come sta?”, e via dicendo - e magari siete rientrati quasi senza salutarvi. Sapeste quanto è diverso un saluto dato un po’ calorosamente da quello dato così, come lo si darebbe al proprietario di un albergo o a colui che segna il nome in portineria! Vinicio, non so se sbaglio a dire questo. Guardate che un po’ di calore sta bene: quel calore che caratterizzava la nostra Famiglia ai suoi inizi. Ricordate gli arrivi ad Asiago, i saluti un po’ calorosi, fraterni? Guardate che devono esserci sempre. Che non avvenga che un domani uno di voi sia mandato in un’altra Comunità e arriva come fosse un estraneo. “Oh, padre, è arrivato? Beh, senta: se vuole salga al numero tre a dormire”. “Ah, scusi, c’è anche lei?”. No! Anche se quel tale non l’abbiamo mai visto, è un fratello che arriva. Non vi pare? È un fratello che arriva e deve sentire che arriva a casa sua e che viene in mezzo ad amici, in mezzo a fratelli, in mezzo a creature, insomma, che lo conoscono già, perché basta che alla domanda: “Sei cristiano?”, egli risponda: “Sì!”, ebbene: “Basta! A me non interessa altro; sei cristiano, hai detto tutto! Sei uno della Pia Società, sei un fratello nostro!”. Insomma, cercate di conservare questo spirito, perché, a un dato momento, si potrebbe fare il cuore duro, diventare un po’ insensibili a queste cose. E allora pregherei proprio i più anziani di muovere l’ambiente perché questo è un po’ il profumo della carità. Scusate, ma ho approfittato dell’occasione per sottolineare un aspetto che mi sembrava necessario sottolineare.

CARITÀ

COMUNITÀ

fraternità

CONGREGAZIONE assistente

CARITÀ

amore al prossimo

PENITENZA sacrificio

COMUNITÀ

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

Nella meditazione del 7 gennaio don Ottorino aveva lanciato la proposta di fare una meditazione settimanale sul libro Le meraviglie di Fatima.

Nel testo registrato interviene a questo punto don Guido Massignan, che all’epoca era il direttore della Casa dell’Immacolata, dicendo: “No, no, piano, piano! Sto interessandomi intanto di trovare il libro”.

Don Ottorino riprende il testo delle delibere del 1° Capitolo generale sulla vita di pietà e legge la n. 10 sulla devozione alla Madonna. Il testo viene sempre riportato in corsivo.

Il riferimento scherzoso è a Giuseppe Biasio, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico e che spesso si dedicava con amore e passione al servizio della cucina.

Spesso i gruppi dei giovani della Casa dell’Immacolata andavano a passare il sabato e la domenica a Bosco e la cucina dovevano farla loro: don Ottorino descrive una di queste scenette.

Il riferimento è, evidentemente, a una meditazione di padre Lombardi, nella quale portava questo esempio sulla necessità di pacificare situazioni di conflittualità da parte di chi in casa ha una posizione di guida e di sostegno dell’unità dei membri della famiglia stessa.

MI255,3 [10-01-1969]

