Don Ottorino si riferisce al commento, che aveva iniziato il 4 febbraio, alla storia delle apparizioni di Fatima.
Il riferimento è al libro di W. T. WALSH, Madonna di Fatima, Editrice Ancora Nigrizia Milano 1965. Le citazioni, che per questa meditazione vengono prese dalle pagine 84-87, sono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
La mamma di San Domenico Savio si chiamava Brigida Agagliate; era la mamma di San Giovanni Bosco, la guida spirituale del giovane Domenico, che si chiamava Margherita.
MI264,1 [14-02-1969]
1. Sia lodato Gesù Cristo. Se non vi dispiace, questa mattina riprendiamo questo argomento, anche per continuarlo un pochino, dato che è una settimana che non ci troviamo a causa della neve. Nei tre incontri, mi pare, che abbiamo fatto con l’aiuto di questo testo, cioè su questo argomento, ci siamo fermati a considerare la preparazione dei bambini: l’angelo viene e invita i bambini a pregare, poi li ritrova mentre giocano vicino al pozzo e li invita di nuovo a pregare, poi viene con l’Eucaristia e invita i fanciulli ad adorare la Santissima Trinità, e ad adorarla attraverso il Cristo. Guardate la bontà del Signore! Quando vuole affidare una missione a qualche anima, egli comincia da lontano a prepararla, a purificarla. Dicevamo, in altre circostanze, che una vocazione viene preparata ancora con la nonna; bisogna osservare la mamma, osservare il papà, osservare la famiglia per vedere la vocazione, per riconoscere la vocazione. A un dato momento, abbiamo detto, non basta neanche osservare la mamma: dobbiamo vedere un pochino la nonna. Però dobbiamo vedervi un po’ la grazia del Signore, proprio il Signore che quando vuole un fiore si prepara il giardino. Quando il Signore vuole un Domenico Savio si prepara una mamma Margherita, quando vuole un Agostino si prepara una Santa Monica. Come conclusione di questa prima parte, prima di passare al messaggio vero e proprio, all’incontro dei fanciulli con la Madonna, direi questo: cerchiamo di vedere anche noi la mano di Dio vicino a noi. Non occorre vedere miracoli dappertutto, ma la provvidenza di Dio. Occorre vedere la mano di Dio che ha preparato la nostra vocazione, che ha preparato il giardino per la nostra vocazione, vedere la mano di Dio che ci segue. Come il Signore ha seguito i tre fanciulli per prepararli all’incontro con la mamma, così il Signore segue questa nostra Famiglia in tanti modi, in tante forme, sia quando manda un’ispirazione o una grazia o il diaconato, ma in modo particolare, ed era questo che volevo sottolineare, quando passa lui con il suo sangue, con la sua croce. Non dobbiamo dimenticare questi passaggi insanguinati!MARIA Fatima
EUCARISTIA
DIO Trinità
DIO bontà
di...
APOSTOLO vocazione
GRAZIA
FAMIGLIA mamma
MARIA
PROVVIDENZA
DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
CONGREGAZIONE
DIACONATO
Don Ottorino ricorda la morte del primo religioso della Congregazione, l’assistente Giorgio Pieropan, avvenuto in un incidente stradale a Este (PD) il 12.11.66, e poi quella del seminarista padovano Lino Zuin, morto accidentalmente nel cortile della Casa dell’Immacolata il 18.1.1969.
Il riferimento è a Giovanni Orfano, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.
Non sappiamo in che cosa don Ottorino si fosse impegnato davanti al Signore in quell’occasione, ma doveva essere qualcosa di importante perché ne parlava spesso senza precisare i termini dell’impegno che si era preso per camminare sempre più verso la santità.
Don Ottorino aveva visto da subito nella morte di Lino Zuin un passaggio di Dio che aveva chiesto a Lino la vita e ai membri della Congregazione un ulteriore forte impegno di santificazione personale e comunitaria.
