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RICORDO DI DON LORENZO CENTOMO

MI370 [1-5-1972]

1 maggio 1972

Don Lorenzo Centomo è morto il 30 aprile 1972 un mese prima dell’ordinazione sacerdotale, a causa di un tumore per il quale era stato operato due anni prima. Don Ottorino era ritornato dal suo ultimo viaggio in America Latina il 29 aprile, in tempo per poterlo vedere e salutare.

Valerio Geremia aveva emesso la professione religiosa il 3 ottobre 1971, e durante il periodo del suo noviziato Lorenzo Centomo collaborava con il padre maestro nel lavoro formativo.

Don Ottorino più volte ebbe occasione di riferirsi alla lettera di Lorenzo Centomo, affermando sempre che la sentiva in perfetta sintonia con il suo pensiero e con il suo ideale di vita consacrata.

MI370,1 [1-5-1972]

1 Penso sia inutile che oggi ci scambiamo delle parole: questa mattina è il cuore che parla. Ci siamo incontrati veramente con Cristo incontrandoci con la morte del nostro carissimo fratello Lorenzo. Credo che tutti, ieri sera e questa notte, abbiamo sentito la presenza di Dio e abbiamo sentito il nostro fratello tanto e tanto vicino.
Non voglio questa mattina dire parole di elogio, perché credo sarebbero inutili: non riuscirei certamente ad esprimere quello che sento nel cuore, e quello che tutti voi sentite credo sia sufficiente per un vero e proprio elogio di uno che è vissuto in mezzo a noi per quattordici anni e che ha illuminato con la sua presenza questa casa. Però, vorrei proporre come motivo di meditazione per me e per voi la lettura di alcune pagine che il nostro caro Lorenzo ha indirizzato al suo amico Valerio in data primo febbraio di quest’anno. Valerio aveva chiesto a Lorenzo: “Per piacere, dimmi un po' come tu pensi la vita religiosa”, e lui, dopo un po’ di tempo di riflessione, ha risposto con la lettera che con l’autorizzazione di Valerio ora vi leggerò. Penso che sentire parlare lui valga più che non se parlassi io.

GESÙ

NOVISSIMI morte

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

COMUNITÀ

confratelli

Le parole “atto di amore” sono sottolineate nel testo autografo di Lorenzo Centomo.

La parola “ringraziamento” è sottolineata nel testo autografo.

Le parole “ad amare di più” sono sottolineate nel testo autografo.

La parola “concretizzazione” è sottolineata nel testo autografo.

La parola “Verginità”, come in seguito “Povertà” e “Obbedienza”, è scritta con iniziale maiuscola e sottolineata nel testo autografo.

Le parole “amore più intenso e universale” sono sottolineate nel testo autografo.

Nel testo autografo è indicata la citazione: Atti 2,44.

La parola “tempo” è sottolineata nel testo autografo.

Il verbo “piace” non solo è posto fra virgolette, ma è anche sottolineato nel testo autografo.

Nel testo autografo è indicata a questo punto la citazione: Gv 8.

MI370,2 [1-5-1972]

