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IL DOVERE DELL’AZIONE APOSTOLICA SPECIALMENTE ATTRAVERSO LA PAROLA

MO238[05-05-1968]

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1.Sia lodato Gesù Cristo.
Non so se riusciamo oltrepassare la nebbia... Mettiamoci in questo contatto con Dio, proviamo. Allacciare le cinture e partiamo. State a sentire. In questi ultimi giorni, da Pasqua in poi, per motivi di lavoro lassù, ci siamo trovati con dei gruppi; gruppi che talvolta raggiungevano anche, un po', la trentina, e abbiamo fatto ogni mattina la meditazione insieme e, naturalmente, abbiamo mangiato un po' di pane di qua e un po' di là. Ho fatto insieme con alcuni di voi un paio di meditazioni anche sul nostro testo che seguiamo regolarmente per la meditazione. Le meditazioni che abbiamo fatto insieme con questo gruppo, o meglio con questi gruppi, perché sono stati alternati, sono state le meditazioni su "l'azione", cioè preghiera e azione, sul dovere di compiere un'azione apostolica; cioè, noi apostoli, non dobbiamo soltanto essere, ma bisogna anche fare. Prima dobbiamo essere, ma poi dobbiamo fare, e abbiamo il dovere fortissimo, il dovere di fare. Ora, siccome queste meditazioni sono importantissime, io prego i signori fratelli che hanno partecipato a questi incontri, perché abbiamo fatto queste meditazioni, le abbiamo fatte lassù, nel salottino di San Giuseppe, il gruppo era ristretto, sette otto soltanto - non in chiesa quando che eravamo in tanti, allora abbiamo seguito "Vita meravigliosa", - pregherei, dico, questi tali, che qualcuno le ha fatte già due volte, di accettare anche la terza volta, ricordandosi che io la faccio la quinta volta... tanto... se uno la dovesse fare la terza volta. Vi dico questo perché sono meditazioni talmente importanti che mi dispiacerebbe che qualcuno... meglio che qualcuno la faccia tre volte e si stanchi, piuttosto che uno resti senza questo pane.

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2."L'azione apostolica necessaria all'opera di Dio.
Il servizio apostolico è voluto da Dio come la materia nei Sacramenti". Dicevamo lassù che se il Papa e tutti i vescovi e tutti i sacerdoti e tutti i Papi che ci sono stati e tutti i sacerdoti santi che ci sono stati e tutti si mettessero insieme, pensate che celebrazione che avverrebbe, no? Da San Pietro a Paolo VI e da Santo Stefano ai diaconi nostri, vero, pensate che razza di concelebrazione meravigliosa! E se si mettessero insieme e prendessero come materia del sacramento una bella bottiglia di acquavite, e prendessero come altra materia del sacramento un bel pezzo di pollo, e tutti insieme pronunciassero le parole della consacrazione: "Hoc est enim...", mi dispiace tanto, resterebbe pollo e resterebbe acquavite. Prendessimo invece un povero prete, disgraziato, in peccato mortale, pieno di miserie, e prendesse una grosta de pan, dico una grosta de pan, e prendesse un pochino di vino, magari preso su da terra là in una cantina, dopo averlo spanto tutta la damigiana, no, don Girolamo, raccoglierlo là, con una scatola, magari de patina là, e su una scatola de patina un po' di vino raccolto dal nostro caro Renzo, e una grostina de pan raccolta da un saco de pan che xe stà portà dal fornaro, questo povero prete in peccato mortale pronuncia le parole della consacrazione... e lì abbiamo presente Cristo. Non c'è proporzione, figlioli miei, non c'è proporzione tra quella grosta de pan e il Cristo, non c'è proporzione! Questo ha voluto il Signore. È stato il Signore che ha stabilito che materia del sacramento dell'Eucaristia fosse pane e vino. Ora, con la materia, pane e vino, un povero prete fa presente il Cristo; senza quella materia tutti i preti del mondo, tutti i santi del mondo non fanno presente Cristo. Così dicasi dell'azione apostolica. È stato Dio volere che per salvare le anime ci fosse in mezzo un uomo. Per esempio, per iniziare una Congregazione religiosa il Signore avrebbe potuto prendere polastro e acquavite, no? E invece ha preso una grosta de pan. Non c'è proporzione fra questa grosta de pan, che si chiama don Ottorino, e l'opera meravigliosa che siete voi, non c'è proporzione! Ma ha preso una grosta de pan. Non c'è niente da fare! Ora bisogna che ci mettiamo in testa questo: che l'azione nostra apostolica... noi dobbiamo essere, no, noi dobbiamo essere, cioè, uniti a Cristo. Vi ricordate quante volte abbiamo detto: per poterlo testimoniare noi dobbiamo entrare, vero, in pieno, testimoniare il Cristo perché abbiamo Cristo in noi, in modo che uno ci vede, deve vedere il Cristo. Dobbiamo talmente essere uniti al Signore che, quando dobbiamo... dare la stessa luce di Gesù, no, camminando in mezzo agli uomini; la parola nostra deve sapere il sapore della parola di Cristo.

