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SAN PAOLO PONE ALLA BASE LE VIRTU’ DELLA FEDE, SPERANZA, CARITÀ

MO115[07-12-1966]

MO115,1[07-12-1966]

1.Oggi il nostro caro San Paolo ringrazia. Sente il bisogno di ringraziare sempre e ininterrottamente; perché? Perché ricorda, che cosa? Quello che ha fatto il Signore! Perché? Perché sa vedere in tutti la parte che ha fatto il Signore. E anche nel male vede, insomma, che il Signore permette quello....
Per esempio, vi ho portato un esempio ieri mattina: il Signore ci dà un Giorgio pieno di virtù, supponiamo che avesse qualche difetto anche, il Signore dice: "Beh, questo entra... e questi difetti te li mando, te li mando a curare!". Ecco, quando il dottor Campesato ha portato via Giorgio, cioè, digo, poareto, Girolamo da Este, il professore non voleva lasciarlo venire; ha detto: "Guarda, capisci anche tu, è un rischio!". E allora ha detto il dottor Campesato: "È vero sì che è un rischio, però - dice - tu capisci, è un rischio ancor più grande che questi giovanotti da Vicenza vadano continuamente in macchina indietro e avanti ad Este per assisterlo. Tu vedi che bisogna assisterlo 'sto giovane, non si può lasciarlo là in ospedale in mano degli infermieri: ha bisogno di un'assistenza continua, per un po' di tempo. Là, con la nebbia, con l'inverno: abbiamo appena avuto una disgrazia, che non ne capiti un'altra!". E l'altro non voleva, ma, insisti, sotto la sua responsabilità, ha concluso il dottor Campesato: "Ha ceduto perché? Perché io spesso mando da lui degli ammalati! Quando ho bisogno di qualche operazione li mando da lui. Difatti... li mando da lui... li mando da lui, gli do fiducia, sa?". Ecco i medici fanno così, no? Ti mando... dallo specialista!...". Ebbene, mi pare che dobbiamo sentire questo, sentire questo: bisogna che il Signore abbia fiducia di noi. Ci ha costituiti medici e spesso Lui manda da noi. Anania si vede arrivare un bel giorno uno: cieco, uno che è persecutore, secondo lui, ma non era più persecutore; e questo Anania si sente dire da Saulo: "Mi manda il Signore da te, perché tu mi dica cosa devo fare!". Ecco, vedete, dobbiamo ringraziare il Signore di questa fiducia che il Signore ha avuto anche di noi, qualche volta, più che medici macellai; qualche volta inesperti, qualche volta veramente per negligenza incapaci. Il Signore ha avuto fiducia di noi. E quando vi porterete domani in qualche parrocchia e vi troverete lì nella realtà, dinanzi alla realtà e non dinanzi alla poesia: perché adesso c'è la poesia a distanza di mesi; ma quando vi troverete lì e vi sveglierete al mattino e direte: "Ciò! Proprio vero! Tutte 'ste anime qua, ventimila anime, trentamila anime, insomma, oh, bisogna ca le salvemo noialtri! Ciò, Piero! Ciò, Toni! Ciò, Mirko! Oh, mia scherzi, eh? Vidito quella vecia lì, vidito quell'altra, vidito 'st'altra: noialtri ghemo da salvarle! El Signore ne ga messo qua: come galo fatto don Ottorino, mi digo che el ga perso la testa quello là, a fidarse de noialtri!". Ecco, allora concluderete dicendo: "Mi digo che el ga perso la testa el Signore a fidarse de don Ottorino!". Cossa vulìo fare, ve in su un pochetin, ve in su! Figlioli miei, sentire che il Signore, chiamandoci allo stato religioso e allo stato apostolico, ha avuto fiducia di noi, ha avuto fiducia! Lo vedremo andando avanti nel quarto... qua, del mestiero, della lettera ai Tessalonicesi: siamo ancora al terzo. Ma io insisto su questo: guardate che non è soltanto un pensierino! San Paolo è pieno di questo spirito, bisogna che ci riempiamo anche noi: cantare e cantare l'inno della riconoscenza al Signore, e vedere Dio, vederlo nei nostri fratelli, vederlo nel bene e vederlo anche nelle miserie dell'uomo; non vedere Dio nelle miserie, ma vedere Dio che ci manda queste creature, le mette sul nostro cammino perché le aiutiamo, perché possiamo darle una mano.

