Meditazioni Originale > 1961-65 > LA VITA DEL CONSACRATO DEVE ESSERE TRABOCCANTE DI AMORE CONFIDENTE

LA VITA DEL CONSACRATO DEVE ESSERE TRABOCCANTE DI AMORE CONFIDENTE

MO24 [19-06-1965]

19 giugno 1965 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, continuando il comento del libro di p. MATEOCRAWLEY-BOEVEY, Gesù, re d'amore, insiste sulla necessità di proseguire sull'impegno per la santità nonostante i limiti e le debolezze, confidando totalmente nell'aiuto del Signore. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 28’.

MO24,1 [19-06-1965]

1."Amore confidente. Il Figlio dell'uomo é venuto per salvare quello che era perduto".
Abbiamo visto qui, le ultime righe non ve le ho neanche lette: "Non abbiate l'ambizione di essere santi tutti d'un tratto, - come Smiderle - ma a poco a poco. Non v'è niente di piccolo, quando l'amore é grande. La virtù é in continuo sviluppo, e la grazia, come la natura, non procede a salti violenti". Ho saltato via queste ultime righe qui sotto, in quanto che c'era soltanto due-tre righe e dopo non avrei avuto 'materiale'. Vedete, una delle cose che potrebbe capitare dopo la meditazione che abbiamo fatto, potrebbe essere questa: ma sì, belle robe, ma mi no ghe la fasso! mi no ghe la fasso! E cioè, questo grande desiderio di amare il Signore, questo desiderio ardente di donarsi a Lui, completamente a Lui, interamente a Lui; di vivere interamente consumato in Lui. Un bellissimo ideale ma mi, prova e riprova son sicuro che no ghe la fasso gnanca par sogno. E allora... state attenti, allora viene subito la meditazione qui, la quarta meditazione: "Amore confidente. Il Figlio dell'uomo é venuto per salvare quello che era perduto. Ineffabile parola! Una delle più meravigliosamente belle e delle più consolanti".

MO24,2 [19-06-1965]

2.Scusa, andar via con una 1100 che, insomma la gà fatto 26.000 km e mai capità un incidente; andà in Bassa Italia, andà e tornà, mai rotta una gomma; sé anca abbastanza facile e anca belo, ma partire alle tre dopo mezzogiorno da Roana con 'na 503 e arrivare alle dò de notte davanti alle Missioni Estere e molare là la 503 e vegner casa a pìe perché ormai non gh'in podea più de giustar gomme, te sé, la xé roba differente, na cosa diversa! E, te capissi che, là con la 1100, te se, te vegnaré a casa stufo, ma insomma, vivaddio te vien a casa, te ghe guidà e stop, basta, xé finìo! Ma vegner casa e vegner casa morto, morto... dopo me son reso conto cosa che podeva capitarme: potevo morire di emorragia quella volta; ve lo gò xà dito! No me gero reso conto della gravità e gnanca della stanchezza che gò vudo...
Beh, un momentino, vedìo quando che ghe xé qualche anima bella, sai, come don Venanzio, dire, ma tutto liscio, senza difficoltà, senza niente ecc., xé fassile, la xé 1100; ma quando che invece noi poveri mortali, vero Vinicio, noialtri con tutti i nostri difetti, le nostre miserie, promettemo de essere generosi e no ghe semo, promettemo de far questo e no lo femo, disemo: 'Signore, femo un patto, te vedaré, penso sempre al Signore', e sé tanto se se ricordemo alla sera, se non se ricordemo alla mattina dopo... Te sé, semo un po' come la 503, mi almanco, te saré come una Balilla tì!... Ora, vidio tusi, ecco, se guardando la santità, guardando le belle strade asfaltate della santità, piene de buse magari, no, te se, a un dato momento te disi: belle robe, varda macchine che corre, ma mi sonti bon correre? Semo come dei ammalati che i vorria camminare, ma i va avanti col bastonzelo e i fa quattro passi e dopo i se rabalta, magari. E le gambe non ci provare, no, non ti ci provare, disea, le gambe de padre Lombardi quella volta, no ti ci provare... el gà vossudo provare e l'é 'ndà in terra, el se gà rabaltà, vuto fare! Ora, bisogna avere anche tanta umiltà nella via che porta a Dio, di convincerci che siamo deboli, convincersi che abbiamo le nostre miserie, attenti alle parole, non fraintendetemi... Convin cersi, bisogna rassegnarsi alle miserie e dire: 'Mah, fasso qualche peccato parché semo deboli'. No no no! Ma tante volte vedete, può entrare in noi lo scoraggiamento, perché vediamo, insomma abbiamo l'impressione di non fare progressi nella vita spirituale. Vediamo che facciamo fatica a farcela, facciamo fatica a mettercela... 'Si, si, uomini di grandi desideri, va ben, ma cossa vorlo, provà... ma, ecc., ecco!'. Non siate dei rassegnati, né scoraggiati, nè dei rassegnati ma delle anime invece che hanno confidenza nel Signore, xe diversa la storia, no?

