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LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA È AVERE DIO NEL CUORE

MO288 [14-01-1970]

14 gennaio 1970

MO288,1 [14-01-1970]

.1 Sia lodato Gesù Cristo!
Se qualcuno è un'animetta semplice, come Ruggero, eccetera, gli consiglierei di uscire questa mattina perché certe cose... come don Matteo, per esempio, eccetera, nelle cose che stiamo toccando forse potrebbero scandalizzare Luigi e qualche altro ancora. L'ultima volta abbiamo concluso dicendo che "la vita da scapoli gretti è vita di insoddisfazione e compromette il Regno di Dio nel tiepido arrangiarsi giornaliero a caccia di sensazioni e del minimo sforzo". E abbiamo visto ancora, o meglio iniziato a vedere, che "le conseguenze di questo modo falso di vivere la propria vita religiosa sono tristissime”. E oggi cerchiamo un pochino di inoltrarci in questa strada: quali sono le conseguenze di una vita non vissuta da religiosi. Potremmo trovarle in una famiglia: un marito che non vive una vita di famiglia, pianti e lacrime da parte della moglie, disorientamento da parte dei figli e ricerca continua di altre soddisfazioni da parte di questo disgraziato che non mantiene l'impegno assunto dinanzi all'altare e va cercando sensazioni a destra e a sinistra. La vita di un religioso più o meno è la stessa cosa. È uno che un bel giorno si è presentato dinanzi all'altare, ha giurato fedeltà a Dio, come quell'uomo ha giurato fedeltà alla moglie, fedeltà alla famiglia, e dopo di aver giurato fedeltà a Dio va alla ricerca di qualcosa altro che non è Dio. È una cosa meravigliosa la vita religiosa, una cosa sublime. Ma può divenire una cosa, vorrei dire, disastrosa sotto l'aspetto delle conseguenze esterne, e amarissima per chi la vive, se non la vive realmente. Perciò io direi, mentre facciamo un po' insieme queste meditazioni, questo esame, vediamo di riportarci continuamente dinanzi all'altare e ripensare al giorno della nostra consacrazione. E senza rattristarci se per caso scopriremo qualche cosa che non piace al Signore, che qualche deviazione, diremo, nel nostro amore, senza rattristarci, vediamo invece di riprendere quota e di ritornare sul nostro cammino, ma con una donazione totale, proprio totale. Vedete, continuamente noi diciamo che bisogna pregare per le vocazioni, bisogna pregare perché il Signore mandi apostoli. E io dico: sì, bisogna pregare soprattutto, soprattutto perché il Signore maturi questi apostoli, in modo tale che questi apostoli siano veramente dei fuochi nel mondo. Un Santo Curato d'Ars ha fatto più di cento curati francesi. Voi capite che un Papa Giovanni ha fatto di più di un altri cento cardinali, senza offendere il collegio cardinalizio, no? Quando uno è veramente uomo di Dio, sostituisce il numero. È il numero che non può sostituire un uomo di Dio, ma un uomo di Dio sì, può sostituire il numero. E allora penso che proprio una delle cose che il Signore domanda alla nostra Famiglia religiosa è proprio la qualità. Non la qualità per fare un'ostentazione esterna, perché sarebbe un peccato di superbia che non piace al Signore, ma per rispondere a una chiamata di Dio. In altre parole questa qualità per noi vuol dire: fedeltà a un amore, consacrazione totalitaria al Signore. E quando non c'è questa consacrazione totalitaria purtroppo allora ci sono delle conseguenze tristissime, quelle, vero, che il nostro caro padre Matteo, di felice memoria, ci farà toccare un po', appena sfiorare, in questa mattina.

