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LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA È LA SCELTA DI UNA FAMIGLIA VERA.

MO289 [16-01-1970]

16 gennaio 1970

MO289,1 [16-01-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Continuiamo allora il commento, il breve commento alla prefazione delle nostre meditazioni. È il terzo incontro che facciamo su questo tema ed è la continuazione ad alcune domande che l'autore di questo romanzetto ci fa, e ci fa chiedendoci se abbiamo o non abbiamo Dio nel cuore. Ed è arrivato al punto di dirci che se Dio non c'è nel cuore, le cose si fanno serie. E allora vicino a noi vedremo fiorire qualche cos'altro che non è Dio. "La nostra famiglia è là dove è il nostro cuore...". Se Toni, per esempio, continua pensare agli alpini, al suo battaglione, continua pensare ai suoi scarponi, eccetera, eccetera, è chiaro: la sua famiglia è là! Se a un dato momento uno continua pensare alla politica, alla politica, è chiaro: la sua famiglia è là! Se io ho il cuore in una fabbrica, a un dato momento io non ci penso più alla famiglia; sposto, vero, e la fabbrica diviene la mia famiglia. Ora: "La nostra famiglia è là dove è il nostro cuore, dove si radicano tutte quante le nostre riserve ai dettami della coscienza e del dovere. Se a Dio preferiamo la nostra piccola associazione...". In questo punto non vuol dire la nostra Associazione religiosa o Congregazione, vero. Parlavo prima di una piccola associazione che ognuno sarebbe in grado di farsi con due tre piccoli amici, magari due tre ragionieri là insieme, lavorare di notte insieme; o due tre amici fuori di casa, - amici maschili o amici femminili, eh; due tre persone... questa piccola cerchia di lavoro, un po' il consiglio pastorale qualche volta, necessario... Qualcuno dice: "Ma non è stato proprio consigliato il consiglio pastorale parrocchiale?", no, Marco? E allora Marco co el riva parroco, vero, el fa el piccolo consiglio pastorale. Solo che lo fa, vero, scelto, non eletto, che di solito è scelto; ed è scelto proprio, farlo neanche apposta, proprio in genere è scelto proprio di genere femminile e non maschile. Pazienza!

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2. "Se a Dio preferiamo la nostra piccola associazione, il nostro cuore è lì, non è di Dio".
E allora se è lì il nostro cuore, tu vedi che non si fa niente senza il consiglio di quella associazione. Guardate che... Anche sacerdoti buoni, sapete, buoni sacerdoti ci cascano dentro qui. Ricordo ad Aracoeli, quando sono stato cappellano: convincere il parroco per poter fare la scuola di religione in oratorio... perché la si faceva in chiesa. La chiesa di Aracoeli tutta rotonda; te poli immaginarte che casotto che veniva fuori nella scuola di religione, no? Su trecentocinquanta ragazzi che dovevano venire, non si arrivava al massimo a settanta. E allora ho fatto una campagna spietata, andando nelle scuole, elenchi, in famiglie, eccetera eccetera, e ho chiesto, sa: facciamo in oratorio, abbiamo tutte le salette... Insomma c'erano parecchie salette, perciò... Tutti insegnanti di scuole elementari, che avevano fatto scuola, fuorché la primetta che veniva una suora... Avevo preparato tutto, d'accordo tutto... All'ultimo momento, una di queste consigliere ha detto di no, ha detto di no. "Sa... Ma, sa... Ho pensato, ho pensato...”. Va bene... Io ce l'ho giocato perché la settimana dopo verso le dieci, dieci e mezza eravamo lì in casa e ho detto: "Ha detto il breviario?". "No!". "Lo diciamo insieme?". Dopo abbiamo fatto i manifesti, cioè là gli avvisi parrocchiali, eccetera, li abbiamo scritti insieme, e riguardo a quello: “Aveva ragione lei, sa?". Ta, ta, ta... E abbiamo fatto cascare; messo giù. Ma dopo, cari miei! Ha letto alla mattina in chiesa l'annuncio che per la prossima domenica ci sarebbe stato la religione... Ah, aveste visto le corse in sacrestia! Ma ormai il dado era gettato pubblicamente e non c'era più niente da fare.

