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LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA È UNA RISPOSTA TOTALE ALL’AMORE DI DIO

MI287 [09-01-1970]

9 gennaio 1970

Don Ottorino cita a modo suo, parte in latino e parte in italiano, l’espressione paolina di 1 Cor 3,6 la cui lezione esatta è la seguente: “Ego plantavi, Apollo rigavit, sed Deus incrementum dedit”.

Il riferimento è a don Matteo Pinton, che faceva parte della Comunità della Casa dell’Immacolata dove era animatore degli studenti del corso teologico e insegnante di filosofia, e che nell’anno precedente aveva steso, sotto ispirazione di don Ottorino, le “Note di spiritualità religiosa”, pubblicate in Scritti ispirati da don Ottorino, pagg. 178-205, dalle quali è tratto il tema della presente meditazione.

Il riferimento è al Villaggio San Gaetano sulle colline di Bosco di Tretto (VI), che la Congregazione aveva allestito con case prefabbricate per le vacanze estive ed invernali, e per incontri di fraternità e di spiritualità.

MI287,1 [09-01-1970]

1 Sia lodato Gesù Cristo!
È stato detto: “Io ho piantato, un altro ha irrigato, ma è Dio che ha dato l’incremento”. Qui non si sa chi abbia piantato e chi irrigato; sappiamo con certezza che colui che ha dato l'incremento è stato Dio. Dico male, don Matteo? Forse potresti dire: “A me è toccato fare tutto; il resto lo ha fatto il Signore”. Durante il periodo natalizio siamo andati lassù a Bosco e ci siamo messi a disposizione di Dio: abbiamo cercato di metterci in atteggiamento di ascolto. È stato un momento meraviglioso, una esperienza veramente bella, che ripeteremo anche a Pasqua. Credo che sarebbe bene conservare questa bella abitudine e ripeterla lassù due volte l'anno per mettersi in vero atteggiamento di ascolto. Infatti abbiamo visto che ci ha aiutato a progredire e a fare qualche passo in avanti.

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE vita religiosa

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

CONGREGAZIONE storia

CONSACRAZIONE disponibilità

La citazione è di Gv 1,26, mentre il messaggio del Battista si trova in Mt 3,1-12, Mc 1,1-8, Lc 3,1-18.

Don Ottorino ama sempre scherzare anche mentre parla di cose serie, ma non si riesce in questo caso capire a chi voglia riferirsi.

Il riferimento è a don Matteo Pinton, che aveva studiato filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e stava preparando la tesi per il dottorato.

Il riferimento è alle “Note di spiritualità religiosa” sopra indicate, le cui citazioni vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Don Ottorino, in tono un po’ scherzoso, dice l’ultima frase in latino riecheggiando il testo di Apoc 5,13: “... honor et gloria et potestas in saecula saeculorum”.

MI287,2 [09-01-1970]

2. Con il primo gruppo il Signore ha parlato e ha fatto sentire la sua voce; con il secondo si è andati ancora più avanti e abbastanza bene, mi pare, fino a fissare qualcosa di concreto: cioè si è pensato di fare una piccola campagna contro l'egoismo. Abbiamo sentito il richiamo del Battista: “In mezzo a voi c'è uno che non conoscete”, e se volete conoscerlo dovete togliere l'egoismo. E noi abbiamo deciso di impegnarci con buona volontà per smantellare l'egoismo, perché solo così potremo incontrarci con il Signore, con il nostro Cristo, conoscerlo per poterlo far conoscere e amarlo per poterlo far amare.
È bene allora partire per combattere l’egoismo, e sarà un lavoro che cercheremo di fare insieme nelle prossime meditazioni e nei nostri vari incontri; però il capitolo non verrà chiuso, perché si potrà ancora piantare, ancora irrigare, ancora comperare qualche altra campagna e andare avanti. Ma intanto cominciamo il lavoro e prima di iniziare, prima di lanciarci con forza contro il comunismo, cioè, scusate, contro l'egoismo... - ho sbagliato perché ho visto in fondo una faccia comunista... non tu, Luigi, quell'altro che è in fondo, all'angolo, laggiù! - prima di lanciarci in pieno contro l'egoismo è bene, anche per suggerimento e invito del nostro carissimo professore di filosofia, fare un “cappello” perché dicono che, altrimenti, le persone senza cappello prendono il raffreddore. Faremo quindi una premessa per inquadrare l'argomento e per approfondire le motivazioni sulla necessità di combattere l'egoismo. Ed è appunto su questo che noi svolgeremo stamattina la nostra meditazione. Leggerò queste note come sono uscite dal cuore dei nostri fratelli e come poi sono state stilate dal nostro caro don Matteo, “al quale sia onore e gloria nei secoli dei secoli”.