2 «Valerio carissimo, finalmente posso esaudire il tuo desiderio e mettere per iscritto quello che mi chiedevi. Come intesi, più che una sintesi teologica, cercherò di esporti come io cerco di vivere la vita religiosa, Non pretendo quindi di offrirti una esposizione completa.
Quando dico vita religiosa, io penso subito a Dio. Certamente è inconcepibile se manca Lui; è il fondamento primo. Pensando a Lui, vedo che il fatto d’avermi chiamato è stato molto più un atto di amore da parte sua, che non un atto di generosità da parte mia.Non può essere che così, se penso che mi ha chiamato a "seguirlo più da vicino", a continuare la sua missione specifica, quindi ad una maggiore intimità con Lui. Tra l’altro ha fatto un grande atto di fiducia in me.Tutto questo mi spinge ad un continuo ringraziamento perché realmente “il Potente ha riguardato alla bassezza del suo servo... e grandi cose ha fatto in me”.Poi mi domando: perché il Signore mi ha chiamato? a far che cosa? Così mi pare che il Signore mi abbia invitato a fare una cosa sola, molto semplice, ma molto profonda: ad amare di più , a continuare la sua missione di amore nel mondo, a renderlo ancora presente e visibile per gli uomini, in modo che attraverso me possano ancora vederlo e incontrarlo.I Voti sono la mia risposta a questo invito del Signore, e sono nello stesso tempo la concretizzazione di questa mia missione all’amore. Con essi io metto tutto me stesso, con tutto quello che possiedo, a servizio solo dell’amore per il Regno dei Cieli, cioè per cooperare con Cristo a far sì che tutti gli uomini ritornino alla Casa del Padre e formino attorno a Lui una grande famiglia. Praticamente mi metto a completa disposizione di Dio, attento fin nei particolari a fare quello che Lui mi chiede, qualunque cosa sia, perché solo così sono sicuro di amare fino in fondo, per Lui che è l’Amore.Così, col voto di Verginità , io metto a disposizione di Dio, che è Amore, il mio corpo. Non rinuncio ad amare, anche se rinuncio all’affetto particolare per una ragazza e a formare una famiglia. La mia rinuncia è per un amore più intenso e universale (amore fatto anche di affetto) per Dio e per tutti gli uomini, e per una maggior disponibilità a donarmi, a mettermi a servizio completo di ognuno dei fratelli che hanno bisogno di me. Se del mio corpo ho fatto un’offerta di amore, non posso più disporne a piacimento. Devo usarlo solo secondo l’amore e la volontà di Dio; non sono più io il padrone. Così coi miei occhi, non solo non guarderò cose sconvenienti, ma neanche semplicemente quello che “mi piace” o “va bene per me”. Li userò per conoscere e far sempre più conoscere ed amare Lui. Così l’udito per saper ascoltare e comprendere i fratelli; la lingua per cantare le sue meraviglie, pregarlo, parlare a tutti di Lui, e non certamente per mormorare, criticare... Così la fantasia, così le mani, i piedi, così il cuore col suo rigoglio di sentimenti e di affetto, non per legarlo a simpatie o asservirlo al piacere carnale, ma per farmi l’amico e il confidente di tutti, specialmente dei più abbandonati, di coloro che soffrono, di coloro che nessuno ama. Se sarò sempre sensibile a cogliere le ispirazioni di Dio che mi spingono ad amare in questa o in quella circostanza, mi sentirò pienamente soddisfatto e realizzato sul piano dell’amore e dell’affetto.Col voto di Povertà, rispondo all’invito del Signore che mi dice: “Se vuoi seguirmi, va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri!”.Mi sono “sbarazzato di tutto”, per essere completamente disponibile a seguire Cristo nella sua missione di evangelizzatore e salvatore. Con questo io faccio un gesto di amore verso di Lui, perché dimostro che Lo preferisco a tutti i beni di questa terra e che Lui mi basta. E faccio anche un atto di amore ai fratelli, ai poveri, a cui lascio i miei beni.Naturalmente tutto questo non può restare solo teoria: Dio non si lascia prendere in giro e gli uomini si accorgono. Se voglio dimostrare che Lui mi basta, si deve vedere in me la rinuncia a qualche bene anche utile o comodo e che questa rinuncia non toglie la mia gioia, anzi mi fa più contento perché è segno di amore.Se poi voglio veramente “dare i miei