MO289,3 [16-01-1970]

3. Ma guardate... Buoni sacerdoti, sapete, così. D'altra parte è un po' naturale. Perché non è mica detto sempre che ci sia la questione passioni impure. Può essere una buona maestra, sa, che ha una certa influenza, più vecchia anche... ma che... No maestrine giovani, vero, qua così, maestrini, maestrine, vero, Luigi, giovani maestri... Può essere una brava maestra che effettivamente lavora per la parrocchia, e influisce, influisce un pochino, e a un dato momento, vero, non si è più capaci... Perché allora succede come i carabinieri: uno sa leggere e uno sa scrivere, vero, uno sa leggere e uno sa scrivere.
Scusate se insisto, ma ho visto, guardate, tanti casi, sapete, ma proprio tanti casi di sacerdoti buoni, ma proprio buoni, vorrei dire santi sacerdoti, che così ingenuamente ci sono caduti. E poi piano piano si finisce per fare lì la propria famiglia; e allora finisce per andare avanti, e sa... Non occorre andare a fare peccati impuri con le persone o anche col pensiero, ma a un dato momento si diventa sterili nell'apostolato, perché si fa lì, si lavora lì, diventa un piccolo lavoro. Mentre che avrebbe una grande famiglia, c'è la piccola famiglia. Io ho detto questo adesso, ma il nostro autore invece va più avanti adesso, eh! Ho fatto un pochino per smorzare quello che verrà adesso un pochino, non per dire che non è vero, ma ho fatto per non impressionarvi troppo.

MO289,4 [16-01-1970]

4. "Se al nostro dovere comunitario religioso preferiamo sempre le nostre attività e lo posponiamo sistematicamente alle nostre uscite, cosidette apostoliche, spesso ritenute profondamente come integrazione affettiva, è in quelle che noi identifichiamo la nostra famiglia".
Ecco qui l'autore dice che c'è il pericolo anche di diventare sterili per le nostre attività apostoliche. Sembrerebbe un controsenso, no? Tu ti metti, lavori, organizzazioni, e fai e lavori a destra e a sinistra, e a un dato momento la tua famiglia, invece che essere lì, sono queste attività apostoliche, e divieni sterile. Credo che uno dei pericoli proprio, la famosa "eresia dell'azione" di cui parlava il Chautard, sia proprio questa. Per tanti sacerdoti, più che essere il pericolo, supponiamo, proprio di andare lì a dare il cuore alle creature, non si dà sufficientemente il cuore a Dio e si dà il cuore alle attività, e si vive per le attività e ci si butta dentro, eccetera. E a un dato momento divengono attività aride, sterili. E il tuo cuore è lì e non resisti. E allora avviene quello che l'autore ci dice adesso qui. "Se alla preghiera noi continuamente preferiamo la lettera spirituale o l'incontro con le anime a, b, c...". Minuscolo, però... Ci sarebbe da andare a pregare, andar dire il breviario: "Ah, no! Spetta che scrivo una lettera; c'è una lettera là, a Beppina". Dov'è Beppina, qua? Beppino, ah, Beppino! Me ga dito che me volta là. Zeno me ga pregà che me volta là stamattina, perché lu el ga voia de dormire in pace, el ga dito, stamattina. Beh, allora me volto de qua. "Ghe xe una lettera. Poveretta! Se sentiva che ghe n'aveva tanto bisogno... sa, go visto l'ultima volta che la xe vegnù confessarse la Beppina me ga dito che la ga delle difficoltà in fameja. Poveretta! Con so mama che no la capisse gnente, eccetera. Speta che ghe scrivo una lettera. Dovere di coscienza, proprio”. "Mia cara Beppina, guarda... A seguito dell'incontro ultimo avuto, sai, ho tanto pregato per te. Anche ieri notte, non ero capace di dormire, ho continuato a pregare e pensare a te. Non aver paura; ti sono sempre tanto vicino...”. Vero? A ghe xe de quelle lettere scritte! Ste boni, fioi, che sì giovani. Quando che ste lettere qua capita in man, magari, alle autorità ecclesiastiche portà da qualche d’un e te le vardi... Se domanda: xela la lettera de un moroso, ma de quei proprio che ga tre cotte no una, o xela la lettera de un padre spirituale? Xela la lettera de un prete o xela la lettera de un uomo proprio proprio? Tutte frasette dolci, spirituali, per portare su in excelsis Deo, vero. Don Guido, dico male caro? “Ghìo visto, ghio sentio? Anca lu, no?”. Vardè che xe fasile, xe fasile! Ma sentì, anime de Dio. Vien al confessionale un toso: "Padre, xe tanto tempo che non me confesso, sa”. “Eh... tan, tan, tan". E dopo vien na femena, una veciota: "E ci, ci, ci, ci". E vien una giovanotta, sa: "Padre, io avrei da domandarle un consiglio, sa. Io dico la corona ogni sera, faccio anche un po' di lettura spirituale su un libro... Guardi, per esempio, ieri sera ho fatto lettura spirituale su Santa Teresina del Bambino Gesù. E mi ha detto così... Poi la meditazione, padre... Scusi un'altra cosa, la meditazione io la faccio così; cosa ne dice lei? Ma sa, qualche volta è difficile. Per esempio, ieri sera mi è capitato così... Che poi io volevo fare così, ma...". Ma tu capisci... subito dopo uno: "Bo bo bon, bo bo bi...". Viene uno che sa spussa da tabacco, spussa da stala... Eh, sa, è un po', un piccolo sollievo che dà il Signore ogni tanto quando si va a confessare, no? E allora cosa vuoi, senza volerlo qualche sacerdote sta lì, invece che tre quattro minuti, un quartino d'ora, finché si arriva anche a un'ora e un quarto, un'ora e venti; sta lì. Ah, sempre la direzione spirituale, è chiaro! Solo che la gente osserva che è proprio sempre con quella una o due, vero, la direzione spirituale. D'altra parte, Teresine del Bambino Gesù non si trovano mica tutti i giorni per strada, no?

