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L’APOSTOLO È UN PORTATORE DI CRISTO

MO96[29-09-1966]

MO96,1[29-09-1966]

1.Dobbiamo essere contemplativi, e continuare a essere contemplativi, incominciando a essere veramente attivi. Una cosa che sembrerebbe difficile, che è difficile per i bambini... per i giovincelli qua lattonzoli, vero?... dev'essere talmente poi, caro Piergiorgio che mi guardi e ti senti offeso per il "lattonzolo", dev'essere talmente poi, vero, questa vita naturale che dovrebbe venire come per noi è naturale aver l'anima e il corpo uniti insieme. Per cui senza di una, tira via il corpo, l'anima scappa, chiaro? Così per noi dovrebbe diventare talmente naturale questa unione della vita contemplativa e della vita attiva, per cui senza dell'una proprio non si è capaci di vedere, non si è capaci di vivere. Difatti, se manca la vita attiva, tu senti che non sei al tuo posto, non vivi perché senti che manchi, manchi gravemente al tuo dovere.
Scusate, domani vai nel Chaco, là, Ferrari, sei sempre in chiesa a pregare dalla mattina alla sera e basta, manchi gravemente al tuo dovere. Ma nello stesso tempo, attivo senza la vita contemplativa, sente che manca gravemente al suo dovere. E non si possono disgiungere. Dico, in principio costerà un po' di fatica, perché sembra inconciliabile, ma non è inconciliabile. E qua, in questo è meraviglioso vedere come Gesù ce ne ha dato l'esempio proprio a Nazaret. Dio che viene sopra la terra per farci capire che vita attiva e contemplativa sono conciliabili, s'è messo a fare case prefabbricate... pannelli, dare colore ai muri: quello che fate voi. Pensavo, stamattina presto, lì, anche se le case prefabbricate non... dovessimo anche non aver fatto, guadagnato neanche un centesimo, l'aver guadagnato che i nostri giovani hanno congiunto vita attiva e contemplativa, si sono sforzati in questa ginnastica, è già giustificato. Come si fa una palestra per poter fare i salti, per poter fare i giovani sani e robusti, fosse solo una palestra il lavoro che abbiamo fatto finora, passiva economicamente, ma sarebbe attiva sotto altri punti di vista. Che ne dice, signore?

MO96,2[29-09-1966]

2.Guardate che io penso proprio saper congiungere una cosa, santificare il sacrificio, cioè essere pronti a lasciare il Signore per il Signore, il Signore per il Signore di qua, di là. Vero? Prontezza di spirito, di spirito, unione sempre con Dio, preoccupazione di essere uniti con Dio mentre si è preoccupati delle cose materiali.
Che ne pare al maestro? E tutto questo, direbbe il nostro caro Valentino, in "bianchissimo marmo di Carrara", e cioè... Quella volta che sono andati a Torino, e c'era là il cicerone che continuava a dire: "Tutto questo in bellissimo bianco marmo di Carrara". E io direi, tutto questo, vuoi vita attiva, vuoi vita contemplativa, col più bel sorriso del mondo: questo è il bianco marmo di Carrara nostro. Con la più bella serenità che ci possa essere. Perciò, sei contemplativo: "Ooh, lasciami stare... in contemplazione.". Ma lascia stare. Vieni giù che sei in dormizione non in contemplazione. C'era ieri sera uno che era in estasi, vero Ugo?, davanti alla Via Crucis, e gli è capitato il 'coso' dell'acqua santa giù per il collo e si è svegliato. Era in contemplazione attiva dopo: vita contemplativa e vita attiva. Ogni tanto sveglio qualcuno che è in estasi, no? Cosa volete? Quelle son robe che fa don Ottorino! C'era ieri mattina, ieri dopo mezzogiorno, Conocarpo che era fuori là dalla porta, sotto lì, davanti alla portineria. Io guardo fuori dalla mia finestra: oh, che tentazione. Se adesso buttassi un po' di acqua sulla testa, che spettacolo, lo sveglio, dico. Vado in chiesa, prima saluto il Signore, e ho visto due anime sante, Mario Corato e... chi era l'altro? Beh, due anime belle, e ho detto: 'sti qua li scandalizzo se vedono don Ottorino far 'ste robe qua, go dito. E allora ho finito di far la visitina, go dito: Signore, va là, porta pazienza se no ghe fasso un scherzo a to fradelo da basso, te capissi, no, a scandalizzo quei altri to fradèi su là, no?

