1. Non so se vi sia giunta la notizia, ma è meglio che la diciamo ed eventualmente la ripetiamo. Ieri mattina è arrivato un telegramma in cui si diceva: “Giovedì, ore 14 - cioè alle due del pomeriggio - arrivo a Milano. Don Ugo”. Il nostro carissimo don Girolamo, accompagnato dal rappresentante del popolo, l’illustrissimo Pietro, sono andati a ricevere il carissimo Ugo, e invece hanno visto l’aeroplano arrivare senza Ugo. Poi, constatato che non era arrivato con quel volo, hanno detto fra loro: “Forse arriverà con il volo delle 17,30”, ma non è arrivato neppure con quello. Penso che abbia mandato il telegramma sperando che arrivasse dopo questo giovedì, perché prevedeva di arrivare giovedì della prossima settimana.Però, qui volevo sottolineare un particolare che, mi pare, vale la pena di ricordare.Mia mamma era solita dire: “Non si muove foglia che Dio non voglia”. Era tua nonna che lo diceva, Vinicio? Allora mia mamma è sua nonna. Non è vero? “Non si muove foglia che Dio non voglia”.
I nostri carissimi rappresentanti ad accogliere don Ugo, essendo pratici dell’ambiente, sono andati a Pessano a vedere i nostri cari amici don Angelo e compagni. Mentre erano con loro è giunto un ragazzo che aveva fatto la terza media e che voleva farsi missionario, e insisteva con il parroco perché telefonasse al P.I.M.E. o a qualche altro Istituto. Per farla breve questo ragazzino che, almeno per quanto a riferito don Girolamo, prega molto, tanto che anche ieri aveva fatto la sua Via Crucis e recitato la corona - “Anche troppo”, ha detto don Venanzio - potrebbe venire da noi. Conclusione: oggi don Venanzio andrà a Pessano a prelevarlo e poi lo aiuterà per un discernimento vocazionale.State attenti! Guardate che nella vita apostolica capiteranno spesso fatti di questo genere. Direbbe il Manzoni: “Sono casi che non sono casi”. Pensate quanto ha girato il nostro don Venanzio per le vocazioni, e forse il Signore vuole il sacrificio da una parte e poi manda una vocazione dall’altra.
Può capitare la stessa cosa con un peccatore: si rompe la macchina per strada e tu ti arrabbi anche un po’ e dici anche quattro parolacce perché perdi tempo; vai dentro in un’officina e lì fai un incontro con una persona che, magari, dopo qualche anno finisci per confessare, non subito, ma magari dopo qualche anno: spesso l’inizio di una conversione avviene così.Guardate che noi siamo un po’ come quegli insetti che vanno per prendere il polline da una parte e lo portano per fecondare in un’altra parte. Noi dobbiamo sentirci strumenti nelle mani del Signore, proprio strumenti: logicamente dobbiamo cercare di darci da fare, dobbiamo impegnarci, però ricordatevi che forse il Signore, senza che ce ne accorgiamo, vuole servirsi qualche volta per i suoi fini. Come ieri: forse il Signore aveva stabilito che quel ragazzino dovesse venire qui e ha permesso lo sbaglio di don Ugo perché voleva portare qui quel ragazzino, perché sia l’inizio di una catena di altri ragazzi e giovani della parrocchia di Pessano. Guardate che questo vi capiterà spesso.Io, guardando al mio sacerdozio e ripensando a questi casi che non sono casi, vedo che tante volte, ma veramente tante volte, il Signore si è servito di questi casi per fare le sue opere di misericordia, di carità, di amore.Cercate di non avere gli occhi chiusi, ma di vedere il passaggio di Dio anche in questi momenti. Dico male, caro don Zeno ? Penso che questo succeda anche nelle piccole cose pratiche, anche nelle situazioni di lavoro: il Signore manda una persona, per caso... non perdete l’occasione. In questo caso di Pessano è stato abbastanza facile individuare come regolarsi, mentre qualche altra volta è più difficile, come è capitato a noi quella volta che siamo stati a Milano, insieme con don Antonio Bottegal, con il signor Mario e siamo stati due ore con lui a parlare di nostro Signore.
Cercate, allora, di stare attenti al piccolo campanello che magari il Signore suona, alla parola che si dice, perché forse il Signore ti ha mandato là anche per quello: voleva che l’uomo di Dio arrivasse in quel posto e dicesse quella parola.
