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L’UOMO DI DIO ALIMENTA LA PROPRIA FEDE

MO75[10-06-1966]

MO75,1[10-06-1966]

1."Il nostro amore per Gesù Cristo...".
Capissito, don Guido? Prega el Signore che el me tegna fermi i nervi perché se nò salto in pìe da un momento all'altro. Go fatto el proposito de non scaldarme... "Il nostro amore per Gesù Cristo non sarà profondo, né forte e neppure duraturo se non sarà alimentato con la meditazione frequente della Passione di Cristo". Faccio un po' di analisi logica e grammaticale. "Il nostro amore per Gesù". Prima cosa: è condizione indispensabile per un apostolo e per un cristiano amare Gesù. Purtroppo nel mondo ci sono pochi cristiani che amano Gesù, perché Gesù è fatto così: che quando uno lo vuole amare, Lui vuole tutto o niente. "O mi dai tutto il tuo cuore o niente". Sicché anche se uno è sposato, uno è nel mondo. Gesù è totalitario. Quando uno si avvicina a Lui e dice: "Guarda che desidero amarti", il Signore domanda tutto, anche se questo tale ha la vocazione di essere un papà di famiglia: "Sì, sì, va ben, però tutto deve essere orientato a me: moglie, figli, soddisfazioni, croci, e tutto; tutto deve essere orientato a me". “Perché?” “Perché” "sono Io! Ego sum Dominus!". Perciò, quando parliamo di amore per Gesù, bisogna mettere alla base la fede, la fede. E per aver fede abbiamo una condizione che voi sapete meglio di me, perché la fede è una virtù teologale: è infusa col Battesimo, però è sviluppata con la grazia di Dio dagli individui. È sviluppata attraverso meditazioni, è sviluppata attraverso la preghiera, attraverso l'istruzione. Ora, quando un ragazzino incomincia piano piano, man mano che va facendo coscienza di essere al mondo e dei doni che il Signore gli ha concessi ha il dovere, il dovere - non consiglio, qui si tratta di dovere, e dovere grave - di alimentare la propria fede. Ora, si parlava giorni fa di galline e di polastri e uno è saltato fuori, mi pare che fosse l'assistente Vinicio, ma se non è stato lui è stato qualche altro che è saltato fuori. È andato a trovare questa donna, e la gera un po' impressionà perché i polastri non crescevano, preoccupà perché ormai erano parecchi giorni che i polastri magnava, la ghe dava da magnare, i magnava; ma gnente da fare: non i cresceva. Anzi, deperivano in modo tremendo. E insomma, dopo 7-8 giorni, 10 o anche de più, la xe vegnù a scoprire che el fiolo suo, el fioleto el magnava tutto el magnare dei polastri, andava lì e magnava tutto! El magnava semole, roba, el toso. El magnava el magnare dei polastri. Portà dal medico: lassemolo andare par la so strada. El medico ga dito che el piccolo sentiva el bisogno de alimenti più sani, più naturali: andava a magnare la semola, vero... Però, el toseto andava a magnare la roba dei polastri.

MO75,2[10-06-1966]