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3.Però, però, non basta soltanto così essere, bisogna anche agire. Il Signore vuole che noi predichiamo il Vangelo, vuole che noi lavoriamo. È necessaria in noi la presenza del Cristo per poter trasformare, ma dobbiamo anche lavorare per fare qualche cosa; cioè la nostra azione apostolica è legata alla volontà di Dio, il quale Dio ha detto chiaramente: "Andate e predicate!". "Fides ex auditu", no? Ha stabilito lui che la fede venga attraverso la predicazione. Perciò il dire: "Lasciamo fare al Signore, pensa il Signore, è lui che fa, preghiamo solo!". No! Ci vogliono i carmeli, per carità! Villa Gerosa, caro don Luigi, ci vuole, è necessaria, è necessaria! Ma è necessaria anche l'azione apostolica. E il Signore, che sa che è necessaria una cosa e l'altra, manda una vocazione per il carmelo e ne manda un'altra per il deserto... e ne manda dieci invece ad agire, no, nel campo apostolico.
Capisci chiaro, John? Ecco, adesso andiamo avanti. "Senza acqua - dunque - niente Battesimo - fratelli -; senza pane e senza vino, niente Corpo, niente Sangue di Gesù. Dio positivamente volle legare la sua grazia battesimale, come pure il prodigio della Consacrazione, alla presenza di questi indispensabili elementi. Così è per la salvezza del mondo. Dio ha affidato questo compito ad uomini; normalmente, senza... - dico normalmente, perché se no può intervenire anche lui, no? Allora abbiamo il Battesimo di desiderio nel caso del Battesimo, abbiamo un altro intervento di Dio - normalmente senza il loro concorso visibile e tangibile, la salvezza non sarà trasmessa. È necessario un gesto da parte nostra”. Caro Paolo, è importantissimo, sai, è necessario un gesto da parte nostra, una azione da parte nostra. “Ecco il valore e la necessità dell'apostolato”. Qui è messo "legionario", io di fianco ho scritto "diacono". Perché? Qui potremmo trovare moltissime... che van bene per i nostri diaconi domani. State attenti! Dico del diacono, dico anche del prete. Non state pensare adesso che il prete non abbia... che il sacerdote non debba fare apostolato. Parlo perché la descrizione dell'apostolato fatta qui è più simile a quella che farebbe un diacono, ma dopo troveremo quella e dell'uno e dell'altro.