MO115,2[07-12-1966]

2.E procediamo: eravamo arrivati a questo punto.
Dice ancora San Paolo: "Noi ricordiamo... (dunque)... ringraziamo, per questo motivo: perché ricordiamo (che cosa ricordiamo? Abbiamo detto del ringraziamento e del ricordo, ma che cosa è che ricordiamo?) davanti a Dio Padre, le opere, (attenti, qua comincia il bello, eh?) le opere della vostra fede, le fatiche della vostra carità, e la costanza (mi pare che sia) della vostra speranza". Vi ricordate che abbiamo detto che San Paolo vive de 'ste robe qua, no?: fede, carità e speranza. Cristo Risorto! Che illumina tutto il cammino di Paolo è Cristo Risorto! Figlio di Dio, incarnato, crocifisso, risorto. Abbiamo incominciato anche noi la nostra risurrezione. Allora vive in comunità; quando costituisce una comunità, è preoccupato che la comunità sia viva, no? No una comunità morta, se no sarebbe come fare costruire un motore e il motore non parta, no? Venda i motori, venda venti motori e non vanno, venda dieci case prefabbricate e piove dentro e le se rabalta! Xe chiaro? Una cosa dev'essere fatta viva, secondo il progetto dell'artista. Ora, la comunità cristiana, come la vuole Dio, è la comunità che deve essere piena di fede, di carità e di speranza; perché una comunità che non ha la fede non è una comunità cristiana. È giusto? Una comunità che non ha la carità non manifesta la fede che deve avere. Una comunità che non ha speranza è una comunità disorientata, perché non è una comunità diretta verso la patria, verso dove che il Signore ci attende. Sarebbe come vedere un papà con le braccia aperte e un bambino là: "Vieni qua!", dice, e il bambino va per l'altra parte. Noi siamo dei poveri bambini diretti verso il papà che è con le braccia aperte, no? È già risorto, è già risorto Lui, è là che ci attende: ecco la comunità cristiana! Ma, eccolo qui. San Paolo, dicevamo gli altri giorni, che si accontenta di poco: incoraggia, incoraggia; per quel poco che ha seminato in questa piccola comunità, e ci sono ancora tanti difetti, ma lui intanto comincia col ringraziare per quel po' di bene che c'è. Non dice: "Ohhh...! Sono venuto a predicare il Vangelo, ho perso un mese per farvi le prediche... ottavario, e non mi va di...". No, no, no. Comincia a dire: "Sì, ringraziamo il Signore, perché io vedo (magari solo, sa, è come in un orto dove c'è solo che una piantina de salata: oh! vedo che xe nata la salata; dopo i pevaroni: oh, xe nati i pevaroni, no quei brasiliani!), vedo qualcosa che va ben: intanto ringraziemo il Signore, perché vedo, vedo che xe nata salata, e no pomidoro, no?; vedo che queste virtù essenziali per la comunità, ci sono! Ringraziamo il Signore! Adesso tireremo via il resto e aumenteremo queste, ma ci sono". Ecco l'ottimismo, ecco l'ottimismo!

