1 Caro Zeno, non si arriva a Dio per mezzo della conclusione di un sillogismo, eh, no! Graziano... Non è sufficiente aver provato che Dio esiste, o aver ragionato su dei testi della Scrittura per essere in contatto con Dio. Si potrebbe essere un buon teologo dal punto di vista della scienza teologica, e non aver lo spirito di orazione. Un modo per incontrarsi con Dio: guardando Dio, ascoltando Dio, parlando a Dio. Un istante allora, signori teologi: incontratevi un istante con Dio, guardatelo, ascoltatelo un istante e parlate con lui.Incominciamo la terza meditazione. Caso mai, se non faremo a tempo a finire, andremo a Bosco, visto che a Bosco si fanno così bene le meditazioni, no?"La penitenza secondo lo spirito del Vangelo".Il cammino che dobbiamo percorrere insieme quest'anno, voi lo sapete: dobbiamo incontrarci con Cristo. Tanto per riallacciare un pochino il nostro discorso... Abbiamo visto che abbiamo un mondo da salvare, che siamo delle povere creature, ma che tutto possiamo con il Signore. Questa è stata la prima meditazione che abbiamo fatto insieme. La seconda meditazione, che abbiamo fatto insieme, a tratti, è stata questa: questo cammino che dobbiamo percorrere non lo facciamo da soli, lo facciamo con il nostro amico Gesù. Andiamo in cerca di Gesù con Gesù. Prima stringiamo l'amicizia con Gesù e poi andiamo alla ricerca di Gesù. E andiamo alla ricerca di Gesù, però, non per studiarlo, ma per conoscerlo, per fare la sua conoscenza, per incontrarci con lui. Ora lui ci insegnerà a divenire apostoli, ci insegnerà a divenire salvatori di anime, ma prima bisogna incontrarsi con lui.Il testo che poi leggeremo ci dice questo: che per incontrarsi con lui bisogna passare prima dal Battista, al Giordano. Perché coloro che non sono passati prima dal Giordano non si sono incontrati con Cristo salvatore. Bisogna prima passare, farsi battezzare col battesimo di penitenza . Fatto questo battesimo, allora siamo pronti a continuare il nostro cammino. Ecco perché viene inserita a questo punto questa meditazione: "La penitenza secondo il Vangelo".Tenete presente: stiamo camminando alla ricerca di lui; vogliamo conoscerlo, ma sul serio. Lui si manifesterà a noi soltanto a condizione che prima passiamo per questo punto fisso: il Giordano, battesimo di penitenza."Conoscete lo scopo del nostro ritiro: vogliamo incontrare Cristo, per aderire pienamente a lui e trasformarci in lui".Siccome dobbiamo testimoniare Cristo in giro per il mondo, dobbiamo incontrarci con lui e trasformarci in lui. In modo che andando in giro per il mondo, domani a San Paolo in Brasile, invece di chiamare "dottor Zeno", dicono "dottor Gesù", "dottor Marco Gesù". Ve l'ho già detto e ve lo ripeto. La grazia che noi abbiamo di essere sacerdoti o apostoli o diaconi è una grazia che ci trasforma in Cristo.
