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652 Lettera al signor Gino Consolaro

GINO CONSOLARO era, all’epoca, il responsabile dell’officina elettromeccanica dell’Istituto San Gaetano di Vicenza, che oltre all’insegnamento pratico ai giovani orfani era impegnata nella produzione di motori elettrici per aiutare il mantenimento dei giovani stessi. Era forse il laboratorio più sviluppato di tutto l’Istituto, con un buon avviamento industriale e commerciale. Il signor Consolaro proveniva da Arzignano (VI), dove viveva con la famiglia, e aveva lasciato appositamente la fabbrica Pellizzari per mettere a servizio dell’Istituto la sua competenza e l’esperienza acquisita nel campo della produzione di motori.

L652 [14-08-1955]

Don Ottorino, con parole piuttosto forti, si lamenta dell’atteggiamento critico e fa notare una serie di errori abbastanza gravi nella conduzione del laboratorio di elettromeccanica dell’Istituto San Gaetano di Vicenza.
Si conserva la copia carbone della lettera originale: sono tre fogli grandi di carta velina bianca, debitamente numerati, dattiloscritti sulla facciata anteriore. La firma autografa è abbreviata.

14 agosto 1955

L’ing. LIVIO BERNES, nato il 23.11.1921 a Trieste, laureato in ingegneria elettronica presso l’Università di Padova, era insegnante presso l’Istituto Industriale A. Rossi di Vicenza, del quale poi divenne preside per circa un ventennio. La sua collaborazione con don Ottorino e con l’Istituto cominciò nel 1954, quando venne chiamato come consulente progettista dei motori elettrici prodotti dalla scuola di elettromeccanica. Quando l’attività venne ceduta a una cooperativa e separata dall’Istituto stesso, continuò il suo servizio come consulente e come socio.

L652,1 [14-08-1955]

1Egregio Signor Gino,
le continue stilettate che da anni ci lancia alla schiena sono andate purtroppo in questi ultimi mesi enormemente aumentando, motivo per cui sono costretto a rompere quel velo che la carità cristiana mi aveva fatto stendere su di Lei. Lei, forse perché troppo spinto da amici o da altri, si è talmente automontato circa la Sua capacità da non accorgersi o da mimetizzare gli enormi errori commessi. Nei primi tre anni e mezzo tutto era in Sua mano: direzione tecnica, acquisti ed amministrazione. Noi dovevamo fidarci in pieno di Lei. Lei riscuoteva denaro, teneva a sua disposizione quello che credeva opportuno passando poi nota all’impiegato che dipendeva da Lei. Alla fine dell’anno 1952 Lei, tutto felice, mi preannunciava che i guadagni dovevano essere di non meno del 14 per cento. Si fece un regolare bilancio e ne venne una delusione che La portò ad una terribile crisi. Il guadagno apparente era appena del 7,2 per cento. Fu allora che esaminai a fondo la situazione per trovare la causa dell’andamento poco felice. Mi accorsi che in Lei mancava la capacità amministrativa e la serietà nel collaudo. Per la parte amministrativa basti solo ricordare la ghisa che Lei acquistava a £. 150 il Kg. mentre si poté trovarla con facilità a £. 130 al Kg. con un vantaggio economico di £. 100.000 al mese. Per la serietà nel collaudo dei motori è schiacciante ricordare l’errore da Lei commesso nell’acquisto dei duecento quintali di lamierino che portò danni di milioni. Infatti con quello Lei costruì oltre 500 motori il cui rendimento sarebbe stato riscontrato insufficiente da chiunque avesse avuta una infarinatura di elettrotecnica. Noi dovevamo vederci ritornare tutti quei motori con spese di trasporto a nostro carico oltre che la rovina completa del nome fatto precedentemente con tanta fatica. Esaminata dunque a fondo la situazione mi accorsi, oltre al sopradetto, che Lei era incorso in un altro errore e che cioè il guadagno era inferiore al 7,2 per cento. Non volli umiliarLa. La vedevo già tanto triste perché non vedeva l’utile sperato ed allora Le offersi una situazione di riposo. Chiesi a Lei quale fosse stato il Suo sogno di guadagno mensile. Lei mi disse che sognava circa £. 300.000 mensili. Avrei potuto risponderLe male, ma tacqui e accordai ciò che Lei mi chiese, cioè £. 100.000 mensili più il tre per cento sulla produzione, che unito alla tredicesima mensilità e alla liquidazione portano circa £. 300.000 mensili. Speravo averLa accontentata, ma poco dopo sentii alla schiena gli echi del Suo malcontento. Le cose non andarono bene: motori che continuavano a ritornare, proteste di ditte, altre completamente perse. Ciò mi indusse a fare esaminare la cosa da persone tecniche competenti. Cercai anche qui di salvare la carità per non umiliare Lei. Mandai a Torino tutti i dati dei motori con i relativi lamierini per un accurato esame. L’Ing. Rava mi parlò molto chiaro: maggioranza dei tipi sono insufficienti e altri nettamente sbagliati. Non volli ancora umiliarLa. Assunsi un consulente tecnico nella persona dell’Ing. Bernes , il quale confermò la relazione dell’Ing. Rava, e lo pregai di agire con Lei con la massima carità senza calcare sui suoi errori e sulla faciloneria del collaudo. Piano piano si studiarono tipi nuovi e vennero lasciati a parte gli altri con relativa perdita di quasi cinque milioni di attrezzatura. Mai l’Istituto si è rivalso sulle perdite avute per causa dei Suoi errori. La situazione economica del laboratorio passò dei momenti veramente tragici. Lei solo in mezzo a tante difficoltà andava e va pensando e dicendo di essere l’unico artefice di immensi guadagni da parte dell’Istituto, guadagni che l’Istituto stesso ingiustamente ritiene. Non avrei voluto recarLe questo dispiacere, anche perché non è compito sacerdotale quello di umiliare. Finché ho potuto, nonostante la situazione economica difficile, ho voluto tacere e lasciarLa nella pia illusione. Oggi però, dato il Suo atteggiamento, sono stato costretto a questo atto odioso ma necessario. Non creda che per questo sia diminuito in me verso di Lei quell’affetto che me lo fece vedere un giorno collaboratore nell’opera redentrice di tanta gioventù, collaboratore che io spero riavere in avvenire legato da un affetto più che fraterno. Seppellito un passato per entrambi doloroso, chiarita cristianamente la situazione, credo sia più facile collaborare con reciproca stima e comprensione. Nella speranza di essere stato da Lei bene inteso, presentando umili scuse per l’involontario dispiacere recatoGli, sentitamente ossequia.

Don Ottorino P.S. Di quanto asserito tengo un’ampia documentazione, pronto eventualmente a farla vedere a qualunque interessato lo richiedesse.

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