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IL DIACONO DELLA CONGREGAZIONE NEL NOSTRO TEMPO

MI199 [19-08-1967]

19 Agosto 1967

Dopo un inizio confuso della conferenza, un religioso espone i risultati di una ricerca fatta dal gruppo degli studenti del corso teologico sulla figura del diacono nella Congregazione. Finito questo intervento, che non è stato registrato, don Ottorino prosegue la conferenza con le sue considerazioni sull’argomento.

Don Ottorino era conscio che il diaconato era parte integrante del carisma della Congregazione e che spettava alla Congregazione far vivere questo ministero nel concreto. Senza superbia don Ottorino sapeva che Dio voleva che il diacono della Pia Società doveva essere modello ed esempio dei diaconi che sarebbero stati ordinati nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II.

Zeno Daniele aveva completato all’epoca il 1° anno del corso teologico.

Giovanni Orfano aveva già completato il 1° anno del corso teologico presso il seminario vescovile e stava preparandosi per il diaconato.

Ruggero Pinton era compagno di corso di Giovanni Orfano, ma orientato verso il sacerdozio.

MI199,1 [17-08-1967]

1 State attenti! Spero che non vi arrabbierete se dico le mie impressioni. Se sbaglio, fatemi un piacere: correggetemi!
Io vorrei che nelle vostre relazioni più che dire: “Dobbiamo fare questo, dobbiamo fare quello, dobbiamo fare quest’altro...”, diceste: “Secondo noi la figura del diacono è... Mi piacerebbe che il diacono fosse...”, cioè dovreste dire come voi pensate il diacono. Avete capito? Non so se sbaglio. Quando è uscito il decreto sul diaconato, in esso è stato detto quali sono le funzioni sacramentali del diacono, e il Santo Padre ha affermato che la teologia del diaconato si sarebbe sviluppata con il tempo. Ricordate che ha sottolineato questo: si svilupperà con il tempo, si vedrà in avvenire. Ora io vorrei portare avanti il discorso: come lo pensate voi il diacono? Come lo vedete nella sua funzione di apostolo? Bisogna che pensiamo qualcosa di nuovo. Non so se ho reso l’idea. Che cosa ne dici, Zeno? Siamo d’accordo su quello che voi avete detto, pienamente d’accordo, ma facciamo un passo in avanti: cerchiamo di vedere il diacono nella sua proiezione apostolica, nel suo futuro apostolato. Se, infatti, io parlo di un santo parroco subito penso al santo Curato d’Ars, richiamo un’immagine di un santo prete. Per richiamare l’immagine di un santo diacono non si può pensare a Santo Stefano o a San Lorenzo mentre sta bruciando sulla graticola. Devo avere davanti un’immagine di diacono, e questa immagine devo averla per chi? Per Orfano che sta preparandosi. Se io dico a uno che sta preparandosi per diventare sacerdote, a Ruggero : “Devi diventare un santo sacerdote!”, lui ha davanti dei modelli: San Francesco Saverio, San Francesco di Sales... Cioè c’è qualcuno che mostra il Vangelo vissuto, per lo meno c’è anche un Vangelo vivo. Voi dovete diventare “vangeli viventi”; noi dobbiamo presentarci come “vangelo vivo”.

DIACONATO diacono

CHIESA Papa

APOSTOLO

SACERDOZIO prete

Nel testo registrato si ascolta una voce che interviene per fare un commento.

Don Ottorino, in questo contesto, intende per ‘chiesa’ l’attività sacramentale che si svolge appunto in chiesa.

È chiara l’allusione di don Ottorino alla celebrazione dell’Eucaristia.

Nel testo registrato si ascolta una voce che dice: “Se uno solamente all’altare assume le funzioni diaconali, per conto mio, non è giustificato che vada solo diacono”, e don Ottorino riprende la riflessione partendo da quest’ultima affermazione.