MO24,3 [19-06-1965]

3.Non scoraggiarsi, no no, non scoraggiarsi, neppure rassegnarsi alle nostre miserie... Son due cose distinte, no? Scoraggiarsi no, non bisogna scoraggiarsi, ma siamo creati di terra, cosa vogliamo, pretendiamo che la terra, un vaso di terra vada contro il muro e non si spacca, o non si scheggi un pochino! Siamo di terra, siamo impastati di carne, cosa volete fare... E anche san Paolo: "Tre volte gò pregà il Signore", el gà dito. C'è dentro di me la natura, così, perciò sentire la superbia, sentire gli stimoli della carne, sentire un po' le varie passioncelle, vedere le difficoltà e trascinar 'vanti 'sto corpo, parché sà, trascinar 'vanti, trascinare avanti un cavallo de corsa xè abbastanza fasile perché xe lù che trascina tì; tirar 'vanti un can invexe che se ferma a tutti i paracarri, xe tutta 'na roba differente! Adesso, bisogna ca tiremo avanti un can che se ferma a tutti i paracarri: tira dai, tira molla, un colpo va che el tira lù chissà cossa, e el te rabalta, no? e adesso se no te tiri ti... ecco, el nostro corpo l'é così, almanco no sò, el mio xè cossì, no so el vostro l'é mia così? La nostra natura umana!... Un colpo par che la sia al terzo cielo: va pian par 'na carità, te me fa zolare ti adesso qua... Un altro colpetto gira qua, la, ecc.; un colpo parché xe caldo e te vé a far meditazione e te si insulso, un colpo xe tanto freddo e no te si bon pregare, n'altra volta te ghe tanto sonno e no te ghe voia de 'ndare in ciesa, n'altra volta no te ghe ninte sonno e no te ghi né voia, perché non te ghé ninte sonno... Mi son fatto così, non so voialtri sio difarenti voialtri per piassere, ti don Matteo, si? "Oh glorioso giovane di angelici costumi adorno", no? Beato ti!...

MO24,4 [19-06-1965]