MI264,2 [14-02-1969]
2. Quando andate in cortile e vedete ancora quella macchia di sangue del nostro caro Lino, non potete rimanere indifferenti. Il tempo passerà, ma quel sangue versato a Este e quello versato qui, non deve essere dimenticato, perché esso va unito al sangue del Cristo. Quel sangue richiama il nostro sangue, il sangue che quotidianamente il Signore ci invita a versare per amore suo: non in una forma violenta, forse, come quella di Giorgio e Lino, ma in una forma così, come l’angelo insegnava ai piccoli di Fatima quando Lucia chiedeva: “Che cosa dobbiamo fare per sacrificarci?”, e le rispondeva: “Accettate tutto quello che il Signore permette, tutto quello che il Signore manda”. Può essere un trionfo scolastico o anche una delusione - non è vero, Giovanni? -; può essere un momento in cui tu sei bene accolto dai tuoi amici o un altro momento in cui i tuoi amici, volontariamente o involontariamente, ti disgustano. Bisogna saper accettare tutto dalle mani di Dio, non voler dare sempre una spiegazione umana, cioè non mettere tutto sul piano umano. Cerchiamo di vedere qualche volta, durante la giornata, il passaggio del Signore: il Signore che permette la nostra sofferenza, anche attraverso la cattiveria degli uomini o gli sbagli degli uomini o la incapacità degli uomini, che possono essere anche i nostri superiori. Non so se sbaglio, ma guardate che questo è necessario, sapete! Lo dico perché ho un sottofondo che mi preme qui nel cuore. Questi uomini di oggi, e sono uomini di Dio, uomini di Chiesa, vorrebbero tutto razionalizzare, tutto, proprio tutto, vorrebbero vedere il perfetto dappertutto, quando poi è così difficile essere perfetti. Non vi pare? E allora ecco la lezione che ci lasciano questi tre fanciulli proprio su questo punto: imparate ad accettare tutto dalle mani di Dio e a vedere Dio anche nelle piccole cose. E non dimenticate la lezione che il Signore vi ha dato: il sangue non deve essere versato inutilmente, ricordatevelo bene! Quando è morto Lino, se vi ricordate, io ho detto che ho fatto qualcosa, perché è un richiamo di Dio e bisogna fare un passo avanti. Io non vi invito a fare voti o cose straordinarie, ma guardate che il Signore chiede conto di questa grazia; ricordatevi bene che vi chiede conto di questa grazia! Davanti al giudizio di Dio voi dovrete rendere conto di questo passaggio del Signore. Quel fratello disteso a terra dinanzi ai vostri occhi è un richiamo del cielo! Guardate che il Signore ve ne chiederà conto; non dimenticatelo, per carità, perché al momento della resa dei conti, verrà estratta quella partita.CROCE sangue
DIO amore a Dio
MARIA Fatima
PENITENZA sacrificio
CROCE sofferenze morali
VOLONTÀ
di DIO
DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
COMUNITÀ
superiore
APOSTOLO uomo di Dio
NOVISSIMI morte
AUTOBIOGRAFIA
CONSACRAZIONE voti
NOVISSIMI giudizio
GRAZIA
Il riferimento è a Renzo Meneguzzo, vocazione adulta entrato dopo il diploma di perito agrario, che all’epoca si trovava nell’anno del noviziato.
Il leccio è una specie di quercia sempreverde, che fa parte della macchia mediterranea; se il suolo è poco fertile resta una pianta bassa e contorta.
La storia ritiene contemporanei i fatti che si svolgono in un arco di tempo compreso tra due generazioni.