3. Continuo le solite meditazioni.
L’ultima volta avevo espresso una proposta, più che un desiderio, una proposta desiderio. Poiché non c’è stata nessuna reazione... Pensavo che aveste già scartato la mia proposta; ad ogni modo, trovatemi il libro. Allora oggi continuiamo leggendo la delibera n. 10. «Ogni religioso coltivi una devozione del tutto particolare alla Vergine Immacolata. Egli consideri la Madonna come la propria Madre; quindi attinga da lei forza nel quotidiano impegno di perfezionamento, il suo sostegno nelle tentazioni e l’aiuto nel lavoro apostolico. Con il Rosario, che recita ogni giorno, possibilmente in comune, esprima questo suo amore filiale alla Madonna e ne impetri la materna protezione». In una famiglia, quando manca la mamma, le cose non vanno troppo bene. Supponiamo di andare su a Bosco e che ci sia una mamma che fa da mangiare: tu non te ne accorgi neanche... Vai lì a mezzogiorno e trovi pronto, vai alla sera e trovi pronto. Ma, se a un dato momento la mamma viene sostituita da “mamma” Giuseppe... il primo giorno le cose vanno bene, il secondo giorno gli gnocchi cominciano ad essere duri, e il terzo giorno si dice: “È meglio andare a casa a mangiare alla sera, perché dopo c’è da lavare i piatti”. E questo lo dico senza offendere Giuseppe, poveretto, che fa con tanto amore e generosità. In una casa una mamma fa tante di quelle cose che tre uomini non sarebbero capaci di fare in un tempo doppio. Una mamma, con semplicità, fa da mangiare da sola, lava i piatti, combina tutto... “Andate via, andate via, fate un piacere; mi arrangio da sola; le cose le faccio io. Fatemi un piacere, uomini, andate via! Mi arrangio da sola”. E invece tu vai lì: in cucina ci sono quattro o cinque uomini e, dopo, quando è ora di condire la pasta o gli gnocchi, hanno bruciato il soffritto, come è avvenuto l’ultima volta; hanno bruciato tutto e sono stati costretti a buttare via il condimento; bruciato tutto completamente. Una mamma da sola, invece, ce la fa, si arrangia: non solo prepara da mangiare, ma si prende cura dei vestiti, fa le pulizia nelle stanze... pensate a quante cose fa una mamma in una famiglia. Si può dire che mette un condimento a tutto in casa, mette l’armonia... Vi ricordate che padre Lombardi portava l’esempio dei due fratelli, nel quale la mamma dice a uno: “Tu sei il più vecchio, devi essere un pochino arrendevole, capire...”, e all’altro: “Tu sei il più giovane, ti raccomando, cerca di essere un pochino più rispettoso...”. La mamma ha sempre la parolina per mettere la pace, la concordia. La mamma prepara da mangiare, tiene in ordine i vestiti, la mamma mette la concordia, la mamma spinge, la mamma frena...

CONGREGAZIONE Capitolo

CONSACRAZIONE religioso

MARIA devozione a ...

MARIA maestra, guida

CROCE tentazioni

PREGHIERA rosario

MARIA fiducia di..

MARIA la nostra buona mamma

FAMIGLIA mamma

ESEMPI mamma

Parolaccia, bestemmia.

Don Ottorino si riferisce alle frequenti visite che faceva alla mamma, che si trovava ammalata presso la colonia agricola dell’Istituto a Grumolo delle Abbadesse (VI).

Camisano Vicentino è un grosso paese a 15 chilometri da Vicenza e a circa 5 chilometri da Grumolo. Da almeno un secolo è il centro commerciale della ricca zona rurale che lo circonda, tanto che negli ultimi tempi è chiamato la ‘città degli acquisti’.

La medicina popolare individuava nella presenza di brufoli una costipazione intestinale che abbisognava di una energica purga o di qualcosa che depurasse il sangue come tisane a base di piante medicinali quali la bardana, la senna, il tarassaco, la malva.

