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LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA RICHIEDE FEDELTÀ ALLE PRATICHE DI PIETÀ

MO294 [13-02-1970]

13 febbraio 1970

MO294,1 [13-02-1970]

1. Siamo in Quaresima, e prima di incominciare la meditazione vorrei chiedere una cosa.
Di solito ci si proponeva qualche penitenza, un po’ insieme, da buoni fratelli. Io vorrei chiedere, se non avete niente in contrario, vorrei proporre per la Quaresima un paio di penitenze, ma piccole, piccole, piccole, penitenze mica straordinarie, no, né cinere, né cilicio, e neanche digiuni. Sai, don Matteo, perché altrimenti se cominci a digiunare, caro, se tu mi prendi sul serio, non mi resta più don Matteo alla fine. Però, se io vi chiedessi queste due cosette, proprio fatte in spirito di penitenza, penso che non mi direte di no. Primo: di spegnere le luci, non lasciare luci accese. Ho osservato nella casa che spesso si lascia la luce accesa di qua e di là. In corridoio alla sera c'è uno che cammina, ci sono tutte le luci di qua e di là. Non vi dico di andare all'oscuro, ma un certo equilibrio... Come nelle nostre famiglie, la mamma dirìa: "Beh, questa sì, no, quella che è necessaria, non si discute, ma sprecare no". Mi pare che non sia giusto; manchiamo di povertà; alla fine il contatore continua a girare. Giusto? Allora, se in studio bastano due luci, due luci, se occorrono quattro, quattro, se ne occorrono venti, venti, se non bastano quelle che sono su mettetene su delle altre. Ma mi pare, quello che è necessario sì, quello che non è necessario no. Vedo che tante volte, proprio alla sera devo continuamente spegnere luci a destra e a sinistra. Direi: facciamo la campagna dell'economia, in vista però della povertà, in vista però che i poveri, i poveri non sprecherebbero e noi dobbiamo abituarci ad essere poveri e non sprecare.

MO294,2 [13-02-1970]

2. La seconda è simile a questa. Non son mica cose straordinarie, no? Però sono piccole cose, sa, che aiutano a divenire migliori. La seconda sarebbe quella di non bestemmiare, durante la Quaresima, contro il prossimo, cioè di non dire titolacci, parolacce, là, volgari, così, qualche parola che può uscire... Mica cose gravi, per carità, che non vada ai posteri l'idea che noi bestemmiamo qui nella Casa dell'Immacolata!
Quando che sono andato in cattedrale c'era ancora un cartello messo là fuori: "Si prega vivamente di non bestemmiare in sacrestia". L’ho trovato io sopra là, un cartello un po' vecchio che... “Si prega vivamente di non bestemmiare in sacrestia”. Che non si pensi poi che proprio nella Casa dell'Immacolata, vero, Franco, qualchedun che tiri qualche ocheta, no? Speriamo di no, fino a sto punto speriamo di no. Se non è don Matteo, vero, don Matteo? Però, però... se non è qualche ocheta qualche parola un pochino un po' villana, direi, lo sapete che sfugge, qualche espressione un po' che non sta bene in bocca ai religiosi. Non cose gravi, stupidaggini... Io direi: facciamo la campagna proprio durante la Quaresima, vogliamo togliere queste cose qui. Ci si sforza con la collaborazione fraterna. Perché è chiaro, quando che Ruggero tira fuori certe parolacce, come dice di solito, contro Zeno o contro qualche altro, non le dice coscientemente, non le dice coscientemente, le dice incoscientemente, vero? E allora bisogna che un fratello buono gli dica: "Fratellino, “descende ad inferos”, vero? Vieni giù un pochino dall'Olimpo; perché, guarda che stai dicendo delle cose che non devi dire contro il tuo amico Zeno, assolutamente”. Vi par giusto? Le accettate queste cose qui? Penso che non siano cose gravi. Vedete, se vi avessimo detto: facciamo a meno a bere il vino, facciamo a meno di mangiare... No, no, per carità. Qualche piccola mortificazione la farete per conto vostro, accettando specialmente il sacrificio del dovere, sforzandovi di offrire al Signore il compimento del vostro dovere, di fare la volontà di Dio, istante per istante. Questa penitenza non penso neppure che non la facciate, che non vi siate messi d'accordo col padre spirituale durante la Quaresima, per esempio, di fare qualcosa di concreto. Ma così, insieme, così insieme, direi, facciamo queste due piccole cose, no? E adesso procediamo.