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5. "Se alla preghiera noi continuamente preferiamo...".
Può esserci una volta, chiaro! Qui, anche qui, la lettera spirituale... Tenete presente quel principio che abbiamo detto tante volte nella nostra casa: prima di mettere la firma a una lettera che avete scritto chiedetevi: potrei io pubblicarla nell'Unità questa lettera? Potrei pubblicarla su un giornale con onore mio e della Famiglia religiosa e della religione? No! Sbrèghela! "Ma, no la va mia...". Sbrèghela! Perché... doman la va in man de qualche d’un; sbrèghela! Chiaro? Quando io scrivo una lettera, devo scriverla soltanto, vero, se so che potrebbe essere pubblicata; anche se sono cose riservate, tutto quel che vuoi, ma... Scritta in modo tale, gli aggettivi specialmente, verbi, eccetera, misurati e pesati, in modo che, anche se dovesse essere pubblicata, diranno: "È una lettera privata, riservata...". Posso io scrivere una lettera a Zeno dicendogli qualcosa di riservato riguardo all'amministrazione, riguardo anche, supponemo, anche alle cose sue personali; però uno dice: "È scritta da uomo!". Giusto? Ora, certo ci sono delle lettere riservate che non dovrebbero essere pubblicate, ma se venissero pubblicate: "Erano cose riservate, pero è scritta da signore". E direi, non solo le lettere, ma anche quello che diciamo a tu per tu. Perché se ci fosse un registratore lì, che registrasse tutto, e che un bel giorno venisse pubblicato? Supponiamo a un dato momento ci sono due amici che parlano, supponiamo don Matteo e Toni Pernigotto, e i parla male de don Guido, i ghin dise una per colore. Ben, venisse registrato tutto e poi in refettorio venisse... Don Matteo, me par de vederlo, nol magnaria più, - adesso el magna tanto, però! Lo savi ch'el magna tanto! - dalla disperassion. Ora, state attenti, state attenti, pensate qualche volta anche a questo: se quello che io sto dicendo adesso con questa ragazza, con questo giovane, con questa persona, venisse domani in Paradiso gettato fuori... perché, sa, i tira xo, xe questa la storia, ghe xe un angeletto che tira xo sempre con la cinepresa e col magnetofono, capissito Marco? E dopo in Paradiso i fa vedere tutto, xe questa la storia, no? Me toca vedere Marco che baruffa con so sorela e con so fradei, tutte le ciacole ch'el dixe, i brontolamenti ch'el dixe. Ciò, xe mejo star tenti, no? Che bello che sarebbe proprio vivere sempre, pensare, parlare e agire al cospetto di Dio e dell'assemblea dei santi del Paradiso! Ecco il segreto! Io agisco pensando di essere visto da Dio e dall'assemblea dei santi. Nella intimità io parlo, dico, però io non mi vergognerei domani lo sapesse il mondo intero. Perché? Perché agisco dinanzi al cospetto di Dio.