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4. Che brutta cosa quando in una famiglia manca la mamma e al suo posto c’è invece una matrigna! È un caso che una matrigna sia una mamma; la vera matrigna è matrigna. Quando, poi, in casa non c’è neanche la matrigna, e l’uomo deve fare da mamma, deve fare tutto, è un disastro. Giunge a casa alla sera, e allora tu vedi nell’acquaio una pila di piatti e le pentole tutte sporche, vedi la roba buttata là; un giorno fa da mangiare per dieci persone di più e un giorno per la metà dei presenti: un disastro! Non parliamo, poi, della biancheria e di cose simili. Ho visto talvolta qualche uomo mettersi a lavare i pannolini del figlio tra qualche oca e dire: “Non sono cose per me, queste!”. Una casa senza la mamma...! È difficile per noi apprezzare il sacrificio di una mamma e quello che essa fa. Ma per vedere un po’ che cosa fa, bisognerebbe provare ad essere, in casa, senza la mamma.
Mi pare che la stessa cosa si debba dire un pochino nei riguardi della nostra vita spirituale. Anche noi abbiamo bisogno proprio della mamma, non in una forma sentimentale, ma reale: abbiamo bisogno dell’aiuto della mamma! Guardate che cosa fa una mamma. Ricordo quando, da sacerdote, andavo, a Grumolo e sentivo dirmi: “Scusa, don Ottorino, vieni qua, vieni qua. Scusa sai, sono tua mamma!”, e mi scopriva un po’. “Quante magliette hai? Guarda che questa è troppo leggera. Mettine una un po’ più pesante; devi averne una a casa, mi ricordo, sai, devi averla”. “No, mamma, è...!”. La volta seguente: “Guarda che l’ho fatta prendere a Camisano; provala e portatela a casa...”, oppure mi arrivava a casa il giorno dopo. “Attento, hai quel raffreddore! Di notte copriti la testa; te la faccio fare io una berretta per la notte”, e dopo qualche giorno mi arrivava a casa la berretta da notte. “Scusa, lasciami guardare le mutande; sono tua mamma! Sono un po’ strette; te le faccio fare io!”. La mamma fa così: “Scusa, hai dei brufoli; sta’ attento, sta’ attento... bisogna che tu prenda qualcosa”. Mia mamma era preoccupata non soltanto dei miei vestiti, della mia salute... “Scusa, don Ottorino, non spetta a me dirti questo, ma vedi che i tuoi ragazzi che vanno preti siano umili; ti raccomando che siano puri ed umili, altrimenti, sai, non servono a niente; guarda che siano puri! Scusa, sai”. Non soltanto, dunque, si interessava dei vestiti, della salute, ma anche del lavoro del figlio! Però, però, una cosa: la mamma mi diceva queste cose quando io andavo a trovarla. Se ero qui a Vicenza, lei telefonava ogni tanto o mandava a dire: “Vieni a trovarmi. È un pezzo che non vieni! Vieni a trovarmi”. E quando ripartivo, mi diceva: “E adesso, quand’è che verrai a trovarmi?”. Ogni volta che partivo da Grumolo per venire a Vicenza mi diceva: “E adesso, quand’è che verrai a trovarmi?”. Ma è chiaro: ci voleva anche un’azione da parte mia per usufruire del beneficio dell’amore di mia mamma, cioè io dovevo andare là. Lei mi desiderava, lei mi pensava, ma io dovevo andare da lei.

FAMIGLIA mamma

PENITENZA sacrificio

PREGHIERA sentimentalismo

AUTOBIOGRAFIA famiglia

VIRTÙ

umiltà

SACERDOZIO prete

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5. Così è anche con la Madonna. La nostra buona mamma, la Madonna, pensa sempre a noi, sapete, ci conosce uno per uno. È lei la mamma del nostro sacerdozio, del nostro diaconato; è lei la capitana, la regina di quello che un domani sarà il nostro lavoro apostolico; è lei che ci darà tutto il necessario, dal vestito, si può dire, alla salute fisica, ai suggerimenti e agli aiuti spirituali necessari per salvare le anime; è lei che ci farà trovare il bandolo della matassa nelle anime.
Quante volte vi troverete un domani in difficoltà! Vi chiederete: “Come si fa? Come non si fa?”. Dovete avere l’abitudine di rivolgervi a lei, di domandarle: “Senti, mamma, come si fa? Madonna, dimmi un po’!”. Però, per arrivare ad usufruire di questi benefici bisogna che noi facciamo un passo, che andiamo ‘da Vicenza a Grumolo’, e lei ci darà tutte queste cose; lei desidera ardentemente di darcele, ma siamo noi che dobbiamo fare un passo, avvicinarci a lei, accostarci insomma a lei. Lei ci manderà, anche, a casa qualcosa, ma noi dobbiamo avvicinarci a lei. Senza questo nostro passo verso di lei, finiamo per non usufruire di quello di cui abbiamo bisogno e che lei ha in mano per noi. Ho detto prima che in casa non si può stare senza la mamma. Perché? Perché dalla provvidenza è stabilito così: il papà va a lavorare e la mamma prepara da mangiare. Nella provvidenza di Dio è stabilito così: Padre, Figlio e Spirito Santo e mia mamma, la Madonna, la quale non è né Padre, né Figlio, né Spirito Santo, ma è mia mamma. Lei è la strada attraverso la quale io vado al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; è il mezzo sicuro per salvare la mia vocazione e per salvare le anime. Però questo avvicinamento deve essere fatto non con le preghiere comuni, - anche con le preghiere comuni, per esempio con il rosario recitato bene - ma con quei ‘cinque minuti’ quotidiani con il Signore che sono quasi la chiave per metterci in contatto con lui.