VIZI egoismo

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

PAROLA DI DIO Vangelo

GESÙ

incontro personale

DIO amore a Dio

APOSTOLO testimonianza

APOSTOLO predicazione

MONDO comunismo

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

Don Ottorino chiama “distrazione” i suoi commenti personali, che in realtà esprimono il suo pensiero.

Il riferimento è a Severino Bettega e ai suoi compagni di noviziato.

La vocazione di Samuele è narrata in 1 Sam 3,1-10.

Mt 19,21.

Nel testo registrato don Ottorino ripete le parole scritte da don Matteo in latino, che riecheggia la risposta di Gesù a Marta in Lc 10,42: “Porro unum est necessarium...”.

L’espressione di Mt 6,33 era molto cara a don Ottorino, anche perché era stata scelta da San Gaetano come principio della sua vita e della sua opera.

MI287,3 [09-01-1970]

3. «La consacrazione religiosa è, sulla scia di Gesù, il riconoscere e il rispondere totalitariamente all'amore di Dio».
Penso che don Matteo mi permetta di introdurre qualche distrazione , anche per masticare meglio la materia; io parlo specialmente ai nostri cari Severino e novizi più giovani, che fanno fatica a capire. La vita religiosa è una risposta a uno che ci ama e ci invita. E come Gesù ha detto di sì al Padre suo, e in forma totalitaria, così risponderemo anche noi. Ecco la vita religiosa: una scoperta sempre più profonda dell'amore che c'è dall'altra parte, e cioè: da una parte c'è un amore infinito, un Dio che mi ama in un modo infinito, e dall'altra ci sono io, povera creatura, che mi sento chiamato e mi rivolgo a lui. In un primo momento sento una voce: “Chi è che mi chiama? - dico con Samuele - Chi è che mi chiama?” , e poi, piano piano, capisco chi è colui che mi ha chiamato, e mi accorgo che è uno che mi ama fin dall'eternità e mi ama in modo infinito. E allora sento il bisogno di rispondere anch'io in forma totalitaria. «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto hai, dallo ai poveri: poi vieni e seguimi». Gesù ha detto: “Vendi tutto... dà tutto”. Se non abbiamo compreso questo, fratelli miei, non abbiamo capito la vita religiosa, alla cui base c'è proprio questo: “Va’, vendi tutto, dà tutto; vieni e seguimi”. La seconda parte: “Vieni e seguimi” significa staccarsi da tutto e seguirlo. Comunque non voglio anticipare i tempi. «Consacrarsi è riconoscere la sua paternità assoluta e dedicarsi al suo piano di salvezza pienamente, senza mezzi termini, testimoniando come Gesù, sempre e dappertutto, l'“unum necessarium”, per vivere in un regno eterno di amore e poter amare divinamente: essere pieni di Dio». Consacrarsi è dunque donarsi senza mezzi termini, per testimoniare come Gesù che una sola cosa è necessaria : l'amore di Dio. Noi dobbiamo testimoniare in una forma, vorrei dire, veramente assoluta il “quaerite primum regnum Dei” , cioè dimostrare al mondo che noi cerchiamo solo il regno di Dio e che, anche quando cerchiamo le cose materiali, lo facciamo in vista del regno di Dio e solo per il regno di Dio.

CONSACRAZIONE radicalità

CONSACRAZIONE vita religiosa

GESÙ

sequela

FORMAZIONE noviziato

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

APOSTOLO chiamata

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

CONSACRAZIONE distacco

CONSACRAZIONE perfezione

PAROLA DI DIO Vangelo

DIO piano di salvezza

APOSTOLO testimonianza

Don Ottorino chiama “distrazione” i suoi commenti personali, che in realtà esprimono il suo pensiero.

Il riferimento è a Severino Bettega e ai suoi compagni di noviziato.

La vocazione di Samuele è narrata in 1 Sam 3,1-10.

Mt 19,21.

Nel testo registrato don Ottorino ripete le parole scritte da don Matteo in latino, che riecheggia la risposta di Gesù a Marta in Lc 10,42: “Porro unum est necessarium...”.

L’espressione di Mt 6,33 era molto cara a don Ottorino, anche perché era stata scelta da San Gaetano come principio della sua vita e della sua opera.

Don Ottorino cita a memoria la famosa espressione di Sant'Agostino proprio all’inizio delle Confessioni I,1.