MO115,3[07-12-1966]

3.Comincia con questa frase: "Quando in una comunità Dio è all'opera, e Gesù Cristo vi agisce mediante lo Spirito Santo (dicevamo questo ieri mattina, vi ricordate, no?) in essa fioriscono la fede, la carità e la speranza. Queste virtù poi si manifestano all'esterno: (eccola qui: quand'è che ci sono?) la fede, nelle sue opere". Vediamo cosa che ha scritto qua l'autore: "Una comunità che vive di fede, riuscirà a realizzare opere tali che sembrerebbero impossibili".
Quando ho scritto 'ste parole qua io ho pensato questo: "Una comunità che vive di fede riesce a realizzare opere tali che sembrano impossibili". Il Signore, tante volte si accontenta di tanta poca fede, sapete, per realizzare le sue opere! E mentre scrivevo questa frase qua, pensavo a quello che il Signore ha fatto nella nostra Casa. Sono venticinque anni che abbiamo cominciato, dico, che abbiamo incominciato, perché c'eravate anche voi quando ho cominciato io; poi ognuno è venuto fuori al momento opportuno. È come quando che si comincia una commedia: tutti gli attori sono dentro e uno comincia; qualche volta succede questo nelle commedie, non so se lo sappiate, che magari quello che deve entrare nel secondo atto, intanto va a bevare un caffè, parla, va de qua va de là; quando che ghe tocca lu: "Fèrmate! Dai che te tocca a ti. Fèrmate! Dài, movete! Eh, go tolto l'ultima caramella!"... bruuum, bruuum: in palco, eh? Voi siete entrati "in palco", vero, chi prima chi dopo, secondo le parti che avevate da fare. Ma all'inizio della commedia c'eravate anche voi, perché la commedia, il Signore l'ha scritta Lui, e ha scritto tutte quante le parti, tutte le parti, anche le parti del canto ha scritto Lui. Chissà quante altre parti, chissà quanti altri atti che verranno fuori in questa commedia, no? Ebbene, però c'è stata una cosa: tante miserie, tante stupidaggini, tutto quel che volete, però una cosa: "In nomine Domini laxabo rete.", no? Il Signore ha detto agli Apostoli: "Andate e pescate lì". E allora San Piero ga dito: "Mi, sa, ghemo ciapà gnente, tutta la notte ghemo lavorà e no ghemo ciapà gnente, però nel nome tuo getterò le reti!". Nel nome del Signore abbiamo incominciato. Nel nome del Signore siamo andati avanti.

MO115,4[07-12-1966]

4.Ieri sera, mentre si stava lavorando per sonorizzare il cinema che a qualunque costo domani deve avere la sua prima visione, vero, al cinema Roma, e viene trasmesso per eurovisione, mi pare... bene, guardate figlioli, mentre si stava lavorando mi domandavo a voce alta: "Per quale motivo stiamo lavorando qui adesso?". E questa mattina mi domandavo, mentre mi vestivo: "E per quale motivo siamo andati in giro a vender case, e per quale motivo siamo andati in giro per altre cose, no?". Figlioli, c'è un solo motivo: "Nel nome del Signore getto le reti, nel nome del Signore!". Perciò, tutto quello che facciamo, può darsi che sbagliamo, può darsi che a un dato momento interpretiamo male la volontà del Signore, ma ricordatevi, mi pare dinanzi a Dio di poter dire che in questi venticinque anni e più abbiamo cercato una cosa sola: la volontà del Signore; e abbiamo cercato di camminare dinanzi al cospetto del Signore.
E allora, ecco il segreto nonostante le nostre "deficienze", vero don Luigi caro, che ghe nemo tante tutti quanti, nonostante le nostre miserie, nonostante quei pochi de talenti e magnà fora quasi tutti inutilmente, il Signore, visto che insomma ci sforzavamo di camminare sulla sua strada, cioè nella fede, cosa ha fatto il Signore? Ha fatto "cose grandi, ha fatto cose grandi!". Vedete, vi accorgerete specialmente quando sarete più vecchi, quando vi allontanerete dalla Casa, quando comincerete a guardare la Casa un po' da lontano, comincerete a guardare un pochino cosa ha fatto il Signore, allora ve ne accorgerete! Ieri, per esempio, i nostri cari studenti di terza liceo sono andati lassù ai Cavanis, Possagno, dai Padri Cavanis, poi sono andati su dove c'è la casa di esercizi, e lì si sono incontrati con il maestro dei novizi, e allora ha domandato il maestro dei novizi: "Quanti novizi avete voialtri?". E hanno detto: "Sedici", e lui ha fatto un sospiro: "E noi ne abbiamo quattro solo!".