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6. E qui il nostro autore insiste.
"... noi dimostriamo di amare queste, non Dio; non potremo mai amarle con animo divino; non insegneremo mai ad amare Dio che neppure noi conosciamo. Si attaccheranno a noi. Allora non costruiremo la famiglia di Dio, ma la nostra famiglia, in cui non c'è Dio Padre, ma noi ci sostituiamo a Lui - Ruggero, vuoi uscire un momento per piacere... parole massa adesso... te te scandalizzi. A volèa mandarte tore un fassoletto, ma allora fasèa ridere tutti - ritenendoci inconsciamente padri, madri, sposi, confidenti e tutto... e costruiremo i nostri "postriboli" dietro all'altare e nei confessionali...”. Non ste ridere, non ste ridere, per carita! I crede che le sia robe... le xe robe che capita, robe che capita, e tante volte. No le capita soltanto... Cossa gavì da ridere, ti in fondo là... Capita anca a papà di famiglia: lui ama la moglie, e va a fare porcherie con altre donne, no? Tante storie? Chi che confessa lo sa. E anche se non i fa porcherie, il cuore è diviso. Il cuore o è per la famiglia o è un disastro. No, ti, don Matteo? O è un disastro... O è di Dio o è un disastro. E allora tu vedi... No! Per conto mio è una sublime missione quella del sacerdote, è una cosa meravigliosa la nostra missione, ma se la trasformiamo in un mestiero el diventa un porcaio, fioi. Ghin donto anca, te vedi, don Matteo, ghin donto... "... dietro all'altare e nei confessionali...”. Per esempio, domani un ragazzo che vada a confessarsi, che vada a confessarsi e che magari il prete sia quello che te lo corrompe in confessionale... No! Possibile? Sì! No! "Dietro all'altare, dietro all'altare". Magari il cappellano che va dietro all'altare con una ragazza fra le braccia e se la bacia là dietro all'altare. Robe capitate. Potrei dirvi il paese e tutto... Noo! Don Luigi ride.... Xe capità a ti per caso, caro? Ricordatevi che uno ammazza un ricco per rubargli il tesoro, ma prima incomincia col portare via un ago o un ovetto, una gallinetta, piano piano. Uno rovina la sua famiglia dandosi, vero, ai falsi amori, ma comincia con l'abbandonare un po' l'amore alla sua famiglia, fuori alla sera a bere, fuori a giocare, fuori con gli amici... Prima di andare al male, non fa il bene, non fa il suo dovere di padre, di sposo. E allora, naturalmente, si va a finire così. Uno che fa bene il suo dovere di padre in casa e di marito, non andrà a finire alla deriva. Uno che vive la sua vita di consacrato, guardate, è una cosa meravigliosa! Non ci sono questi pericoli. Il pericolo è quando... prima di arrivare dietro all'altare con... eccetera, puntini, eh... si arriva a lasciare il breviario, a lasciare la meditazione, a lasciare la confessione, lasciare la direzione spirituale e, naturalmente, la logica è quella, no, la logica è quella. Sarebbe da meravigliarsi che non fosse... Anche se non me lo dicono, è così. Perché non possiamo stare senza amore. E se non hai il caffè, durante la guerra te te brusi le còe de radicio e te credi ch'el sia caffè, vero. Giusto? Se non hai l'amore puro, e ci sarà il surrogato. Non hai l'amore verso la moglie e la famiglia? E ci sarà il surrogato, il misero surrogato di un cuore rovinato. Non hanno Dio? E ci sarà il surrogato. E quanta gente che vive di surrogati! E fossero, almeno, còe de radicio... sarìa xa tanto, vero.