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2. "Senza Dio nel cuore ci si balocca egoisticamente con i propri piani, che nessuno deve turbare, con le proprie quattro persone che dicono sempre di sì e ci dicono santi, ci si attacca smodatamente al proprio ufficio, oppure si cerca continuamente di evadere la compagnia dei fratelli, o si sta in mezzo a loro come uno che sa tutto, che non sa ascoltare, apprezzare, rivedere, accettare, che impone le sue idee magari umanitarie ed evangeliche, ma bacate da individualismo, superbia, manifestate nell'atteggiamento di continua critica e di sottolineamento dei difetti altrui".
Très bien comsà! Cosa vi pare? Très bien comsa! Penso che le abbiate capite ste cose qui; ma se volete che le rimastichiamo, le rimastichiamo. Dunque, "chi è senza Dio si balocca egoisticamente con i propri piani". Piani evangelici, piani santi. Bisogna far questo, bisogna far l'altra cosa, bisogna organizzare la scuola, bisogna organizzare le donne cattoliche, le figlie di Maria, le piccolissime, i lupetti e le lupette, sonti mi... Propri piani, propri piani! Si fa un piano, lo si fa per amore del Signore, magari si va via con venti ragazze, vero, a sciare, e si va vestiti in borghese, con una ragazzina biondina in macchina in compagnia... ma proprio piani apostolici, naturalmente apostolici! Ma ecco.... Amici miei, non si parte con l'intenzione di far male, non si parte con l'intenzione... Il proprio piano: "Lasciatemi stare! Quello va bene! Il mio orologio è quello che va bene!". Guardate che è facile, sapete. E qui, proprio mentre ieri sera leggevo questa qui, pensavo una cosa: è facile che noi leggendo queste cose o meditando queste cose, diciamo: “Questa va ben per Toni! Questa va ben per don Zeno! Questa ve ben par ti...”. E che non abbia da dire: “Questa va ben par mi!”. Perché non siamo capaci forse di vedere che anche qui, dentro nella nostra casa, cominciamo proprio così. Noi è facile, vero, che vediamo fuori, proiettato fuori questo difetto, e non siamo capaci di vedere che tante volte proprio noi facciamo i nostri piccoli piani, "che nessuno deve turbare". Oggi sarà il piano di studio: oggi io devo fare questa cosa, e guai! "Vieni?". "No! Ancò go da far questo". Basta! Piano! È proprio necessario? Non potresti dare una mano a tuo fratello? È proprio volontà di Dio che tu faccia quella cosa lì? "Ma sì, ma, perché, sa, se non la faccio adesso non la faccio più... È mio dovere di farla". Ecco, io adesso non faccio, non vogliamo fare un analisi, ma guardate che questa malattia si può trovare anche nella casa di formazione. Perché qui si tratta di piani buoni, piani santi; non si tratta di: "Oggi io devo andare a rubare le galline a Grumolo e portarle a vendere al marcà". No! Qui si tratta di cose buone. Però sono piani tuoi; santi e apostolici fin che tu vuoi, che tu vuoi a qualunque costo fare. A te non interessano gli altri. Guardate che questa malattia noi la troviamo qui. E se ciascuno di noi si esamina, cominciando da me, troviamo che l'abbiamo sta malattia, in forma, se volete, embrionale, in forma piccola, ma è una malattia che può portare a questo egoismo.

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3. E un'altra cosa ancora: con i propri piani e "con le proprie quattro persone". Questo purtroppo lo si constata molto spesso nella vita apostolica. È più facile constatarlo fuori nella vita apostolica che non qui dentro, ma è facile vedere. Uno si mette, lavora, che fa, ma quel piccolo gruppetto di persone... Qui il nostro caro padre Matteo dice anche: "...che ci dicono sempre di sì e ci dicono santi". Perché il bello è vedere questo: quando una di queste quattro persone non dice più a quel tale che è santo, basta! Quella secc... basta! Volta pagina! E allora son quell'altre quattro persone. Guardate che è tremendo, eh, è tremendo!
Finché ci sono... specialmente... Ora, guardate, farlo neanche apposta di solito queste quattro persone sono sempre di sesso femminile, ma così per caso, di solito, vero? E di solito di mezzo c'è sempre qualche brava maestra, qualche brava professoressa: "Sì, signor! Sì, signor! Sì, signor!”. "Ecche". "Sì, sì, sì, sì... Va bene... Ah, quello è un angelo, quello è un angelo, quello è un angelo". Dopo qualche volta in sbaglio scocca anche qualche bacino, ma pazienza, qualche... così, ma è proprio lo Spirito Santo che vuole così, vero? State attenti, state attenti! È la santità che passa, vero, sotto forma di colomba qualche volta... Amici miei, amici miei! Guardate però che se guardiamo un pochino, anche nella casa di formazione tu puoi trovare questo. Un egoista che lavora col suo piccolo piano e ha quelle due tre persone, ma basta. Tu lo vedi subito che non allarga il raggio dei suoi collaboratori. “Eh, ma è difficile insegnare! Preferisco farmelo io... Sì, beh, c'è il tale, quello sì, quello, quello capisce, sa, quello ho fatto fatica a insegnargli, ma intanto adesso lavora con me". "Adriano che lavora, che sa fare. - dice Zeno - Ma gli altri... Cosa vuole che capiscano gli altri dell'amministrazione?". No, no, non intendo dire lui, per carità! State attenti, però, che è una malattia che, se tu vai nei paesi, tu vai nei paesi, trovi che tanti parroci poveretti l'hanno presa così... Ma è anche naturale, perché in un mondo dove che c'è tanto freddo, dove che c'è tanta indifferenza dinanzi ai problemi religiosi, trovi quel gruppetto di buone persone che vanno lì, che di solito sono quelle che si prestano un po' per tutto, ma è un po' naturale poiché, sa, si crea anche quell'amicizia umana, mica peccaminosa. È facile; sono anime sante, buone, per cui... Guardate che ormai in tanti anni di sacerdozio ho visto che son quelle che hanno fatto poi soffrire tanto i sacerdoti, perché più o meno finiscono per legare. Di solito le mormorazioni, le critiche, le calunnie sono nate sempre da lì, perché la gente comincia a calunniare vedendo quelle cose lì. Ma a un dato momento poi il sacerdote non è più libero di volare. E lo so anch'io... E c'è bisogno, c'è bisogno per il lavoro apostolico, c'è bisogno, c'è bisogno... però, state attenti, tante volte c'è bisogno anche per un cuore vuoto. Il cuore non è pieno di Dio, e allora c'è bisogno anche di un certo riempimento umano. E tante volte per noi c'è bisogno perché oltre a esserci il vuoto di Dio c'è il vuoto della Comunità, non c'è l'amicizia nella Comunità, non c'è la fraternità nella Comunità. E allora, tanti sono i religiosi: tante piccole comunità, hanno fuori, dove là si trovano bene.