MO294,3 [13-02-1970]

3. Stavamo parlando un po' qui, sulle pratiche di pietà obbligatorie nella nostra Congregazione. Siamo arrivati ad un punto dove il venerabile autore parla un po' di una cosa - poi la leggiamo questa paginetta - e dice: bisogna stare attenti, bisogna stare attenti al pericolo di scegliere... cioè uno potrebbe mettersi nel pericolo di scegliere lui le sue pratiche di pietà, di dire: “Queste no, queste sì, queste no, queste sì...”. Ora io direi, in una comunità religiosa mi pare si dovrebbe essere come in una famiglia, no, dove cinque o sei persone vogliono mangiare, ognuno vuol mangiare quello che vuol mangiare. Ci si mette d'accordo un pochino, ma poi si mangia tutti la stessa cosa, a meno che a uno proprio non faccia male. Ma se quel cibo non fa male, in una casa si mangia la stessa minestra, no? Ora, perché, perché dovremmo noi in una comunità religiosa, in una famiglia dove ci sono tanti fratelli, dove uno dovrebbe mangiare la minestra, un altro pastasciutta, un altro riso asciutto, un altro gnocchi, eccetera? Ma perché questo? Se una cosa fa male... Ma se ci siamo messi d'accordo, se ci siamo messi d’accordo... Così io direi anche delle pratiche di pietà.
Ci sono delle pratiche di pietà che sono state stabilite dalla santa madre Chiesa, ce ne sono delle altre che le abbiamo stabilite insieme nel Capitolo. Quelle stabilite dalla santa madre Chiesa, quelle le accettiamo in spirito di obbedienza, le accettiamo con amore. Quelle stabilite invece dalla nostra Famiglia religiosa le accettiamo e anche le giudichiamo, se volete, in modo che nel prossimo Capitolo si può dire: "Sentite, mi pare, ci pare che sarebbe il caso di modificare, di cambiare questa con l'altra”. È aperta in pieno la discussione... Ma, fino al prossimo Capitolo si resta legati da quello che è un impegno comunitario. Direbbe il nostro caro Giorgio, dalle regole del gioco, no? Abbiamo stabilito questo e facciamo questo. Ci sono delle difficoltà nel frattempo che ci impediscono, che forse modificano? Allora si ricorre a chi si deve e si vede di fare una cosa provvisoria e si può cambiare fino al prossimo Capitolo, metterci d'accordo e cambiare. Ora, mi pare, la strada è aperta. Ma il pericolo enorme, enorme, fratelli, ed insisto forte su questa cosa qui, perché, è una cosa che preoccupa... Direte: noi vecchi... Proprio ieri sera mons. Luna, telefonando da Roma, mi ha detto: "Come vala la fede là? La gai ancora i tosi, perché qua in Italia e in giro per il mondo se gh’in trova tanto poca!, el ga dito - Come vala? E con le idee, - el ga dito - come xela?". È un po', è un po’ umiliante sentire insomma che tutti i vescovi ti domandano questo, perché un po' c'è questo pericolo. Voi direte: “Queste sono calunnie dei vecchi!”.

MO294,4 [13-02-1970]