4.Ora, attenti, non scoraggiarsi, ma non fare i indormensà, non rassegnarse gnanca, non rassegnarsi. 'Sà, son fatto cussì, son fatto cussì'. I ve insegna a saltare ben cussì, a far i salti mortali, no? fà comodo vero, chissà nel Mato Grosso te ghe insegnaré ai leoni a fare i salti mortali. I ghe insegna a balare anca ai orsi, i ghe insegna a balare anca ai orsi, provando e riprovando, un po' di pazienza! Ecco la grandezza nostra: la pazienza nel provare! Guardate che, tanto valete, ho detto una volta, quanto sarete uomini di sacrificio, che vorrebbe dire: quanto sarete uomini di pazienza, tanta pazienza con noi stessi, tanta pazienza nel saper sopportare gli incerti della vita. Certo che la vita vi porterà sapete, tanti incerti, tanti momenti magari di sacrificio, di sacrificio.
Guardate bene, lasciate che vi dica un particolare: mi stanotte gò fatto un piccolo sogno, una stupidaggine, là, e nel sogno, nel sogno c'è stata una persona che mi ha detto: "Varda, dì ai ragazzi che siano tanto pazienti. Una pazienza nel saper accettare i cambiamenti quotidiani di attività che capiteranno. Che siano tanto pazienti!". E ci ho pensato sopra proprio stamattina e c'era, sogni va ben, aveva ragione nel sogno! Non mi state a domandare di più perché son sogni, stupidaggini. Voi lo sapete no? Guardate che questione di pazienza é da capirsi in questo senso: saper accettare. Un momento, per esempio adesso andiamo giù, per esempio arriva un camion di truciolato, pazienza, pazienza! Appena scaricato arriva che tu avevi già il tuo progetto, che dovevi andare magari in stanza di registrazione a fare quel dato lavoretto, ti chiamano per un altro lavoro in mezzo al campo, o ti chiamano via, tò! Supponiamo che stasera dovessi dire a un tre-quattro: 'Beh, venite via con me'... Pazienza, pazienza... a quelli che restano a casa! Guardate figlioli, guardate che adesso voi ci ridete sopra, ma ci vuol dell'eroismo durante la giornata per dire sempre: pazienza; che tradotta in altre parole vuol dire: "Sia fatta la volontà del Signore"... Dire 'pazienza', per esempio, caro Vinicio, quando che Magnaguagno ti rovescia le capriate, te manda el sangue alla testa, parché, parché el podéa coparse e te devi dirghe sù, te ghe el dovere de dirghe sù e se xé necessario anca darghe quattro scopellotti... dovere... Ma nello stesso tempo, nello stesso tempo nel l'intimo dell'anima dire: "Signore, pazienza!". Ghìo capìo? Capita anche... uno che te ne combinasse una de più grossa, ma nell'intimo dell'anima dire: "Signore, hai permesso questo...", volontà di beneplacito, se non altro, no?, pazienza! Sia fatta la volontà di Dio... Ma gera la volontà de un menarosto: pazienza, pazienza! Anche ieri sera, per esempio, te vien casa alle oto e tre quarti... mancava venti minuti alle nove, 'ndemo a cenare, dopo alle nove gerimo attesi in un'altra parte, e stà lì, tira e mola, tira e mola, fino alle undese per non concludere gnente insomma, de concreto xé vignù fora: "Signore, pazienza!". Ora, vedete questa pazienza di cui, me l'ho persino sognata stanotte, vero, sognata questa pazienza, bisogna che la portiate con voi che la portiate in... per il vostro lavoro; abbiate pazienza nella vostra santificazione. Ora, vi dicevo non rassegnatevi, non rassegnatevi allo stato in cui vi trovate, in cui ci troviamo, siamo nella stessa fameja, no?, alle nostre miserie, no? Ecco là... non rassegnatevi alle miserie, muoversi muoversi! Ma aver pazienza, aver pazienza; perché, questa pazienza ci porterà a progredire, a santificarci! Non so, se dixe: é passato un altro anno scolastico facendo un po' di calcolo, si é vero, sono passato da terza teologia al quarto anno di teologia, son passato dal quarto anno al sacerdozio; son passato da prima liceo a seconda liceo, va ben. Però, pian, nella santità dove sono passato? Ecco, qui c'è il caso di dire pazienza, ma non dire: pazienza, beh, che la vada a farse benedire la santità! No no... pazienza che deve essere la fonte di nuove energie. E queste nuove energie dove andiamo a pescarle? Eccole qui. Qui incomincia la meditazione, volevo metterci questa base, un pochino...