MO96,3[29-09-1966]

3.Ecco... digo, tenere un senso di gioia, tenerlo, conservarlo. Guardate, mi raccomando sapete: non perdete questo senso di gioia, questo senso di gioia. Lo dicevo, anche mi pare ieri mattina, che ho parlato che dobbiamo sentirci proprio in casa nostra, parlando con quel frate, no? Non ieri mattina, l'altra mattina... Lo ripetiamo...
C'era un padre francescano che è venuto qui; c'era Lino Ceolato, c'eri anche tu, no? E parlava che è stato in Argentina e è stato in Guatemala, quello lì, e ha detto: “Sa, io non vedo l'ora di partire”. Beh, sarà vent'anni che è prete: “Non vedo l'ora di partire”, ha detto, “perché, cosa vuole, - dice - qua non ci si sente in casa, non ci si sente in casa. Dise: anca andar nei conventi, che non se conosce nessuno, sa, non se vede l'ora de tornar là: non se conosce nessuno!”. E io detto: guarda, dentro di me, che brutta cosa dover dire, se se dovesse dire così anche di noi. Arriva qua uno, supponiamo, domani là in Brasile si fa una Casa di formazione, e ci son dei Religiosi che vengono da là e vengono qui a visitare, e vogliono tornar casa perché qui "non si conosce nessuno"! Quando che Abercio, il vescovo Abercio diceva: "Sono andato in tante parti del mondo e in ogni parte ho trovato fratelli che mangiavano un Pesce nato da una Vergine, ho trovato fratelli.". Vedete, vedete, da questo noi confessiamo una cosa: che il Cristianesimo el ga fatto un salto in zo. Mica vero? Un cristiano che va in America e trova un altro cristiano, dovrebbero aprirsi le braccia, mi pare. Un cristiano che trova un altro cristiano! Vai in mezzo agli Africani, in mezzo agli Indiani: cristiano! cristiano! cristiano! cristiano! Chiaro? Dovrebbero aver le braccia aperte per tutti gli uomini! Cristiano: troviamo un altro cristiano che è inserito nello stesso Cristo, che ama la stessa mamma nostra, la Madonna, che si sente fratello dello stesso Gesù. Ma figlioli, bisogna sentirlo questo: chiamatelo Corpo Mistico, chiamatelo quel che volete, dobbiamo sentire che siamo uno, che siamo uno. Non vi pare? Sentire che siamo uno!

MO96,4[29-09-1966]

4.Non son capace di concepire, di concepire una cosa diversa. Quando poi fai un più passo avanti: per esempio, si presenta qui un sacerdote; non lo possiamo fare con tutti i cristiani che vengono qui, altrimenti dovremmo aprire la porta e in refettorio avremmo sempre il refettorio pieno di tutti i poveri che vengono: faremo un po' di carità, ma non lo possiamo fare. Ma viene un sacerdote, per esempio, e arriva lì, sul mezzogiorno. Ma quante volte è che io non ci ho detto: "Senta, el se ferma a magnare un boccon con noialtri, sèmo preti!". "Eh, ma non vojo disturbare". "Quante storie! A magnaremo insieme per tutta l'eternità, tanto vale che scominsiemo qua a magnare un boccon in compagnia, no?".
È chiaro? Potessimo farlo con tutti i cristiani! Ma noi abbiamo la nostra missione e dobbiamo andare avanti per là; senno avremmo due-trecento poveri ogni giorno qua e allora la missione nostra cambierebbe immediatamente. Ma almeno con i fratelli sacerdoti che capitano qua, che sono di passaggio... Vi pare? Beh, se invece di essere un fratello sacerdote è un Confratello della stessa Congregazione, ma cosa importa a me se non l'ho mai visto? Vi pare? Cosa interessa a me se è di un'altra nazione? Cosa interessa a me se anche non ci capiamo con la lingua? Basta sorridere e ci capiamo, no?, sorridere e ci capiamo. Siamo legati dal cristianesimo, siamo cristiani, siamo legati da una vocazione, abbiamo la stessa vocazione, siamo arrivati legandoci a una stessa Congregazione! Si dovrebbe dire, si direbbe del popolo ebreo: siamo Ebrei, siamo della stessa tribù e siamo della stessa famiglia anche, no? Più di così. Più parenti di così! Fratelli miei, vedete, questo avverrà se noi ci sforzeremo di vivere le due vite: la vita contemplativa intensamente vissuta, la vita attiva; e la vita vorrei dire che è la vita sorridente, la vita gioiosa, la vita fraterna, proprio quello che è il distintivo della nostra Famiglia religiosa. Insomma, è il distintivo dei cristiani; senza tante storie, insomma, deve essere il distintivo dei cristiani.