MO211,2 [5-12-1967]
2 Non siamo dei rappresentanti di Cristo soltanto, non siamo dei portatori di un messaggio di Cristo soltanto. Dobbiamo essere i testimoni vivi del Cristo. Non siamo degli ambasciatori che portano, che manda... il re d'Italia. No, no! Noi che lo portiamo, dobbiamo portarlo vivo il Cristo."È dunque verso di lui che andiamo ed è in lui che cercheremo di vivere.Ma per incontrare Cristo e per essere trasformati in lui ci sono, secondo il Vangelo, due tappe da superare.Avete certamente notato che Dio ha voluto preparare il suo popolo a ricevere il Messia inviandogli prima Giovanni Battista.Bisognava accettare il battesimo di penitenza per prepararsi ad incontrare Gesù.Sappiamo anche dal Vangelo che i grandi sacerdoti e gli anziani, che non avevano accettato il battesimo di Giovanni Battista, si erano poi rifiutati di riconoscere Gesù come l'inviato di Dio".Se noi non accettiamo questo battesimo di penitenza, guardate che è inutile, è inutile. E vedrete che il battesimo di penitenza non si tratta adesso di mettersi là, come faceva don Luigi, poveretto, sti anni, che si alzava di notte e si flagellava finché... i passava da una costola all'altra davanti e de drio, vero? No, no, no! Adesso il tempo è cambiato. Neanche è necessario, come faceva Marco quando era in noviziato, andare impiantare le verze roverse, tor l'acqua con la sesta. No! C'è qualcos'altro, caro Graziano. Neanche prendere il turibolo e portarlo al collo per una giornata intera, o i tochi de piato legarseli al collo. No! Neanche mettere sassi dentro nelle scarpe, perché se rompe i piè e dopo me toca diventar mato per star mejo. E allora? Neanche far de manco de magnare. Ma varda che roba! È una penitenza dolce, sai, Giorgio, come le caramelle Mao."Al contrario, vediamo dei pubblicani che vengono per essere battezzati da Giovanni, e Gesù dirà più tardi: "I pubblicani e le prostitute vi precedono nel Regno di Dio".D'altronde vediamo che Gesù stesso, quando ha cominciato a predicare, domanda la penitenza a coloro che si avvicinano a lui.Ugualmente quando invia i suoi Apostoli in missione temporanea.Infine nel giorno della Pentecoste, quando i Giudei domandano agli Apostoli ciò che devono fare, Pietro risponde: "Ravvedetevi".Quindi se si vuole incontrare Gesù, bisogna accettare la penitenza nel senso del Vangelo".
MO211,3 [5-12-1967]
3 Penitenza nel senso del Vangelo; perché penitenza non nel senso del Vangelo... io ne ho conosciuto tanti, vi dico tanti che hanno fatto penitenza nel senso non del Vangelo e si sono rovinati. Ma chi ha fatto penitenza nel senso del Vangelo si è santificato."Mi direte forse che questo vale senz'altro per coloro che sono lontani da Cristo; ma vale anche per i buoni cristiani...- per i religiosi della Pia Società San Gaetano? - Allora aggiungerò un ultimo testo che si riferisce alla lavanda dei piedi, nel Vangelo di San Giovanni. Conoscete la reazione di Pietro quando Gesù volle lavargli i piedi. Rifiutò dicendo: "Non mi laverai i piedi in eterno!".Tremendo, eh! Nol ga miga dito: "Non vojo che te me lavi i piè", ma addirittura in forma escatologica: "Non mi laverai i piedi in eterno!". Non so se Piero dopo un poco el garìa dito ancora così, no? "Anche se tutti gli altri ti abbandoneranno, io no!". Sempre in forma finale. Dopo el sbassa subito la testa.Allora Gesù disse: "Se io non ti laverò i piedi, tu non avrai parte con me".E quell'altro: "Sì, sì, sì, Signore, anca la testa", par via de "in eterno", no? L'è sta un 'eterno', come l'eterno amore che giura un fidanzato alla sua fidanzata, vero Graziano? E dopo tre giorni el ghin giura un altro de eterno!"Tuttavia Gesù dice agli Apostoli: "Voi siete puri". Di conseguenza, anche coloro che si trovano in grazia di Dio, se vogliono arrivare fino alla intimità con lui, bisogna che permettano al Signore di lavare loro i piedi".Penitenza xe questa: farsi lavare i piedi, Giuseppe, dal Signore. Speta nda s-cianta e dopo te vedarè ti..."In altre parole bisogna accettare una purificazione profonda della nostra anima...".Ma quale xela? La vien, la vien, la vien, non stà aver paura. La penitenza secondo il Vangelo. "Ma mi son un bon putelo!", Mario Corato. Non importa niente, anca lo stesso."Così dunque la penitenza secondo il Vangelo, non ci si presenta come una porta attraverso alla quale si passa una volta sola senza mai più ritornarvi".