MARIA la nostra buona mamma

DIACONATO

SACERDOZIO

DOTI UMANE salute

MARIA maestra, guida

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE difficoltà

MARIA devozione a ...

MARIA fiducia di..

FAMIGLIA mamma

FAMIGLIA papà

PROVVIDENZA

DIO Padre

DIO Figlio

DIO Spirito Santo

APOSTOLO vocazione

Il riferimento è all’assistente Ugo Gandelli, che all’epoca stava frequentando l’Istituto per ragionieri.

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6. Avevamo detto che cinque minuti di adorazione non sono sufficienti in sé, ma sono come quando mia mamma, durante la mia infanzia, mi diceva:
“Senti, Ottorino, oggi vieni a dormire”. “No, mamma”. “Vieni solo cinque o dieci minuti... Solo dieci minuti”. “Senti, mamma: se mi prometti che mi lasci a letto solo dieci minuti, vengo”. “Beh, sì, dieci minuti solo”. Quando erano le cinque del pomeriggio mi chiamava: “Ottorinooo...!”. “Ho sonno”. “Dai, scendi dal letto perché sono le cinque”. “Ho sonno”. Potete immaginare: dopo quei dieci minuti chi mi avrebbe tirato giù dal letto? È chiaro? Erano i cinque minuti della mamma che creavano il miracolo. Se mia mamma mi avesse detto: “Vieni a letto un’ora...”, non ci sarei andato neanche per sogno. Invece per accontentare mia mamma, a letto, per cinque o dieci minuti ci andavo ogni giorno; ma dopo era una disperazione tirarmi giù dal letto. Questa è la storia di don Ottorino bambino. Mia mamma era ammalata, era a letto, e c’era il pericolo che questo piccolo andasse in giro: dove va e dove non va? Almeno se lo tirava un pochino a letto, vicino a lei. Ebbene, amici miei, quei cinque minuti io li penso proprio così. Andate a "dormire" cinque minuti davanti al tabernacolo... finirete per prendere “sonno” e sarete a posto. Capita qualche sera di prendere sonno. È capitato anche a me! Vinicio, che c’è da ridere? È capitato anche a me di addormentarmi. Eh, “felix culpa”, no? Provate a prendere il gusto, la gioia di incontrarvi con il Cristo, di stringere la mano al Cristo, di aprire il vostro cuore al Cristo e ascoltare lui che apre il suo cuore a voi. A un dato momento bisognerà dire: “Ugo, scendi: c’è da fare”. E lui: “Lascia che dorma un altro po’, lascia che dorma un altro po’!”.

EUCARISTIA adorazione

AUTOBIOGRAFIA famiglia

EUCARISTIA tabernacolo

CONSACRAZIONE

GESÙ

incontro personale

Sulla parete di fondo della chiesa della Casa dell’Immacolata, in una nicchia sopra il tabernacolo, è posta la statua dell’Immacolata, opera di pregevole fattura artigianale della Val Gardena, con le braccia protese verso il basso, quasi ad indicare il tabernacolo che è sotto di lei.