MO288,4 [14-01-1970]

4. Eh, sì! Dico male, lei padre Matteo?
"Ci si attacca smodatamente al proprio ufficio". Anche questo, questo attaccarsi poi cosi smodatamente al proprio ufficio. Come, per esempio, a un dato momento in una parrocchia... o sennò invece che in una parrocchia, prendiamo qua: uno ha in mano, poniamo, adesso non vogliamo perché qua offendiamo le persone, beh, prendiamo Zeno, che non se ne offende, ha in mano l'economato: basta, non esiste altro che l'economato. Lo dico perché non è così. Uno ha in mano, supponiamo Marco, ha in mano la musica: solo musica, basta musica, solo che el tamburo e altro che el tamburo. Portiamoci in un paese, domani, uno ha in mano la schola cantorum. Bene, nel paese solo la schola cantorum: quello è il centro e tutto il resto deve andare ... in tanto in quanto gli altri sono santi in quanto appoggiano la schola cantorum, o col canto o con i soldi, e sennò gli altri non sono santi. No, guardate che... scusate... Zeno, per piacere, tu che sorridi sotto i baffi: dico cose ingiuste o giuste? Guardate che è facilissimo che domani tre o quattro religiosi che sono in una parrocchia: uno ha una specializzazione o ha un gruppo di lavoro o che so io, tutto va bene... E lui si butta là, per lui la parrocchia è quella. Siamo d'accordo, lui è specializzato in quella materia... Uno sarà specializzato nel condurre al cimitero le vecchie... ma benissimo! E condurremo le vecchie al cimitero, però si ricordi che nel paese ci sono anche i bambini della prima comunione, no, e ci sono anche le piccolissime, le figlie di Maria, e non soltanto le vecchie. Bisogna che a un dato momento il lavoro che facciamo lì non sia soltanto quello lì, insomma. A un dato momento hai bisogno per necessità spostare Ruggero dalle vecchie e Zeno con i bambini, e va bene: Zeno con i bambini e Ruggero dalle vecchie. Con santa semplicità, vero? E lui va volentieri a Villa Valeri perché facilmente si presta e si offre.