MO211,4 [5-12-1967]
4 Mi go pagà, adesso sto dentro al cinema; mi go pagà e go el diritto de star qua. Bisogna sitar pagare: ogni volta che passa il bigliettario bisogna pagare. Te paghi l'entrata, Marco, te te senti là: "Ma go pagà...". "Paga!". Te te alzi in piè. "Paga!". El male xe che seita passare el bigliettario indrio e avanti."La penitenza, secondo il Vangelo, potrebbe essere piuttosto paragonata alle fondamenta sulle quali è costruita una chiesa: la chiesa non può reggere se non si tengono in efficienza queste fondamenta. Dobbiamo dunque accettare senza esitazioni di fare penitenza secondo il Vangelo, se vogliamo incontrare il Cristo e se vogliamo crescere nella conoscenza e nell'intimità di Cristo".Non c'è niente da fare! Se vogliamo incontrare lui e crescere nella conoscenza e nella vita con lui, bisogna accettare."Ma non siamo ancora giunti al vero problema. Il vero problema è di conoscere ciò che è la penitenza secondo il Vangelo. La penitenza secondo il Vangelo non ha nulla a che vedere con un puro sentimento di colpa o con un complesso di inferiorità. Anzi, anzi, al contrario, la penitenza secondo il Vangelo ci libera dai nostri peccati, essa ci stabilisce in un clima di confidenza totale"."Mi son un poro stupido!". Sì, lo so, ma intanto salta in piè e mettete a predicare. Te geri stupido, el Signore te ga lavà e adesso non te si più stupido."Essa genera la gioia, quella gioia che secondo il Vangelo accompagna la conversione dei peccatori. Troviamo nella liturgia una formula che riassume bene i tre aspetti complementari della penitenza secondo il Vangelo; la ripetiamo ogni giorno all'offertorio della Messa: "In spiritu humilitatis et in animo contrito suscipiamur a te Domine"...".Primo: “In spiritu humilitatis”."La penitenza secondo il Vangelo domanda innanzitutto che accettiamo con grande semplicità il nostro stato di peccatori".
MO211,5 [5-12-1967]
5 Se te si nato gobbo, e porta pazienza, accetta di essere gobbo. Te si nato cisbo: accetta de portare i ociali. Te si nato con la piazza... ringrazia il Signore, non tutti i la ga. Accetta con semplicità.Quella volta che el xe andà a Resende e che el ga visto per la prima volta la sua piazza attraverso gli specchi, el ga ciapà paura lu. I xe stà proprio sfacciati: i ghe ga mostrà come che i ghe ga fatto la copa con un altro speccio par de drio. Par bona sorte che el parlava in portoghese, perché se no guai, chissà cosa che el ghe gavaria dito! No, con semplicità. Si accetta. Scusa, Zeno, se go cercà de svegliare i tusi a spese tue; d'altra parte, poveretti, ghe gera qualcuno che gaveva sonno. Siccome vien la parte più importante adesso, bisognava svegliarli.Accettare, accettare quello che semo. Semo soti? Accettemo. Cerchemo de star mejo. Vero, ciò, Raffaele? Se te si sòto una gamba, se cerca de guarire."In spiritu humilitatis. Siamo poveri peccatori: bisogna riconoscerlo".Deboli, caschiamo, promettiamo, caschiamo... Riconoscerlo. Ma riconoscerlo non come quella femena: "Padre, el prega par mi che son na povera peccatrice", vero? Riconoscerlo davanti a Dio, no riconoscerlo davanti