MI199,2 [17-08-1967]

2 Una mamma di famiglia contempla la Madonna, contempla tante sante buone mamme: ha quindi dei “vangeli vivi” davanti agli occhi. Una ragazza che vuole divenire una santa mamma ha dei “vangeli vivi” a cui ispirarsi. Anche nei nostri paesi abbiamo delle eroine cristiane, mamme veramente eroiche, per cui una ragazza può dire: “Io vorrei divenire una mamma come quella!”. Il nostro diacono, invece, non ha dinanzi il prototipo, un “vangelo vivo”, un diacono come esempio. Non so se sbaglio. Per questo vorrei che fosse fatto insieme uno sforzo e forse, poi, saremo capaci di dipingere questo diacono. Stiamo cercando la verità.
Il diacono senza le mansioni sacramentali sarebbe incompleto, ma è più grande quasi l’altra sua mansione... Adesso io dico come la penso: se io prendo un diacono e insisto sulle sue mansioni sacramentali, cioè che può battezzare, eccetera, accenno a mansioni che sono grandi, grandissime, ma lo metto in secondo grado rispetto al sacerdote, perché il sacerdote può dire Messa, può confessare. C’è però una specializzazione anche per lui: il diacono, nel campo della chiesa arriva fino a quel punto, ma poi ha dei compiti che sono superiori, che sono grandi. Vediamo se sono capace di portare un esempio: il sacerdote s’innalza da una parte , il diacono s’innalza da un’altra; hanno un corpo comune, hanno una parte comune, la distribuzione dell’Eucaristia, ma poi ci sono delle specializzazioni per il sacerdote, come confessare, dire Messa, eccetera, e ci sono delle specializzazioni per il diacono. Vorrei dire, se non dico una bestemmia, che il sacerdote è quasi come una mano che uccide e che sacrifica, e il diacono la mano che distribuisce la vittima sacrificata. Tuttavia anche il diacono deve essere in comunicazione con l’Altissimo. Il sacerdote offre, il Signore butta giù, il diacono prende; sacerdote e diacono distribuiscono, ma poi, specialmente il diacono ha una sua funzione particolare. È sbagliato? E allora che vada prete! Perché dovrebbe fermarsi ad essere solamente diacono? Perché, se è arrivato a quel punto, deve fermarsi diacono? È preferibile che vada prete, e almeno può dire la Messa e può confessare. Però, se va prete non può fare il diacono. E che cosa vuol dire fare il diacono? Distribuire la comunione? Non quello solo; c’è anche quello, ma non quello soltanto. Il diaconato è servizio, ma non a servizio del prete.

MARIA modello

FAMIGLIA mamma

DIACONATO diacono

SACERDOZIO prete

ESEMPI diaconato

EUCARISTIA S.Messa

EUCARISTIA comunione

DIACONATO servizio

Don Ottorino si riferisce al mito del re Mida, re dei Frigi, che per insana avidità aveva chiesto al dio Dioniso, che voleva essergli riconoscente per un favore fattogli, di poter trasformare in oro tutto quello che toccava. Ma ben presto, rischiando di morire di fame, si pentì della sua stoltezza e chiese a Dioniso di farlo ritornare normale.

Forse don Ottorino ha in mente la borsa dell’acqua calda che si usa in inverno per scaldarsi a letto: per mantenerla calda più a lungo, viene solitamente ricoperta da un panno di calda lana.

Le prime Costituzioni approvate dal vescovo monsignor Carlo Zinato il 25.12.1961 parlano dell’assistente nel capitolo III, agli articoli 6 e 8, e già in essi la figura dell’assistente assume dei tratti specifici importanti per i fini che la Congregazione si propone nell’apostolato parrocchiale e missionario a servizio della Chiesa e del mondo.