MI287,4 [09-01-1970]

4. «La consacrazione religiosa è, sulla scia di Gesù, il riconoscere e il rispondere totalitariamente all'amore di Dio».
Penso che don Matteo mi permetta di introdurre qualche distrazione , anche per masticare meglio la materia; io parlo specialmente ai nostri cari Severino e novizi più giovani, che fanno fatica a capire. La vita religiosa è una risposta a uno che ci ama e ci invita. E come Gesù ha detto di sì al Padre suo, e in forma totalitaria, così risponderemo anche noi. Ecco la vita religiosa: una scoperta sempre più profonda dell'amore che c'è dall'altra parte, e cioè: da una parte c'è un amore infinito, un Dio che mi ama in un modo infinito, e dall'altra ci sono io, povera creatura, che mi sento chiamato e mi rivolgo a lui. In un primo momento sento una voce: “Chi è che mi chiama? - dico con Samuele - Chi è che mi chiama?” , e poi, piano piano, capisco chi è colui che mi ha chiamato, e mi accorgo che è uno che mi ama fin dall'eternità e mi ama in modo infinito. E allora sento il bisogno di rispondere anch'io in forma totalitaria. «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quanto hai, dallo ai poveri: poi vieni e seguimi». Gesù ha detto: “Vendi tutto... dà tutto”. Se non abbiamo compreso questo, fratelli miei, non abbiamo capito la vita religiosa, alla cui base c'è proprio questo: “Va’, vendi tutto, dà tutto; vieni e seguimi”. La seconda parte: “Vieni e seguimi” significa staccarsi da tutto e seguirlo. Comunque non voglio anticipare i tempi. «Consacrarsi è riconoscere la sua paternità assoluta e dedicarsi al suo piano di salvezza pienamente, senza mezzi termini, testimoniando come Gesù, sempre e dappertutto, l'“unum necessarium”, per vivere in un regno eterno di amore e poter amare divinamente: essere pieni di Dio». Consacrarsi è dunque donarsi senza mezzi termini, per testimoniare come Gesù che una sola cosa è necessaria : l'amore di Dio. Noi dobbiamo testimoniare in una forma, vorrei dire, veramente assoluta il “quaerite primum regnum Dei” , cioè dimostrare al mondo che noi cerchiamo solo il regno di Dio e che, anche quando cerchiamo le cose materiali, lo facciamo in vista del regno di Dio e solo per il regno di Dio. «La nostra consacrazione è risposta totalitaria ad un amore totalitario, divino. Noi siamo opera di Dio. Egli potrebbe umiliarci con la sua infinita superiorità: invece si fa come noi, si nasconde, desidera la nostra risposta come una risposta libera, frutto di amore e di scelta scopritiva del suo dono». Queste verità sono dette in una forma un po' filosofica e difficile, ma sono meravigliose, nonostante siano state scritte da don Matteo: «... frutto di amore e di scelta scopritiva del suo dono». Il Signore fa come la mamma che si veste da befana e depone i suoi doni che il bambino scopre tutto contento: prima uno, poi un altro ancora e infine la bicicletta o il regalo che lui desiderava. Così anche Dio depone i suoi doni che l’uomo scopre uno dopo l’altro, ma “inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te” , finché non scopre alla fine la gioia infinita dell'amore. «Mentre siamo in Dio come dei bambini che Egli sta creando e salvando, ci tratta da persone mature, vuole il suo legame con noi come un legame matrimoniale di scelta, di fedeltà, di dialogo, come tra pari...». Se don Matteo me lo permette, vorrei spiegare un po’ questa frase perché è una frase forte. Noi siamo come dei bambini che dipendono in tutto da Dio, come il bambino che ha ancora da nascere dipende completamente dalla mamma, essendo legato a lei in modo tale che la circolazione del suo sangue è una sola con quella della mamma: respira, si può dire, con i polmoni della mamma, mangia attraverso lo stomaco della mamma, vive insomma attraverso la vita della mamma. Noi dipendiamo alla stessa maniera da Dio, che però ci lascia liberi. Quando qualcuno si lancia contro Dio o lo trascura completamente, compie una azione terribile. Non occorre che Dio gli dia una coltellata per ucciderlo; basterebbe soltanto che non lasciasse passare il suo sangue, la sua vita. Dio, invece, continua a dare la vita, continua ad alimentare la vita, l’intelligenza... basterebbe una semplice interruzione da parte di Dio, senza un vero atto positivo. Amici, è importante sentire quanto noi dipendiamo da Dio in tutto e per tutto: siamo suoi, viviamo di lui e lui rispetta la nostra libertà. Vuole essere amato liberamente, vuole essere scelto, vuole che noi lo scopriamo e scoprendolo lo amiamo. È naturale e logico desiderare la ricchezza che si scopre. Se si propone ad un bambino una sedia, una carriola o una motocicletta, sceglie logicamente la motocicletta.