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5. "Oppure - e qui un'altra cosina ancora - si cerca continuamente di evadere la compagnia dei confratelli", dei compagni.
È facile, vedete. Domani siamo in parrocchia: "Sa, go da andar via con quel gruppetto dei tusi perché go da formarli, go da fare una predica, go da dire una paroletta; go da andar via". Eh, so anch'io, sai, Zeno va via col suo piccolo gruppo di novizi, e allora, sai, è il piccolo re. È logico, è più facile che non andar via con don Ottorino e con quattro vecchi, che non domina; non domina lui, se viene via con me, senza volerlo. Invece se va via con i novizi, domina lui: è lui il signore, lui può parlare della Paganella o della... che so io, qualche cosa, e dire... Nessuno lo contesta, nessuno... no? Eh, scusa! È un fatto, guardate, scusate, è un fatto! In una parrocchia, andar via in quattro cinque religiosi, andar via in compagnia, può darsi che sia anche un po' di sacrificio. Se ognuno invece fa una piccola gitarella con un gruppetto, lui è il piccolo re in quel piccolo gruppo. Ora io non nego che si faccia anche quella, ma guardate che non si può fuggire la compagnia dei confratelli dicendo che è necessario far quella. Mi pare che spesso può capitare questo pericolo qui. "Io devo fare. Non posso, non posso!" Cioè, non si può dare alla Comunità, perché bisogna dare agli altri. E invece è un errore. Scrivevo ieri al nostro caro padre Pedro là in Argentina dicendo che la prima parrocchia è la Comunità. Primo lavoro pastorale deve essere la Comunità, è la Comunità: aiutando i fratelli a salire nella santità, nella cultura, nella preparazione, eccetera. Primo lavoro è quello. Non c'è niente da fare! Ma questo non solo per il superiore, ma per tutti. Continuiamo la lettura. "E si sta in mezzo a loro come uno che sa tutto, che non sa ascoltare, apprezzare, rivedere, accettare". Ci si mette in mezzo ai confratelli, se si va a casa: "Oh, non savì gnente voialtri! La xe così! A go dito mi, go parlà mi con la Marietta, là, la me ga dito... Go parlà mi con na persona de na parrocchia, che sa, eccetera". E se sa che xe magari la Teresina in cusina che parlava... "So mi! So mi!". Non si accetta, si comanda, si domina. Si tace, e quando che si alza, si fa per giudicare, per stroncare, per tagliare e per dire: "I vostri orologi non son giusti; è giusto il mio!". Va bene, don Matteo? Non è così? El me varda per sotto, no? Brutta roba commentare le parole de uno che xe presente, savìo! Co l'è morto se pole fare quel che te voi. "Che impone le sue idee magari umanitarie ed evangeliche". Che brutta cosa quando uno impone le sue idee! Che disgraziato quel superiore che abusa del suo ufficio per imporre a una Comunità le sue idee! Umanitarie, evangeliche, sante, ma per imporle. Uno ha fatto i suoi progetti con i giovani, quell'altro progetti qua... e lui: “No, no, no, no! Doman femo così! La festa della Sacra Famiglia la femo così!". Che brutta cosa! Voi direte: "Xe vero!". Attenti che domani sarete superiori anche voi, eh?

MO288,6 [14-01-1970]