2.Figlioli miei, se noi non alimentiamo la fede con cibo, quello buono, e pretendiamo di alimentare la fede con rivistine, con articoletti, eccetera... Ah, figlioli miei, sì bellissime cose, bellissime cose; ma sarebbe come se uno si preoccupasse di andare all'università per insegnare matematica senza neanche fare l'addizione, vero. Si preoccupasse di imparare il francese per andare alla Sorbona, dicevamo sti anni, no?, a fare il professore di matematica; imparare bene il francese perché è via di comunicazione, ma non fosse neanche capace di fare la moltiplica. Ora, perché uno sia professore alla Sorbona di matematica, primo dev'essere un matematico, poi deve conoscere bene, bene, la lingua perché se va a fare scuola in una scuola di quel genere lì, deve possedere la lingua. Ora la preoccupazione purtroppo, e se vedete che noi di una certa età siamo preoccupati e gridiamo qualche volta, è perché vediamo che la gioventù moderna - scusate la brutta parola - è molto preoccupata di imparare il francese, e in questo noi lodiamo, lodiamo; non è che... se qualche volta ci mostriamo un po' sdegnati, è mica perché non desideriamo che impariate il francese, è perché ci fa schifo vedere uno che non sa la matematica e deve domani andare alla Sorbona a insegnare matematica, e si preoccupa solo di francese.
Mica per altro. Sono stato chiaro, don Guido? Mica per altro. Non è che noi vogliamo... "Varda, ciò!", Mi permetto di dire questo perché ho sentito qualche frase aleggiare in casa: "Ma don Ottorino non è all'altezza". Pensate che in seminario in questi giorni, in una certa riunione, alcuni chierici hanno detto ad alcuni superiori che... "Scusi sa, ma lei... (e questo superiore è don Antonio Bizzotto e i prefetti. Adesso non stè far pettegolezzi in seminario, perché ve mando in seminario. I prefetti radunati da mons. Bizzotto perché i diga, così in clima conciliare proprio...).... El scusa, lu ne dise ste robe qua, del modo de trattare i tusi, eccetera. El scusa, ma che competenza galo lu? Che studi galo fatto lu?". Questa xe la frase che xe sta dita a mons. Bizzotto in sti giorni qua: “Che competenza galo lu? Che studi galo fatto lu de pedagogia?". Mi basaria dove che el pesta don Antonio Bizzotto, lu che nol ga fatto studi de pedagogia. Non vogliamo giudicare. Però siccome questa malattia è malattia di oggi, e siccome queste frasi le ho sentite ripetere non così palesi, ma, ma, ma anche qua dentro perché è la malattia della giornata, io vi dico che sono ben felice che si impari non soltanto il francese, ma che si impari anche tutta la letteratura francese, che conosciate tutte le opere francesi, in modo da avere una finezza da saper parlare almeno come Lacordaire, ma state attenti che vicino a Lacordaire c'era un altro e vi ricordate chi era, no?

MO75,3[10-06-1966]

3.Ora attenti, perché io sono preoccupato che impariate la materia, la materia che dovete insegnare, contemporaneamente dovete imparare anche la lingua con la quale dovete insegnare. Ma se c'è da scegliere. Dico “Prima imparate la materia e dopo la lingua”. Andare avanti insieme è meglio, per non perdere la testa, però guardare sempre che non ci sia vero... Il preminente non sia quello della lingua, deve essere quello della materia. Che domina deve essere la materia, non la lingua.
E se ho gridato in questi periodi, in questo tempo qua, ho gridato sempre - e griderò finché avrò fiato perché altrimenti mancherei al mio dovere - ho gridato per questo motivo: perché il Signore, il Signore vuole questo da noi. E se qualcuno non è d'accordo su questo, scelga un altro Istituto. Qui non è mica come nell'esercito che i te manda a chiamare e bisogna che te vaghi. Qui vogliamo fare il professore della Sorbona e che parli bene il francese. Ma piuttosto che sia un pochino di meno matematico, un pochino meno francese. Perché in qualche modo si spiegherà lo stesso quello, ma se manca la matematica è un disastro. Perché qui è nescienza, là ignoranza! Qui è convenienza, utilità, necessaria fin che vuoi, se fa qualche sbaglietto, insomma i lo compatisse. Là, no, perché là, là, manca. Ci capiamo. Ora attenti: torniamo alla fede. Vedì che me tegno, no? Non me scaldo mia, me tegno. Se parto stamattina, vado fora dalla finestra. Se me alzo in pìe... State attenti, cos'è che manca? Qual'è il pericolo? Io non voglio mica dire... la fede. Quello che io denuncio alla base di tutto è: mancanza di fede. Basta. Non vi dico mica: "Fate cose strabilianti, entrate nella notte oscura". No. Vi dico: guardate figlioli che la vita oggi porta naturalmente a vivere senza fede. Il mondo di oggi, così, così, così, ti porta anche le anime più belle, che sono partite con i più grandi propositi, a ragionare umanamente, a mettere tutto sul livello umano, a mettere tutto sul piano umano, a giudicare tutto sul piano umano e, in altre parole, hanno spenta o semispenta la luce della fede. 11 giugno 1966