4. Pochi giorni fa, pochi giorni fa, un sacerdote mi diceva... Gli avevo chiesto: "Senti, il breviario lo reciti?". "Beh; dire la verità lo dico una volta o due al mese, lo dico, forse qualche volta... qualche volta di più, qualche volta meno; però, dice, però faccio un'ora di lettura biblica ogni giorno. Perché, cosa vuole, penso questo: io ho fatto un ragionamento di questo genere qui: la Chiesa non può imporre sotto pena di peccato; quando lo fa, abusa della sua autorità. Un momento! Ora, siccome il breviario io vedo che alla mia vita intima, spirituale, non mi dà niente, non mi dà niente, allora, vero, ho pensato che sia meglio che... Il Signore è più contento che io faccia qualcosa altro. E io faccio un'ora di lettura biblica, di meditazione biblica; sto là, penso un'oretta...". Io dubito molto che siano ore di lettura biblica e di meditazione biblica; penso che piuttosto sia un'ora di soddisfazione personale, perché poi mettendo le mani un po' più in fondo hai visto che i frutti non erano graspi de ua, e gnanca pomi. Va bene? Se dai frutti si conosce la pianta, vero, è chiaro che i frutti non erano quelli.
Però, è doloroso, sapete, che a un dato momento, uno che si presenta davanti all'altare per dire al Signore: "Signore, eccomi qua, vengo e mi offro, mi offro a te attraverso la Chiesa e nella Chiesa...", e guarda prima i suoi impegni. "Quali sono gli impegni miei?". Offrire la mia vita interamente nel celibato, offrire la mia vita con questi obblighi, così. E poi quando che ha fatto questo, comincia a dire: "Sì, sì... voglio restare soldato, però non voglio portare la divisa; voglio restare soldato, però niente celibato; voglio restare soldato, però niente breviario!". Mi pare che sia una vigliaccheria, insomma, ecco! Quando ti sei fatto prete, tu sapevi che avevi quegli obblighi, li hai accettati coscientemente. E allora, scusami tanto, come puoi tu, puoi tu permetterti di dire: "Io mi libero, faccio questo, faccio quello"? Muovi i passi, di’ una parola, come sarebbe nella Congregazione, se vuoi chiedi una dispensa... Ma mi pare, insomma che anche sotto l'aspetto umano... Non so se esagero, tu, don Matteo, cosa ne dici? Mi pare che sotto l'aspetto umano... Non entrerei neppure a discutere se la Chiesa può o non può. Sono entrato, ho accettato, mi sforzerò di recitare bene il breviario; so che i vescovi hanno la possibilità di concedere di dirlo in italiano. Mi dice: "Per esempio, anche ultimamente ho letto un salmo, ci sono delle stupidaggini...". Ma, insomma, ad un dato momento io direi: "Scusami, allora prendi in mano un arancio... e: "Oh, che arancio! Dentro ghe xe de quei groppetti che fa ridere...". Prende una zucca: la ga le megole che fa ridare: butta via la zucca... Ciapo un pollastro, verzo dentro, vedo della porcheria, butto via el pollastro, vero? Scusami tanto!

MO294,5 [13-02-1970]

5.Ieri ero davanti a villa San Giovanni, non si chiama più villa Valeri, dopo che abbiamo tracciato la ringhiera davanti si chiama villa San Giovanni, cambia volto adesso... Viene una donna in bicicletta, vede questo prete là, smonta dalla bicicletta: "Senta, sior... galo bisogno de na dona, bisogno de na dona?”. Mi par dentro me son meso a ridere... E allora ghe go domandà: “Parcossa?”. “Eh, - la ga dito - la xe na brava dona, par sta casa qua, xe tutto fare... E la gera... a San Piero, insomma, e, dise, dopo la xe andà da dei siori, ma ela se trovaria mejo in un Istituto, la se trovaria tanto ben così!”, la ga dito. “Quanti anni gala?...”, go dito. “Eh, la ghinà sessanta, ma non pare mia, no par mia la pare tanto più giovane... e po la xe così brava a curare i pollastri, - la ga dito - la xe così brava a curare i polastri!”. E zo, dopo a farne gli elogi... “Ma se el vole vederla...”. “Ma non son miga mi - go dito - che trata ste robe, xe don Zeno, xe un altro”.
Ora attenti: “La xe cussì brava a curare i polastri”; anche là, tu prendi e butti via, no? Ma però lo compri, lo paghi completamente, così come che l’è, intero, come che l’è. Ora, amici miei, vedete quanta poca logica che abbiamo! Io direi, per conto mio, non so se sbaglio; per conto mio, me pare che manca la semplicità, lo spirito di donazione semplice. Non so se son fora de strada, don Guido e compagni, don Zeno, ti Ruggero, ti cossa ghin dito? Manca la semplicità. Ho accettato di dire il breviario, ho accettato di fare meditazione, ho accettato questa vita, e va bene, l’accetto così. Quel giorno che uno si sposa con una donna la accetta con tutte le conseguenze di una famiglia. Non vi pare che in fondo è un cercare quello che piace, è un liberarsi da qualcosa che pesa? So anch'io che tu preferiresti leggere tre quattro pagine di Bibbia che non metterti là a recitare il breviario certe volte in certi momenti, certi salmi, eccetera, la pesantezza, eccetera. E lo spirito di sacrificio, un po' di penitenza?