MO24,5 [19-06-1965]

5.“"Ineffabile parola! – dunque - Il Figlio dell'uomo é venuto per salvare quello che era perduto".
Pazienza nostra, deve essere proprio basata su questa parola di Nostro Signore: "Abbiate fiducia, sono io!". Ricordate queste parole dove sono uscite, quando là sul lago, no... temporale, tempesta, fantasma, é creduto un fantasma che veniva avanti no?: "Sono io, sono io". E Gesù si rivolge a noi: "Sono io, vostro padre, vostro fratello, vostro amico, vostro salvatore. Nolite timere, nolite timere, non temete!". Ecco, se voi vi sforzerete di incontrarvi con Lui spesso, sentirete quante volte che andrete là stanchi dinanzi al Signore: 'Signore, son stufo, son stufo!' E vi sentirete dire, e continuerete la preghiera dicendo: 'Padre, sia fatta la Tua volontà', e il Signore vi dirà: "Nolite timere, non temere figliolo, non temere Luigi; non temere Giuseppe; non temere don Lino, non temere Marcantonio, non temere, nolite timere: sono io, Magister!". E perché? "Quia ego sum, non temere". Ma perché? "Quia ego sum, sono Io, perché sono Io! Se fossi un angelo, un profeta, un santo, potreste temere, ma io sono Gesù!". Foste capaci di capire 'ste parole, quanta pazienza che avreste con gli altri, con gli avvenimenti e con voi. Per esempio: tutte le mattine io dicevo al Signore: Signore, risolvi i problemi, per favore, economici, perché possa tuffarmi un pochino negli altri, risolvere i vari problemi, ecc. Stamattina, non ho avuto il coraggio di dirlo: Signore, fa quel che Te vui! El me gà portà la predica sulla pazienza, 'sta notte, pazienza, no?... fà quel che te vui! Vuto cà continuemo a non vender case! Fà quel che te vui! Noialtri xercheremo de vendarle, fin che nol ne dirà: fà de manco! Cercheremo de risolvere il problema di... fin che nol nè dirà: lassé stare! Però, vorlo che no concludemo niente? Pazienza: "sì, perché Egli é Gesù, il Dio salvatore". Ghemo poca fede savìo, tusi; mi, mi! "Il Dio salvatore, il Giudice misericordioso, dobbiamo avere pace nell'anima nonostante le nostre debolezze". Chi é che può dire: io non ho debolezze? Solo il Maestro dei Novizi perché l'è stà dispensà! L'è scritto qua, "nonostante le nostre debolezze". "Ecco perché Egli stesso ha detto rivolgendosi a noi poveri miserabili: "Pax vobis"; ed ha aggiunto: "Vi lascio la mia pace, vi dò la mia pace". La sua pace, non la nostra fondata sull'illusione e sull'amor proprio, non é la pace del mondo così orribilmente falsificata".

MO24,6 [19-06-1965]

6.Pace di Cristo é una cosa diversa; pace di Cristo può essere tra le lacrime: una mamma che piange la morte del figlio, e aver la pace; un fallimento in casa; disastri economici e aver la pace. Non é la pace di uno che dice: ah, adesso son contento perché, sà ho questo, quello, adesso, entrate, milioni, palazzi... adesso sà, ho la pace, non é quella la pace!
"Sì, confidando nella sua misericordia, noi poveri ammalati possiamo e dobbiamo avere una grande pace. Non voglio dire con questo che dobbiamo ingannarci sul valore della nostra giustizia e dei nostri meriti, credendoci giusti, confermati in grazia: oh, no davvero! Dico che dobbiamo vivere di pace, della pace che il Divin Salvatore offre a noi deboli, convalescenti, feriti; della pace fondata su una fede immensa, sulla sua parola d'onore, di tenerezza, di salute, sulla sua misericordia; rimedio e riparazione di tutti i nostri mali. Che potremmo far noi nella vita spirituale, nell'ascensione verso le nostre altezze, senza questa forza maggiore di tutte, la forza della fiducia?". Fìoi, fidarse de Dio: "Omnia possum in eo qui me confortat...", fidarsi di Dio! Mi, si, mi e me papà semo siori! No? Mi e me papà semo siori! Sentire che siamo potenti in Lui; che si, mi son un poro miserabile, ma el me vole, cossa vorlo... che xé Gesù Cristo che el gà una debolezza par mi, e allora, sà, e allora sà, mi confido perché, sà... "Abbiamo fiducia – figlioli -, abbiamo fiducia! L'amore di confidenza é la più grande forza nella via della santità. Miseri che siamo!".