MO96,5[29-09-1966]

5.Ieri, monsignor Sebben, che è stato qui, avete visto che camminavo insieme, mi diceva: "Cossa gài ‘sti tosi, el ga dito, cossa gài 'sti tosi, cossa gài? I xe tutti compagni, el ga dito: tutti compagni. Anca, el ga dito, la settimana passà, l'altra settimana, xe sta qua, el dise, un gruppo de prefetti che i ga parlà con don Venanzio, e, el ga dito, ghe go domandà: cosa ve pare? Ah, i ga dito, là ghe xe l'ambiente che copa, i ga dito, l'ambiente che copa. Parché, el ga dito, dentro in quell'ambiente lì, el ga dito, cossa vorlo, i xe contenti, sereni, i saluda sorridendo: par uno che va dentro xe fadiga cavarsela, el ga dito: i ga dito i prefetti: i fa fadiga a cavarsela!”.
Quello lì, permettete che lo ripeta, dice che se nol stufa, giova, no?, quello di Monterotondo, quel signore che è venuto qua, da Monterotondo insieme con don Flavio, è un notaio, mi ha detto chiaro e netto lì in refettorio, ancora dopo un quarto d'ora che era arrivato: "Ah, el ga dito, Monterotondo, nò per offendere i preti là, poareti, che i xe boni, ma solo el vostro Ordine podeva fare quel che el ga fatto, cioè, sfondare Monterotondo: lo ga sfondà in pieno, Monterotondo. Cossa vorlo: quel senso... Ma tutti, sàlo, anca l'assistente Mario, tutti, el ga dito, quel senso di sorriso, di serenità, di gioia, di... che non è proprio.... insomma, che, insomma, uno casca dentro, ci cascano tutti: là sarebbero disposti a far qualunque cosa per quella gente lì, el ga dito: ci cascano dentro!”. E quando, poi a pranzo là a Valdagno, in casa di don Flavio, è uscito con questa frase qui: "Sa, dice, una cosa che mi ha meravigliato di più... è la fraternità, cioè l'amore che c'è tra voialtri. Arriva don Flavio in laboratorio, trova uno, trova l'altro, e tutti quanti: Oh! Oh! Cose... che, glielo confesso, neanche nelle nostre famiglie, non c'è un affetto come da voialtri.". Ohe. Ha cominciato: "Neanche nelle nostre famiglie non c'è affetto così, una fraternità come c'è tra voialtri!". Per forza: perché la nostra Famiglia è un grado... è basata sullo spirito, non vi pare?, sulla carità. E quando che le nostre famiglie saranno basate non soltanto sulla carne ma sullo spirito, allora tutte le famiglie saranno così, devono essere cosi! E la nostra missione è proprio questa: portare questo spirito, che è uno spirito che non è né mio né vostro, ma è di Gesù, portarlo nelle famiglie, portarlo...!