MO294,6 [13-02-1970]

6. Ieri eravamo lì con un gruppo di nostri cari fratelli qua, siamo andati davanti a villa Valeri e siamo stati lì, a villa San Giovanni, scusate, e ci siamo messi lì, io a guardare e loro, poveretti, a lavorare col badile. Si son messi là: sudavano, erano stanchi. E a un dato momento guardando quel povero manovale, che ha tanto da portare con sè, no, un manovale grande e grosso, che oltre ad avere tanto da portare perché è grande e grosso, e là che continuava indietro e avanti, carichi... e io consideravo, facevo un po' di meditazione da solo, e poi l'ho detto anche a loro: "Quest'uomo, guarda, quando abbiamo cominciato i lavori era qui che lavorava... e tu lo vedevi al mattino, a qualunque ora del giorno vai là, lo vedi là con la malta sempre tutta la giornata, dalle otto della mattina fino alla sera, dalla mattina fino alla sera. E adesso sta per chiudere, supponiamo, sti lavori, tra sette otto mesi li termineremo; e poi comincerà anche lui, andrà da un'altra parte, e comincerà da un’altra parte e tutta la sua vita consumata così”. Pensateci un momentino: consumata così. Al mattino alle otto cominciano, cominciano alle otto, mi pare, no, e perciò deve partire alle sette da casa; alla sera termina alle cinque, perciò arriva dopo le sei a casa, per riprendere il giorno dopo la stessa storia.
Ma, scusate, è ben diverso il lavoro del medico che va, che ha un po' di varietà; di un avvocato, di un professore. Il professore va a fare scuola, ha un po' di soddisfazione; avrà da arrabbiarsi con i suoi ragazzi... Ma, amici miei, questo lavoro monotono, malta e quarei, e quarei e malta, baile e sappa, e gli anni passano e perciò cominci anche a sentire un po' il peso dell'età, e perciò più difficoltà... Amici miei, guardate che la maggioranza degli uomini portano questo peso, questo peso... E noi... Se c'è qualcosa di monotono: “Piano! Ci vuol questo e ci vuol quello, perché altrimenti ci stanchiamo!”. State attenti che disgraziatamente non diventiamo dei giovani viziati, eh, che dinanzi a quello che è un po' il peso dei nostri genitori e il peso dei nostri fratelli che, forse, noi non abbiamo da arrossire, mentre noi apostoli dovremmo essere con uno spirito di sacrificio maggiore di quello. Nessuno vi chiamerà a fare il manovale per tutta la vita, fare il prete operaio. No! Ma a fare gli operai, sì. Gli operai della vigna del Signore, i lavoratori, sì. Perciò, spirito di sacrificio, spirito di mortificazione... Ora, vedete, quando tu senti qualche prete che comincia a parlare in quel modo lì, comincia a ragionare: "Questo... sa...", cioè praticamente va a cercare tutto quello che piace. Allora aggiunge, quando sta leggendo qualcosa, magari e la musichetta... Bisogna alleggerire tutto, bisogna alleggerire tutto... bisogna rendere tutto roseo, tutto bello, tutto facile. Io dico: “Quello è un uomo che se fosse nell'industria mangerebbe fuori anche le braghe, no, perché, perché, scusame tanto, non rende, non rende”.