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4.“Servire fedelmente vuol dire - per il diacono nostro - uscire la sera, quando gli piacerebbe riposarsi nella pace del focolare; andare a bussare a quella tal porta, senza sapere quale sarà l'accoglienza; sfidare il cattivo tempo e l'ironia o la freddezza degli uomini che hanno ben altre cose da fare che occuparsi della propria salute eterna; accettare le sgarbatezze col sorriso e farsi aprire, a forza di dolce e umile pazienza; condividere la preoccupazione dei propri fratelli e diventarne l'amico".
Adesso il libro qui, sa, parla del legionario, no? Alla sera, la moglie, i figlioli, è lì in casa: "Speta che podarìa andar là, in quella casa là, parchè na paroleta se pol dirla de Nostro Signore". "Eh, ben, caro mio, a son stufo, go lavorà tutta 'na giornata, a son qua che me godo la fameja, la me fameja; mi el me dovere lo go fatto, vero?", verrebbe voglia di dire. Lasciare, d'inverno, lasciare la casa, andar là... e sapere de andar là... e trovare un pretesto qualsiasi per andar là e attaccar botton... Se tu sai che là ti accolgono... "Vienlo stasera?". "Ben, vedemo...". "Vienlo stasera?". Allora tu vai, ma perché sai che sei ben accolto... quasi, quasi, è stuzzicato un po' il tuo amor proprio, no? Ma tu sai invece che là difficilmente sarai accolto bene, vai con la speranza di essere accolto bene forse fra un anno o due, ovvero perché sarà accolto bene un altro... Vai solo perché sai che là c'è bisogno di Dio, che là hanno bisogno di Dio, là c'è la discordia, là c'è l'odio, e tu sai che c'è bisogno di Dio e allora dici:"Lascio gli altri e vado là". Figlioli miei, questo può essere domani, anche per chi, per uno di noi. Non occor mica aver moglie e figli... ma, una sera, tu sai che c'è un tuo confratello che, insomma, potresti dirgli una buona parola, dici: "Beh, lascio la partita di carte o lascio quella musichetta da ascoltare, lascio quel libro, trovo un pretesto qualsiasi, fasso finta de andare a fumare per dirghe una parola". Se non fate adesso questa azione apostolica uno con l'altro, non la farete domani, non partirete dalla canonica per andare in cerca del scarparo o per andare in cerca del falegname, non andrete a visitare el cimitero per incontrarvi col becchin che l'è drìo scavare le fosse. L'uomo di Dio sa che là ghe xe uno che el va poco in ciesa e che seppellisce tanti morti, e allora el trova un pretesto: va al cimitero, el va a guardare la tomba dei preti, el va dentro... el trova la ciave, el fa finta... eh... el va e intanto el taca botton; el torna dopo alcuni giorni: "Vero, el scusa, varda, porto via sto vaso, lo porto fra un paro de giorni", ma intanto el taca botton. L'altro non pensa che l'è andà proprio per lu. Ga trovà el pretesto del... el ga da andare nela ceseta là dei preti per mettere a posto qua, mettere a posto là, invece el gera andà per mettere a posto quell'altro, perché xe giusto che vaga a posto i morti, vero?

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5.Dico male? Guardate che noi dobbiamo, dobbiamo, vero, come un lupo quando vede un agnello sente la fame dell'agnello, noi dobbiamo sentire il dovere, no, la fame, vorrei dire la fame delle anime, ma il dovere di dare Cristo alle anime. Diceva San Paolo: "Ghe xe uno de malà, che mi non sia malà?".
Nella parrocchia domani c'è uno che sappiamo più o meno che xe in peccato mortale, ma guardate che dobbiamo ramenarse in letto tutta la notte, come quell'altro imbriagon che gaveva i soldi e nol gera bon dormire, vero, perché non li ghèa magnà fora tutti, e allora el se ga alzà e el xe andà bevare un goto; dopo el ga dormìo de gusto... El gavea ancora 200 franchi. Savì, no? Se ramena: "Cosa xe che go? Cosa xe che go? Non son bon dormire...". El serca... "Ecco qua - el ga dito - el motivo!". El gavea 200 franchi ancora in scarsela; li ga bevù fora e dopo el ga dormìo ben tutta la notte. Qualcosa de simile, capisito, Toni là, Gobbo là, che me varda sorridendo, fasivito così anca ti? Te 'ndasivi bevare latte ti, te 'ndavi comprar due litri di latte. Figlioli miei, guardate che bisogna che entri in noi questa cosa. E questa qui non dobbiamo pretendere che venga naturalmente, non dobbiamo pretendere che sia una cosa... come uno che sente voglia di cantare e si mette a cantare. È un dovere! E il dovere costa, figlioli. Io devo fare questo, e perciò lo devo fare pensandoci sopra, senza pretendere il gusto da questo mio dovere. Tante volte noi pretendiamo: "Ah, ben, non lo fasso perché non ghe trovo gusto". Ma scusa... qua non si parla di gusto; infatti qua, vardè, rileggo queste parole qui: "Sfidare il cattivo tempo e l'ironia o la freddezza degli uomini", questo non l'è mia gusto, cari miei! Sfidare il tempo, l'ironia e la freddezza degli uomini non è un gusto, per spingerli ad occuparsi della loro salute eterna quando che non la pensano, "accettare le sgarbatezze col sorriso e farci aprire", non xe miga gusto sta roba qua! Ricordatevi bene!