CONSACRAZIONE

DIO amore a Dio

FAMIGLIA mamma

ESEMPI bontà

di Dio

DIO creatore

PECCATO

L’immagine biblica dell’unione sponsale, quale esempio di donazione totale nell’amore, è abbastanza frequente in don Ottorino, che amava sottolinearne la radicalità e la totalità. Nel caso concreto la usa per accentuare la necessità della donazione a Dio vissuta nella Congregazione.

MI287,5 [09-01-1970]

5. «Sorge allora nel consacrato un nuovo modo di pensare, di vivere, di agire, conforme alla sua nuova forma di vita “familiare, sponsale” con Dio: egli si ritrova nella figura di Gesù; come Lui e con Lui cerca l'unione vitale e costante con il Padre e la testimonianza di amore divino e salvante verso gli uomini, suoi fratelli, bisognosi di luce e di certezze eterne.
Concretamente allora la consacrazione è vissuta in uno sposalizio, umile, riconoscente, fedele, totalitario, con Dio, che sostiene e sazia il cuore e lo rende disponibile a tutte le cose divine secondo il suo piano, determinato dalla specifica vocazione in una famiglia religiosa con finalità precise e opere concrete; consacrato solo a Dio e alla sua causa, il religioso si sente distaccato da tutte le cose umane e concrete, trovando la sua gioia nel dialogo di unità viva con Dio, nel cui amore sa trovare e scoprire continuamente la sua reale divina famiglia e la sua spinta ad amare in ogni circostanza lieta o triste si venga a trovare». Noi siamo consacrati a Dio in un matrimonio divino, in unione con lui in questa Famiglia religiosa. Quando una ragazza si sposa, la sua casa è quella del marito. Il marito ha la sua famiglia, ma in essa entra la nuova ragazza, e quindi anche la sua casa diviene la casa di lei. Non importa che vicino abiti un altro uomo con poderi e ricchezze: la sua casa è quella! Se la giovane si è sposata con sentimenti retti e vive il suo matrimonio con amore e con fedeltà, non le interessa affatto che ci sia un altro uomo più ricco e più bello del suo, con la possibilità di essere eletto deputato o senatore: a lei interessa la sua casa perché il suo cuore è lì e serve Dio nella sua famiglia. Anche noi dobbiamo amare Dio nella famiglia dove siamo concretamente, dove Dio ci ha chiamati, cioè nella nostra Famiglia religiosa.

CONSACRAZIONE

CONGREGAZIONE

FAMIGLIA matrimonio

CONSACRAZIONE distacco

CONGREGAZIONE appartenenza

ESEMPI consacrazione

DIO amore a Dio

Il tema della volontà del Padre è presente continuamente nel Vangelo, ad esempio Gv 4,34.

MI287,6 [09-01-1970]

6. «Il religioso è chiamato a testimoniare una precisa mentalità di sposato ad un amore reale, divino, meraviglioso, verso Dio e i fratelli come Dio».
Scusate se questa parte è stata un po' teorica e, forse, ha fatto dormire qualcuno, non certamente a causa di don Matteo, ma di chi legge. Adesso continueremo, forse con maggiore praticità, e forse arriveremo al punto che farà tremare; eventualmente riprenderemo la settimana prossima. «Si impone una stringente analogia tra la psicologia familiare umana e la familiarità del consacrato con Dio: analogia che illuminerà le cause di tante forme di vita religiosa scadente e sterile, e il segreto di un vivere più fedele e più coerente con Dio. Chi è sposato e cerca di vivere con impegno la sua missione, pensa spontaneamente alla sua famiglia: con frequenza pensa alla moglie, ai bambini; se gli si domandasse per chi lavora, subito risponderebbe: “Ho famiglia!”; quasi inconsapevolmente nelle sue scelte, nei suoi divertimenti, nel decidere l'ora di tornare, nell'organizzare il tempo libero, si sente legato da questa relazione profonda che lo condiziona ogni momento nel sacrificio, ma anche nella gioia di donarsi». Tante volte, parlando con una persona sposata, si sente dire: “Eh, bisogna che torni a casa; sono sposato, ho famiglia, mica scherzi!”. Vive per la famiglia. Se si tratta di fare un acquisto: “Bisogna comprare una macchina un po' più grande perché siamo in quattro... in cinque, eh!”. “Domenica...?”. “No, non posso, perché ho già promesso... ho piacere di uscire con i figli. Ho già promesso; dobbiamo salire ad Asiago, dove c'è un po' di neve; passeremo una giornata insieme”. Le sue scelte, i divertimenti, il lavoro, il sacrificio, sono sempre in relazione alla famiglia. Anche se è solo, sa di non esserlo completamente. «Il religioso è chiamato a sentirsi come uno che ha famiglia: uno sposo divino e una missione ben chiara. Egli testimonia un rapporto vivo con Dio e il suo piano di salvezza e di amore per gli uomini (vedi Gesù con il Padre e la sua volontà)».