MO96,6[29-09-1966]

6.Ora, il cavalier Barban... Domenica: "Non son più bon 'ndar via, el ga dito; cossa ga da essere, el vardava la signora, non se xe, co se vien qua, el ga dito, no se xe più boni de 'ndar via!".
Ora, attenti, questo ve lo dico perché non abbiamo nessuno da fare peccati di superbia, ma vi dico: state attenti che questo spirito di serenità, di gioia che dev'essere frutto di una vita intima, interiore, va ben?, questo è, si può dire, la calamita con la quale conquisterete il mondo. Dico male, Zordan? Ti che te vien dai luoghi di missione? Ah? Questa è la calamita... Non una cosa umana, non una cosa... ma una cosa soprannaturale: devono vedere che noi siamo così perché siamo di Dio; siamo così perché siamo... "Ma cosa hanno quei lì?". Cristo: portatori di Cristo! Sanno soffrire, patire, cioè, ecco, qui basta leggere il panegirico sulla carità fatto da San Paolo, no? "La carità è benigna, è paziente, eccetera, tutto sopporta, eccetera". Il passaporto è questo. Quello devono vedere in noi: che abbiamo la carità di Cristo. Ma andiamo avanti, perché stiamo ancora leggendo la frase che avevo letto prima, per partire con la meditazione... Co se xe veci, caro Luigi, eh, caro. Se se perde su le robe vecie!

MO96,7[29-09-1966]

7."La nostra vocazione è di essere simultaneamente presenti all'uno e all'altro: noi abbiamo la missione di vivere in contatto con gli esseri e le cose sensibili...".
Caro, la nostra missione, caro Orfanello mio, è di vivere in contatto con le persone e le cose: niente da fare! In seminario in mezzo alle persone, e tu devi predicare, e i seminaristi predicheranno a te, e vi edificherete a vicenda: tu devi edificare loro e loro edificare te. Persone. E con le cose: sì, anche le cose! Perché quell'altro, tutto quel che toccava diventava d'oro, no?, diventava d'oro. Tocco la testa de Luciano, diventa oro (magari, ah! La vendarissimo subito per pagare i debiti: importa niente, va ben?); tocchi una carega, diventa oro. Dove passa l'uomo di Dio deve trasformare tutto, spiritualizzare tutto: "Restaurare omnia in Christo", prendere possesso in nome di Cristo. Dico male, Vittorio? Ecco, adesso te ve al Chaco, te tocchi 'na vedèla, e te la fe proprietà tua, proprietà di Cristo... Te tocchi, ciò, te tocchi un coso, un aeroplano, l'è tuo, e te ghe lo dè a uno dei nostri giovanotti qua che el vegna a casa a portare le vedèle... Xe bello, però... se go fatto svejare qualcuno che el ga sonno, vero? Toni, te ghe sonno? No, un pochetto solo. Xe Vinicio che el ga dito che el se sveja alle otto de la mattina, dopo la meditazion: te sìto svejà stamattina? Beh! Stè attenti: che bello che xe, che passa, passa l'uomo di Dio, e 'l fa diventare tutto spirito. Adesso che ghe xe el nostro caro Livio Adessa che prenderà possesso lu come direttore del centro cinematografico, o meglio, el centro studi, vero, proiezioni, cinema, eccetera. Al posto de Venco, parché Venco ormai lo mandèmo a dir Messa, no? El va a assistere i tòsi, i tòsi i lo ciama assistente, ormai, centralizzatore de tutte che le robe lì, no? E Adessa el ga... no te ghe passion de quella roba lì? Beh! A un dato momento, ingranditori, macchine, eccetera; anche un domani le proiezioni, eccetera. Cortometraggi che se farà, che diventa tutto spirito, tutto, tutto apostolato, che diventino mezzi per salvare anime; non è mica vero? Cose meravigliose, meravigliose. Domani, metterse a fare un'ora di adorazione: "Signore, adesso i va a fare quella proiezion preparà par i tosi, e che li prepara per le vocazioni...”. Insomma, tu, tutto quello che fai, lo fai per, lo fai per!

