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L’APOSTOLO DEVE TRASFORMARSI IN CRISTO

MO341 [12-01-1971]

12 gennaio 1968

MO341,1 [12-01-1971]

1 Sabato sera è venuto il prof. Vicari a salutare, è venuto a porgere gli auguri ai diaconi e a salutarmi per la partenza. L'ho incontrato alla porta della Casa dell'Immacolata e l'ho invitato ad entrare. Ho detto: "Ci salutiamo proprio qui, sulla porta?". Ed è entrato nell'atrio e lì abbiamo parlato un pochino, e ci siamo salutati.
Ora, quando si vuole accogliere una persona, di solito non la si accoglie alla porta di casa, ma la si fa entrare. E quanto più la persona è cara e importante, la si fa entrare in un luogo, mi pare, un po' più intimo, e lì ci si parla un po' intimamente e si sta un pochino insieme. Ora, anche a me piace questa mattina proprio incontrarci, direi, per darci il saluto ultimo proprio qui, nel posto più intimo, nel posto più caro della nostra famiglia, della nostra casa, nel posto dove ogni giorno ci incontriamo con Gesù per cominciare poi il viaggio della giornata e dove ritorniamo alla sera per rendere conto a Gesù del nostro cammino giornaliero. Ed è giusto che da qui, dove sono partiti i nostri missionari, si parta, in un certo qual senso, per andare a trovare questi nostri fratelli e porgere loro il saluto, l'abbraccio di tutti voi. Però, quando ci si saluta, di solito, dopo di avere espresso parole di affetto, di riconoscenza, di intimità, di solito si domanda anche qualche ricordo, no? Si dice: "Ma... cosa ci lascia per ricordo?". Qualcuno più audace che, forse, vero, dall'ala qui destra, già ha sogni nel capo di una qualche sostituzione, può dire: "Qual è il suo testamento?". Beh, riguardo a chi mi deve succedere, arrangiatevi voi, mettetevi d'accordo. I debiti ve li lascio a tutti, in modo particolare a don Zeno, vero, che è molto affezionato a questi; il resto, pensateci voi. Lo Spirito Santo vi suggerirà; forse dalla bocca di qualche innocente che è qui dentro in chiesa uscirà una voce come là nella cattedrale di Milano: "Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!", vero... Non si sa, forse qualche Dario o qualche Battista saranno questi, forse, la voce dell'innocenza.

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2 Però, un ricordo sì ve lo voglio lasciare, ed è questo: un ricordo un po' strano che vorrebbe ricordarvi qualcos'altro, e cioè vi lascio per ricordo un camion e rimorchio di mandorlato e un'autocisterna di grappa. Roba strana, no? Spero che ve la ricordiate: un camion e rimorchio pieno di mandorlato, se volete, quello di Cologna, qui c'è don Guido che è specializzato in materia, no, e grappa, se volete quella del nostro caro don Luigi Mecenero, che ha le fabbriche nelle sue tenute particolari.
State attenti! E perché? Supponiamo che noi avessimo, supponiamo di avere qui, davanti all'altare questa mattina, un camion e rimorchio di mandorlato e un'autocisterna di grappa, di quella dal bosco dei Meceneri, della Valle degli Spiriti. Prendiamo tutto un gruppo di preti, come siamo qui, mettiamoci intorno a questa materia, solida e liquida: possiamo pronunciare la formula della consacrazione anche per migliaia e migliaia di volte, ma il mandorlato resta mandorlato, dolce, buono, la grappa resta grappa, se volete, piena di spirito fin che volete, ma non avremmo la transustanziazione. Manca la materia, e sì, due camion pieni di materia, ma manca la materia. Portate qui invece una briciola di pane, portate qui alcune gocce di vino, e invece che tanti sacerdoti così prendete il più scalcinato di noi, prendete don Ottorino che è il più vecchio, e per diritto, vero, è il più scalcinato, il più peccatore, essendo il più vecchio, come la volta del Vangelo hanno detto che hanno cominciato a partire tutti cominciando dai più vecchi, e mettetemi davanti a questo po' di pane e a queste gocce di vino, fatemi pronunciare la formula della consacrazione, e anche se la pronuncerò un po' bolscevicamente continuando a tossire, eppure dopo un istante tutti ci inginocchiamo; fosse presente anche il Santo Padre, anche lui si prostrerebbe dinanzi al Cristo presente sopra l'altare. Non è la quantità della materia, non è la ricchezza della materia: è la materia che è stata scelta da Dio ed è accettata da Dio. La materia scelta è il pane e il vino; e sopra l'altare, per il sacramento dell'altare, ci vuole e il pane e il vino. Ora, vedete, voi siete materia o, diciamolo, noi siamo materia per la conversione del mondo. Dio ci ha chiamati, ci ha scelti per mandarci ad evangelizzare i fratelli, per portare il Cristo, per essere Gesù presente in mezzo ai fratelli. Come sopra l'altare il pane e il vino diviene Gesù, così noi dobbiamo divenire Gesù e portarci in mezzo ai fratelli, perché portandoci noi, se saremo Gesù, porteremo lui in mezzo ai fratelli. Però, per essere Gesù, bisogna essere materia, diciamolo, di questo misterioso sacramento, di questa trasformazione meravigliosa. Perché è inutile: se non siamo materia, fossimo anche un uomo d'oro, un pezzo d'oro, fossimo anche una perla preziosa che pesa cinquanta, sessanta chili, non avviene la trasformazione. Portate qui sopra l'altare tutte le perle preziose del mondo, tutto l'oro del mondo, tutte le ricchezze del mondo, dite le parole della consacrazione e non avremo Gesù; prendi una grosta de pan, di’ le parole, ecco Gesù.