MI315,2 [14-08-1970]
2. Ed ora, fratelli miei, pensando che anche quanto abbiamo detto faccia parte della meditazione, iniziamo la nostra santa riflessione.Stamattina consideriamo un discorso che Gesù ha fatto a un gruppo di persone; a noi interessa moltissimo la parte finale, ma lo leggiamo un po’ nel suo insieme. Questo discorso Gesù lo avrebbe fatto a un gruppo di proseliti, fenici, gentili: lo leggiamo fin dove ci interessa.
«Uomini ebrei, qui per ragioni diverse, proseliti, fenici, gentili tutti, udite la Parola di Dio, comprendete la Giustizia, conoscete la Carità. Avendo Sapienza, Giustizia e Carità, avrete i mezzi di giungere al Regno di Dio, a quel Regno che non è esclusività dei figli di Israele, ma è di tutti coloro che ameranno d’ora in poi il Vero, Unico Dio e crederanno nella parola del suo Verbo.Udite. Io sono venuto da tanto lontano non con mire di usurpatore né con violenza da conquistatore. Sono venuto solamente per essere il Salvatore delle anime vostre».Questo dovrebbe essere il distintivo dei nostri religiosi che dovrebbero sempre poter dire: “Sono venuto da tanto lontano non per essere il conquistatore, non per voler essere il civilizzatore, non per trasformare il Brasile, non per fare in modo che il Brasile divenga una nuova America del Nord. Sono venuto per essere il salvatore delle vostre anime”. Questo distintivo di salvatori di anime non lo dobbiamo perdere neanche se impiantiamo una scuola professionale. Noi, in modo particolare, che vorremo specializzarci un po’ anche nella santificazione del lavoro, che vorremmo avviare qualche scuola professionale, finché i cristiani non potranno organizzarla da soli, per aiutare i giovani a prepararsi al lavoro, anche se portiamo un po’ di quello che il Signore ha portato qui in mezzo a noi, cioè un po’ di sviluppo, un po’ di civiltà tecnologica, ricordatevi che la gente deve accorgersi che tutte queste cose noi le facciamo come mezzo e non come fine.
MI315,3 [14-08-1970]
3. Adesso vi annuncio ufficialmente che all’Istituto San Gaetano avverranno prossimamente dei cambiamenti di questo genere. Voi sapete che abbiamo le tre medie dell’esternato : quest’anno ci saranno ancora le tre medie, ma l’anno prossimo la prima media cesserà, l’anno seguente anche la seconda media e quest’altro anno ancora anche la terza media. Che cosa resterà? Con l’anno venturo cominceremo una nuova esperienza. Quando abbiamo cominciato, la finalità era creare una scuola di avviamento al lavoro e una scuola per esterni dopo l’avviamento. Questo studio di avviamento professionale l’abbiamo cominciato anche con i più anziani in modo da tenerli separati e accoglierli in seguito in laboratorio. Poi l’avviamento si è trasformato in scuola media, e ci è stata presa di mano un po’ quella che era la finalità dell’esternato che doveva essere una scuola professionale per esterni. E allora abbiamo deciso di fare lì una scuola di tipografia, come una vera specializzazione: offset, fotografia, fotoincisioni, ed altre applicazioni, per cui i ragazzi si specializzano nella sezione fotografica, nella sezione dei montaggi, nella sezione della stampa, in modo da attrarre allievi dalla città e anche da altre località. Ci sarà inoltre la possibilità di fare qualche corso anche alla sera perché, per esempio, ci sono degli operai che lavorano come compositori e che vorrebbero diventare esperti dell’offset o montatori per migliorare la loro posizione economica, per cui per loro organizzeremo alcune ore d’insegnamento serale. Vorremmo fare questa ristrutturazione della scuola in unione con il presidente degli industriali, con il presidente dei grafici, con il presidente della Camera di Commercio, formando cioè un piccolo comitato di consultazione, modo che la scuola acquisti un certo prestigio e la gente possa dire: “Che buona questa scuola! Così si aiutano i giovani...”. La prima impressione che susciteremo in città sarà quella di benefattori che aiutano i giovani e gli operai a guadagnarsi un pezzo di pane.Però non dobbiamo assolutamente mostrare questo a chi si avvicina a noi. Qualcuno di voi potrebbe obiettare: “La scuola non deve forse essere fatta bene?”