agli uomini."Vi invito a leggere su questo argomento, nel Vangelo di San Luca, la parabola del fariseo e del pubblicano. L'avete letta tante volte, ve la richiamo brevemente. Il Signore ci presenta due uomini che vanno al tempio: uno fariseo, l'altro pubblicano. Ci mostra il fariseo che prega a testa alta dicendo: "Mio Dio, ti ringrazio perché io non sono come gli altri uomini". Il pubblicano, al contrario, si teneva a distanza e non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo. Ma si batteva il petto dicendo: "Mio Dio, abbi pietà di un peccatore quale sono io". Ora voi sapete la conclusione del Signore: "In verità vi dico, quest'ultimo ritornò a casa sua giustificato, l'altro no. Infatti colui che si esalta sarà umiliato e colui che si umilia sarà esaltato".Per meglio comprendere questa parabola, giova richiamare il contesto storico.Sappiamo, dalla storia della Palestina al tempo di Cristo, che i farisei erano uomini molto stimati dal popolo. Senza dubbio erano temuti, ma erano anche venerati come persone pure. Erano uomini molto severi nell'osservanza della legge.Il fariseo del quale si è parlato, poteva dire: "Io digiuno due volte alla settimana, dò la decima di tutto ciò che acquisto". - La poteva dire questa roba qua! - Inoltre i farisei rappresentavano l'opposizione di fronte al potere romano; erano pertanto i rappresentanti del patriottismo giudaico. Ma essi avevano un difetto che il Vangelo mette molto bene in evidenza: si credevano giusti e non avevano che disprezzo per gli altri.Al contrario, i pubblicani erano uomini disprezzati e detestati da tutti. Erano considerati come pagani. Sappiamo dal Talmud che erano scomunicati. Gesù stesso quando parlerà dell'atteggiamento che si deve avere di fronte a coloro che non vogliono nemmeno ascoltare la Chiesa, dirà: "Siano per te come un pagano o un pubblicano".Infatti questi uomini avevano accettato di riscuotere le imposte per il profitto della potenza straniera. Erano doppiamente detestati: primo, perché erano alleati alla potenza romana; secondo, perché opprimevano il popolo. Non solamente domandavano l'imposta, ma spesso esigevano più di quanto era dovuto e si arricchivano pertanto a spese del popolo. Ricordiamo la storia di Zaccheo. Questo pubblicano che, dopo aver dato la metà dei suoi beni ai poveri, è stato ancora in grado di rendere il quadruplo a tutti coloro a cui egli aveva fatto qualche danno. - Dunque el ghin aveva de schei, no? - Erano dunque ricchi e ricchi che spogliavano il popolo e che lo spogliavano a profitto di una nazione straniera.Ma Gesù ci dice che questo pubblicano disprezzato si umiliava davanti a Dio.Si vede dunque il contrasto scelto volontariamente da Cristo nella sua parabola. - Sceglie proprio il contrasto: uno che fa il suo dovere, stimato dal popolo, che fa il suo dovere, però davanti a Dio non si umilia; l'altro, stimato dal popolo un peccatore, che veramente era un peccatore, che si umilia. C'è proprio il contrasto. - Si sente che vuol colpire la nostra immaginazione.Bisogna pertanto domandarci se ci mettiamo tra i farisei o tra i pubblicani".