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7. Come ci incontriamo con Cristo, così è necessario che ci incontriamo anche con la Madonna, che impariamo ad incontrarci con la Madonna. Potete incontrarvi con lei anche in quei ‘cinque minuti’: prima con la Madonna e poi con il Cristo; potete prima rivolgere il vostro sguardo alla Madonna - qui, nella nostra cappella, abbiamo anche la grazia di avere l’immagine della Madonna con le braccia aperte, che quasi ci presenta lui, il nostro fratello Gesù - e incontrarvi con lei un momentino: “Senti, mamma, sono qui”. E allora si parla con lei, ci si rivolge a lei. Avete avuto una tentazione forte durante al giornata? Avete il cuore che sta un pochino traballando? Avete una difficoltà riguardo all’umiltà o alla pazienza? Rivolgetevi a lei! Vedete che fate fatica ad incontrarvi con Gesù? Rivolgetevi a lei che vi aiuti ad incontrarvi con Gesù! Mettetela come mediatrice di tutto questo lavoro.
Io penso che non si cresce nella vita spirituale senza questo incontro: fatelo in chiesa, fatelo fuori di chiesa, fatelo come volete... fatelo leggendo un libro sulla Madonna. Io penso che di tanto in tanto bisognerebbe leggere qualche cosa sulla Madonna, anche per tenere un pochino ravvivata la nostra devozione. È necessario ogni tanto anche parlare della mamma, osservare un pochino quello che fa, altrimenti si rischia di considerare la mamma come una serva e di non pensare a quello che fa. Credo che anche della Madonna bisogna ogni tanto leggere qualcosa, farci dire da qualche buon autore qualcosa intorno alla nostra buona mamma, la Madonna. Ma penso, amici miei, che bisognerebbe che nella nostra vita prendessimo un po’ l’abitudine di questo incontro filiale con la Madonna, perché, tante cose ce le dirà lei. In casa certe cose ce le dice il papà e certe cose ce le dice la mamma. Mio papà a volte diceva: “Clorinda, di’ tu a quel piccolino quelle cose, digliele tu...”. Penso che nella vita spirituale ci sono proprio delle cose che ce le dice la Madonna, che ce le fa capire la Madonna... E noi vediamo come ci sono anime che si conservano veramente buone perché hanno una devozione eccezionale verso la Madonna e hanno trovato il modo di stabilire questo contatto con lei.

GESÙ

incontro personale

MARIA devozione a ...

MARIA maestra, guida

GESÙ

fratello

CROCE tentazioni

CROCE difficoltà

VIRTÙ

umiltà

VIRTÙ

pazienza

MARIA mediatrice

PREGHIERA vita interiore

MARIA la nostra buona mamma

FAMIGLIA papà

Nell’esempio don Ottorino si riferisce a mons. Vincenzo Sebben e a don Fabiano Dalle Carbonare, rispettivamente rettore e docente del collegio vescovile di Thiene (VI), che all’epoca fungeva da seminario minore per la diocesi di Padova.

In questo secondo esempio il riferimento è all’assistente Danilo Gasparotto, che faceva parte della Comunità dell’Istituto San Gaetano di Vicenza, dove aveva la responsabilità della tipografia.

Sulla statale Marosticana c’è la vecchia chiesetta di Laghetto dedicata alla Madonna Ausiliatrice.

MI255,8 [10-01-1969]