MO238,6[05-05-1968]

6.Quando che San Paolo andava e i ghe tirava i sassi dosso e i lo lassava là sotto i sassi, o i lo toleva in giro all'Areopago o in quell'altra parte, nol trovava miga gusto. Non pretendete andare sempre a far l'ingresso della prima Messa, seto, Apostoli Leonzio, caro! Qualche volta vien anca le damigiane de vin che se spaca, vero, anca quele riva. Non pretendete sempre i trionfi del giorno della prima Messa, non pretendeteli. Più di una volta i ve dirà: "Ben, ben, va là, de ste robe qua ghin parleremo un'altra volta!". O i ve lo dirà o i ve lo farà capire, o non i vegnarà a scoltarve, vero? Fin che parlarì de sport, fin che ve interessarì delle loro cose, fin che ghe dè el balon... i vegnarà. Scomissiè tacarghe 'na s-ciantina de catechismo... Vedarì un pochettin.
Leggevo in sti giorni qua del Murialdo. Lu nol ghe lassava passare la question del catechismo, gnanca par sogno! "I vien in oratorio? O vegnì al catechismo o sennò fe de manco vegnere". El ghe infilava el catechismo, vero? I vien volentieri, ma quando? Quando te continui a darghe ti. Ma se te cominci darghe qualcosa altro, forse non i vien. "Ma sa, cosa goi da darghe? Intanto i vien, intanto xe una bestiema de manco che i dixe...". Guardate che tante volte è perché non abbiamo la forza di fare il nostro dovere. Non so se esagero. Tante volte è perché non abbiamo la forza di fare il nostro dovere. È molto più comodo prendere, andare in gita, partire, andar via coi tosi e le tose in compagnia; mettersi su... tirarse via la veste e metterse su un majon e via là. "Oh, ma quelo xe un prete simpatico! Che gusto! Che bello!". Intanto se fa: “Varda, non ghe gera nessun che vignèa, varda quanti che ghin vien adesso!”. Vedremo la parrocchia fra dieci anni, fra vent’anni. Vorrei vedere se si costruisce di più avendo un equilibrio, no, e avere il coraggio di dire: "No! Non licet! Non va!", di dir la verità con equilibrio; non se tratta mia adesso de mettarse in mezzo alla piazza dei Signori stasera, e fare un comizio, vero, contro uno, contro l'altro... No, no, ci vuole equilibrio. Però ci vuole dentro di noi questa, questo proprio ardente desiderio di portare Cristo alle anime. Ma senza pretendere di sentire gusto nel fare questo. Perché servire, è sempre pesante servire, e il nostro compito è quello di servire.

MO238,7[05-05-1968]

7."Servire fedelmente e offrirsi all'apostolato dai mille volti".
Eh, sì! Quando uno ha questo desiderio, allora trova mille modi di fare apostolato. Non ci sarà nessuna pastorale che vi possa dire tutto quello che potete fare, perché ogni testo di pastorale è sempre superato. Bisogna che lo inventiate voi il testo di pastorale. Non ghe sarà nessun modo per insegnare a una mamma ad amare so fioli, de dimostrare... Sito bon pensare ti, don Guido, che un altro, il parroco, ghe disesse a to mamma: "Varda, se la vole dimostrarghe amore a don Guido bisogna che la fassa così: col compie gli anni la vaga a trovarlo, dopo...". La xe na roba studiata quela... Basta ch'el diga: "La ghe voia ben!", e xe finìo. Pensa ela a trovar fora el modo, i mezzi, no? Ora, vedete, voi dovete voler bene a Dio, voler bene alle anime, e pensa Dio a suggerire il modo. Ma se volete bene alle anime, siete pronti anche a morire per le anime: "Bisogna ca ghe la fassa!". La mamma, co la vole farghe tore l'oio al tosetto, la lo ciapa prima con le bone, dopo la ghe lo schissa xo col periolo, vero, perché la ghe vol ben al piccolo. "Sotto tutte le forme previste e impreviste, con l'unica cura di aprire la strada al Signore". Perché uno che veramente ha lo zelo apostolico deve... guardate che ste robe qua non è "sarebbe bene", è necessaria questa azione qui, capisito, Bepi? Come il pane per il sacramento. Perciò questo "apostolato dei mille modi, sotto tutte le forme previste e impreviste, con l'unica cura di aprire la strada al Signore", è necessaria questa azione qui.