MO115,5[07-12-1966]

5.E poi, vero, e poi vi avvicinerete ad altre parti e sentirete, allora vi accorgerete che cosa il Signore ha fatto qui dentro! E che questo è ancora niente! Perché, cosa sono sedici quando voi fra qualche anno direte: "Quando che gavevimo sèdese novizi credivimo de averne chissà quanti! Adesso, adesso capièmo, no?, fra qualche anno!...”.
Adesso te vedo sorridere, caro don Piero: sentirai, vedrai il bollettino quando arriverai nel Chaco... Quando, quando sentirete cosa farà il Signore! Anch'io, sai, quando che avevo la "Casetta", la piccola "Casetta", mi pareva di avere chissà cosa, no? Sei campi: mi pareva di avere chissà cosa! E adesso, cosa volete, si è visto che il Signore sta facendo cose grandiose, cose grandiose. Guardate, ieri sera siamo andati con Daniele a prendere la tenda per l'ufficio di registrazione, e poi due tende per metterle lì a basso nella sala del teatrino nostro per fare un po' di accademia: otto metri e mezzo e alta due metri e settanta... E lì, il signor Faggion dice: “Varda che robe grandi, ma varda cosa che xe successo, ma varda in America, varda qua, varda là! Don Ottorino, 'sta roba qua ghe la regalo mi". E son vegnù a casa con la roba regalà, intanto! Amici, vi accorgerete, vi accorgerete: sono piccoli segni, ma vi accorgerete di cosa sta facendo il Signore. Però, ricordatevi, ricordatevi, se uno, se uno ha la fede, si sforza di avere la fede, e lo dico qui perché non sono io solo, siete tutti, siamo tutti insieme, figlioli, questa fede, nessuno può dire: "L'è mia, l'è mia"; l'è di tutti, no?, è un dono di Dio, ma se noi agiremo con la fede faremo opere, e ci saranno le opere che parleranno. Se domani, caro don Piero, nel Chaco avrete fede, farete cose più grandi qua di Vicenza; cioè, le farà Lui attraverso voi. Se, caro don Guido, avrai fede, avrete fede là, ma poca sai, tanta come... varda, mi ghe n'ho così tanta poca, e quando che ghi n'è tanta poca xe vignù fora 'ste robe qua, immaginarse là, che xe caldo, la sarà più calda la fede, no, calda, no? Se avrete fede, di qui a qualche anno Resende supererà Vicenza, sia per la santità, sia per il numero dei novizi, sia per tutto: supererà Vicenza! Se vivrete con fede e se partirete da Dio e tornerete a Dio nelle vostre azioni, in neanche dieci anni Resende e il Chaco può superare Vicenza! Può superare Vicenza. figlioli! Bisogna avere fede. Bisogna credere. E bisogna credere...

MO115,6[07-12-1966]