MO294,7 [13-02-1970]

7. Quando che, per esempio, voi vi mettete là con monsignore Cicchè e compagni in laboratorio gavì poche mocche da fare: se ghe sè da fare, ghe sè da fare, xe giusto, no? Quando ghe sè da consegnare a Olivotto, non mettì mia: “Spetta, la musichetta”. Mandè a ramengo tutto. “Dai, sotto!”. Il lavoro è lavoro.
Ora il nostro è un lavoro, anche quello spirituale; perciò, su, al mattino presto, muoversi, dai, fare quello che c'è da fare. È il nostro dovere che abbiamo da fare. Domani uno ha la Messa alle nove e allora: "Beh, beh, mi alzo alle otto". “Come ti alzi alle otto? Alzati su". Stai poco bene? Allora è un'altra cosa. Alzati regolarmente, fa’ il tuo dovere. "Ma, ma ho tempo fino alle nove!". “Come hai tempo fino alle nove?”. Quando i nostri genitori, i nostri vecchi si alzano prima per fare gli altri lavori in casa prima, no, hanno da andare a lavorare alle otto e magari si alzano alle quattro per fare qualche lavoro in casa. E quando che hanno da andare tardi per qualche motivo: "Che bellezza, così faccio in tempo a fare quella data cosa!". C’è da studiare, c’è da pregare, c’è da fare qualche cosa! Con questo spirito di sacrificio, guardate, proprio vi pregherei: cercate che entri nella vostra vita. Quando c'è questo spirito di sacrificio non abbandonerete le pratiche di pietà, quelle comuni. Sono così poche quelle stabilite, sono così poche, questa meditazione, questa corona, questo breviario. Mi pare che siano così poche! Non ti pare, Berto? Cosa ne dici? Ora, io sono preoccupato più che per quella pratica di pietà, per la causa che butta via quella pratica di pietà, per la causa che ti fa diventare un poltrone, cioè, si direbbe in altri termini, uno scapolo. Guardate che guardando un po' in giro, attorno, e guardando i nostri buoni papà, i nostri buoni fratelli che lavorano, che veramente lavorano, si sacrificano, io dico: ho paura che, tante volte, noi siamo portati ad assecondare un po' la nostra natura, e cioè la natura che ci porterebbe un pochino ad essere dei fiacchi. Ecco, io direi: uno dei punti fermi sui quali non dovete proprio transigere assolutamente è la questione delle pratiche di pietà.

MO294,8 [13-02-1970]

8. Guardate, noi qui, per esempio... Ad un sacerdote dicevo un giorno: "Non lasciare la corona". Magari in un mese si lascia dieci, dodici, quindici volte la corona. "Non lasciarla". "Ma sì, prometto, non la lascio più, va ben”. La prossima volta: "La corona la gheto dita?". "Oh!". Digo ste robe perché son gente che non conoscete, senò vi assicuro che non le direi. “L’hai detta la corona. “Sa!...”. "Quante volte su venti giorni...". "Cinque, sei volte". E dai così. E dopo comincia: "La meditazione, la gheto fata? Quanta? Mezz'ora?". "Beh insomma, venti minuti, - un quarto d'ora, - l'ho saltata via qualche volta". "Gheto fato la lettura spirituale?". "Beh, lettura spirituale, qualche rivista un momentino così!". E va bene, scusatemi tanto, e che meraviglia c'è se dopo un bel giorno dice: “Sa... son sbrissià, son sbrissià”. È logico! Ma era logico! Lasciate il musso senza mangiare e vedrete dopo quindici giorni cosa succede. Vero, don Matteo? Eh, parlo dell’asino nostro...
Ora non si può stare in piedi, figlioli miei, senza un po' di sacrificio e un po' di preghiera. E guardate che le preghiere che sono stabilite un po' dalle nostre Costituzioni sono il minimo per vivere. Diceva il padre, quel padre lì, non so se l’ha detto in chiesa o fuori di chiesa, don Massimo, che in India quel missionario che ritornava la sera e si trovava solo e si diceva le barzellette davanti allo specchio. L’ha detto in chiesa, no? L’ha detto anche con noi... Ha detto: “Trovarsi solo, solo, in mezzo a sta gente! Per tenersi su qualche volta e avere compagnia si raccontava le barzellette davanti allo specchio”. È quello che capiterà a Marco, vero? Ora, attenti! Però, però attenti: l'unica forza, un paio d'ore di preghiera davanti al tabernacolo, ogni giorno, un paio d’ore davanti al tabernacolo. Allora si capisce perché continua ad andare avanti. Ha fatto una chiesa e adesso la dà in mano al padre indiano, padre Samuele, e lui più avanti, ne fa un'altra più avanti. E allora si capisce padre Bertinazzo, che da provinciale va là, e adesso incomincia di nuovo, a più di cinquant’anni, incomincia di nuovo. A cinquatacinque anni cominciare di nuovo non è mica facile, eh! E lui comincia di nuovo: una capanna e si incomincia! “Non importa niente se la continuerò, se riuscirò o se morirò. Non interessa; un altro potrà prenderla in mano e andrà avanti”. Questi sono gli uomini di Dio. Ah, ma prova a domandare a padre Bertinazzo se ha saltato via la corona una volta in vita sua, prova a domandare a padre Bertinazzo se ha saltato via una volta la meditazione. Allora tu trovi gli uomini capaci di fare.