MI199,3 [17-08-1967]

3 Il diacono, come lo concepiamo nella nostra Famiglia religiosa, non è soltanto per dare possibilità ai sacerdoti di attendere alla comunione, ma ha un suo apostolato specifico vero e proprio. Specialmente in questo momento in cui, si può dire, tutto parla di materia, in cui tutto parla di tecnica, è proprio il diacono che deve uscire di chiesa e mettere la sua mano e trasformare tutto in oro, come il re Mida , toccare e spiritualizzare, avvicinare e portare a Dio: avvicinarsi all’operaio, avvicinarsi all’industriale, avvicinarsi e portare a Dio.
Il compito diaconale è difficile come quello sacerdotale, anzi quello del diacono è più difficile, per cui ha maggiore bisogno di santità e di comunicazione con Dio. Se il prete deve essere unito a Dio, l’altro deve esservi unito tre volte, perché non porta la veste e questo lo pone in una situazione particolare. Il sacerdote si presenta con la sua veste e questo è già un segno di qualcosa. Prendiamo, per esempio, Venco, tanto per sottolineare un particolare, Venco vestito da operaio quando vengono qui i camionisti: “Ehi, senti qua...”; gli danno del tu. Si presenta subito dopo un altro con la veste e gli stessi dicono: “Scusi...”. Il sacerdote ha una veste che lo aiuta a presentarsi e a introdursi, per cui si coglie che è portatore di Cristo; è tutta un’altra cosa! Il diacono non ha la veste, perciò è scoperto, ed essendo scoperto deve avere una carica spirituale maggiore. Se tu porti un vaso caldo, se questo è già un po’ difeso il calore si conserva, ma se è scoperto deve essere molto più caldo per poter fare effetto. Ora mi pare che la nostra teologia sul diaconato deve essere approfondita, altrimenti voi rischiate di prendere un granchio enorme, perché il diacono non è diacono se lo presentate sottolineando soltanto la parte sacramentale, anche se l’aspetto sacramentale è grande. Giustamente Orfano, che è venuto da me prima, dice: “Guardi che per me l’articolo dell’assistente, anche se non venisse il diaconato, è già giustificato in partenza!”. È vero o no? Per me in una parrocchia l’assistente ha già la sua missione grande, grande, grande, e sono d’accordo con te, e questa missione la mettiamo giuridicamente a posto con il diaconato. È chiaro? Ed essendo diacono ha queste specifiche mansioni...

CONGREGAZIONE carisma

DIACONATO diacono

SACERDOZIO prete

SACERDOZIO veste

ESEMPI diaconato

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE assistente

CONGREGAZIONE Costituzioni

MI199,4 [17-08-1967]

4 Vi ho già detto altre volte dove ho pescato la parola “assistente”. Quando io ho messo il nome assistente, io ero assistente dell’oratorio e cioè lo spiritualizzatore dell’oratorio, e allora io ho detto: non occorre che sia un sacerdote a fare questo, qui basta un diacono. Sognavo un diacono, ma non si poteva usare allora questo titolo, potevo però chiamarlo assistente; gli altri prenderanno un granchio e diranno “assistente dei giovani”, e invece io intendevo “assistente ecclesiastico”. Perciò voi siete assistenti ecclesiastici. Dico male?
Quale era la missione dell’assistente ecclesiastico nell’Azione Cattolica? Come si definiva l’Azione Cattolica? “Collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa”. Collaborazione tra preti e laici, non impegno del prete a tirare i laici perché vadano a confessarsi: tutti i laici devono essere collaboratori della gerarchia nell’apostolato della Chiesa. Che cosa fa il sacerdote nell’Azione Cattolica? Assiste spiritualmente. È il presidente che deve fare la conferenza perché è una organizzazione di laici che collaborano con la gerarchia; sono laici, veri e propri collaboratori del sacerdote, e il sacerdote li spiritualizza, con qualche pensiero spirituale li eleva, spiritualizza il loro lavoro. Questo impegno per conto mio è del diacono. Infatti c’è un gruppo di laici che sta lavorando per la conquista delle anime, per essere apostoli, ed è giusto che lo spiritualizzatore di questi sia uno che è loro fratello e che vive in mezzo a loro. Cari miei, a questo proposito abbiamo dei problemi forti da vincere.