6.E qui adesso non mi fermo a parlare della fede perché se no altrimenti non andiamo più a finire nella carità. Bisogna sentire, insomma, che c'è Dio presente, Dio presente nel tabernacolo, Dio presente nella tua stanza, Dio presente dentro nel tuo cuore; bisogna che tu prenda l'abitudine di conversare col tuo Dio! La mattina, appena ti alzi: "Mio Dio, quando aprirò questi miei occhi, quando verrò lassù in Cielo con Te, Signore?". Mentre ti lavi, mentre ti pulisci le scarpe, mentre ti vesti, continui a conversare con Dio. Figlioli, o si crede o non si crede. Se non si crede, è inutile andar a predicare la fede! E quando poi, vero, andrai in chiesa e parlerai con Lui, anche se verrà qualche distrazione, e facendo poi ritorno, quando stai facendo colazione, e quando stai lavorando, e quando stai correndo in macchina: non c'è azione che ti possa impedire di comunicare con Dio.
Vedete, ecco allora che quello che noi facciamo è esclusivamente per Lui, solo per Lui, consumati per Lui! Ecco allora, se nella nostra comunità ci sarà la fede, si vedranno le opere della fede! E dice Paolo: "Io ringrazio il Signore perché vedo in voi una fede operante, una fede, vero, le opere della vostra fede, le opere della vostra fede!". Guardate, caro don Venanzio, ricòrdatelo sempre sai, che se tu dici di aver fede e non si vedono le opere, che possono essere sacrifici, che possono essere dolori, che possono... insomma, la fede dimostra sempre qualche cosa. La fede non può rimaner dentro, mostra qualche cosa: saranno opere di sacrificio, di immolaziome, ma mostra, mostra qualche cosa. Saranno croci in un cimitero, ma la fede mostra qualche cosa.

MO115,7[07-12-1966]

7.Secondo: "Le fatiche, le fatiche della vostra carità!". La carità dunque si manifesta nelle sue fatiche. Vedete, quando si parlava su ad Asiago di questa carità fraterna, di questa bellezza... quella è la manifestazione ultima della carità. È chiaro? Quella è la manifestazione, vorrei dire, quasi il colore della stanza, ma ci vogliono i muri portanti, se no, è inutile dare il colore...
Una comunità, una comunità, è così bello volersi bene, sentirsi corpo unico, vivere e sentir vivere, vero, in questa unione; ma questo è possibile se hai fede, e la fede ti dice che siamo uno, col Cristo Capo, no?, e noi siamo membra, e questo è la fede che te lo dice e che te lo fa vivere. Da qui tutta la preghiera, senti il Padre nostro, quel "nostro" là lo senti vibrare dentro di te, per cui senti di soffrire con coloro che soffrono, di patire con tutti, sente il bisogno di dare a tutti. Se non fai questo, è inutile, casca il palco, no? casca il palco, no? Secondo: la tua carità dev'essere una carità che ti porta a sudare, a fare fatica. Primo: "La quotidiana preoccupazione per i fratelli". Le varie forme di dedizione e di servizio, aiutare i poveri, insegnare un mestiere, eccetera. Cioè, in altre parole, se hai la vera carità, prima la fede, quella che porta alle opere, no?, ma se tu hai la vera carità, tu ti consumi per i fratelli. Qui basterebbe citare l'esempio di uno solo: monsignor Canova. Voi lo conoscete, e lo vedete in giro per le strade, con la so gambeta: tac tac, tac tac, che batte, e corre di qua, e se tu lo fermi e domandi: dove vai?, sta' sicuro ti deve rispondere: "A go 'na pora dona da aiutare, un poro omo da aiutare...". Sta' sicuro che el ga sempre da aiutare, aiutare, aiutare. Non c'è pericolo che monsignor Canova lo trovè in giro per la città per andare a la festa da ballo o par 'ndar vedare un cinema o par 'ndar vedare... No no no: aiutare, aiutare, far del ben, aiutare, aiutare! Ora, figlioli miei, voi vi incontrerete con della povera gente che patisce la fame perché non ha lavoro, voi vi incontrerete con dei poveri orfani rimasti là, 'ste povere creature senza nessuno: guardate che in certe zone non troverete certo l'ENAOLI o le previdenze sociali o assistenze particolari; in Brasile, per esempio, un povero operaio che prende settantamila cruzeiros al mese, e ventimila di questi li deve pagare d'affitto, e restano cinquantamila, e cinquantamila vuol dire, trentaseimila sono diecimila lire, fate conto: dodese-tredesemila lire o poco più, e con quello deve vivere lui e la sua famiglia, deve pagare il medico e le medicine, se no el crepa.