CONSACRAZIONE religioso

APOSTOLO testimonianza

DIO amore a Dio

FAMIGLIA

SOCIETÀ

lavoro

PENITENZA sacrificio

DOTI UMANE maturità

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: “... a Dio e alla sua causa, cioè compiere un atto di amore e un atto di azione, amare e agire, essere sposato a Dio e alla sua causa”.

Don Ottorino vuole dire che non intende anticipare quello che già dirà molto bene don Matteo nelle sue note scritte.

MI287,7 [09-01-1970]

7. Quello che noi stiamo dicendo non è un linguaggio da commedia; non bisogna scherzare! Mio papà era sposato e aveva la sua famiglia; vostro papà è sposato ed ha una famiglia, ha delle responsabilità, sente di non poter vivere staccato dalla sua famiglia, altrimenti pecca.
Anch’io ho la mia famiglia e devo vivere per essa; devo sentirmi di casa con Dio e perciò gli interessi e le cose di Dio devono essere interessi e cose mie. Tutta la giornata devo lavorare con lui. E come il marito, quando è al lavoro, per qualche ora non pensa alla famiglia, tuttavia egli lavora per la famiglia per provvedere ad essa il pane, così devo fare io: anche se per parecchie ore durante il giorno non pensassi a Dio, devo tuttavia trovarmi nel posto dove lui mi vuole. Come il marito, che è al lavoro, si trova nel posto dove lo vogliono la moglie e i figli e sta facendo quello che tutta la famiglia desidera in quel momento, così anch'io devo fare in ogni momento quello che la mia famiglia, il Padre mio, il mio sposo vogliono in quel momento. «Ogni religioso dovrebbe dimostrare una mentalità di “sposato” a Dio e alla sua causa : Dio e il suo regno devono essere sempre presenti nelle sue azioni, scelte, giudizi... e tutto ciò non sopportato come una imposizione, ma come frutto di una responsabile scelta di amore superiore, fedele e consapevole». A mano a mano che si procede nella lettura di queste pagine si sente un certo crescendo nelle esigenze e, siamo sinceri, anche una certa condanna: ci sentiamo chiamati in causa e ciascuno di noi avverte in sé un po' l’atteggiamento dello scapolo. Infatti chi è sposato, chi ha famiglia si tuffa completamente in essa e, a un dato momento, cambia nel suo modo di comportarsi. Forse Dio sta aspettando lo stesso cambiamento anche in noi. Non voglio anticipare i tempi ora... non possiamo toccare Omero, aggiungere versi a Omero.

FAMIGLIA matrimonio

FAMIGLIA papà

DIO passaggio di...

VOLONTÀ

di DIO

DIO Padre

CONSACRAZIONE mediocrità

MI287,8 [09-01-1970]