MO211,6 [5-12-1967]
6 Ecco il posto: primo punto della meditazione. La meditazione di oggi è questa qua: se ci mettiamo... Bisogna umiliarci secondo il Vangelo se vogliamo arrivare al Cristo, incontrarci con lui. Se no non ci incontreremo con lui. Il primo punto è proprio questo qua: siamo farisei o siamo pubblicani? Adesso vediamo."C'è un vero pericolo per noi di diventare più o meno farisei. - se non proprio del tutto, un pochino - Esteriormente, infatti, noi abbiamo una buona reputazione, o almeno crediamo di avere una buona reputazione".“Gaetano, oh! Gaetano! Ah, che toso: el sa parlare così pulito! Oh, qua, oh là...”. Dopo de drio i dirà che l'è un ciacolon... non importa mia! O l'abbiamo o crediamo di averla. “Oh, Giuseppe, ragioniere! Ma guarda... Oh, professore di matematica!”. O l'abbiamo o crediamo di averla. Comunque certo, una certa reputazione, sì, dovete avere. In seminario, bravi tusi... "Oh, che bravi tusi! Mai sentii bestemare". Una certa reputazione, una certa reputazione! Quando i vien su a Bosco a visitare: "Chi xe stà fare?". "Semo stà noialtri, indegnamente". “Il superiore sono io!”. “Quanto bravi tusi ca sì!”. Allora i se ciucia i lavari. Cosa vuoi?"Non rischiamo forse talvolta di crederci tali e di giudicare gli altri?".Ecco qui il fariseo. Non ci crediamo forse quando che i ne dise: "Che bravi tosi! Che belo che el xe! Se va all'Immacolata, i xe tutti contenti, sereni, allegri”, non siamo tentati forse di crederci qualche cosa e di giudicare - ecco il pericolo -e di giudicare gli altri? Di essere abbagliati da queste cose? Che possono essere anche vere, dimenticando i peccati nostri, la nostra miseria; guardando solo i crediti e non i debiti. Se uno: "Oh, che sioro che son: avanzo ancora 25 milioni! Ah, 10 i go in cassa, 25 i vanzo fora!". Beh, un momento: quanti xe che ghin vanza gli altri? "Duecento". E allora, stupido: capissito? Uno può vantarsi perché el ga 10 milioni in cassa, el ghin vanza 25 dai so debitori; dunque 10 e 25 fa 35. "Che sioro ca son!". E el ga 200 milioni di debito, el ga 200 che i tira par le braghe, cioè ghe xe 200 che tira par le braghe e 35 che tira par i brassi... el resta in braghe de tela, no?"Questo è infatti, figlioli, il segno del fariseismo: è fariseo colui che presume di sé e che disprezza gli altri".
MO211,7 [5-12-1967]
7 Non occorre mia dire: "Oh, via..."; no, basta... Magari si va in seminario, perché si sente una frase da uno: "Oh, i seminaristi! Può venire qualcosa di buono in seminario?". Basta vardare là i due che gavemo qua in fondo. Ecco il fariseo. Vai fuori, trovi un prete, un cappellano: "Oh, per forza non vien vocazion in quel paese! Basta vardare quel prete là". Ecco il fariseo. "Allora...", no!"Quando un prete comincia a dire dei suoi contemporanei: "Veramente sono uomini che vivono nel disordine e nell'immoralità, hanno perso ogni senso morale". Se dice queste cose, giudicandoli, e senza pensare alla parabola della pagliuzza e della trave, indiscutibilmente questo prete è divenuto un fariseo. Quando, al contrario, osserviamo i santi, noi vediamo a qual punto essi sono convinti dei loro peccati.Forse conoscete ciò che è capitato al santo Curato d'Ars: aveva chiesto al Signore di conoscere la miseria spirituale della propria anima; la sua preghiera è stata esaudita. Allora il Curato d'Ars ha avuto paura e ha chiesto al Signore di diminuire quella luce: non riusciva a sopportare di vedersi così".Padre maestro, te domandi al Signore che el ghe conceda la luce a tutti quanti di vedere la loro anima. santa Margherita M. Alacoque: un puntino nero. "Ciò, Signore, cosa xelo quel mestiereto là?". "Eh, l'anima tua". "Così piccola e così mora?", ha detto. Se vedessi la mia, se quella di santa Margherita era un puntino nero!"Un fatto simile è raccontato nella vita di santa Margherita Maria. Un giorno ha avuto un pensiero di vanità. Allora Dio, per purificarla, le manifestò quello che era; e anche lei ebbe talmente paura che si mise a gridare: "Mio Dio, o fatemi morire o fate scomparire davanti a me questo quadro, perché non posso vivere guardandolo!".Fernando, se ogni volta che ghemo un pensiereto de vanità, venisse una luce de sto genere qua nell'anima nostra? A gavarissimo tutti i tusi su pal confessionale tutto el giorno a domandare pietà e misericordia."Se il santo Curato d'Ars e santa Margherita Maria hanno avuto tali reazioni, quali sarebbero le nostre se il Signore ci rivelasse la miseria dei nostri peccati!La Chiesa, d'altra parte, ha una grande sollecitudine di preservarci dal fariseismo.Avete notato che ogni volta che un prete sale l'altare (e ciò vale per il Sommo Pontefice come per il più umile sacerdote della più piccola parrocchia), la Chiesa vuole che reciti il Confiteor".