beni ai poveri”, devo cercare di concretizzare. Quali sono i miei beni? Possono essere cose materiali (denaro, vestiario, libri, oggetti vari). Allora io li metto tutti a disposizione della comunità, affinché li dispensi ai più bisognosi, che possono essere all’interno della comunità stessa o fuori di essa. Così infatti facevano i primi cristiani: “Si tenevano uniti e avevano tutto in comune... vendevano i beni e facevano distribuire fra tutti il ricavato”. Naturalmente metto “tutto” a disposizione dei più poveri e per il Regno dei cieli, per la sua diffusione, senza tenermi la benché minima cosa. Dio non si lascia ingannare, ricorda il fatto di Anania e Zaffira.Poi io, come veramente povero, perché spoglio, chiederò alla comunità e a chi la rappresenta “l’elemosina” di quello che mi è necessario. Come San Francesco di Assisi che, spoglio di tutto, chiede la carità del necessario.Non ho però solo dei beni materiali da mettere a disposizione della Chiesa. Ho altre cose molto importanti: ho il mio tempo ; col voto di povertà ne ho fatto un dono di amore, l’ho messo completamente a disposizione di Dio e dei fratelli. Praticamente vuol dire essere preoccupato di fare ad ogni momento della giornata solo quello che piace a Dio.Ho anche le mie doti, la mia intelligenza, il mio entusiasmo... tutte cose da mettere solo a servizio dei fratelli per il loro bene e per la loro gioia.Poi c’è il voto di Obbedienza: il più difficile da comprendere e da accettare perché si pensa che limiti la nostra libertà. Niente di più sbagliato. Io sono fatto per amare e mi realizzo come persona quanto più riesco ad amare. La libertà è solo il “mezzo” per poter amare. Infatti se io non fossi libero, non potrei amare. L’animale infatti non può amare. E quando io mi preoccupo di fare la volontà di Dio, io sono sicuro di amare, perché Dio è amore e da noi non può esigere che amore, cioè che diventiamo come Lui.Certo che c’è la “coscienza”, ma devo stare attento che il fare appello alla mia coscienza non sia talvolta una scusa per fare quello che piace e non fare quello che non mi va. La coscienza è la voce di Dio in me; ora devo preoccuparmi che quello che “sento” io come giusto, coincida col “sentire” di Dio, altrimenti non è giusto.Come religioso, però, non mi preoccupo solo di fare la “Volontà” di Dio, cioè quello che mi è comandato, ma pure quello che “piace” a Lui, tra due cose in sé buone. Come Gesù che poteva dire: “Io faccio sempre quello che piace al Padre”. L’offerta, quindi, della mia volontà non è una limitazione, ma è impegnarla sempre per la cosa migliore.Come fare per sapere quello che piace a Dio?Prima di tutto c’è il Vangelo, interpretato dalla Chiesa, da accettare e vivere fino in fondo.Il Superiore è la “via normale”, in quanto ha una grazia particolare di Dio per aiutarmi in questa scoperta.Anche i fratelli della comunità, però, ci sono messi vicini dal Signore per aiutarci a scoprire la sua volontà.Dio mi parla anche attraverso le circostanze della vita, devo quindi stare attento a quello che Lui veramente vuol dirmi in ogni avvenimento che capita a me o vicino a me.L’obbedienza ai Superiori è una collaborazione, una ricerca fatta insieme; ma questo è possibile solo se alla base c’è il dono, cioè l’impegno di cercare e fare solo quello che piace a Lui. Altrimenti sarà sempre difficile, se non impossibile, trovarsi d’accordo. Se invece c’è veramente alla base questa preoccupazione, ci saranno discussioni ma serene; ci sarà dialogo, chiarimenti, ma mai tensioni e divisioni, perché tutti saranno disposti a rinunciare al proprio punto di vista, per la paura di imporre la propria volontà.Anche con l’obbedienza, poi, bisogna concretizzare e non credere che il voto valga solo per le grandi scelte. Tutto è grande se fatto per amore. Il Signore mi chiede di vivere il mio voto nelle cose normali della mia vita, momento per momento nelle piccole cose di ogni giorno. Tanto più saprò viverlo nelle piccole cose, tanto più sarò “grande”.Ti ho detto qualcosa di come cerco di vivere i miei voti. Naturalmente, siccome il Signore mi ha chiamato a viverli in questa Congregazione, quindi con uno spirito, un timbro, una coloritura particolare, devo