8. Per esempio, senza andare tanto lontano, pensate al nostro carissimo monsignor Sebben. Ricordate? Ogni sabato saliva a Monte Berico per confessarsi e là restava inginocchiato un’ora, un’ora e mezza davanti alla Madonna. Il nostro caro don Fabiano andava insieme con monsignor Sebben, ma continua anche adesso, da solo, sempre il sabato. Che ci sia tanto o poco da fare, lui il sabato mattina ha il suo orario e deve andare a Monte Berico, e non è che vada a confessarsi e poi scappi via, ma rimane inginocchiato a pregare un’ora, un’ora e mezza. Perché? Per incontrarsi un po’ con la Madonna.
Prendete per esempio l’assistente Danilo, il nostro assistente Danilo che lavora in tipografia. Domenica prossima dobbiamo trovarci per una faccenda, e gli ho detto: “Sei libero domenica?”. “Veramente... di domenica mattina sarei occupato”. “Che cosa hai?”. “Eh, la Madonna... devo andare a Monte Berico per ascoltare la seconda Messa”. L’assistente Danilo ogni domenica mattina va ad ascoltare la seconda Messa a Monte Berico, ad incontrarsi con la Madonna, così, con semplicità. Potrei citare degli altri nomi ancora, restando un po’ in casa nostra. Nella nostra vita bisogna che ci facciamo un po’ di programma, un po’ di orario. Osserviamo le nostre buone mamme... di tanto in tanto, una volta al mese, o due o tre volte all’anno, programmano: “Dobbiamo andare a Monte Berico, perché dobbiamo incontrarci un po’ con la Madonna”. Le figliole sposate di tanto in tanto vanno a casa a trovare la mamma. E allora perché noi non dobbiamo programmare un incontro con la Madonna ogni tanto? Voi direte: “Ma occorre proprio andare a Monte Berico?”. E che male sarebbe se, per esempio, nella Casa dell’Immacolata si fissasse di andare a Monte Berico una volta al mese, non perché è il regolamento che lo stabilisce, ma perché si ha piacere di andare a salutare la Madonna a Monte Berico? Vengono da lontano, vengono dai nostri paesi in pellegrinaggio a Monte Berico, e noi che siamo qui, magari, o perché si è stanchi, o per una cosa o per un’altra, lasciamo passare dei mesi senza andare a salutare la Madonna. Voi direte: “Ma è proprio necessario andare a Monte Berico?”. No, per carità! Potete andare anche a Laghetto , dove volete; essenziale è che ci avviciniamo alla Madonna e che parliamo con lei. Però, tante volte sono queste cose esterne che ci mostrano un pochino se c’è o non c’è amore per la Madonna.

MARIA devozione a ...

ESEMPI Maria

VIRTÙ

semplicità

FAMIGLIA mamma

S. E. mons. Costantino Luna, di origini vicentine, era all’epoca vescovo di Zacapa di Guatemala, dove la Congregazione aveva aperto la 1ª Comunità missionaria oltre oceano.

Il riferimento è a S. E. mons. Beniamino Socche, proveniente dal clero vicentino.

Dopo la seconda guerra mondiale, nelle diocesi di Reggio Emilia e di Modena ci furono alcuni sacerdoti e seminaristi uccisi dai comunisti, in odio alla religione, e quindi le minacce di morte ricevute da monsignor Socche non erano delle semplici ‘verbosità elettorali’ come certa storiografia di parte vorrebbe far credere.

MI255,9 [10-01-1969]

9. Guardate monsignor Luna, per esempio, il nostro carissimo vescovo di Zacapa che dice: “Io sono il segretario del vescovo di Zacapa; il vescovo di Zacapa è la Madonna”. Voi direte: “Beh, insomma!”. Però, lui con semplicità considera la Madonna come vescovo di Zacapa. Lui ha detto alla Madonna: “Io ti considero come vescovo. Accetto di fare il vescovo purché io faccia da segretario. Se vuoi, dinanzi alle autorità farò io da vescovo, tanto per mettere a posto le cose, ma tu sei il vescovo e io allora faccio da segretario. Se facciamo così, io accetto e andremo avanti!”. Voi direte: “Beh, insomma... sono bambinate”.
Leggevo di monsignor Socche, e voi sapete che uomo era monsignor Socche, che durante l’ultima guerra era vescovo di Cesena e andava in giro con il carretto sotto i bombardamenti per portare da mangiare alla gente, da vescovo, trascinando il carretto, un carretto pieno... e c’era il coprifuoco e non si poteva passare per le strade e lui, vescovo, poteva farlo. Diceva: “Anche se mi ammazzano non me ne interessa niente”. Me le ha raccontate lui queste cose, come pure certi avvenimenti che gli sono capitati durante la guerra. Poi è stato trasferito a Reggio Emilia dove hanno minacciato di ammazzarlo più di una volta. E lui che cosa ha fatto? Ha messo il suo anello episcopale al dito della Madonna e le ha detto: “Guarda che l’ordinario della diocesi sei tu...”. Ha fatto l’investitura: “Tu sei l’ordinario della diocesi!”. Sapete che l’ordinario è colui che ha autorità. “Io sarò il vescovo esternamente, ma l’ordinario, quello che ha nelle proprie mani l’autorità, sei tu, intendiamoci bene. Allora andiamo d’accordo!”.