CHIESA Movimenti ecclesiali

PASTORALE laici

SACERDOZIO prete

APOSTOLO salvezza delle anime

Don Ottorino si rivolge a don Luigi Furlato, maestro dei novizi e compagno di studi e di sacerdozio di don Luigi Mecenero, superiore della Comunità di Resende in Brasile, mentre don Pietro Martinello, nominato subito dopo, era il superiore della Comunità che da poco più di un mese si era insediata nella città di Presidencia Roque Sáenz Peña nel Chaco (Argentina).

Nel testo registrato si ascolta la voce di don Luigi Furlato che dice: “La lettera l’ho letta ieri sera e non so se ricordo bene. Si tratta di questo. Don Luigi Mecenero scrive che certe cose esterne sembrano piccole cose, eppure sono necessarie, perché aiutano tanto il prete a salvarsi. Ad esempio, ha scritto di aver fatto un viaggio con una suora e questa suora, dopo, l’ha ritrovata... e gli ha detto che alla sera era andata a mangiare in un ristorante, mi pare a Rio, in una casa tenuta da religiosi, mi pare, o da religiose. Dopo, finita la cena c’erano alcuni giovanotti e giovanotte che sono andati in una stanza ad ascoltare musica e hanno cominciato anche a ballare... e il modo di ballare era tale che ha sentito il dovere di andare a letto, di andare via. Al mattino è andata a Messa e con sua sorpresa ha trovato che tre di quei giovanotti hanno celebrato la Santa Messa perché erano preti”.

Don Luigi aggiunge: “Inoltre i sacerdoti del luogo hanno fatto tre giornate di studio e l’ultima sera... per allietare, per stare insieme, così... hanno chiamato quattro o cinque ragazze, per allietarli...”.

Don Luigi si riferisce evidentemente a una lettera di don Pietro Martinello e dice: “Don Pietro ha scritto che a Santa Fe c’è il seminario, con quaranta ragazzi nel seminario minore e trenta giovani nel seminario maggiore. In seminario c’è Messa libera; ha detto poi che c’è anche troppa libertà, perché c’è il permesso di stare fuori fino a mezzanotte, senza veste e senza nessun segno esterno”.

MI199,5 [17-08-1967]

5 Stiamo attraversando un periodo criticissimo, veramente criticissimo, nella Chiesa di Dio. È meglio che portiamo alla conoscenza di tutti qualche fatto: siamo in chiesa e certe cose è meglio dirle con chiarezza. Don Luigi , racconta quello che ha scritto don Luigi Mecenero: è meglio che lo dica tu, con chiarezza e precisione. Vieni avanti, vieni avanti!
La sera prima, dunque, anche se erano preti, erano in mezzo al gruppo a ballare. Racconta pure quello relativo a Santa Fe. Oggi nel mondo c’è questa corsa: il prete non vuole più apparire prete, non vuole assolutamente apparire prete nel modo di presentarsi. Questa mattina c’era qui lo zio di don Luigi Furlato e ha raccontato di essere andato ad Altissimo, in osteria. C’erano tre uomini che giocavano una partita di carte e gli hanno detto: “Fermati qui, per piacere, perché siamo solo in tre. Dai, facciamo una partita!”.“Bene, bene, per la compagnia mi fermo!”. Ha poi continuato: “Uno di loro veniva dal Canada ed era un prete, assolutamente senza alcun segno o altro; questo prete era all’osteria a giocare le carte in compagnia!”. Stiamo andando verso quella strada; vi dico che inesorabilmente stiamo andando verso quella strada, cioè ci vergogniamo di portare la nostra veste. Quest’anno non faccio vestizioni, almeno per adesso. Perché? Perché noi, al nostro tempo, desideravamo portare la veste talare. Io in prima liceo ho pianto perché il rettore mi ha detto di non portare a casa la veste. Ho pianto, ma ho pianto tanto e ho pregato il Signore che me la concedesse, perché desideravamo tagliare il ponte fra noi e il mondo. Certamente con la veste mi hanno gridato dietro parolacce e mi hanno sputato addosso, ma che cosa mi interessava? Gioivo di queste parolacce che mi gridavano dietro. “A morte i preti...”, dicevano, ma io gioivo perché mi ero separato dal mondo. Cercheranno anche di mettermi in prigione? E che m’importa? Oggi si vuol servire un po’ Cristo, un pochino però, misurando; si tende a fare un po’ l’impiegato, qualche oretta, un po’... State attenti perché stiamo scivolando, praticamente, senza volerlo, nell’ateismo. Dico male? Stiamo arrivando piano piano all’ateismo. Pensate ai tre che arrivano a questo punto: fanno il ballo e poi vanno a celebrare la Messa il giorno dopo! Dove andiamo a finire? Se io ho gridato forte riguardo alla veste, e vedete che sto gridando forte, lo faccio per questo motivo, perché mi pare che il Signore abbia chiesto a noi che siamo sacerdoti e religiosi, e per coloro che si preparano al sacerdozio, che non dobbiamo vergognarci della nostra divisa. Anzi dobbiamo dire come Piergiorgio Frassati: “La corona del rosario? Eccola qua, io ce l’ho!”; ricordate che ha alzato la mano e ha risposto: “Io ce l’ho; eccola qua!”.