MO115,8[07-12-1966]

8.E voi, voi, in una parrocchia, cari figlioli, sarete il papà e la mamma di queste creature. Ah, non potete mica voi avere stanza da bagno, riscaldamento non occorre, vero, non occorre, se no anche il riscaldamento, avere antipasto, avere il dolce, avere qua, avere là, e dimenticare, dimenticare quelle povere creature! Figlioli miei, sì, è vero: nessuno di voialtri dovete trascurarvi, anzi, se vengo là vi rimprovero se trascurate la vostra salute... far di meno di mangiare per dare ai poveri. Può darsi che una volta capiti anche questo, però il necessario lo dovete avere; ma ricordatevi bene, non il superfluo, ma ricordatevi bene che quelli sono vostri fratelli. Ricordatevelo bene: sono vostri fratelli!
Non basta dal pulpito gridare: la fraternità, la fraternità! Discendi dal pulpito, entra nella casa della vedova e porta un aiuto a quella povera disgraziata, dà una mano a quella povera disgraziata! Quella carità ti porta, non soltanto a dare dieci lire a quei poveri orfani, a quei ragazzi sulla strada, ma vedere come tu, da papà, puoi risolvere, puoi aiutare quelle creature. Ecco allora, dove necessario istituirai una scuola professionale, e aiuterai quelle creature a farsi un domani una posizione nella vita; cercherai in mille modi di dare un mestiere in mano, vedrete un pochino insieme come si può intervenire, qualche cooperativa, qualcosa: aiutarli, aiutare, aiutare! Ecco la carità! Non dovete soltanto dire e parlare: "Fratelli, vogliatevi bene!", ma dovete voler bene, voler bene; e voler bene vuol dire, se necessario, anche prendere il vostro materasso e darglielo, se c'è una povera creatura che è ammalata e la vedete messa là in condizione indecente, anche il vostro materasso, anche il vostro letto se necessario, perché, perché è Cristo sofferente. Ho trovato nel Chaco, là dove ci sono state le alluvioni, siamo andati là, e abbiamo trovato una povera ragazza là buttata per terra, un sacco e buttata per terra, e là, sul pavimento, proprio un sacco vero e proprio... disteso là, ed era appoggiata al muro come guanciale, era appoggiata al muro, non aveva guanciale né niente e aveva la febbre quasi a quaranta. E davanti a questa qui, un povero ragazzo mezzo scemo, no, e la mamma seduta per terra per tenergli su la testa... Eppure sono nostri fratelli! "E allora, io prenderò quella ragazza e la porto al letto mio!". No, per carità. No, per carità, 'na tosa portarla in camera vostra. Ma schèrzito? Anche per non scandalizzare il mondo! Ma, una carità... "E allora io dono via tutto!". No, perché se no don Piero te dise sù, brontola. Però, non si può tornare a casa dopo avere detto a queste creature: "Eh, accettiamo tutto dalle mani del Signore, offriamo i sacrifici al Signore!", e te torni a casa, vero, con la pansa piena, e ti metti là con la radio e la televisione. No, figlioli, no no no no, no no no!

MO115,9[07-12-1966]