8. «Nasce allora spontanea la necessità del contatto personale con Dio nella preghiera, per mantenere il cuore pieno soltanto di Lui, per poter amare come Lui.
Se uno sposato trova gioia nel suo lavoro, nelle varie amicizie, ma non desidera sostare in intimità con la sua sposa, non può dirsi affettivamente sposato». Cioè, se un uomo sposato lavorasse con gioia, per esempio, in un laboratorio di meccanica, ma non stesse volentieri in casa con la sposa e i figli, e pur ritornando a casa l’avesse trasformata in un albergo, non può dire d'essere “affettivamente sposato”. «Così anche l'apostolo: se trova le sue soddisfazioni unicamente nel lavoro apostolico, organizzativo, e non ama l'intimità da solo a solo con Dio, non è sposato con il Signore». Guardate che è facile tuffarsi nel fare, nell’organizzare, nel predicare, nel dare conferenze, nel preparare gruppi del Vangelo... senza sapersi trovare da soli con Dio. Un apostolo che non si trova da solo a solo con Dio non è sposato con il Signore. Vi leggo ora un'affermazione molto forte. «La sua verginità è un non essere sposato con una donna. Se non ha il cuore pieno di Dio non può resistere: le gioie umane, anche apostoliche, non sono eterne». Anche le gioie apostoliche non sono eterne, perché dopo la domenica viene il lunedì. Nel giorno di festa c'è la Messa cantata, le funzioni, i trionfi, ma il lunedì la gente va al lavoro e il prete resta solo con la chiesa vuota. E allora, se la domenica in chiesa trova gioia solo per le persone che ci sono, il lunedì la gioia cessa; se invece trova gioia per il Dio che è in chiesa e per le persone che la frequentano, allora Dio resta anche il lunedì: la gioia non cessa. «Se non ha il cuore pieno di Dio, non può resistere: le gioie umane, anche apostoliche, non sono eterne e, se sono ricercate per se stesse, lasciano sicuramente il posto prima o poi all'insoddisfazione, alla scontentezza, alla frustrazione. Se uno ha fatto famiglia con Dio, sa tornare a casa e riempirsi del suo amore e del suo affetto». Com'è bello vedere chi ha trovato nella famiglia la realizzazione della sua vocazione! Chi ha moglie e figli, e alla sera torna a casa dove la moglie gli ha preparato perfino le piccole cose, le scarpe di ricambio, l'asciugamano per quando si lava, il cibo che piace a lui... trova, siamo sinceri, l'affetto e la gioia. Qualche volta può essere stata una tentazione anche per qualcuno di voi pensare: “Com'è bella la vita matrimoniale per questo calore!”.

PREGHIERA unione personale con Dio

FAMIGLIA matrimonio

FAMIGLIA figli

APOSTOLO attivismo

PASTORALE

DIO centralità

di...

SACERDOZIO prete

CROCE tentazioni

Mons. Giuseppe Veronesi era stato rettore per molti anni del seminario vescovile di Vicenza ed era rimasto famoso per il suo spirito di preghiera.

È interessante notare come don Ottorino a volte sottolinei con forza l’importanza della preghiera comunitaria, e altre volte invece segnali il rischio della superficialità se manca il contatto personale con il Signore.

Don Ottorino cerca di risvegliare l’attenzione nominando dapprima Daniele Galvan e Ruggero Pinton, che frequentavano il corso teologico, e chiamando poi con il titolo scherzoso di monsignore Luigi De Franceschi, pure del corso teologico, che abitualmente fungeva da maestro delle cerimonie nelle celebrazioni liturgiche.

MI287,9 [09-01-1970]

9. Chi si è consacrato al Signore deve sentire questo calore di famiglia nei suoi rapporti con Dio. Se gli manca questo, anche nell'aridità, perché pure il marito può tornare a casa in momenti di crisi intima, se non riesce a creare questa familiarità con Dio, è impossibile, fratelli miei, continuare su questa strada. Come un marito, che non ama la sua famiglia e cerca compromessi, non può continuare nella fedeltà, e allora va cercando il divorzio o altre vie d'uscita.
Il nostro apostolato sarà fecondo, noi porteremo frutti meravigliosi di bene nella misura in cui stabiliremo questo incontro con Dio. Quando nel passato dicevamo che bisogna incontrarsi con Dio, volevamo sostanzialmente indicare questo, cioè che occorre donarsi a Dio, diventare di casa con Dio. «Se uno ha fatto famiglia con Dio, sa tornare a casa e riempirsi del suo amore e del suo affetto...». Mons. Veronesi alla sera, di notte, stava dinanzi al tabernacolo cinque, sei, sette ore. Questi vecchi sacerdoti! Forse erano molto meno colti di voi, ma sapevano inginocchiarsi dinanzi all'altare e rimanere lì. Che cos'era questo per loro? Un tornare a casa, un tornare a casa! «... sa fermarsi da solo a solo con Lui per purificare il suo cuore...». Fate attenzione alle parole: «... da solo a solo con Lui». È bello recitare insieme la corona, il breviario... ma bisogna saper fermarsi da soli a soli con Dio. La preghiera comunitaria, specialmente la Santa Messa, non può sostituire la preghiera del solo a solo con Dio. «... sa rivedere le sue idee a contatto con quelle di Dio; sa rendersi disponibile alle esigenze del vivere religioso, comunitario e apostolico della Congregazione in cui liberamente ha scelto di vivere rispondendo alla chiamata divina. La voce concreta di Dio, della Chiesa e dei Libri santi passa e si incarna nella famiglia religiosa, da Lui suscitata e in cui ogni religioso sceglie di vivere. Soltanto allora un cuore pieno di Dio si rende disponibile ad una vita comunitaria integralmente vissuta; non evade, non costruisce propri mondi, proprie isole di divisione e di frattura. Ogni religioso dovrebbe disporre di un cuore umile, che sa riconoscere la propria miseria, le proprie deficienze, che teme di sbagliare e di tradire gli altri, che sa pregare Dio con tutto il cuore perché lo illumini e riscaldi, guidi, sostenga... che sa riporre soltanto in Lui il suo conforto e nella sua concreta volontà (costituzioni, spirito, regole, capitoli, superiori della Pia Società) il suo riposo». A questo punto avete qualcosa da dire? Tu, Daniele, che hai sonno, hai da contraddire su qualche cosa? Tu, Ruggero, sei d'accordo su questo? Uno è il padre, caro: Dio! Monsignore... che cosa ne dice, monsignore? Questo “cappello”, come direbbe don Matteo, è un cappello che va bene o no? Allora procediamo.