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3 Amici miei, qual è allora questa materia che noi dobbiamo mettere sopra l'altare per essere poi veramente, diciamo una parola non teologica per noi, ma in un certo qual senso i teologi me lo permetteranno... ad ogni modo caso mai domani non mi raggiungeranno più per scomunicarmi... Qual è questa materia necessaria per la nostra transustanziazione, la nostra trasformazione in Cristo? Amici, sopra l'altare non dobbiamo mettere chiacchiere, dobbiamo mettere interamente noi stessi. Se vogliamo che Cristo si serva di noi per salvare i fratelli, non dobbiamo mettere chiacchiere ma dobbiamo mettere noi stessi. E cioè, dobbiamo mettere sopra l'altare la nostra intelligenza, il nostro cuore, il nostro corpo, così com'è, ma senza riserve, senza tenere per noi neppure un capello della nostra testa, un pezzettino dell'unghia del nostro piede, interamente, la nostra intelligenza, a disposizione di Dio. Sopra la patena dell'altare non basta quel pezzo di pane al mattino, ci deve essere anche lì, sopra la patena, la mia intelligenza: "Signore, la mia intelligenza, il dono meraviglioso che tu mi hai dato, è a disposizione totale, completa, tua. Le mie ricerche, il mio studio, il mio lavoro dinanzi alle bellezze dell'universo, è per te, solo per te, Signore!". Quello che io vo cercando con l'intelligenza è Dio, il mio Dio, è come amarlo e come servirlo di più. Il mio cuore... Sì, amici miei, il cuore è fatto per amare. Dio non condanna l'amore: è amore Dio. E se c'è amore sopra la terra è perché siamo figli di Dio. Però questo cuore è fatto per amare Dio e amare i fratelli per amore di Dio, non amare i fratelli sperando di trovare Dio attraverso i fratelli. È "amare Dio con tutto il cuore" è scritto nel santo Evangelo e i fratelli dobbiamo amarli per amore di Dio, e morire per i fratelli, e consumarsi per i fratelli, ma per amore di Dio. E quando questo amore è veramente filtrato dall'amore di Dio, allora ne viene che anche noi, la nostra persona è messa in forma totalitaria nelle mani di Dio.

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4 C'è il pericolo, fratelli miei, di fare un apostolato tutto nostro, di attaccarci a destra e a sinistra, di avere idee tutte nostre, un cuore che crediamo che sia di Dio e invece è appiccicato a tutte le persone, a tutti i luoghi: persone sante, luoghi santi, ma ricordatevi quello che vi ho detto tante volte quando eravate più piccoli, specialmente voi, fratelli nel sacerdozio, che acqua santa e terra santa, due cose sante, ma fanno venire paltan, che non è santo. Ricordatevi bene, non basta dire: "Ma io prego, ma io amo!"; bisogna essere nelle mani di Dio in forma totalitaria.
È per questo che prima di partire volevo lasciarvi questo ricordo. Ricordatevi bene: sopra l'altare ogni mattina mettete l'intelligenza, il cuore e anche il vostro corpo; e dite al Signore, ma ditelo, ma ditelo non con le labbra, ditelo veramente con il cuore: "Signore, sono tuo, completamente tuo! Come quella lampada accesa per te voglio anch'io essere acceso solo per te, Signore! Non m'importa dove dovrò consumare la mia vita, non m'importa in mezzo a chi dovrò consumare la mia vita, purché la mia vita sia consumata solo e interamente per te!". Ecco il religioso, ecco la materia del sacramento. Se non c'è questa disponibilità, se non c'è questo amore consumato fino all'estremo, pronto a qualunque cosa, a qualunque taglio, a qualunque partenza, a qualunque strappo, ricordatevi, non siete uomini che possano portare il Cristo. Porterete sì qualche cosa, avrete l'impressione di aver fatto del bene, ne farete forse anche un po' di bene, però ricordatevi, non siete Cristo e non salverete. Vogliamo salvare? Sopra l'altare, là, ogni mattina. Un bell'esame di coscienza, e altrimenti fermatevi in fondo alla chiesa: non accostatevi all'altare, preparatevi! A Cristo ci si dà interamente, l'offerta nostra dev'essere totalitaria e continua. Qualcuno potrebbe dirmi: "Ma io sono uomo". Anche Gesù era uomo, e credo che anche Gesù avrà pianto il giorno nel quale avrà lasciato la mamma a Nazaret per incominciare la sua missione apostolica. Anche Gesù era uomo, e credo che avrà pianto più di una volta quando si vedeva incompreso, perseguitato, quando doveva lasciare la casa di Betania per portarsi in mezzo ai "perfidi Giudei", forse per essere deriso e schernito, quando lasciò il Cenacolo per portarsi nell'orto per essere preso ed essere ucciso. Noi siamo i seguaci di un Cristo che ha lasciato il Cenacolo, si è alzato in piedi ed è andato nel posto dove l'attendeva la morte.