6. "Ma bacate da individualismo, superbia, manifestati dall'atteggiamento di continua critica e di sottolineamento dei difetti altrui".
Qui se potessi fare un miracolo e far diventar muti tutti quelli che critica... Se il Signore me concedesse, vero, questa grazia, la domandaria per tutti i membri della Congregazione: ogni critica, un mese muti! Cosa ghin dito, Fabris? Se il Signore la concedesse la firmaria de colpo! Ogni critica che vien fatta contro la carità, eccetera, resti muto un mese. La firmaria de colpo, par mi e per gli altri. Perché penso ca cominsiaria a far giudissio mi prima. Ma penso che tutti dopo... Quando che te vedi in parrocchia cinque apostoli, tre preti e do diaconi, che par un mese non parla gnanca un: "I ga criticà el vescovo de sicuro", dixe la gente. Se cominsia vedere là don Antonio Bottegal... "Don Antonio...". "Mmmm...”. "El ga criticà!". "Diacono Adriano?". "Ah, te, te, te...". "Un altro che ga criticà!". Eppure guardate che l'essenza del cristianesimo è carità. E vorrei dire proprio, l'inquinamento della carità è la critica, il criticare interno ed esterno. Proprio l'inquinamento della carità. Noi che abbiamo scritto la parola "Charitas" fuori, che l'abbiamo scritta nelle nostre carte intestate: "Charitas... Charitas"... che andiamo sbandierando la parola "Charitas"... Che brutta cosa, che proprio noi sbandieriamo la "Charitas" e buttiamo dentro lo sterco nella minestra! No! Guardate, qui bisogna proprio che facciamo... - buona scuola, signor Luigi - ecco, bisogna che facciamo una campagna, ma una campagna intima, interna, proprio, che buttiamo fuori di casa le critiche... perché non sono del Signore. Non son cose del Signore, non son cose del Signore! "Mah, faccio per dire...". Non son cose del Signore! Sono del diavolo queste cose, sono del demonio le critiche! Vedete, son cose dolorose, ma vedete che più o meno le abbiamo tutti ste stupidaggini qua. Bisogna toglierle. La nostra Famiglia religiosa deve portare questa impronta della bontà. Quelle, sa, famose parole che son state dette del papà di don Aldo: "Non ha mai detto male di nessuno. Non l'abbiamo mai sentito dir male di nessuno". Bisogna che alla morte di ciascuno, vero, di noi, la gente, i confratelli che son vissuti con noi, e il popolo, la gente, i parrocchiani, possano dire: "Non ha mai detto male di nessuno. Si è sforzato di fare del bene a tutti". Capissito, Adriano caro? "Senza Dio nel cuore, la nostra carità fraterna può degenerare in una sdolcinata affettività solamente epidermica che cerca il minimo sforzo comunitario e l'evasione insieme, non che offre il proprio aiuto per fare il dovere comune nel sacrificio e nella generosa disponibilità. La carità divina crea cuori disponibili, non cuori chiusi, disobbedienti, criticoni, ribelli. E dove il frutto della nostra carità è la divisione degli animi, non può essere carità divina". Se tu vedi una mura e vedi venir su una pianta, ma vedi poche foglie, però te vedi do tre bei fighi, te dixi: "Soto ghe xe un figaro”. No? È chiaro. Giusto? Se invece vedi venir su una pianta, una mura sempre, una pianta, e te vedi dei mestieretti rossi, eccetera, te dixi: "Quei xe quei tali frutti". Vero? Et ita porro, et ita porro. Ora, attenti, vedi in una comunità: eeh, malcontenti; te ve dentro: uno perché... che el tase, uno... te ve magnare insieme: uno parla, ma parla de lu, de se stesso; l'altro tase, ogni tanto: "Eh, sì, ma, però, mi non son mia d'accordo. Oh, sì, ma... Oh, oh, te dixi ti così", eccetera. Eh, quela xe una Comunità dove che te vedi una mura e vegner fora i stropoleti rossi, vero, i stropoleti rossi. Che brutta una comunità fatta de stropoli rossi, no? Non hanno carità divina, non c’è carità divina! Invece, quando che tu vedi che si vogliono bene, ma sì, che sanno comprendersi, vedi subito, senti subito lo stampo, l'impronta della carità divina. Bepi caro, cussì la xe!

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7 "Chi è senza Dio nel cuore crea continui fuochi umani attorno a sè...".
Per forza! Se non ha Dio nel cuore, bisogna che qualcosa faccia; il nostro cuore ha bisogno di un qualche cosa. Magari di una succa, magari di un puotto, di una bambola, morta o viva, ma c'ha bisogno di qualche cosa. E allora ecco i "fuochi". Fratelli miei, non state spaventarvi, non state spaventarvi. Perché qualcuno può dire: "Ma allora...". No! È bellissimo essere consacrati, è una cosa meravigliosa, è una cosa bella! Non è difficile vivere la vita dei consacrati; ma è altrettanto disastroso uno che vive mediocremente. E guardate, quando sarete più vecchi vi accorgerete della realtà, insomma, di questo: che non si può vivere senza amare; è impossibile vivere senza amare. Finirà per amare un cavallo o un cane. Te vedi ste signore con sto cagnetto, che le ghe dà i biscottini, gli ovetti, i sbattudini, vero? Finirà per amare una cavara, vero, o un cavaron, ma insomma bisogna... Siamo creati per amare. E allora, se tu non ami Dio e per amore di Dio non ami il prossimo, i fratelli... Ma, guardate che il cuore del sacerdote è quello che ama più di tutti, è quello che si dilata, che ha la possibilità proprio di amare più di tutti, e perciò, vorrei dire anche sotto il lato umano, è il più soddisfatto dei cuori. Dico eresie, il professor di filosofia? Proprio anche sotto l'aspetto umano, guardate, è quello che è più soddisfatto di tutti gli altri, perché ha la possibilità proprio di prendere un po' tutta quanta la parrocchia, tutto il mondo intero con il suo cuore. Però, se non partiamo così, se non ci sforziamo di essere così, allora vedi di quei compromessi, di quei compromessi che fanno compassione. Proprio quello che voi vedete nel cinema qualche volta, questi mariti che poi si perdono con la donnetta di servizio, che la fanno alla moglie, aspettano il momento, vanno là, vanno qua... Vedi che roba schifosa! E questa roba schifosa noi tante volte la vediamo coi consacrati. Sono offerti a Dio, e fuori della porta hanno il resto, il surrogato. Come che Dio non ti vedesse... Pensate a un cinema: la moglie che guarda dall'alto, dalla finestra, e vede il marito uscire di casa, e ha l'amante lì, fuori di casa. Ecco, Dio che vede che l'uomo consacrato ha un'amante... La gavesse bella almanco! Ghe toca tor su quelo che xe restà dagli altri, vero?