MO96,8[29-09-1966]

8.Domani, dovessi andare anche a Grumolo, e Toni Pernigotto là che impianta le visèle... Dove xelo Toni? Ah, eccolo: Antonio, te impianti le visèle, no?, e el ghe dà... "Sì, poareti quei tosi, a ghe do un gotin de vin, che letifica el cuore dell'uomo", no? Dopo, te vedi là Toni Pernigotto che 'l monze: "To, poareti, a quei toseti che i magna 'na scudeleta de latte. Signore, benedissi, va... fa’ che questo latte, fa’ che questo latte, che 'desso go fatto un bidon de latte, si trasformi in atti di amor di Dio, e non in peccati".
Ma scusème tanto! La xe realtà savìo, xe mìa storie... A ridì, voialtri! Una scudela de caffèlatte: eccolo qua, quelo la magna, 'na scudela de caffèlatte... e dopo el va fora e el fa un peccato impuro: oh!, el caffèlatte xe diventà peccato impuro! Intendemose ben: metto benzina nella macchina, la macchinà va, compie un'opera di carità; metto benzina, parto, ammazzo una persona: mìa la stessa roba, no? Predicare il Vangelo, no?, a spiritualizzare tutto: dove passa l'uomo di Dio spiritualizza tutto, spiritualizza tutto! Come le nostre buone mamme, no?, che le benediva la fugazza, benediva i pulzinèi, benediva tutto, benediva i ùvi parché no i deventasse slossi, benediva tutto... Santificare tutto, "benedicere et santificare"! Questo è compito vostro; dove passate voi, dovete santificare persone e cose! Severino ha un piatto de fighi: “Ma sì, grazie, Signore, che te ghe creà i figari! Deo gratias!”. Speremo che a Toni i ghe piàsa perché ghe xe el figaro a Grumolo, no? Perché se no ghe dèmo una man, sempre disposti a andare a Grumolo! Desso a semo là, lo ghemo no lo ghemo, lo ghemo no lo ghemo, ghe xe difficoltà, ghe xe difficoltà; a go pensà de mandare don Guido a dirghe alle suore a Bassano che le metto sotto èle a pregare, parché go visto che là le xe onnipotenti per grazia... Xe giusto, no? Lo mandemo per incaricarle de do-tre faccende materiali... Magari tasèmo sempre de dirghe alle suore che le xe robe materiali, parché se no no le prega gnanca... Robe che ne interessa a noialtri, ecco. Robe, sa... "misterium"! 'Ndemo 'vanti.

MO96,9[29-09-1966]

9."Con tutta la nostra fede portiamo in noi questo contatto vivente con Cristo, con Dio, il Cristo, e tutti gli esseri spirituali, più veri, infinitamente più veri e più reali del mondo del corpo, dei corpi".
Dunque, con questa visione, dovarissimo essere... 'Na roba difissile adesso da dire specialmente par i putèi, vero Tarcisio? In questi due mondi, capìssito Mario, che vivemo: quello intimo, no, e quell'altro, dovarìa quasi diventare più visibile quello interiore che quell'altro, a un dato momento per noialtri. Per l'uomo di Dio dovaria essere più reale quello interiore che quell'altro. Perché? Perché per gli altri uomini in mezzo ai quali viviamo, vengono da noi appunto per spiritualizzare se stessi, no? Dovarissimo essere quasi, voi che ve ne intendete di chimica, quando se fa la doratura di un pezzo, ghe xe un bussolotto, no?, dentro ghe xe acqua, acidi, sali, e ghe xe anca l'oro dentro sciolto. Non la è così? Ecco! I ghe mette dentro dù mestieri là, un toco de oro, e dopo el toco da indorare: el toco de oro e el toco da indorare. Cosa succede? Filippi, dimelo, correggime se sbaglio, no? Succede questo: che el toco ghe ga da essere indorà el ghe roba dai sali de oro, el ghe roba un pocheto de oro e el se lo mette su, e dopo quei i va a tòrselo dal toco de oro, no? No la xe cussì, pressapoco? Ecco! La soluzione resta com'è, però questa... ghe dà e ghe tole. Questo dovarissimo essere noialtri! Noialtri dovarissimo essere così: contatto con Dio... Vien uno a domandarme Spirito e io glielo do, ma però, immediatamente viene dall'altra parte. Vorrei dire che, mentre lo do, aumento la mia potenza nell'unione con Dio. Bisogna... se l'uomo di Dio no xe così, cari, andèmo sì, andèmo a fare opere sociali. Te vedarè Severino che va a piantar patate, bisognerà piantar patate: “Oh, che bele robe! Per carità!”. Te vedarè Toni Zordan che fa mobili, i lo farà magari cavaliere del lavoro in Argentina, i ghe darà un toco de rapa tacà qua al colo: “Oh, che bele robe, che bele robe!”. Però, figlioli miei, i ghe farà anche un monumento, siccome che là ogni Sindaco fa el monumento alla madre, nelle varie piazze, stavolta i ghe lo farà alla madre Antonia Zordan! Tutto quel che te vui. Nuova madre, vero, del popolo del Chaco!