MO24,7 [19-06-1965]

7.Cosa dixelo padre Bruno? "Insulso, povero peccatore insulso. Signore, abbi pietà di me povero peccatore insulso. Signore Dio, abbi pietà di me povero peccatore insulso". E lo disea a sé, sennò la sarìa 'na bestema! Povero peccatore insulso! Ma el lo sottolinea quelo par dire, sà, lo son sul serio! Ora, sà, i santi cosa gai fatto? I confidava tanto, i gera convinti, più santi che i sé fasea, più i gera convinti de essere peccatori, e più i confidava... varda tì che roba! Invesse de scoraggiarse, più i confidava...
"Miseri che siamo! Pretendere di volare senza aver le ali sarebbe gettarci nell'abisso dello scoraggiamento. Ci é necessaria la fiducia per poter salire molto in alto. Con essa noi abbiamo la potenza di salire in cielo, non più con i nostri piccoli piedi ma con le ali dell'amore". Cossa volìo, da soli niente da fare! Signore, cossa vuto che gabbia. Abbiamo qui tre pesci, ma cosa sono per una moltitudine così, cosa sono? Eh, c'è un bocia qua che el gà un poco de roba, dove xela sta' roba? Qualcuno potrebbe dire: ma mi gò xinque pesci, dira don Giovanni, lì e quindexe pani; beh, insomma, che i sia quindexe, o che i sia tre, bisogna fare un miracolo per xinquemila, xe la stessa storia no? Cossa sono? I gavemo perché ne li gà da Dio, ma questi i xé, cossa gò da fare! Ci é necessaria la fiducia, la fiducia! Che no ve capita fìoi de aver la fiducia de Mosè che el gà battù dò volte su par la piera! Perché con Dio no se scherza mia, ricordevelo! E qualche volta magari vegnerò a trovarve, se sarò ancora al mondo, in qualche parte del mondo, e dirò: senti caro don Vittorio (senò don Matteo se rabìa, ghe n'è n'altro de drìo lì), don Vittorio senti un po': sà, gò lavorà tanto e no son bon de raccogliere! Ma gheto vudo fiducia in Dio?, tanta fiducia in Dio? Si, sà don Ottorino... ma gheto mai battù do volte su par la roccia? Sà, gò battù anca diexe, dodexe mi, no dò volte solo! E allora no te ghe vudo fiducia! Un anno fa, due anni fa... Mosè, no?, el la gò pagà dopo, un bel toco! Voialtri che si studiosi, quanto tempo xé passà da quando che el gà battù par la roccia?... Mi rimetto in Paradiso, là si vedrà il catologo: che i sia stà trenta, o vinti o ventisette o trentaquattro o trentasie; resta insomma che el la gà pagà dopo tanti anni! Par battere la seconda volta ghe xé sta un istante: el gà pregà tanto, però el Padre Eterno: ti nò no te vé dentro!

MO24,8 [19-06-1965]