MO238,8[05-05-1968]

8."Come quei servi delle nozze di Cana che ricevettero da Gesù lo strano comando di riempire d'acqua le anfore, mentre abbisognava il vino".
Te sè! Che bel gusto, no? Ghe xe bisogno de vin e chel'altro dixe: "Ve, impienele de acqua!". Fusse adesso, te tiri 'na cana, te moli el rubinetto, ma bisognava che i andasse con le sece torla, tirarla su dal pozzo, lavarle e mettare dentro l'acqua. Adesso, se fusse qua, abituà alle cantine sociali, i savarìa che ghe xe anca le polvarete; i dixe: "Ben, forse el ga la polvareta da butar dentro il Signore, no? El fa el vin col palo". Ma allora non i gera mia abituà a certe cose, non gerimo rivà a ste altezze della scienza e della tecnica, no? Perciò i garà dito: "Cossa vorlo?". Almanco fusse stà mi, gavarìa riempìo soltanto un pochettin... Invesse, fin in sima l'orlo: "Impiena fin in sima! Un'altra secia ancora, dài, un'altra secia ancora!". Rendive conto un pochino. Guardate che tante volte il Signore vuole questo. Capissito, don Piero? Che se fassa questo. Sito convinto? No mettere la strassa in sima al canotto per sofegar so pare, no mettere la strassa, el fazzoletto, par soffegare don Ottorino. "Così il Legionario nel lavoro che intraprende: offre al Maestro l'acqua della sua buona volontà, perché Dio possa versare agli uomini il vino della sua grazia redentrice. Che non vi sia proporzione tra il nostro gesto e il suo, non ha importanza". Che proporzione c'è tra mettere acqua e che vegna fora vin? Non interessa mia! Fra quello che fasso mi e quello che vien fora... Cosa interessa? Tra la grosta del pan e il corpo di Cristo non c'è proporzione, ma il Signore mi ha detto: "Prendi un pezzo di pane e dici: "Hoc est enim...". "Signore, ecco il pezzo di pane". "Adesso te pronunci le parole e adesso ghe son mi", dice il Signore. Ciò che importa è di farlo, è di farlo! Il Signore dice agli Apostoli: "Ve, tolì la mussa, portèla...". "Va ben, vado!". "Va’ e te trovi uno che segue... Seguilo e domanda: "Dove xe che ghemo da preparare il pranzo? Va’". Quello che interessa è farlo, capisci, John? Il Signore ti dirà: "Va' in Africa!", e tu vai in Africa. Ti dirà il Signore: "Converti tutta l'Africa!", e tu devi convertirla. Siamo d'accordo? Quanti anni vuoi di tempo per convertire tutta l'Africa? Due e mezzo? Quanti anni desideri di tempo per convertire tutta l'Africa? Niente? "Dio ha legato l'uno all'altro i destini degli uomini, - Dio ha legato l'uno all'altro il destino degli uomini - come la guida di montagna avvolge la corda intorno a ciascun scalatore per l'ascesa di tutto il gruppo". Sì, caro Livio, se non te te fe santo, son rovinà anca mi. E viceversa, te dixi ti. Te ghe rasòn.

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9."Non bisogna mancare a Dio, sotto pretesto che Egli può tutto".
"Mi sa, fasso e dopo lassemo fare al Signore; el pole tutto lu, il Signore". "Né sotto pretesto che l'esempio silenzioso può bastare. Alle volte ci crediamo autorizzati a non parlare e a non agire, prendendo esempio dalla vita nascosta della Sacra Famiglia a Nazareth. Ciò significa dimenticare molte cose: il mistero di questo nascondimento rispondeva ad intenzioni particolarissime di Dio. Di più, non si dovrebbe identificare la vita di Gesù, di Maria e di Giuseppe con la vita degli eremiti dediti alla pura contemplazione. Essi conducevano la vita ordinaria degli abitanti di Nazareth. Si sa quanto il mondo orientale sia aperto alle relazioni di buon vicinato e di ospitalità; si tratta volentieri col prossimo e a lungo... Una tale vita, per quanto modesta, comportava tutta la serie di opere di misericordia elencate dal Deuteronomio; comportava anche delle preghiere, dei digiuni, degli atti pubblici, dei pellegrinaggi. Tutto ciò conduceva naturalmente la Sacra Famiglia a trattare con gli altri. E come crederemmo che la prima famiglia 'cristiana', modello vivente delle virtù più pure, non abbia praticato lo zelo delle anime e la carità spirituale? L'ora dell'apostolato cristiano non era ancora suonata, ma - l'episodio di Gesù al Tempio lo mostra - lo zelo divorava la sua anima...". Adesso saltemo via un tochetelo e 'ndemo vanti. "Ripetiamo perciò, senza timore: il cristiano - e in modo particolare il religioso - nel mondo non ha il diritto di rifugiarsi nel silenzio. La parola segue la fede come una conseguenza diretta. 'Repleti sunt omnes Spiritu Sancto et coeperunt loqui...'". La Samaritana si converte e corre là a dirghe a che l'altri, no? La conversione porta necessariamente alla predicazione. Un pieno di Dio si riversa, si riversa. Guardate i Focolarini: quando che uno l'è ciapà dentro, broommm... el se butta dentro. "La parola segue la fede. Gli Apostoli furono ripieni di Spirito Santo e si misero subito a parlare. Il concatenamento delle due cose è naturale: "Ho creduto, per questo parlo", dirà San Paolo ai Corinti, come una cosa più che evidente. Come volete, d'altra parte, che la fede nasca -dirà ancora - se non è generata dalla parola: "fides ex auditu?". E la Chiesa si è forse propagata in altro modo? "E intanto la parola di Dio si diffondeva sempre più e generava nuovi discepoli". Oseremo rinnegare le nostre origini?