CHIESA

SACERDOZIO prete

SACERDOZIO veste

AUTOBIOGRAFIA seminario

MONDO ateismo

CONSACRAZIONE religioso

PREGHIERA rosario

Epidemia influenzale che colpì la quasi totalità del mondo nell’inverno del 1956-57 con numerosi morti. Anche l’Italia fu duramente colpita dal morbo.

Antonio Bottegal aveva completato all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico.

MI199,6 [17-08-1967]

6 Dinanzi al mondo ateo, dinanzi a un mondo che non vuole saperne di Dio, che vuole giustificare tutto senza Dio, dinanzi a questo mondo noi sacerdoti dovremmo presentarci con coraggio: “Eccomi qui: sono prete! Eccomi qui: volete stracciare la veste? Stracciatela!”, cioè dovremmo presentarci come uno che ha offerto la sua vita per testimoniare Cristo e predicare Cristo. “La mia missione? Pregare, offrire il sacrificio a Dio, pregare per tutti i fedeli, assolvere, aiutare, predicare: questa è la mia missione! Mi volete ammazzare? Mi sputate in faccia? Non mi interessa”. Questo è il sacerdote!
E qui nella nostra Casa? Siccome siamo figli di questa stessa mentalità, di questo mondo che sta venendo avanti, piano, piano, piano, piano, si leva il filo di una calza oggi, un bottone di una veste domani, tre bottoni dopodomani, e si arriva, senza volerlo, come l’Asiatica che ci venne addosso, ad avere lo stesso colore del mondo, lo stessissimo colore. Voi direte: “Non vale la pena perdersi così, - ho visto stamattina Bottegal in maniche di camicia che andava a fare il bagno - perdersi per quella stupidaggine!”. Però, per me, sono stilettate! Quando vedo queste cose sento che sto perdendo una battaglia, perché, scusatemi tanto, l’ammetterete: la veste ve l’ho data in chiesa, l’ho benedetta in chiesa, e dovete portarla. È stabilito che portiate la veste e nessuno mi ha domandato di farsi fare il clergyman, nessuno ha domandato; avete fatto quello che avete voluto, ma per me è perdere delle battaglie a riguardo di dove dovrei portarvi, di dove il Signore ci aspetta. L’assistente è uno che si deve vedere con la veste anche se non ha la veste. È uno che appena si presenta si deve vedere immediatamente che è di Cristo, anche se non ha la veste. Deve portare una veste talmente trasparente, talmente forte, che si deve mostrare, che deve imporsi: ecco l’assistente! Per cui, se io vado via con lui e ci presentiamo anche in osteria, devono sentire che siamo uomini di Dio dal modo di diportarci, dal modo di parlare, dal modo di salutare, dal modo di ringraziare, dal modo di pagare, dal modo con cui facciamo tutte le piccole cose: devono sentire l’odore di Dio. Se non sentono l’odore di Dio e non vedono il colore di Dio in tutti e due, vi dico che la Congregazione è fallita. Vi assicuro: Congregazione fallita!