MO211,8 [5-12-1967]
8 No dirlo un tanto al cento, fioli, dirlo con sincerità: "Mi confesso a Dio, mea culpa...". Ah, ieri te ghe dito che non te si mia sta ti... Adesso te te confessi che te si sta ti, ah! Alla mattina: "Ho peccato in pensieri, parole e opere". Sito sta ti, Adriano? "No, veramente...". Mea culpa... Ah, adesso sì te disi la verità, eh! Robe de sto genere qua!"La Chiesa vuole che si reciti il Confiteor per riconoscere, non solo davanti a Dio, la Vergine Maria e i santi (ciò non sarebbe probabilmente troppo umiliante, perché non li vediamo!), ma anche davanti a tutti i fedeli che sono presenti "e a voi miei fratelli”, che ho molto peccato con pensieri, parole e opere", e ben lontano dallo scusarsi, il prete dice "per mia colpa, per mia grandissima colpa".Non femo commedie alla mattina, fioi, non facciamo commedie. "Ho peccato, Signore, Dio, Madonna, santi, fratelli. Ho peccato io, io, Ottorino, pensieri, parole, opere; mia colpa, mia colpa", ma no ca femo comedie! Questo vuole il Signore da noi.“Dopo essersi riconosciuto peccatore, deve aggiungere: "Perciò prego la Vergine Maria, gli Angeli, i Santi e voi, miei fratelli, di pregare per me il Signore nostro Dio". E il popolo risponde: - non risponde mia el popolo: "Oh, no, ti si' un santo, non xe mia vero” - "Il Signore abbia misericordia di te".È giusto, no, abbia misericordia di te.“Sembra che in queste parole troviamo l'eco della preghiera del pubblicano: "Abbi pietà di me Signore, perché sono un peccatore".No disperarse, no, no... tutti, a cominciare da don Ottorino."Beati noi - qua saria el belo adesso, adesso qua me alzaria in piè, me voria una mezz'oretta, adesso - se, invece di difendere la nostra reputazione, invece di presumere di noi stessi e di disprezzare gli altri, - anche dentro de noialtri, eh! - ci riconosciamo veramente indegni delle funzioni sublimi che ci sono affidate".Indegno della funzione di padre maestro, indegno della funzione mia di superiore qua della 'baracca'. Indegno non vuol dire lasciar stare; vuol dire metterci buona volontà. Non vuol dire buttarlà tutto quanto, sentirci indegni. Vuol dire mica non mettere a disposizione le nostre doti, mettere a disposizione noi stessi."Non dovremmo nemmeno osare di alzare gli occhi verso Dio, ma dovremmo ripetere con il pubblicano:" Abbi pietà di me, Signore, perché sono peccatore".Indubbiamente non è opportuno che gridiamo la nostra miseria davanti a tutti, ma almeno nella nostra confessione è opportuno che siamo veramente leali. Dobbiamo evitare ogni giustificazione e dire i nostri peccati al confessore come essi ci saranno manifestati quando compariremo davanti al tribunale di Dio.Saremo veramente felici se il Signore ci accorderà la grazia di vedere i nostri peccati: saremo liberati per mezzo della verità".Ecco, fioi, riconoscere di essere peccatori non vuol dire rinunciare alla nostra vocazione, non vuol dire che noi diciamo: "Ah, sono peccatore e perciò non posso far niente". No! Sei peccatore e appunto per questo puoi fare qualche cosa. Però se riconosci che sei peccatore e che da solo non puoi far niente, perché sei peccatore.