MO238,10[05-05-1968]

10.Nel Vangelo si parla di verità da gridare sui tetti e di luce da non mettere sotto il moggio. È un comando che non ammette replica: 'Ite, docete omnes gentes', andate, istruite tutte le genti. È l'ordine indiscutibile che Gesù impartisce agli Apostoli, ai discepoli e a tutti coloro che vogliono seguirlo. E affinché non sia possibile alcun dubbio, lo Spirito Santo, nella Pentecoste, discende su questi uomini riuniti nel Cenacolo, sotto forma di lingue di fuoco.
La lingua muta, - e termino - la bocca chiusa del cristiano di oggi sono il simbolo non del cattolicesimo autentico, ma di una religione svalutata. La politica del non-intervento non può appellarsi al Maestro". Ghin sarìa ancora qua... Ci fermiamo qui un momentino. Il Signore... Vedo che abbiamo sonno un pochino. Il Signore, dicevamo lassù, ha stabilito la conversione degli uomini attraverso la predicazione, no? E dicevo là che quando sono andato in Terra Santa, don Nolli aveva fatto una bella disquisizioncina lì su quello che aveva stabilito il Signore. Il Signore, proprio attraverso la parola, "in principio erat Verbum", la parola di Dio è quasi un sacramentale che trasforma le anime; per cui, attraverso la parola passa la grazia, la vita. Io devo essere pieno... Guardate, io devo essere pieno di Dio, no? Questa mia pienezza di Dio io la devo trasfondere in Raffaele. Ma in che modo ha stabilito il Signore che la trasfonda in Raffaele? Attraverso la parola. Ecco, questo mi pare chiarissimo: attraverso la parola, la quale parola è vita e proprio porta vita, porta vita. Perciò, un disco, una roba fatta per disco o per magnetofono... bellissima la cosa! Un libro scritto: bellissima la cosa! Ma non è la parola viva, perché attraverso la parola viva passa la vita. Ecco perché dico anche in chiesa tante volte, quando che facciamo la paraliturgia: ci vuole un momentino di parola, ci vuole il commento alla parola. Infatti anche nel Vangelo, nella Messa: Vangelo e commento, no? Ci vorrebbe l'omelia, no? Il passaggio... cioè l'uomo di Dio, può essere sacerdote, può essere diacono, che interviene e dà la sua vita agli altri; lui che si è messo in contatto con Dio, adesso dice: "Adesso vi dò Dio... adesso verzo e vi dò il Signore, vi parlo del Signore". Ecco, guardate che... Ecco perché è necessario non soltanto essere i testimoni in quanto noi manifestiamo il Signore con la nostra condotta, ma è necessario esserlo con la parola. Ecco perché è necessario, quando tu ti incontri con una persona, parlare di Dio. "Beh, ma basta, io vado lì....". No! Dobbiamo parlare di Dio; con prudenza, con equilibrio, ma dobbiamo dare Dio, ma dare Dio attraverso la parola.