MARIA devozione a ...

CHIESA Vescovo

VIRTÙ

semplicità

MI255,10 [10-01-1969]

10. Io raccomanderei questo patto: come direttrice della Casa dell’Immacolata, delle nostre parrocchie, delle nostre Comunità, del nostro lavoro, lasciamo la Madonna, lasciamo la Madonna! Insisto: una pietà sentimentale, no, no, per carità, nemmeno verso la Madonna, questo no, ma una vera pietà sì! E la vera pietà è fatta anche di un po’ di cuore, non soltanto di intelligenza, perché l’intelligenza, se è da sola, potrebbe portarvi fuori di strada anche riguardo alla fede. Tu discuti, discuti, discuti tanto... a un dato momento stai attento: a forza di discutere ti dimentichi da dove sei partito e ti trovi staccato dalle mani di tuo papà e di tua mamma.
Un bambino, che sta camminando per la strada attaccato alla mano del papà o della mamma, se a un dato momento inciampa e fa un capitombolo, si rialza subito perché c’è quella mano che gli dà un strattone e lo tira avanti; se invece è staccato da quella mano e fa un capitombolo, qualche volta resta lì. Noi dobbiamo camminare attaccati a una mano. Nella vita potranno capitarci anche dei capitomboli o qualche momento in cui inciampiamo in un sasso, in una buca, in qualche cosa, ma se noi siamo attaccati con la fede, una fede veramente viva, una fede che parta sì dall’intelligenza, ma abbia anche un pochino di cuore, se siamo attaccati a nostro Signore Gesù Cristo, siamo attaccati alla nostra buona mamma, la Madonna, non abbiamo paura. Qualche volta io vi metto davanti un po’ le difficoltà che troverete, ma nello stesso tempo vi dico: non abbiate paura! Chi è devoto della Madonna non cade, non cade, e se anche gli capitasse qualche caduta, si rialza. Chi è devoto della Madonna, state sicuri, o presto o tardi sfonderà certamente; potrà trovare delle difficoltà per il diaconato, delle difficoltà per impiantare una missione... va bene, non importa! Spargerà il sangue, ma trionferà, perché è la Madonna che trionfa. Non siamo noi, è lei, è il Cristo che trionfa! Ma, a un dato momento, se noi pretendiamo e diciamo: “Mamma, aspetta perché io me ne vado”, e ci stacchiamo dalla sua mano, allora è il caso di Cappuccetto Rosso: c’è il lupo e non si sa dove si va a finire. Scusate se ho parlato così, ma che cosa volete, una volta io parlavo alla buona, così, e allora continuiamo ancora. Penso che questa mezz’oretta sia una mezz’oretta di ricreazione spirituale che passiamo insieme settimanalmente. Ma vi raccomando, in nome proprio di quelle anime che vi aspettano: non andate soli! Un domani, quando vi presenterete in un luogo di missione, arrivate pure con i vostri filosofi, con Tommaso d’Aquino e qualche altro, ma se non arriverete con la Madonna saranno dolori; ho paura che se arriverete senza la Madonna, comincerete già a mangiare senza fuoco, e andare in un posto senza focolare vuol dire mangiare sempre cibo freddo. È facile cominciare un’opera, ma arrivare e cominciare un’opera senza l’aiuto della Madonna, significa cominciare freddamente.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

PASTORALE parrocchia

COMUNITÀ

MARIA devozione a ...

PREGHIERA sentimentalismo

VIRTÙ

pietà

VIRTÙ

fede

DOTI UMANE intelligenza

FAMIGLIA mamma

FAMIGLIA papà

GESÙ

MARIA la nostra buona mamma

CROCE difficoltà

DIACONATO