MI264,3 [14-02-1969]
3. N Ecco allora i tre fanciulli che, ormai ripieni di Dio, comunicati del corpo e del sangue di Cristo, ripieni del desiderio di soffrire, di mortificarsi, di fare piccoli sacrifici, di pregare e pregare per la conversione dei peccatori, sono pronti. Il 13 maggio 1917 i genitori di Francesco e Giacinta vanno al mercato a comperare, caro Renzo, due maialini. Era di domenica: i fanciulli invece vanno a Messa a Fatima; tornati a casa fanno colazione e poi, a mezzogiorno, escono con il gregge. Anche i ragazzi di adesso farebbero lo stesso! Avete mai osservato questa fedeltà, questo spirito di sacrificio? Questi fanciulli escono con il gregge; sì, va bene, giocavano anche, ma... Pensate se i ragazzi di oggi farebbero così. Fratelli: bisogna avere spirito di sacrificio. Comunque, verso mezzogiorno, partono i due fanciulli e s’incontrano con Lucia che è già ad attenderli con le sue pecorelle, e vanno insieme alla Cova d’Iria. Lì trascorrono un po’ di tempo nel gioco, tirando sassi come tutti i ragazzi di questo mondo. Avevano già recitato la corona, ma non ricordavano se l’avevano recitata lunga o breve, perché ogni tanto, sa, si ritorna un pochino al desiderio di recitarla anche breve. A un dato momento un lampo, un balenare di luce, e istintivamente cercano un albero per mettersi al riparo. Voi capite chiaramente che non hanno pensato che, essendoci già il sole, quella luce come un lampo non poteva venire dalla natura. Sono fanciulli, vedono un lampo e pensano che, come al solito, dopo il lampo viene la pioggia, e allora cercano riparo sotto una pianta. Sono lì sotto, e vedono ancora un altro lampo. Cominciano ad avere un po’ di paura: che cosa succede? E vanno giù per il pendio, e scappano lontano un centinaio di metri. In quel momento, sopra un piccolo elce vedono la Vergine santa, s’incontrano con la mamma di Gesù. Che cosa meravigliosa! Pensiamo un pochino, fratelli: la Madonna viene mandata da Dio sopra la terra per richiamare gli uomini. Non è cosa di duemila anni fa, ma di cinquant’anni fa. E che cosa sono cinquant’anni? Sono pochi: siamo ancora nel ciclo della storia, in questo stesso nostro ciclo, proprio al tempo in cui mio papà era in guerra, i vostri nonni e forse anche il papà di qualcuno di voi erano al fronte che combattevano. In quel momento il Signore guarda in giù, ha compassione, manda la sua mamma, e la manda, però, a parlare con tre creature innocenti che così si trovano in contatto con il soprannaturale.EUCARISTIA
PENITENZA sacrificio
CROCE sofferenza
PREGHIERA
PECCATO peccatore
MARIA maternità
divina
MARIA
Il riferimento è a Roberto Tirelli, una vocazione adulta che all’epoca era ancora postulante.
MI264,4 [14-02-1969]
4. Questa bianca signora ce la descrive Lucia. «Il suo volto era bello oltre ogni possibile descrizione, non triste, non gioioso, ma serio forse un po’ crucciato, benché benigno; le sue mani giunte come in preghiera sul petto e rivolte in su, con una corona di Rosario pendente di tra le dita della mano destra. Anche le vesti sembravano fatte solamente della medesima luce bianca; una tunica semplice raggiungeva i piedi, e sopra questa un manto le scendeva dal capo fino all’orlo della tunica, il suo orlo, di luce più viva, sembrava splendere come oro... I fanciulli rimasero, presi dal fascino, entro la radiazione luminosa che la circondava per un metro e mezzo di raggio». Ed ecco la Signora che parla. «Non abbiate timore” - disse essa, con una voce soave ed armoniosa da non poter essere dimenticata. “Io non vi farò del male!». Eh, i bambini hanno subito paura, ma la mamma: “State qui; non vi faccio alcun male; state buoni, non vi faccio del male. Non abbiate paura; non vi farò del male”. Hai capito, Roberto? «Di fatto essi si sentivano rincuorati, pervasi solo da una grande gioia e pace... Lucia si sentiva tanto padrona di sé da fare una domanda: “Donde viene la Signoria vostra?”