CONSACRAZIONE

CROCE aridità

CROCE difficoltà

PREGHIERA unione personale con Dio

EUCARISTIA tabernacolo

VIRTÙ

semplicità

Il riferimento è ad Antonio Bottegal, che all’epoca stava frequentando il 4° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

Don Ottorino, come prende l’esempio dello sposo fedele come modello di donazione totale, qui sviluppa l’esempio dello scapolo senza ideali e chiuso in se stesso come modello dell’egoismo, della sterilità e dell’insoddisfazione.

Il riferimento è al diac. Vinicio Picco, che essendo entrato in Congregazione come vocazione adulta, aveva senz’altro potuto conoscere casi del genere.

Il riferimento è a Mariano Apostoli, che all’epoca stava frequentando il 4° anno del corso teologico.

MI287,10 [09-01-1970]

10. «Ogni evasione della famiglia è egoismo.
La vita da scapoli gretti è vita di insoddisfazione e compromette il Regno di Dio nel tiepido arrangiarsi giornaliero a caccia di sensazioni e del minimo sforzo». Non so se avete capito il senso di queste frasi. Tu, Bottegal ? Sì? Avete capito? Comunque ripeto: «La vita da scapoli gretti è vita di insoddisfazione...». Lo scapolo gretto è uno che non vuole affrontare l'impegno di una famiglia perché costa troppa fatica: “Mantenere tre o quattro persone... meglio mantenere soltanto se stessi! E poi... essere legati, andare a casa... No, no, non voglio impicci, non voglio responsabilità. Per carità! Si sta così bene soli!”. Ecco, la nostra potrebbe essere una vita da preti, ma di “insoddisfazione” perché, se lo scapolo non ha il peso della famiglia, non ne ha neanche la soddisfazione. Basta osservarli questi scapoli quando, ormai avanti con l'età, hanno quaranta o cinquant'anni. Non è vero, Vinicio? Mentre i fratelli sono sposati con moglie e figli, loro restano soli in casa, in una stanzetta; unica loro soddisfazione è la pipa; nella loro stanza c’è il disordine; sono sporchi perché non hanno moglie, non hanno figlie che li tengano in ordine. A volte hanno qualche nipote che si prende cura di loro: “Mio zio è sempre sporco. Gli diamo un'occhiatina, gli laviamo i pantaloni...”. Eccolo il povero scapolo, messo là, in un angolino. Non lascia niente, proprio niente dietro di sé: non figli, non opere. È passato... non ha voluto affrontare difficoltà. Caro Mariano , è facile che noi religiosi siamo degli scapoli. È un pericolo enorme! Noi, che potremmo essere padri di molte genti perché il Signore ci ha chiamati ad essere padri, ad avere una famiglia immensa a paragone delle famiglie dei nostri fratelli sposati, corriamo il rischio di rimanere scapoli. A noi non è permesso restare in una posizione di mezzo: o in alto o in basso. Siamo chiamati ad elevarci in alto, perché o stiamo in alto o precipitiamo. Come un aereo quando decolla o vola, supponiamo, sull'oceano Atlantico, non ha altre scelte: o vola oltre o va giù; non può rimanere fermo nell'aria. La soluzione che ci viene offerta è questa: o essere dei consacrati interamente a Dio, con una figliolanza meravigliosa - sul piano spirituale, s'intende! - ovvero dei poveri scapoli, dei rovinati. La vita dello scapolo è una vita di insoddisfazione e «compromette il regno di Dio nel tiepido arrangiarsi giornaliero...». Insomma lo scapolo vive alla giornata, fa quello che farebbe uno spazzino pubblico, il quale si alza la mattina, pulisce le strade, raccoglie quattro bidoni di stracci e di immondizie e così ha fatto il suo lavoro. Di tanto in tanto passa l'ispettore: “Ehi, le pulizie? Qui va bene, là bisogna pulir meglio...”. Ecco, anche il prete scapolo fa così: si alza al mattino... Ogni tanto passa il vicario foraneo, che mette la firma sui registri, come l'ispettore: “Sì, sì, può andare!”.

