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LA CONSACRAZIONE A DIO ESIGE TOTALITARIETÀ

MO317 [18-08-1970]

18 agosto 1970

MO317,1 [18-08-1970]

1. Partiamo subito.
Siamo alla fine del V volume: il Divino Maestro che parla agli Apostoli, e mi sembra che sia uno spunto meraviglioso anche per noi. Ho voluto che ci trovassimo insieme soltanto coloro che hanno i voti, che si sono impegnati, no? Perché i novizi potrebbero dirmi: "Beh, noi abbiamo ancora da fare i voti, perciò stiamo ancora guardando". Quelli che sono i cosidetti piccoli o boce di don Venanzio possono dire: "Beh, noialtri ghemo ancora da entrare in noviziato". Ma qui siamo fra uomini, dico uomini, che un bel giorno si sono presentati dinanzi all'altare e hanno detto: "Signore, eccoci qua! Siamo tutti tuoi, tutti tuoi". Rendetevi conto di cosa vuol dire fare una cosa. Quando sono andato davanti al notaio e ho fatto una firma e ho ceduto alle Suore Dorotee, vero, la casa di Asiago, ho fatto una firma. Dopo quella parola scritta, "sacerdote Ottorino Zanon", la casa di Asiago non era più nostra. Prima andavamo là dentro ed era nostra; dopo basta. Passiamo vicino, perché due giorni fa sono andato su ad Asiago, no: non è più casa nostra. L'abbiamo costruita noi, l'abbiamo fatta, l'abbiamo... Vi ricordate cosa abbiamo tribolato per il terreno, a Roma per avere i permessi... Tutto quel che volete. La conoscevo sasso per sasso, si può dire, no, pezzo per pezzo, perché l'abbiamo fatta con sacrifici. Quel giorno che ho fatto una firma... Capite cosa vuol dire un istante, ho fatto una firma... dopo basta, non è più casa nostra. E mi possono cacciar fuori come un ladro, se vado dentro, perché non è più casa nostra. Basta! Val Giardini: sapete quanto lavoro che avete fatto voi, quanto avete sudato per tirar su quella terra... Vinicio, ti ricordi? Per tirar su quei sassi... piova e sassi, piova e sassi, eccetera... carriole de... e i prefabbricati, e i gabinetti, e una storia e l'altra... Fatto una firma: basta! Tu non sei più a casa tua. Hanno tirato via anche el nome, vero, “San Gaetano”. Non è più casa nostra. Passi vicino: non hai neanche il coraggio di andar dentro, mentre te la sei fatta... Perché siamo andati là, mi ricordo, un giorno... Avanti, don Giuseppe, avanti! Ora, andando su, dico, a val Giardini... Don Giuseppe, sai dov'è val Giardini, no? Quando siamo andati la prima volta, mi ricordo benissimo, siamo andati a vedere con il dottor Zulian. C'era un pezzo di terra così là, come era qui prima, dove non ci sarebbe stata una casetta, neanche per sogno, ma guardando bene abbiamo detto: "Possiamo tagliare e fare, e far venir fuori una casetta, proprio in quel posto lì". E siamo andati, e abbiamo visto, e abbiamo fatto venir su il capomastro, el povero Stella, poareto, che adesso el xe morto anca lu, no? Semo andà là, e piano piano è venuta fuori una casa. Poi abbiamo aggiunto un pezzo... Cioè quel terreno ce lo siamo conquistato zolla per zolla. L'acqua no, perché ghemo ciamà anche quell'altro col bagoleto: el ga provà, ghemo scavà, non xe vegnù fora l'acqua... pazienza! Noi l'abbiamo cercata anche quella. Passando vicino ai giardini famosi là, ai Campi Elisi che sono di dietro, i famosi boschetti, no... Sa, tu rivivi, pensi... cose meravigliose fatte quando che eravate più giovani voi, quando che c'era la stazione trasmittente da un bosco all'altro, quando se andava là... C'erano i giochi... Era una cosa meravigliosa. Bene! Un bel giorno ci siamo presentati davanti al notaio e abbiamo ceduto tutta quella roba lì ai Padri Saveriani... fatto una firma... Quando che io ho fatto quella firma... basta! Val Giardini non è più nostra. Tutti i sacrifici di don Venanzio e i suoi giovani, dei capimastri, e tutto quel che vuoi... basta! Noi non possiamo più dire: "È casa nostra". Hanno tirato via il nome... Siamo andati su, ci siamo fermati in cortile; sarei andato volentieri a dare un'occhiata nella casa, ma non ho avuto il coraggio di domandare il permesso quel giorno lì di entrare e fare un giro nella casa. Perché? Perché non è casa nostra. Se ci invitano loro... ma non è casa nostra. E la cisterna, e l'acqua, e i lavandini, eccetera... Ma non è più casa nostra.