. Non dico bene, ma benissimo dobbiamo farla, però quando uno vi entra deve accorgersi assolutamente che noi facciamo tutto questo perché siamo salvatori di anime: la nostra finalità è quella di essere salvatori di anime. Guardate che è facile quando ci si tuffa a fare i maestri di lavoro o qualche cos’altro, che ci si butti dentro e si dimentichi, o anche soltanto, si supponga l’aspetto più importante. E invece no! Le anime devono sentire che c’è un’anima sacerdotale, un’anima diaconale, un’anima apostolica vicino a loro: a un dato momento vengono per imparare un mestiere e devono ripartire vivi, pieni di vita spirituale, ricchi di spiritualità.Scusate se mi sono fermato su questo aspetto, ma mi pare che Gesù sia venuto dal cielo per questo: per salvare le anime. Non è venuto per fare rivoluzioni, non è venuto per fare il Che Guevara o il Camillo Torres; avrebbe potuto fare il guerrigliero meglio di qualunque altro. Se avesse voluto trasformare, che so io, la piccola nazioncina ebraica in una nazione capace di dominare il mondo intero, sarebbe riuscito. E invece no: lui è venuto a salvare le anime. Naturalmente aiutava e faceva anche i miracoli. Noi non faremo miracoli, ma il nostro miracolo sarà quello di amare, di sacrificarci, di fare carità, di aiutare. Ricordatevi che devono sentire che il nostro compito è quello di essere salvatori di anime.D’accordo, don Girolamo? Questo poi non toglie nulla alla apertura che c’è nelle nostre missioni e che deve essere anche maggiore.
MI315,4 [14-08-1970]
4. «I domìni, le ricchezze, le cariche, non mi seducono. Sono nulla per Me e non le guardo neppure. Ossia le guardo per commiserarle, perché mi fanno compassione, essendo tante catene per tenere prigioniero il vostro spirito impedendogli di venire al Signore Eterno, Unico, Universale, Santo e Benedetto. Le guardo e le avvicino come le più grandi miserie».Se fossimo capaci anche noi di non lasciarci sedurre dalle cariche, dagli onori, dalla fama! Eppure ricordate che dentro di noi c’è sempre questo desiderio di essere primi. Se siamo in cinque e si fa l’elezione per eleggere il capo, tutti dicono: “No, io non voglio essere eletto...”, ma tutti nell’intimo desiderano di esserlo. Sì, caro Lunardon! Se in una casa cinque si radunano per eleggere il superiore, nessuno vuole essere il superiore, ma poi “indegnamente” accettano di essere superiori. Se un domani uno viene eletto, si fa finta di disprezzare, ma, in fondo in fondo, siamo tutti pieni di superbia. Gesù lo dice chiaramente che non dobbiamo lasciarci sedurre da quel che può essere sfoggio di potere, l’indossare “stracci” rossi da monsignore o fregiarsi di tocchi da cavaliere, commendatore o cose del genere. Guardate che è facile che questo succeda anche fra religiosi.«E cerco di guarirle del loro affascinante e crudele inganno che seduce i figli dell’uomo, perché essi possano usarle con giustizia e santità, non come armi crudeli che feriscono e uccidono l’uomo, e per primo sempre lo spirito di chi non santamente le usa.Ma, in verità vi dico, mi è più facile guarire un corpo deforme che un’anima deforme».Qui ci sarebbero tante cose da dire. Guardate che Dio arriva a questo, e credo che questo sia vero, non importa se sia stato detto o non detto da Gesù : “... è più facile guarire un corpo deforme che un’anima deforme”.Ricordate quel pensiero che vi dissi in altro momento, e cioè che è più facile dare la vista a un cieco che non salvare un’anima? L’avevo preso da qui. Se domani ci incontrassimo con un cieco per strada e ci incontrassimo pure con un superbo, per esempio, con una persona piena di alterigia, è più facile compiere il miracolo di guarire il cieco che non fare in modo che il superbo divenga umile.È Gesù stesso che lo dice.
«Mi è più facile dare luce alle pupille spente, sanità a un corpo morente, che non luce agli spiriti e salute alle anime malate. Perché ciò? Perché l’uomo ha perso di vista il vero fine della sua vita e si occupa di ciò che è transitorio».
