La meditazione è fatta ad Asiago (VI) durante le vacanze invernali, e una bella giornata di sole avrebbe favorito una uscita sulla neve.
Don Ugo Caldini, sacerdote dal 1963, era stato inviato nella Comunità di Crotone nel 1965 per aiutare i Confratelli che vi erano giunti nel luglio del 1963. Il testo della lettera viene riportato in corsivo.
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: “C’è il signor Giovanni Pinton”. Giovanni Pinton, papà di don Matteo e di Marco, si trovava a Crotone con alcuni giovani collaboratori per montare i prefabbricati della cappella e della casa parrocchiale nel rione di Fondo Gesù.
Nel testo registrato don Ottorino ripete per due volte questa frase.
Don Bruno Tibaldo era presente a Crotone fin dall’inizio della Comunità essendovi stato inviato da don Ottorino insieme con il primo gruppo di Religiosi nel luglio 1963.
Cirò è una località della Calabria Ionica a circa 35 Km. da Crotone. Il suo territorio è coltivato intensamente a vigneti, dalle cui uve si ricava l’omonimo vino Cirò che è tra i più pregiati vini rossi della Calabria e che veniva spedito sovente a Vicenza.
Don Ugo nomina don Gianni Rizzi e don Mario Baron Toaldo suoi compagni di studio e di ordinazione sacerdotale, e l’assistente Vinicio Picco che era l’addetto alle attività lavorative della Casa dell’Immacolata.
Nel testo registrato don Ottorino ripete per due volte quest’ultima frase.
MI46,1 [27-12-1965]
1.Portate pazienza, poi pregate il Signore che mandi il sole, e se non viene il sole accettate quello che il Signore manda. Vi leggo prima la lettera che non serve proprio da meditazione, ma dalla quale si può ricavare qualche pensiero; poi affrontiamo subito il tema della nostra riflessione odierna. La lettera è del nostro caro don Ugo, il quale, tanto per cominciare ad orientarci un pochino, si trova a Crotone. “Reverendo don Ottorino, la circostanza del Santo Natale ci fa sentire tanto vicini a dispetto di tanti chilometri che stanno tra noi. È tanto difficile scrivere in questi giorni molto agitati, a dire il vero, tanto che gli altri hanno pregato me di farmi interprete dei sentimenti di tutta la Comunità di Crotone nel porgere gli auguri di ogni bene a lei e a tutta la nostra famiglia di Vicenza. Gli assistenti sono sotto pressione a tutte le ore, tanto che alla sera scappano a letto appena possono. Le cose procedono bene in questa grossa famiglia e c'è aria di allegria con la nostra nuova compagnia che abbiamo . Per il momento la vita di comunità è andata a farsi benedire; intanto, non tanto ormai comune... cose impossibili (Beh, c'è una parola che non capisco) cose impossibili a pensarci e neppure la possibilità di stare insieme un poco ogni tanto. Non si ha più tempo neppure di mettersi a discutere con tutto il lavoro da farsi in questi giorni. Dico questo per un motivo molto semplice: dicono che quando viene a mancare qualche cosa ci si accorge di quanto valesse. Ma per me qui è successo anche meglio, perché tra noi giovani ci siamo accorti che le discussioni sulle idee sono impossibili: abbiamo le stesse idee, l'identico indirizzo, e in questo mettiamo anche don Bruno che sa apprezzare e accettare tutto quel mondo che appartiene alla nostra formazione spirituale. Forse con questo la nostra piccola comunità rischia di farle un regalo più prezioso che gli scambi commerciali di Cirò e dintorni. E quando il terremoto finirà torneremo a dare un corpo a quest'anima di comunità che, per grazia di Dio, a me pare assai salda. Intanto si lavora febbrilmente, chi con le braccia, chi con la testa, tutti con l'anima. Fra poco, con la chiesa a Fondo Gesù, ci sarà una divisione di lavoro che porterà a un contatto sempre maggiore direttamente con le famiglie, finora poco possibile per ovvie ragioni. Quanto a me sento di avere ali ancora poco solide per lanciarmi in un ambiente che ha aspetti difficili e sentirei tanto volentieri una guida che almeno mi dia il coraggio di sbagliare. Non che non senta le mie responsabilità, ma il lavoro è tanto e io temo la minaccia della dispersione che qui non è impossibile, tutt'altro! Ma poi sono le esigenze stesse dell'ambiente che portano da un passo all'altro sempre più in fretta. E ora, chiedendole scusa per le mie chiacchiere, mi permetto di farmi portavoce di tutti: auguri a tutti cominciando da don Aldo, dagli assistenti dell'Istituto fino alle ultime leve; non posso far nomi perché non mi si accusi di avere dei ricordi speciali per don Gianni, don Mario, Vinicio ... che so io, altri ai quali pel passato ho scritto soltanto per affari. I migliori auguri a lei da parte di tutti noi indistintamente, anche se qui vedrà una sola firma perché non voglio far perdere più neppure mezza giornata a questa... lettera. Che il Signore, tanto buono con noi tutti, le mandi un po' di pace e di tregua finanziaria ma, specialmente (è qui dove volevo arrivare) le dia forza e grazia di battere sodo sulla formazione di cuori e di teste che dovranno sconvolgere il mondo. A mezzanotte, il 25 dicembre, spero saremo uniti nella preghiera. La mia Messa arriverà di certo a Vicenza senza svegliare chi dorme. Che il Signore ci tenga sempre più uniti in quel vincolo di carità che a me insegnò tanto e che a voi fece portare tanta pazienza. Mandi quaggiù le sue preghiere e le sue benedizioni, mentre noi tutti le rinnoviamo gli auguri di tutti i beni. Per tutti, suo don Ugo”.CONGREGAZIONE storia
MISSIONI vita missionaria
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
CONGREGAZIONE assistente
COMUNITÀ
COMUNITÀ
dialogo
FORMAZIONE
COMUNITÀ
unità
Don Ottorino scherza volentieri elencando i paesi dove la Congregazione avrebbe potuto aprire le proprie missioni.