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2. Ora bisogna che ci convinciamo di una cosa: che il giorno nel quale noi ci siamo presentati dinanzi all'altare e abbiamo detto: "Signore, per un anno io faccio voto di povertà, castità e obbedienza", per quell'anno, qualcuno li ha fatti perpetui e allora per tutta la vita, comunque per quel tempo non è più casa nostra. Se tu l'hai data per un anno, l'hai affittata per un anno; se tu l'hai data per tutta la vita, l'hai ceduta per tutta la vita. E anche il padrone di casa, quando va in una casa che ha affittata, deve cavarsi il cappello e suonare il campanello... non è casa sua. Lui riceve l'affitto, ma non è casa sua. Se poi l'ha venduta, peggio che peggio: non può più dire neanche una parola.
Ora, ricordatevi: forse, forse, noi siamo fatti in modo tale che vogliamo il denaro della casa e anche la casa. Vogliamo dare a Dio, dare a Dio, ma anche tenerci. Questo mi pare che è una cosa che cade sotto il codice, mi pare, penale, sotto il codice penale. Perché se io ho venduto la casa alle suore e ho firmato e poi faccio ancora da padrone, io cado sotto il codice penale, cioè manco contro giustizia. Ora un religioso... E questo è il tema che tratteremo adesso, vero, se faremo in tempo a trattarlo, che proprio ci mette a fuoco questa cosa qui. Noi religiosi, quando ci siamo presentati dinanzi all'altare e con commozione intima abbiamo pronunciata la nostra professione religiosa, noi abbiamo fatto un contratto, abbiamo ceduto. Abbiamo ceduto che cosa? Completamente noi stessi. Ora, vedete, mi pare che, con una certa facilità, poi andiamo a compromessi. Abbiamo ceduto e vogliamo essere ancora padroni; abbiamo ceduto, ma vogliamo ancora avere. Ecco, mi pare, che questo è quello che non piace al Signore. Cioè, in altre parole, siamo religiosi, ma viviamo volentieri lo spirito del mondo; abbiamo rinunciato al mondo, ma viviamo volentieri, andiamo a compromessi, non c'è una donazione totalitaria. Ora su questo punto guardate che tutti abbiamo qualche cosa da piangere. Però non è giustizia; è una mancanza di giustizia verso Dio. Potrebbe dire Dio: "Ma senti, io non ti ho costretto a farti religioso, io non ti ho costretto ad emettere i voti; ti ho invitato. Ma dal momento che tu mi hai donato te stesso e io ho donato me a te, va bene, da quel momento... tu dovevi far di meno...". Come una ragazza che sposa uno e poi quell'uno va in giro ad altre donne. Ora può dire quella ragazza: "Senti, tu l'hai detto liberamente quel sì dinanzi all'altare e anch'io l'ho detto liberamente; io mi sono donata a te, e tu perché non ti sei donato a me?". Ora, vedete, potremmo anche considerare le nostre mancanze contro la vita religiosa a un vero e proprio adulterio, a una vera e propria mancanza di fedeltà coniugale. Dico eresie, don Zeno? Mi guardi. Proprio vera mancanza di fedeltà coniugale. E guardate che qui è molto e molto facile. Perché, sarà il troppo attaccamento alle cose del mondo, per esempio il troppo interesse per le cose del mondo, “vos de mundo non estis”, sarà l'attaccamento al calcio, sarà l'attaccamento allo sport... “Che male c'è?”. “Niente male, niente male... per uno che non è esclusivamente del Signore”. “Che male c'è interessarsi, far quella gita e far quel giro e far... insomma?”.

