560 Lettera del 27 marzo 1972, al diac. Giuseppe Filippi.

L560 [27-03-1972]

Don Ottorino, mentre si trova a Resende (Brasile) durante il suo 6° ed ultimo viaggio in America Latina, rinnova le espressioni dell’affetto paterno, ma nello stesso tempo conferma la contrarietà per l’ammissione al sacerdozio.
Si conserva la minuta: sono due fogli piccoli di un blocco per appunti, scritti a mano con penna biro sulla facciata anteriore, con molte correzioni. La firma autografa è con il solo nome.

27.III.1972

L560,1 [27-03-1972]

1 Carissimo Giuseppe
In queste ore tanto dolorose per te e per me voglio esprimerti per scritto tutto il mio dispiacere per quanto tu stai soffrendo e assicurarti che ti sono vicino con quell’affetto che mi ha sempre legato a te in tutti gli anni che siamo stati assieme. Ti ho sempre stimato, come ora ti stimo, per la tua fede, il tuo spirito di sacrificio, per lo zelo che hai per la salute delle anime. Mai ho dubitato della tua purezza e della retta intenzione. Ti amo come un padre ama un figlio e ti assicuro che sempre ti sono stato amico. Ciò però non mi impedisce di constatare in te un limite naturale, che nulla toglie alle tue doti di intelligenza e alla tua virtù, ma che pure è un fatto reale. Questo tuo limite, a tua insaputa e perciò non percepibile da te, ti porta talvolta a giudicare e ad agire in forma soggettiva fuori dal sentire comune. Questo tuo limite è stato notato anche dai tuoi insegnanti del Seminario, dell’Istituto Rossi e dai tuoi collaboratori nelle varie attività da te svolte nella nostra famiglia. Ho cercato in questi anni di farti pesare il meno possibile la tua situazione. Però di tanto in tanto te la ho segnalata, sia pure in forma più o meno velata. Ora io non intendo in alcun modo intralciarti la strada che tu desideri ardentemente seguire. Ho dovuto accennare al vescovo sul reale motivo per cui noi non ci sentiamo di farti ordinare sacerdote. Non potevo mentire. Se il vescovo poi ti ordinerà io sarò più contento di te. Come padre ti ordinerei anche questa sera per farti contento. Come superiore non mi sento di prendermi la responsabilità dinanzi a Dio. Certo tu farai fatica a comprendere questo mio discorso. Sappi però che ho scritte queste righe in Chiesa, dinanzi al Signore, al quale so di dover rendere conto di tutti i miei pensieri e azioni. In ogni caso continuiamo a volerci bene e ad aiutarci con la preghiera. Un fraterno saluto.

Tuo Don Ottorino

DOTI UMANE amicizia

DOTI UMANE

COMUNITÀ

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