8.E ti te ve, magari don Vittorio in una missione te ve là, te esiti una volta nella fiducia in Dio... Il Signore perdona de più che te fassi una volta, un momento te tiri quattro oche in sbaglio, no? che non che te manchi de fiducia. Stà attento, eh! E dopo el te fà star là venti, trent'anni, quaranta in fondo magnà dai peoci, magari no? consumà dai peoci, senza aver raccolto gnente.
Va là dopo un'anima candida, magari là Ottorino, Giuseppe, là, Azzolin o qualche altro e improvvisamente uhhh, una fioritura: desso qua se vede, no? Te ghe sudà ti, consumà ti, no ti si stà degno de raccogliere perché te ghé esità una volta, te ghe battù do volte. Sentì, mia inventà mi la Sacra Scrittura, no? E vardé che el Signore l'é sempre quello savìo! A una certa età no se cambia mia!... Dunque fradei, tornemo a noialtri. "Ci é necessaria la fiducia per poter salire ancora più in alto. Con essa noi abbiamo la potenza di salire in cielo, non più con i nostri piccoli piedi, ma con le ali dell'amore... ma tra le braccia e sul cuore di Cristo. E tutto ciò "de profundis", cioè dal profondo abisso della nostra miseria". Noi, bisognerebbe che nella nostra vita spirituale, e ci fermiamo qui, dobbiamo unire queste due cose, poter dire sempre ma con fiducia: "de profundis clamavi a te Domine, Domine, de profundis", nel profondo della mia miseria io mi volgo, mi innalzo sempre verso di Te. Ma, devo aggiungere subito, immediatamente: "Lavami o Signore e sarò più bianco della neve". Giusto? Sentire la forza del "de profundis", ma proprio sentirlo: Signore, cosa posso avanzare? Miserere mei Deus! Ma dovemo dirlo spesso dinanzi al Signore... Signore, miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam. Signore, son un povero peccatore, vero, cossa vuto ca sia: fango, miseria, impastà de povere stupidaggini, eccetera! Vò avanti na scianta e fasso come i gambari: un passo avanti e tre indrìo, no? Sentire questo ma scattare immediatamente, senza scartare questo, "lavami Signore, e sarò più bianco della neve". Fiducia, so che con la tua volontà potrò fare quello che Tu vuoi che io faccia. Mi hai messo alla direzione di una Congregazione Religiosa: "De profundis mirare mei, in nomine tuo, però, laxabo retem". Ho fiducia, certezza che potrò fare quello che vuoi; e se un giorno non lo faccio, tu mi prenderai per il collo e me lo farai fare, xe sbaglià?

MO24,9 [19-06-1965]

9.Perciò, guardate dobbiamo convincerci de 'sta cosa qua: fiducia, non deve essere audacia umana... no no no! Vuol dire confidenza in Dio, sicurezza che Dio non ne abbandonerà, che Dio é nella barca con me anche se dorme, anche se purtroppo xé più il tempo che el dorme che non che el veglia, no? anca se... va dentro l'acqua e lu el se volta dall'altra parte, nol ghe fà caso... importa niente! Dio é con noi! Questa fiducia, sté attenti fìoi, proprio vi dico nella vostra vita domandatevelo spesso: se vedete che non state raccogliendo, non pescate, non vedete i frutti del vostro lavoro apostolico... e se per caso fosse causa mia, perché ho battuto due volte? E allora scoraggiarse? No! Fiducia da novo!
Col novo anno scolastico, st'anno che viene, don Venanzio te ghé i tusi, te disi: Ah, desso desso che ghe son mi, desso i sarà... non gh'in darà via gnanca uno! Desso, st'anno, va via de qua, va via de là, spetta che scomissia mi!... Paf... fine dell'anno gh'in resta gnanca uno, gnanca uno! E allora cosa bisogna fare? Eh, don Ottorino el me fassa na inezion de fiducia! Signore, confido st'ano che vien chissà che sia meio...

MO24,10 [19-06-1965]

10.Disemoghe al Signore adesso un momentino, el tempo ormai xe passà, almanco un minuto, almanco:
"Signore, se pal passato qualche volta gò battù massa, d'ora innanzi cercherò di convincermi del mio "de profundis", del mio "miserere", ma anche sono certo che con Ti posso tutto! Non ho nè oro nè argento, el gà dito Piero: tignì presente xé la Sacra Scrittura: non ho nè oro nè argento, cossa vuto ca gabìa, no gò gnente, doni intellettuali, macché! Cantare: son stonà! Scrivere, scrivo storto, cossa vuto cà gabìa, però: "in nomine Jesus, surge et ambula!". Ecco i Apostoli. Sò di essere un poro strassòn, ormai incapace, quello che te vui, sò, sò no gò niente!". Guardate che bell'atto quello là dei apostoli, no? Non ho nè oro nè argento, no gò niente però, in nome de Dio alzate e cammina!... Però... Capissito Lorenzo? Poro testòn don Ottorino nol gà gnente, però nel nome del Signore! Alt! Sé realtà... Basta, se nò continuemo n'altra ora.