9.Vedete, qui adesso stiamo lavorando fortemente perché, so io, con cineprese, con 'na storia, con l'altra, ma ricordatevelo, il problema è, se non ci fosse la questione delle vocazioni, non vedreste cineprese e non vedreste altre robe qui in casa, state sicuri; non vedreste sprechi. Questo lo facciamo perché noi pensiamo attraverso questo di poter moltiplicare gli uomini; pensiamo attraverso questo anche moltiplicare i mezzi. Ma, ma, figlioli miei, non perdete delle energie materiali, spirituali, eccetera, per stupidaggini. Domani perdere tempo per... là, per fare fotografie per il gusto di fare fotografie: se è necessario far dieci fotografie o cento per mandarle qua per poter convertire altri a darsi al Signore... ma finalizzate il vostro lavoro. Esaminatevi dinanzi a Dio. Finalizzate il vostro lavoro!
Ecco, anche questa carità, anche questa carità materiale per dare una mano! Adesso non si tratta che diventiate voi il centro sociale o che significhiate voi l'ufficio di collocamento, ma se è possibile dare una mano la si dà. E si cerca di suscitare nei laici il dovere che hanno di aiutare i propri fratelli. E allora, invece che lavorare per uno lavorate per dieci o per cinquanta. Dico male voi, assistente sociale? Dobbiamo muoverci, caro: la prima carità, ricordatevi, è quella un pochino materiale: dare un pezzo di pane alla gente. E poi, le altre fatiche: lavorare costa fatica, sapete; anche perché è difficile farsi compatire da quelli che si va, qualche volta. Seconda fatica. Tutte le varie forme di apostolato: catechismo, confessioni, amministrazione dei sacramenti, eccetera; è una fatica anche quella! Ma bisogna farla questa fatica! Ecco le fatiche della carità. Veramente, se tu veramente hai fede, allora susciti opere: "Si potrebbe far questo... si potrebbe far questo... si potrebbe aprir una parrocchia!". Ecco le fatiche della carità: l'amore verso i poveri, verso gli orfani... e catechismo, e opere spirituali... Ed ecco allora che il sacerdote resta a disposizione delle anime, ecco allora che trova tutte le occasioni per insegnare il catechismo, per intavolare una discussione con uno, per dire una buona parola. Ecco in altre parole il nostro, il nostro programma: "L'apostolo deve dare!". Quando avvicino una creatura, io cerco di "dare" qualche cosa! E qui San Paolo ci è maestro, "et ultra"! Ci sarebbe tanto da dire, ma vorrei finire questo punto qui.

MO115,10[07-12-1966]

10.Terzo: la speranza si manifesta nella sua costanza. Leggo i punti che ho scritto. Primo: nei momenti di stanchezza fisica. Se tu vivi di carità e hai lo sguardo rivolto a Gesù Cristo continuamente, a un dato momento comprenderai che: "Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto!", no? Se invece a un dato momento tu vedi: "Oooooohhh, no gh'in posso più, ooohhh, oooohhhh, oooohhh!", cosa vuol dire? Vuol dire che quello non ha speranza, quello non guarda davanti. Perché, se veramente fosse convinto che il Cristo Risorto è là ad attenderlo, ma allora: "Ma sì, va là!". Vorrei vedere io!
Mons. Volpato, quando era vicerettore in seminario, ha fatto la famosa statistica degli ammalati, del lunedì, del martedì, del mercoledì; e alla domenica erano tutti sani, di solito. Al lunedì c'eran tanti malati, al sabato cominciava già un miglioramento, alla domenica sani: la domenica era giorno di visita! Perché, cosa volete, è uno stato psichico, sa', il giorno di visita, si sa, la venuta della mamma fa guarire, no? Specialmente della valigetta, della borsa che arriva... Figlioli, state attenti, quando io dicessi a voi: "Amici, guardate che adesso, questa mattina, dopo scuola, bisognerebbe che andassimo a tirar sù quella terra che c'è là in fondo, col badile". “Don Ottorino, el scusa, mi 'ndaria volentieri, ma 'stanotte go dormìo poco; mi, sa, go un disturbo qua che risponde qua, eccetera”. "Tusi, vardè che dopo... ciapèmo el pulmann e 'ndemo ad Asiago". Tutti i starìa ben! Tutti i starìa ben! Siamo fatti così, no, siamo fatti così! Ora, se noi puntiamo in avanti e sappiamo che siamo diretti a raggiungere Cristo, allora questa speranza del Cristo che ci attende, ci dà la forza, ci dà la costanza. Ed ecco allora che quelle giornate di pene naturali, perché piove, perché c'è pesantezza, perché se sta poco ben: una volta è un'indigestione, un'altra volta è un dispiacere che hai ricevuto, tu li superi col sorriso, col sorriso, perché "tanto è il bene che mi aspetta" che non mi interessa 'ste robe qua, no? Secondo: negli insuccessi. Costanza nei periodi di pesantezza, negli insuccessi, che dovete mettere in preventivo: lavoro, lavoro, e dopo el me para via, el me manda via! Sul più bello che go piantà el Chaco, paf, una lettera: "Caro don Piero, parti!". Dove? .... maestro dei novizi!.... Figlioli, mettete in preventivo gli insuccessi! Mettete in preventivo: "Fabbrica recipienti, fiaschi e damigiane"; mettete in preventivo di lavorare e lavorare e lavorare e essere trattati male anche dagli uomini, anche da coloro che non dovrebbero trattarvi male, cominciando dai vescovi. Andate in una parrocchia, lavorate, impiantate e poi vi cacciano via come cani: "Deo gratis!". Xe inutile che te me vardi tanto: questa la xe la realtà, caro!