. La fanciulla usava il linguaggio della ‘Serra’: “De onde é Vossemecê?”. “Io sono dal cielo”». È bello vedere questa fanciulla che con tutta semplicità domanda: “Ma, scusate...”. Lucia era già abituata a parlare con gli abitanti del cielo; tre volte aveva parlato con l’angelo; era un pochino abituata. E poi sentiva che questo era un angelo speciale. Infatti i fanciulli lo diranno poi ripetutamente che l’angelo faceva un po’ paura, ma questa non faceva paura, questa dava subito confidenza; l’angelo dava un certo non so che, ma questa no. Eh, la mamma, no! E infatti Lucia ha subito confidenza e dice: “Da dove viene vostra Signoria?”. E lei: “Dal cielo, dal cielo!”. Bisogna proprio dire che il Signore aveva preparato il cuore di questa piccola fanciulla. Infatti immediatamente comincia. «E che cosa vuole da me?». Cioè le domanda. “Che cosa sei venuta a fare qui? Addirittura dal cielo!”. E la Signora: «Io vengo a chiedervi di venire qui per sei mesi di seguito, il giorno tredici ed alla medesima ora. Poi vi dirò chi sono e quello che voglio. In seguito io verrò qui una settima volta». La fanciulla neanche risponde: “Sì, ti assicuro che verremmo...”. Si ricorda che la Signora è venuta dal cielo e le chiede: «“E verrò io pure in cielo?”. “Sì, tu ci verrai”. “E Jacinta?”. “Pure essa verrà”. “E Francisco?”. “Anche. Ma egli dovrà dire molti Rosari”». Voi sapete che Lucia parlava con la Signora e udiva quello che diceva; Giacinta sentiva, ma non parlava con la Signora; Francesco vedeva la Signora, ma non le parlava e non la udiva. Poi, finita l’apparizione, le fanciulle raccontarono tutto a Francesco. Quando Francesco ha sentito le parole della Signora, cioè dopo che Lucia, finita l’apparizione, gli ha raccontato tutto e tutti e tre hanno fatto la promessa di non parlare con nessuno... quando ha sentito che la Signora ha promesso il Paradiso anche a lui, ma che doveva prima dire molti rosari, lui ha risposto: «O Madonna mia, io dirò tutti i Rosari che vuoi!». «“Ahi, que Senhora tao bonita!”, disse Giacinta di nuovo». Mi pare di vedere il ragazzino rivolto a Lucia: “Che cosa ha detto? Ah, sì, sì, dirò tutti i rosari che vuole, reciterò rosari finché vuole”. Il cielo! Questa parola ‘cielo’ aveva fatto impressione a Lucia, che pensava: viene dal cielo! “Che cosa vuoi?”, aveva chiesto alla Signora. “Torna qui sei, sette volte”. E dopo: “Ma allora vengo anch’io in cielo?”. “Sì!”. Giacinta in cielo, Francesco in cielo, ma prima dovrà dire molti rosari. E ancora questa parola ‘cielo’ fa impressione a Lucia.MARIA
MARIA la nostra buona mamma
MARIA fiducia di..
MARIA amore di...
NOVISSIMI paradiso
Era il modo normale, fino agli anni cinquanta anche in Italia, per le giovani quello di imparare un mestiere (sarta, magliaia, parrucchiera, ricamatrice.) andando ‘a bottega’, cioè a fare apprendistato, spesso gratuito, presso chi conosceva il mestiere ed era disposto ad insegnarlo.
Il riferimento è a Zeno Daniele, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.
L’assistente Vinicio Picco era all’epoca consigliere generale.