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7.Andemo avanti!
"... giustificati, naturalmente dalla patina della nostra apertura...". Bisogna essere aperti, aperti! Che no sia massa verto, vero... "... della nostra sicurezza, della nostra disponibilità e del nostro presunto illusorio zelo apostolico". E allora con questa apertura se va a ballare insieme con le tose... Preti! Te me vardi, Piero? No te ghe credi miga? I se mette vestii in borghese et ultra, e dopo.... Chiamato un sacerdote ultimamente così fraternamente: "Ma, - go dito - ma stà attento...". "Ma sa son riuscio a confessarla... Vado lì par quelo... Sa, con sto avvicinamento, eccetera". Sta là a ballare, imbriagarse insieme... “Riesco... Vedo che riesco... Gli altri non riusciria", vero. Non so se sia.... la confessione dovrebbe essere una conversione; ma podaria essere stà ela che ga confessà lu, vero, invece! Cambiamo un po' registro perché sennò qua ghe xe le anime innocenti che se scandaliza. No, ecco, vogliamo spaventarvi un pochino della realtà, metterla davanti un pochino, perché non andiate a finire insomma a giocherellare con ste robe qua. Mi diceva un padre missionario che in Africa, in una certa tribù, quando una ragazza è fidanzata a un altro, gli mettono una specie di scoato de drio la schiena. Non so se avete sentito, no? Mette una specie di scoato, roba così, tacà al colo, per dire: "Ehi, gnanca vardarla quela, perché quela xe xa fidanzata a uno". Quella sposata ha un anello qua che dixe: "Ehi, la mia fede. Ecco la mia fede; io sono già donata a uno, a una famiglia". Noi portiamo la veste: questa è la nostra fede. Ma anche coloro che non portano la veste, sappiano che invisibilmente hanno una fede e sono già donati, e basta. Chiaro? Don Guido, d'accordo? Don Girolamo? Te ghe sòno, poareto! Te me fe pecà. E allora succede questo, eh!