MO115,11[07-12-1966]

11.Questo lo farete se avrete la speranza, se lavorerete per Dio, non per gli uomini, se il vostro sguardo è rivolto là: fede, carità consumata, ma speranza in Dio: solo in Lui! "Omnia possum in Eo qui me confortat", no? Ma solo in Lui. E allora superi il caldo del Chaco, la giornata di umidità intensa che ti opprime, che ti porta la tristezza e ti fa cantar "Marcia funebre"; e allora superi gli insuccessi, i fiaschi; e allora superi anche le calunnie e le persecuzioni, che ci devono essere...
Ecco là, il nostro caro Antonio che un giorno si ferma, viene fermato per strada da una giovanotta di settantanove anni, si ferma: "Senta, lu che l'è un omo di Dio, sa, mi no go corajo de avvicinar don Piero, l'è tanto serio, sa, con i ociai, no me sento... A me trovo in una situazione un po' difficile: son indecisa, sa, se sposarme o no, parché, sa, me son sposà sinque volte, son vedova, sa". E allora lu el se ferma lì, el ghe dise 'na bona parola: "La varda, la staga attenta, ormai xe mejo che la ciapa in man la corona, eccetera”. 'Na bona paroleta, e insomma, i se ferma par do-tre volte e allora là: "Ah, che brao toso, quello l'è un fiolo d'oro". Parché el la ga convertia un pochino: "Quello l'è una creatura d'oro, ah, quello!". E si diffonde in giro per il Chaco la voce che Toni Zordan l'è innamorà di questa donnetta... E allora cominciano... anzi, non solo, ma vien fora che, oh, chissà cosa, i lo ga visto, i ga giurà, e qua e là, come che dise Manzoni, vero, giurato a destra e sinistra. E a un dato momento: "Desolatio magna!". Figlioli, ve lo dico perché vi capiteranno queste cose sulle spalle. Questi pretini giovani che, sa, vanno lì, confessano e magari stanno lì un minuto di più con una donna, e le altre son fuori a contare... per invidia: "Sa, con quella sì, parché la xe simpatica; a mi tre minuti de manco, un minuto de manco com mi! Quella sì, ecco là, ecco là!". E se i xe diese minuti i dise che i xe venticinque minuti. Non ve la cavate mica da 'ste robe qua, sapete. Quasi tutti i preti che ho incontrato sul mio cammino ci sono cascati dentro in queste calunnie. "Estote parati!". Hanno chiamato Cristo mangione, bestemmiatore, ne hanno detto una per colore... non hanno detto 'ste robe qua perché nol 'ndava gnanca a confessare, eh? Figlioli, state bene attenti! Se voi lavorate solo per il Cristo, sarete prudenti, starete attenti, ma accetterete anche queste cose "in nomine Domini!". 11 dicembre 1966