MI315,5 [14-08-1970]
5. Se noi adesso esaminassimo tutta l’umanità, se guardassimo tutti gli uomini, le persone del mondo e facessimo un’analisi, vedremmo che l’umanità «...ha perso di vista il suo vero fine e si occupa di ciò che è transitorio». L’uomo trasforma i motel e gli autogrill che ci sono in autostrada in albergo. Invece non è possibile perché in essi ci si ferma per prendere un po’ di ristoro, per mangiare un pezzo di pane, per rifornirsi di benzina altrimenti si resta a piedi, e poi si continua il viaggio, e invece ci si ferma, come ci si ferma in un posteggio dell’autostrada e lì si fa la casa. Anime di Dio, quello è un posteggio dove ci si ferma un momentino, si passa un’oretta, si trascorre una mezza nottata, magari sotto una tenda, ma non è quella l’abitazione stabile. Quelli sono tutti mezzi per arrivare alla fine del viaggio e invece quanti uomini li fanno diventare fini!Da questa considerazione dovrebbe nascere in noi quel senso di “misereor super turbam” , il senso di compassione per la povera gente immersa nei propri interessi materiali, che ha trasformato le cose del mondo in un fine dimenticando il vero fine della vita.«L’uomo non sa o non ricorda, o ricordando non vuole ubbidire a questa santa ingiunzione del Signore, e, dico anche per i gentili che mi ascoltano, del fare il Bene, che è Bene in Roma come in Atene, in Gallia come in Africa, perché la legge morale esiste sotto ogni cielo e in ogni religione, in ogni retto cuore. E le religioni, da quella di Dio a quella della morale singola, dicono che la parte migliore di noi sopravvive, e a seconda di come ha agito sulla terra avrà sorte dall’altra parte».A volte si vede certa gente, per esempio certi industriali preoccupati di accumulare beni, di mandare soldi all’estero, di mandare da una parte e assicurare dall’altra, e magari hanno ottant’anni, e non si preoccupano dell’anima: vanno magari in macchina a Milano per trovare qualche buon affare, hanno uno scontro, e giunge la fine, una bella lapide, un bel funerale. E la vita eterna? E la vita eterna? E la vita eterna, figlioli?«Fine dunque dell’uomo è la conquista della pace nell’altra vita, non la gozzoviglia, l’usura, la prepotenza, il piacere, qui, per poco tempo, scontabili per una eternità, con tormenti ben duri. Ebbene l’uomo non sa, o non ricorda, o non vuole ricordare questa verità. Se non lo sa è meno colpevole. Se non la ricorda è colpevole alquanto, perché la verità deve essere tenuta accesa come fiaccola santa nelle menti e nei cuori. Ma se non la vuole ricordare, e quando essa fiammeggia egli chiude gli occhi per non vederla, avendola odiosa come la voce di un retore pedante, allora la sua colpa è grave, molto grave».Ecco la grande realtà: la nostra missione è proprio quella di avvicinare questi uomini che non sanno, che non vogliono sapere, che non ricordano o che non vogliono ricordare, e illuminarli.
MI315,6 [14-08-1970]
6 «Eppure Dio la perdona, se l’anima ripudia il suo male agire e propone di perseguire, per il resto della vita, il fine vero dell’uomo, che è conquistarsi la pace eterna nel Regno del Dio vero».Ecco un altro pensiero consolante! Questo pensiero mi ha fatto tanto piacere che non ne avete neanche l’idea. Noi abbiamo la missione di illuminare e di salvare le anime, ma qualche persona magari di cinquanta o sessant’anni potrebbe dire: “Io sono vissuto in mezzo a un mucchio di miserie, ho perso ormai la vita e sono verso la fine della mia vita: che cosa faccio? Ormai ho rovinato tutto...”; in quell’anima c’è come un senso di disperazione potrebbe farla pensare che tutto ormai è finito. C’è qui un pensiero veramente consolante, un pensiero che voglio riassumere in poche parole per fare più presto.Il Signore dice che quando una persona ha sbagliato vita, cioè quando nella vita ha sbagliato strada, non si deve preoccupare perché non accade come nelle cose umane che si deve tornare indietro; qui avviene un miracolo, avviene un miracolo: lui viene preso dalla mano di Dio e riportato sulla strada giusta.Supponiamo che si decida di andare da Bosco al Summano perché la maggioranza vuole andare al Summano; uno, però, sbaglia strada, sbaglia perché vuole lui e lo fa proprio con cattiveria, e al bivio di Bosco prende la strada per Santa Caterina. Quando è arrivato a Santa Caterina si pente e dice: “Mamma mia, che cosa ho fatto! Ho sbagliato! Signore, ho sbagliato! Voglio rimettermi sulla strada giusta!”. Noi allora diremmo: “Ebbene, adesso torna indietro e quando arrivi a Bosco prendi la strada per il Summano”. Non è vero? Ma è una parola dire a uno che ha cinquanta o cinquantacinque anni: “Torna indietro e va’ fino a quel bivio”.