MO288,8 [14-01-1970]

8. Attenti, fratelli! "Chi è senza Dio nel cuore crea continui fuochi umani attorno a sè". E quando dico continui fuochi umani, non vuol dire che soltanto peccati impuri; che non pensiate che sia soltanto quello. Può essere attaccamento a compagnie, a una vita, insomma, che non è sacerdotale. Per esempio, so di qualche sacerdote che fa soffrire la Chiesa di Dio anche a Vicenza, che alla sera va in case private, ogni sera a giocare le carte, bevere, mangiare, e star là fino a mezzanotte, eccetera, eccetera. Ora, andare a Bosco, giocare le carte una sera... se pole anca farlo; ma ogni sera andare in una casa privata, mettersi là, con la compagnia tusi e tose, zugar le carte, eccetera, penso che non è mica... non è certo una vita sacerdotale, no? E allora ecco un fuoco umano, senza pensare de andar finire in cose cattive. Fuochi umani ci possono essere di tante cose, no? Può essere uno che domani ha la passione e si prende una macchina da corsa e lui fa il prete alcune ore, e alcune ore fa il corridore. Ecco un altro fuoco umano. Qualche altro può darsi che prenda qualche filosofo, vero, di quelli strambi, che non sia Tommaso d'Aquino, ecco là ... vedo che ha fatto il sorrisetto...
Avanti! "... a cui riscaldarsi nell'equivocità di un affetto non del tutto evangelico e apostolico, oltre le apparenze di etichetta". Ecco, el salva l'etichetta! Ghe xe tanta gente, vero, che salvano l'etichetta, bisogna salvare l'etichetta, ma oltre l'etichetta... Lo sposato che salva l'etichetta, però... però... non ha dato il suo cuore alla famiglia, tutto. Nessun pole dir niente, eh, perché salva l'etichetta. Che brutta cosa! Salvare l'etichetta e dentro mettere petrolio invece che vino. "Non si creano comunità divine in cui Dio solo sia il Padre, in cui le anime si incontrino con Lui, lo portino nel cuore e scoprano il suo amore; di fatto si cercano piccoli regni in cui essere re, centro di interesse umano e sensibile". Cioè non si cerca Dio, ma dei piccoli regni e lì essere re. E allora ci si mette noi al posto di Dio.

MO288,9 [14-01-1970]

9. Qui ci sono tante parolette piccole aggiunte dall'autore, ma quelle preferisco leggerle un'altra volta nella seconda edizione riveduta e corretta. Abbiamo fatto una paginetta. Pensavo di finirla, ma... portate pazienza.
La conclusione di questa seconda meditazione potrebbe essere questa: se vogliamo vivere la nostra vita di consacrati, bisogna avere Dio nel cuore, e cioè bisogna rimanere insieme col Signore da soli a soli, per coltivare questo. Un uomo che sta lontano dalla famiglia, piano piano il suo cuore si allontana dalla famiglia. Come fare? Viviamo... Guardate, bellissima la preghiera comunitaria, ma non può sostituire quella solo a solo con Dio, non può assolutamente sostituirlo... E allora io direi: incrementiamo più che è possibile in questa settimana questo incontro personale col Signore, questo intimo incontro, perché in questo incontro noi alimenteremo quell'amore che ci allontanerà da tutti questi pericoli. "Ama Dio e fa quello che vuoi", diceva Sant’Agostino; e credo che sia proprio così. Se un marito ama realmente la sua moglie e i suoi figlioli, non c'è nessun pericolo, perché anche se va con un'altra ragazza parlare, eccetera, state sicuri che lo fa unicamente per necessità di ufficio o qualcosa... né la moglie ha gelosia, e non c'è pericolo, se lui vive veramente la vita di famiglia. Ora è questo. Anche noi, con santa semplicità, domani entreremo nel campo apostolico, tratteremo dall'A allo Z con le persone della parrocchia, ma proprio vorrei dire con una signorilità e con una santa indifferenza, senza pericoli... soltanto a condizione che noi viviamo la nostra vita di famiglia con Dio. Ed è questo che con l'aiuto della Madonna io auguro a voi e a me.