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3. Vi ricordate quel libretto scritto da don Calabria, o chi per lui, insomma: "Apostolica vivendi forma"? Guardate che noi abbiamo una forma di vivere apostolica, che deve distinguersi completamente da ogni altra. Mentre uno del mondo può dire: "Beh, adesso voria fare un giretto: vado fino a Schio in macchina", noi non lo possiamo fare. Io non lo posso fare, io non lo devo fare; se lo faccio per capriccio devo andare a confessarmi perché io ho rinunciato a queste cose qui.
Guardate che i nostri primi fratelli cristiani che rinunciavano al mondo andavano nella Tebaide, andavano nel deserto. Per noi è più difficile vivere la vita dei consacrati perché noi... mentre loro rinunciavano a tutto e andavano là e si donavano esclusivamente al Signore nel deserto; noi, restando nel mondo, dobbiamo vivere la stessa consacrazione. Ma non toglie niente da quella che è la consacrazione. Il capriccio per noi deve cessare. Per me, per me che vado in città e mi vien voglia di comprarmi, per esempio, una rivista: ma io devo pesare due volte perché: “Posso o non posso, o manco contro la povertà?”. Per me che vado in un certo posto e ho voglia di comprarmi un'aranciata, devo pesare: o mi sono consacrato o non mi sono consacrato, o sono coerente o non sono coerente. Vero? Mi viene voglia di comprarmi un libro: "El me piaxe e me lo compro... Mi piace e me lo compro". Ma tu manchi contro... puoi mancare contro la povertà. Fa' di meno di far commedie, fa' di meno... Nessuno ti ha costretto farti religioso! “Ma io... a me piace essere sacerdote”. E allora va sacerdote diocesano dove ti è richiesto meno... e poi, un pochino così... e se no divieni un buon papà di famiglia. Ma se hai deciso di farti religioso, se hai deciso di donarti al Signore, non sta mancarmi contro la giustizia, non sta mancarmi contro la coerenza a quello che hai fatto. E allora, vedete, figlioli miei... Scusate se uso questa parola un po' paternalistica, ma... mi sento un po' papà, perché mi pare di avervi visti un pochino tutti un po', più o meno, ciuciare, vero, qualcosetta... se non altro un gelato! Dico male? Vi dico una cosa: guardate che il mondo di oggi è tremendo e fa presto a coinvolgerci. Guardate che il mondo esterno, anche il mondo clericale, eccetera, è facile che ci inviti a dei compromessi che non sono cristiani e non sono religiosi.

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4. Ora, se il Signore ha voluto una Congregazione religiosa in questo momento, l'ha voluta perché voleva dare un esempio al mondo di oggi.
San Gaetano è stato chiamato da Dio per dare un esempio al mondo di allora; e allora avete visto San Gaetano nella vera povertà, nella vera povertà, nel distacco completo da tutte le cose del mondo fino al punto di arrivare di non domandare neanche l'elemosina, proprio fidandosi di Dio, dando testimonianza di fede. Ora, noi siamo chiamati in questo momento a dare la stessa testimonianza di Cristo, degli Apostoli e di San Gaetano; soltanto in una forma, vorrei dire, un pochino più aperta, nel senso che non ci metteremo adesso, giù, pelati a zero, una tonaca, cambiare nome, eccetera... ma realmente lo spirito deve essere quello stesso. Forse, vedete, ieri Santa Chiara si è presentata a Francesco d'Assisi e Francesco d'Assisi le ha dato una tosada de cavej, vero, e xo un sacco e: "Adesso tu sei di Cristo; dinanzi a tutto il mondo sei di Cristo". Ora, vedete, se questo non lo facciamo materialmente, spiritualmente deve esserci in voi il desiderio di questo. Non sarà mai che io prenda, per esempio, adesso il nostro caro Raffaele, lo peli a zero, una tonaca e via in volta par la piassa a farse ridar drio. Non sarà questo, ma tu dovresti quasi desiderare che gli altri ti deridessero perché sei di Cristo, e che gli altri sapessero che tu sei di Cristo. Tu devi soltanto avere un amore: l'amore a Cristo, alla sua causa, alla diffusione del suo Vangelo. Il resto... Io vado messo in tanto quanto, colla misura famosa che abbiamo detto per il passato: cercare di piacere a Dio e di non dispiacere agli uomini. Perciò mi presenterò pulito, mi presenterò lavato, mi presenterò educato, anche nella forma e nel modo. Perché? Perché io devo poter entrare, ma dare la stessa testimonianza con una vita vissuta, che dava ieri Santa Chiara o San Francesco con una forma anche esterna. Io non ho questa forma esterna, non sono chiamato... In questi tempi non la sopporterebbero questa forma esterna. Però ricordatevi bene che se non faccio questo, se non mi metto in saio e vado elemosinando per predicare il Vangelo, devo ugualmente mostrare il Vangelo, e lo devo mostrare in modo particolare con le mie parole, col mio atteggiamento, mostrare che non sono attaccato alle cose del mondo. I fratelli nostri di ieri erano staccati completamente, anche esternamente, e tutti sapevano quando vedevano uno: "Quello è un frate; quello è uno che insomma fa professione di santità, ha abbandonato tutto per amore del Cristo". Io entro, vestito da prete o non vestito da prete, entro in una casa, entro in un negozio: tutto il mio comportamento, interno ed esterno, deve manifestare, - e capite che è molto più difficile, no? - deve manifestare a quelli che io incontro chi io sono, che io sono un consacrato, che io sono completamente del Signore. Perciò questa paura di far brutta figura, questo desiderio di essere all'altezza per presentarsi, eccetera, è tutta una cosa umana, figlioli miei, è tutta una tentazione diabolica. Ora, state attenti, guardate che il Signore non scherza. Se un ingegnere fa un campanile e il campanile si rabalta, voi dite: "Povero ingegnere, è fallito", no? Ora Dio, quando fa una capanna, sa cosa fa e la fa in modo tale che non si rovesci. Se Dio ha voluta questa Congregazione... e credo che ne abbiamo mille prove per sapere che è sua.