MONDO ateismo

SACERDOZIO prete

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE immolazione

CROCE

MONDO

SACERDOZIO veste

AUTOBIOGRAFIA

CONGREGAZIONE spiritualità

CONGREGAZIONE assistente

Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata.

Don Aldo De Antoni era all’epoca il vicario generale della Congregazione e il responsabile dell’Istituto San Gaetano.

Don Carlo Scudella era un sacerdote diocesano, figlio spirituale di don Ottorino.

Don Giacomo Antoniazzi era un sacerdote che era stato compagno di don Ottorino come prefetto nel seminarietto della cattedrale.

MI199,7 [17-08-1967]

7 Signori, siete d’accordo o avete qualcosa da obiettare? Don Guido?
Guardate che su questo argomento don Aldo è preoccupatissimo; vi dico che don Aldo è preoccupatissimo per queste cose. Stamattina abbiamo conversato in lungo e in largo e ci siamo chiesti: “Dove andiamo a finire?”. Andiamo a finire che dobbiamo rassegnarci a portare qui alcune ragazze per fare il balletto alla sera? Io mi ritiro in buon ordine; fate un’altra Congregazione... di frati gaudenti! Dobbiamo essere aperti al duemila, e mi pare che stiamo dando prova di non perdere quell’obiettivo, ma considerato sotto tutti i punti di vista! Quando io ho cominciato la Congregazione in nome di Dio ho detto: “Del duemila, ma di duemila anni fa!”. Voi state cedendo il “duemila anni fa” senza accorgervene, scioccamente, stupidamente. E quello che è male è che a un dato momento vi trovate che non avete più la mano di ‘duemila anni fa’. Voi direte: “Don Ottorino esagera!”. Allora vi faccio una domanda senza che ve ne accorgiate, così a bruciapelo: “Avete fatto tutti la Via Crucis questa settimana? Avete fatto tutti l’ora di adorazione in questa settimana? Avete detto in questi giorni le tre corone dopo avere terminato il lavoro? Fate il vostro esame. Avete fatto la confessione settimanale, regolarmente, come stabilito dalle Costituzioni?”. Questo è il minimo, questo è il minimo! Figlioli, state attenti che con Dio non si scherza. Dio non ha bisogno di voi; voi avete bisogno di Dio. E perciò dobbiamo avere la preoccupazione di essere preti e diaconi, ma con il colore voluto da Dio, non con il colore voluto da noi. Se esagero mi metto in ginocchio e chiedo perdono, ma non posso dire diversamente da quello che ho detto. Qualcuno potrebbe reagire: “Mah, don Ottorino!”. Don Carlo Scudella , che ieri sera è venuto qui, è preoccupato per la questione della veste. Lui va in giro a predicare, e non è preoccupato per la veste in quanto pezzo di stoffa da usare, ma per quello che è nascosto sotto di essa, benedetti figlioli! Don Carlo ha detto: “Non capisco più che cosa stia succedendo, - e mi tirava fuori dei casi - non so dove andremo a finire in questa for ma”. Con don Giacomo Antoniazzi , che pure è venuto qui ieri, abbiamo parlato in lungo e in largo della situazione, e anche lui ha tirato fuori lo stesso argomento con esempi concreti di Vicenza. Don Carlo Scudella osserva: “Noi siamo sorpassati: io ho quarant’anni e sono sorpassato!”. Mi dispiace se uno di cinquantadue anni è sorpassato per questo motivo. Resta, però, che alla direzione della Congregazione c’è uno di cinquantadue anni e che la Congregazione deve avere il colore che vuole il Signore che si è servito di quest’uomo di cinquantadue anni, e il colore deve essere quello, e se non è quello, mi dispiace, vi ripeto di cercarvi un’altra Congregazione. Non so se esagero, perché vedo dove si va a finire.