preoccuparmi di essere fedele a questo spirito come ad un dono di Dio e sentire la responsabilità di viverlo fino in fondo, tenendo presente che don Ottorino è il primo “strumento” di cui Egli si è servito e si serve per comunicarmelo.Certo che anche per me la vita religiosa è sempre una scoperta, frutto di una continua verifica davanti a Dio. La vita religiosa si matura un po' alla volta ed ora ho una comprensione di essa che non avevo nel ‘64, quando ho fatto la prima professione. Ad ogni momento, però, deve corrispondere un impegno pari alla comprensione che si ha. Cioè si dà ad ogni momento tutto quello che si riesce a dare. Il Signore non chiede di più, ma neanche meno.Dal momento che mi sono preso un impegno, se voglio essere onesto devo portarlo avanti e non cedere le armi alle prime difficoltà o crisi. Sarò impegnato fino in fondo in questa strada, fino a quando non avrò la prova contraria e certa che il Signore non mi ha chiamato.Certo che spesso è difficile seguire Cristo: spesso egli ci chiama a portare la croce con lui, a morire con lui a tante cose. Ma lo sapevo già in partenza che “sposavo” un Dio crocifisso, perché questa è la strada per salvare il mondo. Non mi meraviglierò quindi se la croce peserà spesso sulle mie spalle; anzi sarò contento, perché l’ho scelta liberamente, e perché so che è il più grande atto di amore. Fino a quando, infatti, non avrò imparato a soffrire per amare qualcuno, a rinunciare a qualcosa di me stesso per amare gli altri, io non avrò amato abbastanza. E se un giorno il Signore mi domandasse l’offerta della mia vita, io dovrei solo rispondere: “Signore, non occorre che tu mi chieda il permesso. Tu sai che te l’ho offerta con i miei voti. Usala come vuoi, secondo il tuo amore. Vuoi che la consumi in un attimo, come olocausto a te gradito? Eccomi, pronto! Vuoi che la consumi lentamente, come una candela, al servizio dei fratelli? Eccomi! Non mi importa dove e come, Signore. M’importa solo amare. Tu aiutami, Signore, perché non è facile rinunciare al proprio egoismo per donarmi tutto, per morire con te per i fratelli, non è facile pagare per gli altri, ma sono certo che è l’unica condizione, anche per me, per risorgere alla gioia con te”.Nessuno può conoscere la gioia di chi sa donarsi, di chi sa soffrire per amare. Solo chi prova, lo sa.Questa gioia deve manifestarsi e sarà la più grande testimonianza che posso dare a tutti gli uomini che incontro, e il più grande dono che posso fare. Con la mia vita io dico al mondo che Dio c’è e che è un Padre; dico che è possibile il vero amore, quello puro e disinteressato; e che nel bene e solo in questo si è veramente contenti.Penso, poi, che la condizione perché la nostra vita possa vivere e crescere, sia il viverla in intimità con Lui. Se la vita religiosa non ha senso senza di Lui, se siamo chiamati ad una vita di intimità con Lui, se abbiamo impegnato per Lui la nostra vita, non si capisce come si possa “andare avanti” senza una vita di intimità con Lui. Questa comincia nella preghiera, momenti forti di preghiera, per continuare in tutti i momenti della nostra giornata. Se voglio continuare la Sua missione, non posso farlo senza tenermi in contatto con Lui.Nella preghiera io imparo a conoscerlo e quindi a “innamorarmi” sempre più di Lui. Questa è la condizione per superare tutte le tentazioni e gli inviti di diserzione che tanto spesso mi vengono dal mondo.C’è poi un altro mezzo: la comunità. L’esempio dei fratelli mi deve spronare a fare sempre meglio. Con loro io posso “saziare” la mia esigenza di affetto e di amicizia.Con loro posso confidarmi, richiedere un consiglio, un aiuto e un sostegno in momenti di scoraggiamento e di minor entusiasmo.Certo che io troverò questo nella comunità in proporzione di quanto io prima mi sarò donato e fatto l’amico di tutti.Con questo concludo le mie riflessioni, altrimenti divento veramente troppo lungo. Tante cose che ti ho scritto non si capiscono solo col ragionamento, non convincono; per cui: AMA E CAPIRAI.Nella speranza di averti fatto un dono!Lorenzo CentomoCredo che ogni parola rovinerebbe quello che ho letto. Per me e per voi ne abbiamo fin che vogliamo per un esame di coscienza.