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5 Abramo ha preso il figlio Isacco e l'ha portato sopra il monte. Il bambino chiedeva: "Babbo, la legna, il fuoco c'è, e la vittima?". "Figlio, il Signore provvederà". Qui abbiamo Isacco che si porta da solo sopra il monte, si porta da solo sopra la legna, vicino al coltello per essere ammazzato: "Factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis". È questa la nostra strada. Il Paradiso l'avremo lassù. Le anime si salvano col sangue e non con l'acqua di Colonia, amici miei!
E allora ecco il ricordo: io parto, spero di tornare fra quaranta giorni tra voi, ma può darsi che torni a casa, nella vera casa. Non vi nascondo che vi voglio tanto bene, ma che se il Signore mi chiamasse nell'altra casa, penso di non volervi meno bene. Comunque, facciamo la volontà di Dio. Una cosa solo desidero: essere ogni giorno dove il Signore mi vuole. Mi vuole qui? Mi vuole in fondo al mare? Mi vuole in America? Vuole che si rompano le ruote dell'aereo questa notte e, vero, debba atterrare in mezzo al mare? Sia fatta la volontà di Dio! Però vi lascio in ogni caso un ricordo. Ricordatevi bene che con un camion e rimorchio di mandorlato e un'autocisterna di grappa, sia pure grappa che viene dal cuore, vero, del nostro caro don Luigi, non c'è materia per il sacrificio. Non interessa che questa chiesa sia piena di professoroni, di dottoroni... e che so io... Avremmo un bel camion e rimorchio di mandorlato... Dio non voglia, magari, fatto di bagigi invece che di mandole, comunque di mandorlato. Interessa che questi uomini, che sono qui dentro e che verranno qui dentro, usino tutti i doni ricevuti da Dio, di intelligenza, di cuore, anche doni esterni, e li mettano a disposizione totale di Dio. Questo vuole il Signore. Ben vengano degli uomini preparati anche culturalmente, degli uomini pieni di doti; ringraziamo Dio, e anzi chiediamolo al Signore. Ma chiediamo al Signore che ci liberi dalla maledizione che potrebbe capitare su di noi se questi uomini non fossero in forma totalitaria nelle mani di Dio. Meglio allora una Congregazione fatta di Santi Curato d'Ars, e che Dio ci liberi di Tommaso d'Aquino che non fosse San Tommaso d'Aquino. Con questo augurio vi assicuro la mia preghiera, vi assicuro il quotidiano ricordo, non solo nella Messa, ma in tutti gli altri momenti della giornata. Vi faccio una raccomandazione: continuate a far sempre meglio. Dell'anno scolastico quel periodo che stiamo passando è il cuore: cercate, vero, in questo periodo di lavorare spiritualmente e anche nella scuola, ci sono gli esami per molti di voi... Ma state in guardia, che quando "el gato dorme i sorzi bala". E cioè, state attenti che il demonio approfitterà della partenza di don Ottorino, che qualche volta fa da San Fermo, per venire a tentare di più. Questo mettetelo in... State tranquilli: il demonio fa la sua parte. E allora vi affido alle mani materne della Madonna, che è la mamma nostra, celebriamo la Messa anche in onore di lei, perché sia mediatrice di tutte le grazie, e anche di questa, cioè della perseveranza nello spirito religioso.