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8. "Se parliamo tanto fuori e siamo muti in casa; se siamo tanto santi fuori e creiamo la confusione in casa con le nostre problematiche vuote, come possiamo dire di amare Dio e i fratelli, come amava Gesù?".
Conseguenze xe queste, no? Che fuori: "Oh....Ohhhh!". E qua casa: "Boom boom...", in casa tutto ruvidi. Lei, lui, là... tutti santi fuori... Ah, cosa vuto farghine! E casa, perché costa fadiga, vero. "Siamo adulteri dell'amore di Dio... dei confratelli e della Congregazione, discepoli insoddisfatti ed egoisti, con il continuo "sperabamus" sulle labbra, altro che apostoli pieni di zelo! Guardiamo come trattiamo Dio e i superiori, i confratelli, e lì avremo il metro per vedere se amiamo veramente, e non giudichiamoci dal come ci amano e ci lodano certe ben determinate persone che ci stanno attorno". Una volta io mi sono permesso di fare una osservazione a uno. Perché? Perché andava troppo, un po', su questa strada, e mi ha detto: "Gesù ha detto che dai frutti si giudica la pianta. Io vedo che tante creature vengono a me, vedo che riesco a confessare, avvicinare, eccetera. Dunque mi pare che la logica è chiara: se i frutti ci sono, vuol dire che la pianta è buona". Mi sono sentito io rispondere così. Pole vegnere anca frutti de sucara, magari! "Un'ultima importante considerazione riguardo il modo generico di presentarsi del religioso. Prendendo le mosse dall'analogia stabilita in precedenza possiamo stabilire questo ultimo rapporto: - mi permetto di leggere in fretta perché c'è un'altra pagina per finire, altrimenti l'autore mi rimprovera perché ha tutti gli altri manoscritti, vero, che devono uscire - il giovane non sposato è portato spesso ad essere civettuolo, galante, leggero; cerca di piacere, sfrutta le circostanze per farsi vedere, notare, specialmente dalle ragazze, eccetera. Lo sposato invece, sempre che sia buono e serio, tratta gli altri e specialmente le donne più coscienziosamente, non cerca di piacere se non a sua moglie, mantiene relazioni senza civetterie, mantiene relazioni senza civetterie, testimonia un cuore donato, distaccato, accasato, sempre e dappertutto. Così l'apostolo! La sua consacrazione deve dargli un colore particolare, una sensibilità e una maturità senza eccezioni ovunque e sotto tutti gli aspetti: il modo di parlare, di trattare, di vestire, di presentarsi, di rifiutarsi, di uscire con coraggio dagli equivoci, tutto deve essere in coerenza con la sua donazione vissuta e testimoniata per il bene degli altri. Se non ha il cuore pieno di Dio, corre il rischio di mostrarsi civettuolo e leggero, incosciente e ordinario senza parole di salvezza, ma solo capace di galanterie umane o, all'opposto spinoso, acido e senza cuore". Très bien consà! El ne ga consà puito sto toso! El ga solo che 28 anni, te so dire col ghe n'ha 40! “Tutto dipende - cari amici - dall’aver scoperto Dio e il suo amore o dall’essere ancora preda del proprio egoismo!”. Tutto dipende da lì. Hai scoperto Dio, caro Franco? Non sta aver paura! Avanti tranquillo, anca se ghe xe qualche marachella, avanti tranquillo! Non l'hai scoperto? Attenzione! "La strada dell'incontro con Dio, spesso sconosciuto in mezzo a noi e al nostro attivismo, è quella proposta dal Battista: convertirsi, fare penitenza in una lotta senza mezzi termini contro ogni forma di egoismo verso Dio e verso i fratelli. Presentiamo allora qui di seguito, una traccia di esame di coscienza dettagliato, che possa servire ad individuare le eventuali radici egoistiche della nostra tiepidezza religiosa, comunitaria, familiare, apostolica".

MO289,9 [16-01-1970]

9. Ora, era giusto dare uno sguardo così. Adesso speriamo che i più giovani non si spaventino, perché qualcuno più giovane potrebbe dire: "Ma allora, se la xe così, mejo che abbandonemo tutto, vero!". Ecco, guardate che questa difficoltà c'è per farsi preti, per farsi diaconi, per farsi papà di famiglia, perché siamo uomini. Il pericolo vorrei dire che è più grande di là che non di qua. Diceva il Manzoni che la vita è un dovere, mica una festa: è un dovere per tutti. E il dovere va preso da uomini. E allora, da uomini dobbiamo affrontare quella missione che il Signore ci ha messo davanti.
Siamo chiamati ad essere papà di famiglia? Càvate la veste, Mario, e diventa papà di famiglia. Sei chiamato ad essere maestra d'asilo? Giù la veste: maestra d'asilo! Capisci? Sei chiamato ad essere prete, ad essere un consacrato? Vivi la tua vita di consacrato! Vivila mettendo già in preventivo che sei uomo che ci saranno degli alti e bassi, ci saranno momenti di entusiasmo e momenti di scoraggiamento, dei momenti in cui riuscirai e dei momenti in cui non riuscirai... ma il tuo desiderio sia quello di essere donato interamente e senza riserve. Come si fa per essere donati? - dice il nostro caro padre Matteo. Ecco, bisogna togliere l'egoismo. Qui si rifà al nostro caro San Giovanni Battista, perché fra santi i se la intende, vero... e se rifà a San Giovanni Battista: bisogna togliere l'egoismo per incontrarsi col Cristo. È quello che noi cercheremo di fare nelle prossime meditazioni.