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5. Quando tu domenica sera, caro don Girolamo, dicevi che in principio avevamo tanti segni, no, bene, sappi che i segni sono continuati, e sono molto più grandi e molto più forti i segni di oggi che quelli di venticinque, trent'anni fa. Se ieri capitava il "Signore, manda ferro, il Signore, manda ferro", e ti arrivava un po' di ferro perché un ragazzetto era rimasto due ore dinanzi al tabernacolo, sappi che può esserci un altro ragazzetto di cinquantacinque anni che ha passato magari una notte davanti al tabernacolo per domandare un segno anche materiale per poter fare il cinema, e il giorno dopo è andato in chiesa dei Servi a pregare, va bene, e poi ha avuto l'ispirazione di andare da Maltauro. A Maltauro dice: "Senti, guarda, così, così...". "Quanto?". "Sei milioni!", e ti dà i sei milioni. Ora non è meno grande un segno di questo genere qua, per conto mio, di quello di dodici verghe di ferro.
Guardate che di questi segni... Non bisogna abituarci a questi segni, perché guardate che di questi segni penso che non passi giorno che non ne abbiamo: se non sono materiali sono spirituali, e possono essere molto più grandi di quelli materiali. Quando le prime volte arrivava un milione o qualche cosa si andava in chiesa e si cantava un “Te Deum”. Oggi vi dico: "Guardate che è arrivato....". "Ah, sì? Allora...". Non raramente io ho sentito, vero, dopo che ho annunciato una provvidenza: "Ma se podarìa allora comprare, se podarìa allora fare...". State attenti perché questo è un segno di decadenza spirituale in qualcuno. Brutta cosa vedere i miracoli come i farisei e pensare di ammazzare Lazzaro perché li rimprovera... come se chi l'ha risuscitato una volta non potesse risuscitarlo una seconda! Ecco, io ho paura tremenda, fratelli miei, che nella nostra Famiglia religiosa sia entrato o stia entrando, nel cuore di qualcuno, un po' di commercio - “admirabile” poco, vero? - fra il mondo e Dio, fra l'abitudine delle cose sante e Dio.