MO96,10[29-09-1966]

10.Però, figlioli, ricordate che le anime vol lo Spirito, il mondo ha bisogno di Spirito. Sì, caro maestro dei novizi, bene i sorrisi, bene tutto, ma quelo xe el modo per prendere la gente che vengano vicina. La gente deve venire vicina a noi dove trova il sorriso e trova la gioia; ma quelo xe el reclàme di un qualche cosa di sostanziale che deve esserci sotto, cioè, Dio, Dio!
Capìssito, Piero caro? E questa vita intima dev'essere superiore all'altra vita! Io devo essere più convinto di quella che dell'altra, devo vivere più quella che non fa l'altra. Devo... Signore, Signore: naturalmente nel mio cuore! E allora tu vedi, per esempio i nostri bravi assistenti, per esempio il nostro bravo figliolo che adesso è andato su ad Asiago, Mario Sgarbossa, che va a casa e... per la strada un giovane: "Scusa, Mario, gavarìa una questioncina"... 'Na donna: "Scusa, Mario, mi gavarìa una questione un pochino, un po' delicata, che cosa ne dice lei?". “Scusa, Mario...". E allora tu vedi che il parroco viene qua a chiedere per piacere se al sabato e alla domenica può andar a casa per queste confessioni... e non potendo: "Almanco una volta al mese, almanco una volta al mese!". Perché, sa... e allora, visto che no xe possibile una volta al mese perché l'è ad Asiago, e allora el parroco ga dito: "Se proprio no xe possibile Mario, almanco che vignesse un prete, vero, una volta al mese, ecco. Se proprio no pol vegner Mario, almanco un prete, una volta al mese, a confessare”. Per forza, perché l'è pieno di Dio, vero, Mario. No stè mìa a 'ndar dirghelo se no el fa peccati de superbia adesso che l'è su ad Asiago... Xela realtà o no, Mariuccio! Sì, con tanta semplicità, disi la verità come che la xe... Basta!

MO96,11[29-09-1966]

11."Questa dualità di vita e di prospettive, tormenta l'uomo di fede e ne fa, in certo modo, uno straniero in mezzo a quei suoi fratelli che non portano dentro di sè questa visione di un altro universo".
Quando che tu, per esempio, vai in un certo posto; per esempio, per esempio, andate a casa in vacanza, vi siete mai accorti che siete un po' stranieri? Vi trovate... Tu, Orfano, vai a casa e trovi i tuoi vecchi amici: insomma te senti che te sì un po' straniero, perché i fa altri discorsi, altre robe, i gusta altri cibi, insomma. Sì, bello, ma insomma, no i ga altro che roba insulsa, i ga in mente de questo e de quello, no ghe xe una scianta de sostanza nelle conversazioni, no? Bene: dopo, ed è giusto che sia così, voi vi dovete trovare un po' stranieri in mezzo al popolo dove andate, perché? Guai se non vi trovaste stranieri: vuol dire che non sareste arrivati... alla spiritualità che è necessaria. Adesso si tratta che dovete fare diventare loro cittadini. Nello scontro, o voi li fate diventare come voi o loro fanno diventare voi come loro, no? E a un dato momento, siccome la missione nostra è appunto di tirar su loro, a un dato momento dovete far in modo di non trovarvi più stranieri perché gli altri sono diventati come voi. Non saranno diventati frati o suore, ma saranno diventati buoni papà di famiglia, che mettono al centro Dio, che mettono al centro la vita eterna, come giustamente deve essere. "Questa sensazione voi l'avete avuta e l'avrete in modo acuto". Perché vi siete trovati stranieri; trovate una terra arida, straniera... Ecco la grazia di essere una comunità, perché quando rientrate in casa, non siete là uno del Polo Nord da solo; sa, al manco i gavarà dignità e i se trova un gruppetto insieme, no?, magari sotto terra, come che i ga fatto le città sotto terra, con la bomba atomica, là, o meglio con la pila atomica, che li possa un pochino riscaldare, un pochino. Per noi, la nostra pila atomica è il tabernacolo, è la preghiera, è la conversazione insieme, santa conversazione; per cui, anche se siete in terra straniera, ci capiamo nel dire, dove non siete, dove si vive un'altra vita e si respira un'altra vita, voi sentite che non siete soli, sentite che siete un piccolo lembo di patria, l'avete con voi, cioè, un piccolo, un piccolo angoluccio di Paradiso. "In mezzo agli uomini, chiunque siano, arabi, compagni di lavoro o semplici passanti, vi sentirete al tempo stesso molto vicini e molto lontani". Vi sentirete vicini perché siete fratelli, no? Perciò... questo tale che non prega, questo tale che è in peccato mortale, questo tale che non vuol saperne di Dio, questo tale che dice di non credere alla vita eterna, voi sentirete che sono fratelli. Come in casa vostra, per esempio, supponiamo in casa vostra ci fosse un fratello che non va mai Messa, che bestemmia, che è un peccatoraccio, che da vent'anni non si confessa, eccetera eccetera. Voi vi sentite tanto vicini e tanto lontani da quello, no? Tanto vicini perché è vostro fratello, sangue del vostro sangue, scorre in lui il sangue vostro, sentite che è fratello vostro, no?; ma nello stesso tempo tanto lontani nel modo di pensare.