MO238,11[05-05-1968]

11.Vedete, lo strumento primo nostro è la parola. Questo è il denominatore comune per sacerdoti e diaconi. E su questo punto, io direi proprio, bisogna che approfondiamo magari questo tema qua, e lo mettiamo giù come quei famosi schemi che abbiamo detto di buttar giù, di ciclostilare, io direi proprio questo qua, riguardo alla parola: tirar fora quella di don Nolli e tirar fora qualcos'altro, perché guardate che è importantissimo capirlo noi prima. Parola che può essere nella direzione spirituale, che può essere un incontro personale di uno; la predicazione proprio non è soltanto quella che è in chiesa. In chiesa il parroco parlerà uno volta alla settimana, due tre volte la settimana, ma durante la settimana ha il dovere di parlare ogni giorno cinquanta sessanta volte: cominciando con la donna della canonica, col suo confratello, e fuori col macellaio, col scarparo. Ma bisogna predicare... Noi siamo mandati a predicare, figlioli!
Perciò gli Apostoli predicavano, Gesù predicava. Abbiamo parlato prima: con la Samaritana, coi peccatori... Ma voi siete capaci di pensare Gesù che non predicasse? Ogni incontro di Gesù con le anime era un passaggio di vita a un altro attraverso la parola. E noi siamo stati chiamati da Dio a fare altrettanto: "Andate e predicate". Cosa deve fare Piero Simonetto adesso in America? Va a salvare anime. In che modo? Fasendo el falegname? No! Il fare il falegname è un’occasione per poter avvicinare persone e predicare e parlare di Dio, cioè è dare Dio attraverso questo strumento che è la parola. E attraverso la parola si dà la vita. Ecco, questo mi pare che bisogna che lo comprendiamo.

MO238,12[05-05-1968]

12.Scusate, alla sera facendo l'esame di coscienza bisogna domandarsi: e io ho predicato sempre?
Un professore che andasse a scuola, mettiamo quattro ore di scuola, ha il dovere... Che cosa è il suo dovere? È quello di fare scuola e di parlare, no, di dare la scienza attraverso la parola. E se viene a scuola qui il professore e si mette qui a leggere il giornale? Lui non dà la scienza attraverso la parola. E dice ai ragazzi: "Guardate io ho un bel libro, l'ho stampato io... Vi prendete e studiate. Ecco, studiate, io intanto leggo il giornale". Alla sera, facendo l'esame di coscienza, ha fatto il suo dovere, ha fatto il suo dovere? No, vero? Perché lui deve dare la scienza. La dispensa e i libri possono comprarseli a parte; lui deve fare le lezioni, no? E se, per esempio, questo professore non fa queste lezioni, manca contro la giustizia; se viene a confessarsi io gli devo dire: "Devi restituire". Per esempio dà delle lezioni private a uno: domanda 1.500-2.000-3.OOO lire l'ora e quando va là questo uno, ci dà un libro da studiare: "Beh, studia qua, io intanto leggo qui"; lo manda a casa. Finìo manda il conto; lui ha rubato, no, vero e proprio rubato, perché non ha dato la scienza attraverso la parola. Ora, alla sera io vado a letto e, prima di andare a letto, mi domando: avrei potuto quest'oggi dare Dio con la parola a qualche mio amico, a qualche mio compagno? Aver....darlo in giro il Signore? Sì! Quante ore di scuola ho predicato e quante ore di scuola invece non ho predicato? Cioè, in altre parole, quante volte dovevo io predicare, dare Dio? Perché non siamo mica noi liberi di fare quel che vogliamo. Se il Signore ha mandato vicino a Gesù la Samaritana, lui doveva, Gesù, parlare alla Samaritana; non poteva mica Gesù dire: "Adesso son stufo; non go mia voja de andar dalla Samaritana; adesso che la vaga farse benedire! Che la vaga! Mi intanto magno, vado a riposare un tochetin sotto un figaro, così magno un par de fighi". Umanamente parlando Gesù era stanco, "fatigatus itinere", e umanamente parlando nol ghi n'ea proprio gnente voia de tacar boton e far 'na predica e far 'na direzion spirituale con una femena magari, così... Invece no! Volontà di Dio era che doveva farla e lui l'ha fatta. Ora, anche noi dobbiamo essere guidati dalla volontà di Dio, non dal nostro piacere, dalla stanchezza o non stanchezza. E Dio ci manda proprio a dare... vuol darsi alle anime attraverso noi e cioè attraverso la nostra parola. Siamo una povera creatura, semo una grosta de pan, ma Dio ha stabilito proprio questo canale, e se questo canale si chiude, guardate che siamo responsabili dinanzi al Signore. Amen! 7 maggio 1968