MO294,9 [13-02-1970]

9. Ecco, vi pregherei, fratelli... e ho insistito forse un po' troppo: non state a lasciarvi ubriacare da queste idee che sentite scritte un po' dappertutto. Leggete poco, leggete poco, accontentatevi di leggere il Vangelo; certe riviste, certi giornali, certe cose che avvelenano...
Guardate, io vi assicuro: io ho preso in mano qualche volta qualcuna e ho buttato via perché ho paura di me stesso, ho paura della mia debolezza. Guardate vi confesso una cosa, ve lo dico proprio così davanti al Signore: ieri mattina il nostro caro padre Guido mi diceva che ha preso in mano "Il Regno", e diceva che è una cosa vergognosa come ha trattato la questione dell'Olanda, dando ragione a quelli dell'Olanda e non al Papa, e dentro ha messo un foglietto come per dire: “L'articolo è stato fatto prima, perciò adesso ci mettiamo d'accordo un pochettino”. Ma il foglietto vola e resta "Il Regno", no? Ora, io vi confesso: non mi sentirei... Lui mi ha già detto questo; siccome non è mica necessario che vada a leggerlo, non mi sentirei in coscienza di leggerlo perché ho paura di essere influenzato. Quegli articoli io li leggo solo se è necessario, come si legge solo se è necessario una rivista pornografica. Perché devo guardare se so già? Se non lo sapessi, allora prendo in mano e leggo con tanta tranquillità; ma siccome mi dice che è così... dai oggi, dai domani... Quante cose che anche nella natura non comprendiamo, non sappiamo. Un pizzico di fede! Per esempio, stamattina svegliandomi pensavo: risorgerò. Mi è venuto in mente la liturgia dei defunti, mentre dicevo: "Quando sarà, o mio Dio...", no? Risorgerò... Questo mio corpo vedrà il Signore. Com'è? Come questo mio corpo? Pensavo all'India, ai morti dentro nell'India. Don Massimo ha detto che li butta nel Gange, e dopo si va a mangiare il pesce che ha mangiato i cadaveri, non importa, in albergo, e i li butta dentro. Questo corpo. Come farà il Signore? Mi so che risorgerò, mi so! Lassa che el Signore fassa qualcosa anca lu, no? Vuto che fassa tutto mi? No, eh! Eh, scusa! Che el se meta lu a combinare i mestieri! Ad un dato momento io penso che bisogna proprio dire come quell'altro: " Beh, gnanca mi non credo a quelle càbale lì; xo la cana che passa el Signore, el paron del mondo!", no? Qualche volta bisogna proprio invidiare la fede semplice dei nostri vecchi. Ora, "niente studiare? No, figlioli, studiate, ma tenete salda sta fede qua, per carità. Se vi accorgete che questa traballa, buttè via i libri fora dalla finestra, fate a meno di fare gli esami piuttosto; questa fede è più preziosa di tutte le scartoffie. Tenetela dura questa. Ma guardate che con l'aiuto di Dio, questa si conserva con la preghiera, con la meditazione, si conserva... State attenti a non mettervi in pericolo, senza bisogno. E proprio insisterei: oggi il pericolo penso che sia proprio nella casa nostra, d'avere certe riviste, certi libri, certe cose che sono pericolose. Approfonditevi sui libri santi, sui testi scolastici, eccetera, ma sempre con la base dell'unione con Dio, con la base della preghiera.