MI264,5 [14-02-1969]
5. «Lucia improvvisamente si ricordò di due ragazze che erano morte da poco. Erano amiche della famiglia e frequentavano la casa per imparare a tessere dalla sorella Maria». Quando si frequentava una casa come quella di Lucia, una faceva la sarta e l’altra tesseva: le due amiche andavano a imparare a tessere. E allora Lucia comincia: «“La Maria das Neves si trova ora in cielo?”. “Sì, essa è in cielo”. “E l’Amelia?”. “Essa starà in purgatorio fino alla fine del mondo!”». Ragazzi: Purgatorio fino alla fine del mondo! Mi fermo un momentino. Osservate questa fanciulla che chiede... “Sì, sì, è in Paradiso”. “E l’altra?”. “In purgatorio fino alla fine del mondo!”. Ma ci crediamo noi che niente di inquinato va in Paradiso? Se il nostro caro Lino fosse andato all’ospedale con la spina dorsale rotta e in mezzo ai dolori, e continuasse giorno e notte a soffrire sarebbe uno strazio per tutti. E se questo durasse per due o tre mesi, per cinque o sei mesi... si direbbe: “Oh, poverino! È stata una grazia, una liberazione che sia morto, perché ormai non ne poteva più. Aveva certi dolori giorno e notte... Che strazio per tutti!”. Qualche volta nelle famiglie, quando qualcuno ha un tumore o soffre fortemente, se muore si dice: “È stata una grazia che il Signore se lo sia preso! È stata una grazia, perché ormai, poverino, non ne poteva più”. Ebbene, pensate alle sofferenze più tremende che un ammalato possa sopportare sulla terra e mettetele a confronto con le sofferenze del Purgatorio, un luogo cioè dove si va a soffrire per purificarsi. Certo, c’è la speranza, la certezza del Paradiso, e perciò anche la consolazione; però... però è come uno che va a farsi l’operazione ai calcoli - non è vero, Zeno? - e dice: “Ho la certezza della guarigione”, ma intanto si soffre. D’accordo che si è sicuri che dopo tre o quattro giorni non si sentirà più il dolore, ma intanto lo si sente. Ora, per esempio, pensiamo che il nostro caro Giorgio potrebbe essere ancora in Purgatorio? Dopo un mese noi ridiamo come prima, cantiamo come prima, scherziamo come prima. Pensiamo noi che mio papà, per esempio, potrebbe essere ancora in Purgatorio? Pensi tu, caro Vinicio, che tuo papà potrebbe essere ancora in Purgatorio? E allora, scusate un momentino: abbiamo la carità cristiana, dico cristiana, di aiutare queste povere anime che sono in Purgatorio? E abbiamo la carità cristiana verso noi stessi di cercare di evitare il Purgatorio facendo un po’ di penitenza, un po’ di sacrificio, pensando che un piccolo sacrificio sulla terra può scontarci degli anni di Purgatorio? Vedete, il peccato è peccato, e quando noi offendiamo Dio anche con un peccato veniale diciamo: “Oh, per quella piccola cosa! Oh, per quella piccola mancanza di carità! Oh, per quella piccola parola! In fondo, che cosa sono? Sono piccole stupidaggini!”.NOVISSIMI paradiso
NOVISSIMI purgatorio
NOVISSIMI morte
CROCE sofferenza
CROCE malattia
VIRTÙ
speranza
CARITÀ
PENITENZA sacrificio
Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che non aveva buona fama come autista.
MI264,6 [14-02-1969]
6. Amici miei: amore vuole amore! Il Signore ha dato tutto il suo sangue per noi, ma richiede una corrispondenza da parte nostra anche nelle piccole cose. Se, forse, nei secoli scorsi può darsi che ci sia stata una certa esagerazione nel dire, per esempio, che una suora, addetta al guardaroba, era stata due anni in Purgatorio perché dava due grembiuli la settimana alla suora di cucina... Ve ne ricordate la storia? Una suora guardarobiera morì e apparve alla superiora, alla quale avrebbe detto: “Devo scontare due anni di Purgatorio”. Perché? Perché consegnava alla suora di cucina due grembiuli alla settimana invece di uno pensando che lo sporcava più delle altre, e diceva: “D’altra parte lo lavo io, lo pulisco io, mi sacrifico io”, ma era una mancanza di obbedienza! Per carità, adesso io non voglio giudicare, però state attenti che il Purgatorio c’è, ed è già una grazia non andare all’Inferno. Ma se possiamo evitare il Purgatorio o il rimanervi qualche decina di anni, penso che varrebbe la pena. Ora, finché possiamo fare un po’ di penitenza, perché non paghiamo con il nostro sangue qui in terra i nostri peccati? Perché non aiutiamo queste povere anime che sono là che soffrono in Purgatorio? Sono anime alle quali dobbiamo riconoscenza, forse sono nostri benefattori che ci hanno mantenuto qui dentro o in seminario. Amici miei, bisogna pensare a queste cose! Osservate la nostra buona mamma, la Madonna, che con tutta semplicità dice: “Quell’anima è in Paradiso, quell’altra resterà in Purgatorio fino alla fine del mondo”. Se morisse don Pietro, per esempio, in uno scontro in macchina e me lo vedessi apparire: “Oh, don Pietro, che cosa è successo?”