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6. Ora, vedete, il Signore ogni tanto ci richiama, e in questi giorni ci sta richiamando in modo tremendo con la malattia del nostro caro Lorenzo. Vedete, qualche anno fa sull'asfalto noi abbiamo raccolto un morto, e quello è già su in Paradiso che ci giudica insieme con Dio. L'anno scorso, mi pare, no, - è stato l'anno scorso o l'altr'anno? - l’altr’anno nel nostro cortile un altro morto: mentre stavate giocando un fratello è stato chiamato improvvisamente dinanzi al giudizio di Dio. Adesso un altro ancora: se non capitano miracoli non arriva alla fine d’anno Lorenzo, se non capitano miracoli, è già in metastasi, dunque... Tu vedi già che sta consumandosi. Va bene? Guardate però che il sangue di Abele grida vendetta dinanzi al cospetto del Signore. Guardate che quelli lì sono morti per noi; in modo particolare Centomo Lorenzo sta offrendo la sua vita per noi, per lo spirito della Congregazione.
Ora, il primo giorno che vi ho annunciato che il nostro fratello aveva la sentenza di morte più o meno lontana, pronunciata... alla notte, il giorno dopo, qualcuno non ha dormito alla notte, il giorno dopo silenzio, eccetera, eccetera. Dopo qualche giorno siamo tornati alle storie di prima: si rideva e si scherzava come niente fosse. Guardate che Sant'Agostino diceva: "Timeo Dominum transeuntem". Guardate che potrebbe essere questo un passaggio di Dio per selezionare. Guardate che questo sangue di un fratello che patisce notte e giorno... guardate che domani è un sangue che deve essere pagato e dobbiamo rendere conto, come di un talento o di cinque talenti, dobbiamo rendere conto. Quando ieri sono andato lì a visitarlo gli ho detto: "Senti, continui ancora a “fare la tua parte”?". Ha fatto un sorriso: "Don Ottorino, mi sforzo, - dice - mi sforzo". E io gli ho detto: "Beh, falla giorno per giorno", ho detto. “Eh, no! - dice - È troppo lungo un giorno; non ce la farei. Faccio istante per istante, l'offro istante per istante".

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7. Ora, mentre noi stiamo qui adesso seduti, o mentre giochiamo una partita di carte, o mentre facciamo una scampagnata su a Carbonin o in qualche altra parte, o facciamo una gita in montagna, abbiamo un fratello disteso su un letto che sta aspettando in mezzo agli strazi la morte. Come Gesù e la Madonna sono stati redentore l'uno e corredentrice l'altra, un fratello che paga, che paga i debiti di casa, che paga i debiti di casa... Allora non ci è più lecito farne di nuovi debiti. Ne abbiamo fatti? Io per primo. Ma io riconosco che le mie deficienze sono pagate dal sangue di un figlio; io mi sento tremare la mano quando ho il Santissimo in mano, l'Eucaristia in mano, pensando che non è bastato il sangue di Gesù per salvarmi, ci è voluto il sangue di un figlio per salvarmi. Io tremo pensando che se io non mi sono fatto santo, il Signore ha avuto misericordia per me e ha mandato ancora un po' di sangue di uno dei miei figlioli per potermi far santo. Ma guardate che non si scherza con Dio, figlioli miei. Perché se il Signore ci ha chiamati a una santità straordinaria - e siete chiamati a una santità straordinaria! - non si può fallare, non si può tradire il Cristo, non si può prendere le cose così: "Beh, go fatto meditassion; son a posto qua, son a posto là". Questo periodo, per esempio, di vacanze che avete passato quassù, questi quindici giorni un pochino, dovrebbero essere stati quindici giorni di grazia. Per esempio. Ogni settimana dobbiamo fare la Via Crucis: questa settimana dovevate farla un po' più lunga, prolungata, per riparare tutte le volte che si era fatta un po' maluccio o in fretta nella casa. Ogni settimana dobbiamo fare l'ora di adorazione: questa settimana dovevamo farne almeno un paio per dire: "Beh, cerchiamo, approfittiamo... stiamo vicino al Signore un pochino di più". Ogni giorno dobbiamo fare la lettura spirituale; questo periodo dovrebbe essere una lettura spirituale almeno di un'oretta al giorno. Così abbiamo dei religiosi religiosi, che a un dato momento hanno fatto... Come in famiglia quando si fa la pulizia un po' in fretta, ma, se viene una giornata libera, allora si fa una bella pulizia a fondo, no? In fretta un po' nella casa; c’è quindici giorni: “Approfittiamo, facciamo un po' di deserto”. Mi ha commosso una cosa: il nostro caro Giuseppe Biasio, don Giuseppe, che si è sacrificato, si è sacrificato, a Padova, e capite che è un bel sacrificio, e lui ha desiderato perché ha visto... a un dato momento sto povero Lorenzo, capite, anche le parti delicate... l'ano, perché ha qui una una borsetta da una parte... è umiliante, insomma... uno, l'altro... Invece ormai ha fatto confidenza con questo e don Giuseppe che ha capito ha detto: "Senta, don Ottorino, guardi, con me ormai non ha più riguardo... - sì, non si vergogna, eccetera, anche perché non può orinare, ha una cannetta su, eccetera - Vado mi a Padova". Eh, tutto il giorno, guardate che è un bel sacrificio! Bene, è venuto su un paio di giorni Giuseppe, don Giuseppe, no, e uno di quei giorni ha voluto fare il deserto, ha sentito il bisogno insieme, mi pare, con don Luciano Rizzi andar fare il deserto, passare alcune ore di meditazione, di preghiera col Signore.