FAMIGLIA

VIZI egoismo

SACERDOZIO prete

FAMIGLIA moglie

FAMIGLIA figli

CONSACRAZIONE religioso

SACERDOZIO paternità

spirituale

ESEMPI apostolo

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE mediocrità

Il riferimento è, forse, a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

L’espressione, molto cara a don Ottorino, è di San Paolo in Filippesi 2,8.

Don Ottorino dà l’ordine di spegnere il registratore, forse per il timore che certe sue espressioni, sentite fuori dal contesto, potessero essere male interpretate. Dopo l’interruzione, il tema riprende con un evidente salto.

MI287,11 [09-01-1970]

11. «La vita del religioso dal cuore vuoto di Dio è vita asservita alle impressioni del momento, segnata da continue stupidaggini, puntigli bambineschi, arrabbiature e permalosità, dove, sotto il pretesto della preoccupazione per l’apostolato si cela il proprio egoismo e il proprio accentrare. Si esige la carità dagli altri e non la si tocca neppure con un dito. In comunità allora ci può essere un continuo stato di guerra sorda, di egoismi e di giudizi esigenti in nome della carità; e fuori, tutto è possibile e fattibile, corrisponda o meno alle finalità della congregazione e della parrocchia; non si accettano osservazioni, non si cercano consigli, non si sentono i confratelli, non si sa rinunciare, attendere, obbedire... e tutto sotto la giustificazione della libertà dei figli di Dio».
Penso che i commenti siano inutili, non è vero, Pietro? «Le conseguenze di questo modo falso di vivere la propria vita religiosa sono tristissime. Si corre il pericolo costante di vivere una vita alla continua ricerca di quello che soddisfa, che faccia mettere in evidenza le proprie qualità umane, che spinga a giudicare inconsciamente sempre e intransigentemente dal proprio punto di vista personale, senza mai porsi il problema che il punto di vista primo è solo quello di Dio “factus oboediens usque ad mortem” , attraverso l'apertura e la ricerca di ciò che la congregazione si aspetta dal suo compito. È necessario continuare un esame dettagliato delle conseguenze della mancanza di una sincera vita interiore (che è vita a due con Dio, nella preghiera e penitenza), per poter coglierne la urgenza e debellare dal nostro spirito la illusione di essere perfetti se ci riconosciamo in qualcuno dei casi che verranno indicati, e così saper con umiltà correre ai ripari». Ci fermiamo per un po' di esame. Chiudi il registratore. ... sposi infedeli. Se abbiamo fatto all'amore con qualche ragazza e poi abbiamo piantato tutto in asso... in altre parole, se siamo dei vergini solo perché non abbiamo la sposa - come direbbe padre Matteo - o non abbiamo una donna, è troppo poco: bisogna essere degli amanti di Dio. Perciò, a conclusione della meditazione di questa mattina, proporrei un po' di esame su questo punto: chiediamoci se viviamo solo per la famiglia di Dio, come lo sposo vive solo per la sua; se questo pensiero è presente in noi durante la giornata; se in noi c’è questo sottofondo di donazione e di amore nel nostro operare. Un padre, per il quale la famiglia costituisce il sottofondo, sta male tutto il giorno se riceve una telefonata che in casa uno è ammalato: “Stamattina mi hanno telefonato che il piccolo ha la febbre”. Infatti sente la gioia e il dolore di tutta la famiglia. E lo si vede quando va in ufficio. “Che cos'hai?”. “Eh, sono contento perché il figlio è tornato a casa ieri sera con una bella pagella. Era tutto gioioso”. “Ma... che cos'hai?”. “Ah, taci! Ieri sera... tutta stanotte il figlio ha avuto la febbre!”. Insomma le gioie e i dolori della famiglia si riflettono sul volto del marito che va al lavoro. Altrettanto dev'essere per noi: le gioie e i dolori di Dio, le gioie e i dolori della Chiesa devono riflettersi sul nostro volto, se veramente ci sentiamo membri della famiglia di Dio.

CONVERSIONE esame di coscienza

CONSACRAZIONE verginità

DIO amore a Dio

DIO centralità

di...

APOSTOLO vita interiore

FAMIGLIA papà