. “Sono morto, sono morto!”. “Ma come? Se ti ho visto ieri?”. “Sì, sono andato a sbattere con la macchina contro un platano e sono morto!”. “E dove sei?”. “In Purgatorio! Per grazia di Dio sono in Purgatorio!”. “Ma, perché sei in Purgatorio?”. “Perché sono stato poco prudente. Il Signore mi ha mandato in Purgatorio perché, naturalmente ho privato del mio servizio sacerdotale tutte le anime che avrei dovuto salvare in seguito, e allora: Purgatorio!”. “E per quanto tempo vi devi rimanere?”. “Mah! Nostro Signore mi ha detto fino alla fine del mondo. Speriamo che cambi un pochino idea e arrivi qualche amnistia, perché, sa, anche in Purgatorio si soffre!”. Amici miei: in Purgatorio fino alla fine del mondo! State attenti! Potete dire: “ Purgatorio: storie! Inferno: storie! Paradiso: storie!”. E allora sentite: quella è la porta d’uscita e andate a cantare le storie in giro, però, fino a prova contraria, in Paradiso non entra nulla che non sia puro o purificato! Continuiamo!DOTI UMANE corrispondenza
NOVISSIMI purgatorio
ESEMPI novissimi
CONSACRAZIONE obbedienza
NOVISSIMI inferno
PENITENZA
CARITÀ
misericordia
PROVVIDENZA benefattori
MARIA la nostra buona mamma
NOVISSIMI paradiso
VIRTÙ
prudenza
SACERDOZIO prete
APOSTOLO salvezza delle anime
Il riferimento è a Fernando Murari, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale.
Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, vocazione adulta e già sacerdote, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.
Cfr. Colossesi 1,24.
Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale.
MI264,7 [14-02-1969]
7. Continua la Vergine santa: «Volete voi offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che gradirà di mandarvi, come atto di riparazione per i peccati, coi quali Egli è offeso, e chiedere la conversione dei peccatori?». Se in questo momento la nostra buona mamma si presentasse qui e dicesse: “Senti, Fernando, siccome lui è tanto offeso - e credo che non occorre dimostrare che è tanto offeso; lo sapete anche voi e perciò non ci fermiamo a ripeterlo - vuoi offrirti a Dio per sopportare tutte le sofferenze che gradirà mandarti, come atto di riparazione per i peccati con i quali egli è offeso e per chiedere la conversione dei peccatori?”, che cosa risponderesti? E voi? Se non rispondete di sì, cambiate casa, perché il sacerdote e il diacono, prima di essere predicatori, sono dei sacrificati con il Cristo. Siamo noi la continuazione del Cristo, perché dobbiamo essere la parola del Padre e la sua vittima. Dobbiamo continuare - non so se teologicamente sono a posto, don Giuseppe? - a fare i Gesù, e cioè siamo la sua continuazione. Dobbiamo parlare agli uomini in nome del Padre e pagare per gli uomini: bisogna che uno paghi ed è venuto Gesù e ha pagato, e bisogna continuare a pagare; noi continuiamo a pagare e bisogna che paghiamo. Ora, Marco, quando il Signore ti ha chiamato, ti ha chiamato a parlare in nome suo e a pagare per i fratelli. Perciò quando sentirò dire - e ve l’ho detto tante volte - che in un luogo di missione uno viene bastonato, viene ucciso, viene trattato male e che, dopo aver lavorato con tutta la buona volontà, viene disconosciuto nel suo lavoro, canteremo il “Te Deum”; e se questo verrà fatto dal vescovo, canteremo il “Te Deum” a tre voci.CROCE sofferenza
PENITENZA riparazione
PECCATO peccatore
CONSACRAZIONE offerta totale
CONSACRAZIONE immolazione
CONVERSIONE
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
APOSTOLO predicazione
DIO Padre
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO chiamata
CROCE martirio
MISSIONI
CROCE
CHIESA Vescovo
Don Luigi Mecenero era il superiore della Comunità di Resende in Brasile. Il riferimento un po’ scherzoso di don Ottorino è al fatto che il vescovo diocesano aveva pregato la Comunità di aiutare il sacerdote anziano e ammalato che reggeva la parrocchia più antica della città.