MI315,7 [14-08-1970]
7. Il Signore invece dice:«La bontà dell’Eterno, Vero Signore Iddio, è tale che non vi fa certo ripercorrere a ritroso la via fatta, per rimettervi al bivio dove voi, errando, avete lasciato il giusto sentiero per l’ingiusto. È tanta che dal momento in cui voi dite: “Io voglio essere della Verità”, ossia di Dio perché Dio è Verità, Dio, per un miracolo tutto spirituale, infonde in voi la Sapienza, per cui voi da ignoranti divenite possessori della Scienza soprannaturale, ugualmente a quelli che da anni la possiedono».Siate certi di questo perché io l’ho sperimentato molte volte. Non siete d’accordo? Se un’anima, che fino ai cinquant’anni ne ha fatta una per colore sotto tutti i punti di vista, contro la purezza, contro l’umiltà e contro le altre virtù, a un dato momento si converte e dice: “Sì, ho sbagliato! Signore, perdonami! Voglio ricominciare!”, tu vedi che entra in quell’anima una tale sapienza che tante volte passa avanti a coloro che camminavano già nella retta via... magari gli altri che avevano preso il sentiero giusto per il Summano sono arrivati al Colletto e quello che è di ritorno da Santa Caterina, magari Dario , lo vedi cento metri più avanti di loro.
Questa è la conversione, ma deve essere un’autentica conversione. Quando un’anima si converte e si dà a Dio, il Signore non gli fa rifare la strada dicendogli: “Adesso comincia di nuovo!”. No! Un dato momento la prende per mano e con un atto di grazia, ma proprio di amore, di Spirito Santo, se lo porta via, se lo porta in alto: ecco la bontà di Dio! Nella mia vita sacerdotale ho visto tanti di questi miracoli di Dio: tu vedi veramente che quando un’anima dice di sì a Dio avviene il miracolo della grazia.Ecco perché qualche volta io sono uscito in qualche sproposito e ho detto che se qualcuno non è “né freddo né caldo” sarebbe meglio che avesse combinato qualche mancanza grave perché a un dato momento, inginocchiandosi dinanzi a Dio, il Signore lo prenderebbe per mano e lo eleverebbe. In altre parole piuttosto che Dario vada avanti verso il Summano pian pianino, chiacchierando, fermandosi ad ogni paracarro come i cagnolini, è preferibile che sbagli strada e, arrivato a Santa Caterina, in un momento di pentimento dica: “Che cosa ho fatto!”, e immediatamente si trova al Colletto, mentre gli altri sono arrivati appena al ‘fontanon’.
MI315,8 [14-08-1970]
8. Nella vita spirituale vi troverete con anime che saranno sotto la vostra direzione, ma che vi passeranno davanti, così, pacifiche e tranquille... Non c’è niente da ridere, caro don Zeno: lui è passato davanti a noi perché è venuto dal mondo. Voleva alludere a questo il nostro caro don Zeno.
Sapete che leggendo l’apologia della sapienza, cioè di questa sapienza di Dio, troviamo che quando essa entra, a un dato momento si gusta solamente quella. È come uno che beve con piacere del vino e dice: “Vuoi che beva l’acqua che fa marcire i pali? Datemi vino, vino!”. Uno che gusta la sapienza, vede tutto nella luce della sapienza: gusta Dio e soltanto le cose di Dio, e le altre cose le gusta in Dio e soltanto in Dio. Questa è la sapienza che deve entrare nel nostro cuore e che tante volte voi troverete nel cuore di un peccatore convertito.«Sapienza è volere Dio, amare Dio, coltivare lo spirito, tendere al Regno di Dio ripudiando tutto ciò che è carne, mondo e Satana. Sapienza è ubbidire alla Legge di Dio che è legge di Carità, di Ubbidienza, di Continenza, di Onestà. Sapienza è amare Dio con tutti se stessi, amare il prossimo come noi stessi. Questi sono i due indispensabili elementi per essere sapienti della Sapienza di Dio. E nel prossimo sono non solo quelli del nostro sangue o della nostra razza e religione, ma tutti gli uomini, ricchi e poveri, sapienti o ignoranti, ebrei, proseliti, fenici, greci, romani...».Qui ci sarebbe da fare un’altra meditazione, ma ricordatevelo: dobbiamo domandare a Dio per noi e per i nostri fratelli religiosi e per tutti gli uomini il dono della sapienza perché quando questo è arrivato siamo a posto.