MO317,8 [18-08-1970]

8 State attenti perché, guardate che il Signore si lavora qualcuno; ma qualcuno potrebbe non partire, eh! Io ho visto nella nostra Famiglia religiosa qualcuno che è partito verso la santità. Guardate che qualcuno potrebbe restare col cappello in mano davanti alla corriera che xe xa partia, eh!
Ora io proprio volevo questa mattina fare un richiamo prima per me, - mi spiace che il testo lo riserveremo per un'altra volta - prima per me e poi per voi: guardate che il sangue di Lorenzo è quello che giudicherà qualcuno di noi: o noi lo digeriamo e ci facciamo santi, o per qualcuno potrebbe essere causa di rovina eterna. Guardate che non scherzo, eh, perché possono andare all'Inferno anche i preti. Guardate che il sangue di un fratello che non porta frutto potrebbe far fare indigestione. Ora io penso: è ora di finirla. Non si può assolutamente continuare a compromessi, piccole... non cose gravi, ma piccole cose, bambinate. No, no! Qui è il momento di farsi santi insomma, di dare tutto... Siamo coerenti con la veste interna che portiamo, cioè la nostra consacrazione. Se c'è qualche cosa dentro di noi che dobbiamo togliere, toglierla assolutamente. Guardate, a questo proposito, ieri ho avvicinato i nostri amici di prima teologia. Alcuni hanno detto: "Sì, bisogna che ci mettiamo proprio sul serio. Ecco, bisogna partire sul serio". E mi ha fatto piacere anche vedere un po' la loro disponibilità. Il nostro caro... Invece che lo sappiano in giro, è meglio che ci parliamo qui, no? Il nostro caro Raffaele ha detto: "No, io vedo che bisogna che mi impegni di più. - ha detto - Desidererei fermarmi un anno per lavorare di più". Poi altri tre amici, mi pare che sia il nostro caro Fernando, il carissimo Renzo - dove xelo? dico male? - e il venerabile padre Dario, desidererebbero fermarsi un anno anche loro e far l'esame di terza liceo, per prepararsi meglio, disporsi meglio... Insomma, mi fa piacere. Dinanzi a una meta meravigliosa e tremenda che ci attende quale è quella di metterci sopra un piedistallo per predicare il Vangelo, bisogna, se è necessario, fermarsi anche dieci anni, ma prepararsi bene, prepararsi bene. Perché guardate che oggi, oggi... vedete fuori non c'è un venticello, c'è un uragano fuori; il demonio ha scatenato un uragano. E i nostri religiosi, i nostri preti, devono resistere a questo tremendo uragano. E allora sentite, fratelli miei. In questi giorni pensate spesso al fratello che sta morendo. E quando qualcuno tornerà da Padova e dirà: "Va sempre peggio", o forse lo porteremo magari a Vicenza e andrete a trovarlo nella stanza dove sarà, e lo porteremo a casa fra qualche settimana o lo porteremo a Villa Berica per averlo gli ultimi mesi o gli ultimi giorni vicino a noi, vi dico: quando lo avvicinerete e sentirete magari già la puzza di una buca, di un corpo che va verso la corruzione, ricordatevi, è Dio che passa in mezzo a noi per invitarci ad essere coerenti a quella firma che abbiamo fatto dinanzi all'altare, con la quale abbiamo ceduto, senza condizioni, il nostro modo di pensare, il nostro modo di agire, i nostri affetti e tutti noi stessi al Signore. Guardate che con Dio non si scherza.