MO96,12[29-09-1966]

12.Ora, vivendo da sacerdoti, voi dovete sentire questa cosa. Anche in mezzo, domani, a 'sti poveri indiani, 'sta povera gente, sentirli tanto vicini, ma tanto: pronti a dar la vita per loro, perché sono vostri fratelli... anche se sono cattivi; però vi sentite tanto lontani. Ecco, sentirete questo dualismo, lo sentire, lo dovete sentire, perché è una cosa naturale. Perché lontani? Vi sentite che voi... non esser capiti: nol capisse gnente. Sa, in casa ghe xe un comunista e un democristiano, fradèi; par forza i xe tanto vicini, ma tanto distanti, no?, perché uno dise che la xe giusta così, quell'altro dise... Dunque:
"Sarà come un senso di solitudine, di impotenza a comunicare ai vostri compagni questa visione che il vostro amore vi fa tuttavia desiderare di trasmettere loro". Voi amate il fratello e sentite il bisogno di trasmettere al fratello quello che provate voi, quello che credete il vero, ma nello stesso tempo sentite che non passa la corrente. Ecco il momento tragico dell'apostolo: quando io voglio molto bene a te, ma ti voglio tanto bene, ma tu non mi comprendi, tu non capisci le cose dello spirito, perciò, anzi mi odi, anzi mi perseguiti, e io ti amo, e son pronto a dare la vita per te, e vorrei trasmetterti la gioia che ho dentro di me, la vita che ho dentro di me. Tu muori di sete, io sono una cisterna, vorrei darti da bere e tu mi sputi in faccia. Perché? Perché non sai che io ho l'acqua; e allora ecco per voi il momento in cui bisogna prostrarsi dinanzi al Signore, in modo che il Signore faccia sì che tu, in un momento quell'altro possa gustare un po' di quest'acqua, e allora il Signore cosa fa? El fa vignere un terremoto, vien fora da mi una giossetta de acqua che no me accorzo gnanca che la sia vegnù fora, e quell'altro: ah! el se sveja, e el vien par acqua. Ma come xela sta? Xe sta el Signore che ga tirà fora 'na giosseta e ghe la ga buttà su pal naso senza che el se acorza. Questo è il frutto della grazia di Dio! Però bisogna che io sia una cisterna d'acqua, sia chiaro, e cioè che io ami tanto lui, e che gli sia sempre alle calcagna "opportune e inopportune"; è il Signore però che farà il miracolo de darghe una giosseta de acqua, e allora lu el vegnarà a bevare l'acqua che no la xe mìa mia, che la xe del Signore. Tutte robe, sa, diffisile da capirse, ma el Signore ne spiegherà. Andiamo. settembre 1966