Don Ottorino forse esagera un po’: solo la mamma di Lucia per un po’ di tempo trattò la figlia con durezza, e da parte delle autorità ecclesiastiche anche se da principio i tre fanciulli non ebbero tutto il sostegno necessario (bisogna considerare anche la situazione di grave persecuzione in cui si trovava la Chiesa portoghese in quegli anni da parte del governo) non ebbero trattamenti persecutori. Durante le apparizione fu soltanto il sindaco di Fatima e l’ambiente massonico che lo circondava ad assumere un atteggiamento persecutorio nei riguardi dei tre fanciulli.
Nel testo registrato si ascolta a questo punto la voce di Antonio Bottegal, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico: “O magari da monsignor Dal Grande”, riferendosi a mons. Eugenio Dal Grande, insegnante di Sacra Scrittura nel seminario diocesano.
Il riferimento è a Franco Faggian, che era passato alla Casa dell’Immacolata dopo il corso ginnasiale presso il collegio vescovile di Thiene (VI) e che all’epoca si trovava in noviziato.
MI264,8 [14-02-1969]
8. Perché, vedete, è facile che vadano al potere i comunisti in Brasile, per esempio, e uccidano don Luigi e l’uno e l’altro. “Oh, che grazia!”, io dico perché abbiamo i primi martiri brasiliani. “Che grazia!”, va bene, ma se invece, dopo aver lavorato con tutto l’impegno... Ieri don Luigi Mecenero mi ha inviato una lettera, nella quale scrive con gioia che il vescovo è contento e ha affidato ai confratelli la parrocchia centrale di Resende: quattordicimila anime, una cattedrale, una basilica... Mi par di vedere don Luigi che, con mitria e pastorale, fa da vescovo. Quattro fogli di lettera traboccanti di gioia; proprio così! Benissimo, benissimo, ma se un bel momento capitasse là il vescovo e dicesse: “Ah! Non sono contento di voi; ritiratevi tutti in Patronato; non vi affido più la cura d’anime, eccetera”, vorrei vedere che lettera! Pur restando ferma tutta la mia stima per don Luigi, sono sicuro che mi scriverebbe otto facciate! Ricevere la croce dai nemici è anche abbastanza facile; ma saper vedere la mano di Dio che ti cava sangue, quando questa mano di Dio si chiama, magari, mano del vescovo o mano delle anime pie è più difficile. Eppure, fratelli, bisogna essere disposti a questo! Infatti noi vedremo come i tre fanciulli, che hanno detto di sì, saranno in seguito pestati proprio dai genitori, dai sacerdoti, non importa niente da chi; essi hanno accettato di dare il loro sangue. Non interessa che venga un becchino o un vescovo a cavartelo. Io ho accettato di dare il sangue per i fratelli: che venga uno o venga l’altro non ha importanza... Che cosa hai da dire, Bottegal? Che cosa hai detto? Non importa niente se te lo caverà oggi monsignor Dal Grande, non interessa niente! Essenziale è che io accetti tutto dalle mani di Dio: questo è essenziale! Questo non significa che poi non si possa dire: “Bada che mi fai male!”, che non si possa dire una parola, che non si debba agire; però bisogna saper accettare tutto dalle mani di Dio. Amici, questo è il cristianesimo, sapete, e questa è la potenza del nostro apostolato di domani. Ecco che cosa rispondono i bambini alla domanda della Madonna: «Sì, lo vogliamo». Dire “Sì, lo vogliamo”, in chiesa, cioè alla domanda del vescovo: “Volete voi diaconi...?”, rispondere “Sì, lo vogliamo!”, per amore di Dio o senza amore di Dio, è una paratina ufficiale abbastanza facile, ma quando a questo “Sì, lo vogliamo” seguono le tempeste, la realtà è ben diversa. «“Allora voi avrete assai da soffrire”»: ecco la conclusione della Madonna. Al “Sì, lo vogliamo” il vescovo dice: “Sia ringraziato il Signore!”. E poi: “Volete soffrire?”. “Sì, lo vogliamo!” “Ebbene, avrete da soffrire!”. Caro Franco , la Madonna non si è limitata a dire loro: “Va bene, il Signore si accontenta della vostra risposta”. No, no, li prende sul serio. «“Ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto”». Ah! Avrete da soffrire, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto.MONDO comunismo