APOSTOLO apostoli del Duemila

PREGHIERE di pietà

EUCARISTIA adorazione

CONGREGAZIONE Costituzioni

CONGREGAZIONE fondatore

SACERDOZIO prete

Don Ottorino mima con le braccia e le mani un gesto di sconforto.

Nel testo registrato si ascoltano interventi di alcuni confratelli che esprimono la loro opinione, ma la registrazione è poco comprensibile.

MI199,8 [17-08-1967]

8 Per esempio, quest’ oggi - parliamo da buoni fratelli - abbiamo preso in mano l’elenco per vedere chi si poterebbe mettere come assistente del seminario minore. Abbiamo trenta ragazzi, abbiamo dato un’occhiata, e nel gruppo del corso teologico non c’è nessuno che possa essere scelto come assistente. Perché? Perché non sono capaci, e parlo di quelli che fanno teologia. Allora ho cominciato a guardare a destra e a sinistra e ho messo le mani così. Come? Con tanti giovanotti? Questo non è valido, questo non ci riesce, questo non ha lo spirito sufficiente, questo non è preparato, questo... Ma come? Don Guido, dico bugie? Vi dico che siamo rimasti spaventati.
Noi, allora, eravamo stupidi quando, dopo la terza liceo, siamo stati messi come prefetti dei ragazzi in seminarietto, con i monsignori a destra e a sinistra, con l’impegno di fare la meditazione ai ragazzi ogni mattina per mesi e mesi, tutto l’anno! Il primo giorno ho cominciato a fare la meditazione ai ragazzi, e su dieci in sette sono arrivati preti. Eravamo veramente cretini? Vi dico subito: pensavamo meno a noi per pensare a lui, ci fidavamo meno di noi ed eravamo preoccupati di fare la sua volontà, sapevamo meno canzonette, leggevamo meno giornaletti, avevamo meno preoccupazioni per il resto: eravamo preoccupati di essere preti, perché eravamo partiti per essere preti. Questo ve lo dico da papà e da fratello: ho parlato con la bocca di Dio! Figlioli miei, siete troppo presi dal mondo d’oggi; il mondo d’oggi vi ha troppo presi! Non mi meraviglio, perché questo mondo sta entrando in mezzo ai sacerdoti, persino in mezzo ai vescovi. Ci sono dei vescovi che hanno assicurato: “Lo sappiamo!”. Questo modo di pensare, questo modo di agire non è quello di Cristo, e il Signore non lo vuole. Vedete che il Santo Padre nei suoi discorsi continua a gridare, continua a gridare... In Olanda hanno detto che il Papa non ha nessun diritto di gridare. Lo sapete questo? Il Papa ha fatto l’enciclica sulla verginità, sul celibato, e sapete che cosa hanno detto in Olanda, ufficialmente, monsignori e altri? “Il Papa non può arrivare fino ad imporre il celibato, perciò, reagite contro”. Siamo in un’ora difficilissima. Monsignor Fanton mi diceva: “Guarda, per conto mio, ne avremo ancora per dieci anni!”. Se all’inizio dei sette anni di carestia in Egitto si moriva di fame, che cosa sarà accaduto dopo sette anni? Se all’inizio del postconcilio è cominciata questa burrasca tremenda, se all’inizio siamo così, che cosa sarà fra nove o dieci anni? Avremo ‘sposi e figli’ nella nostra Congregazione, e questo non è il modo per moltiplicare le vocazioni; sarebbe un pochino troppo! Fratelli ho parlato un po’ troppo forte. “Gesù, porta pazienza”, diceva don Camillo al crocifisso! Mario, dimmi come la pensi tu, per piacere, ma sinceramente. Girati di qua: dimmi come la pensi, ma proprio sinceramente...

AUTOBIOGRAFIA seminario

VOLONTÀ

di DIO

SACERDOZIO prete

MONDO

CHIESA Papa

CONSACRAZIONE celibato

CONGREGAZIONE fondatore