MISSIONI
CROCE martirio
CONGREGAZIONE storia
PASTORALE parrocchia
CHIESA Vescovo
PASTORALE
CROCE
VOLONTÀ
di DIO
CROCE sangue
CROCE sofferenze morali
APOSTOLO salvezza delle anime
CHIESA cristianesimo
MARIA
DIACONATO diacono
DIO amore a Dio
CROCE sofferenza
MI264,9 [14-02-1969]
9. Ci sono ancora pochi minuti per questa parte; ve la leggo integralmente dal testo. «Nel pronunciare le parole: “a graça de Deus”, la Signora aprì le sue mani bellissime e dalle palme vennero due fasci di luce così viva, che non solo investì i fanciulli col chiarore, ma sembrò penetrare il loro petto e raggiungere le parti più intime del loro cuore e delle anime loro, “facendoci vedere noi stessi in Dio - queste sono le parole di Lucia - più chiaramente, in quella luce, che nel più terso degli specchi”. Un impulso irresistibile ci costrinse ad inginocchiarci e ci fece dire con fervore: “O Santissima Trinità, io vi adoro! Mio Dio, mio Dio, io vi amo nel Santissimo Sacramento!”. La Signora aspettò che finissero di dire; poi continuò: “Dite il Rosario ogni giorno, per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra”. Immediatamente dopo, essa incominciò ad alzarsi serenamente... e trasferirsi lontano verso est “finché disparve nell’immensità dello spazio”». Non vi pare, amici miei, che per avere la forza di sopportare la croce bisogna avere la forza di mettersi dinanzi al Signore, a contatto della Santissima Trinità? La Madonna chiede ai bambini l’offerta di se stessi; loro rispondono di sì e la Madonna li rassicura: “Lo potrete con la grazia di Dio”, poi apre le mani e li mette a contatto con la Santissima Trinità, con la luce di Dio. Immediatamente i fanciulli sentono il bisogno di inginocchiarsi dinanzi a Dio: sono pronti a soffrire, hanno la forza per poter soffrire per amore del Signore. Ora vorrei proprio concludere questo primo incontro con la Madonna con la rinnovazione della nostra offerta al Signore. Noi siamo qui perché vogliamo fare la volontà di Dio. In pratica anche noi abbiamo già detto di sì al Signore, anche noi abbiamo detto: “Signore, eccomi qua! Fa’ di me quello che vuoi: sì, lo voglio, Signore!”. Penso che noi avremo sempre la forza di dire di sì, finché faremo la cura del sole alla sera dinanzi al tabernacolo. Quando noi cesseremo di intrattenerci a tu per tu, alla sera, con la Santissima Trinità, forse in quel momento mancherà a noi la forza di dire di sì. È troppo duro crocifiggere la natura umana, rinnegare se stessi, dare il nostro sangue goccia a goccia: è troppo duro! Solo se abbiamo la grazia di Dio possiamo riuscirci; lo ha detto la Madonna: “Sì, con la grazia di Dio”. E la grazia di Dio la dobbiamo attingere dall’alto, non dai ragionamenti, dalle discussioni, dalle conferenze. La grazia di Dio viene dall’alto, e noi l’attingeremo dalla Santa Messa, dalla preghiera, dall’incontro personale con il Signore. E allora chiediamo alla Madonna che ci tenga una mano sulla testa in modo che possiamo ripetere tutti i giorni della nostra vita questo incontro intimo, che ci darà la grazia necessaria per fare in ogni istante quello che lui ha stabilito per noi.DIO Trinità
EUCARISTIA
PREGHIERA rosario
CROCE
GRAZIA
CROCE sofferenza
CONSACRAZIONE offerta totale
VOLONTÀ
di DIO
CONSACRAZIONE immolazione
EUCARISTIA cura del sole
EUCARISTIA tabernacolo
DIO rapporto personale
EUCARISTIA S.Messa
PREGHIERA