Don Guido Massignan, pur vivendo nella Casa dell’Immacolata della quale era direttore, era responsabile allo stesso tempo della scuola per esterni “Ferdinando Rodolfi” per cui erano pochi i momenti per incontrarsi con don Ottorino.
MI46,2 [27-12-1965]
2.Se non sbaglio, da questa lettera appare chiaramente come un domani, nella vita missionaria, in qualunque posto ci si possa trovare, quello che vale è che ci sia sotto un denominatore comune. È vero? Adesso ci si alza quando suona il campanello, si va in chiesa insieme, ci si trova qui insieme: è abbastanza facile trovarsi insieme, alimentarsi insieme. Ad un dato momento, però, quando siamo nella vita apostolica, o nel Mato Grosso o nel "mato piccolo", o in Guatemala o a Monterotondo o a Crotone, o dove il Signore vorrà, è chiaro che ognuno ha la sua missione, la sua mansione. Guardate, per esempio, nel nostro piccolo: don Guido va all'esternato, e quand'è che ci possiamo trovare insieme? Lui va per di là, io vado per di qua, un altro per un'altra parte... ci si trova forse a mangiare: a mezzogiorno neppure perché alcuni vanno a mangiare all’Istituto. Un domani, nella vita apostolica ci si potrà trovare insieme per pochi momenti, per pochi istanti. Per questo ci vuole qualche cosa d'altro che unisca, che fonda, perché non possiamo pretendere, un domani, di sostenerci perché stiamo delle ore in compagnia. È una cosa meravigliosa sostenerci stando insieme, mangiando insieme, vivendo insieme; ma ricordatevi che alla base ci deve essere qualche cosa d'altro.MISSIONI vita missionaria
MISSIONI
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
COMUNITÀ
Alla meditazione potevano essere presenti tre giovani con il nome di Mario: don Mario Baron Toaldo che era già sacerdote, Mario Sgarbossa che era novizio, e Mario Bianco che era ancora postulante.
Il papà di don Ottorino morì il 16 dicembre 1945 all’Istituto San Gaetano di Vicenza
L’unico Religioso con il nome di Franco era Gianfranco Orfano, che nel 1965 faceva parte della Comunità dell’Istituto San Gaetano di Vicenza.
MI46,3 [27-12-1965]
3.Ed è appunto su questo argomento il tema della meditazione di questa mattina. Faccio prima una premessa, ma vi prego di non ridermi in faccia, perché è facile ridere in faccia ai vecchi, e quando sarete vecchi voi vi capiterà altrettanto. Premetto quindi che non credo ai sogni e che neppure voi dovete credere ai sogni perché se no diventate superstiziosi. D'altronde, se si fa un sogno che può essere utile raccontare, è bene raccontarlo. Non ti sembra, Mario? Per esempio, raccontare il sogno che Mario è stato fatto cavaliere. E allora, per ridere un pochino, vi racconto il sogno che ho fatto. La notte di Natale ho raccontato un sogno che mi è capitato proprio la vigilia di Natale, e vorrei ora farlo oggetto di una breve meditazione. Portino pazienza coloro che l'hanno sentito, ma poiché ci ho ripensato parecchie volte anch'io e ci ripenserò ancora, credo che valga la pena di risentirlo, ma soprattutto di farne oggetto di meditazione questa mattina ed, eventualmente, di discussione in altro momento. Il sogno è stato molto semplice. Sono andato a letto a dormire perché avevo sonno e mi sono trovato, durante il sonno, nel nostro cortile, nel quale c'erano alcuni ragazzi che giocavano e che si muovevano. A un dato momento ho trovato, ho visto il mio povero papà che era morto da anni. Mi sono avvicinato e gli ho detto: "Papà, sei qui, sei venuto a trovarmi?". E lui mi ha risposto: "Sì; mi ha mandato il Signore perché ho alcune cose da dirti a nome suo". Adesso non date importanza ai particolari, perché voglio che cogliate la sostanza del sogno, perché è stata una cosa molto lunga. Infatti sono rimasto a letto più di un'ora. Non è vero, Franco ? Mio padre mi disse: "Ho qualcosa da dirti". Mi ha comunicato cinque cose delle quali posso dirvene due, mentre tre non le dirò mai. Perciò non tentatemi neanche e non stuzzicatemi a parlare. Il maestro dei novizi continua a farmi i sorrisetti e ha tentato persino di farmi bere un bicchiere di vino prima di andare a letto, ma io ho detto: "No, stasera non si beve più!"; sperava che con il vino rivelassi qualcosa.
MI46,4 [27-12-1965]
4.Mio padre, che mi ha parlato in dialetto come ora io parlo a voi, mi ha detto per prima cosa: "C’è una cosa che bisogna incrementare, perché il Signore vuole di più; non è che non sia contento di voi, ma vuole di più, molto di più". Sappiate che nella sua raccomandazione ha preso dentro anche me e non mi ha escluso da voi; ha fatto la predichetta anche a me come papà. "Il Signore vorrebbe da voi una fede più grande, vorrebbe molta più fede: fede nell'esistenza e presenza di Dio, ma specialmente fede nella Messa e nell'Eucaristia. Dovete cercare di capire, cioè di comprendere, che nella Messa e nel tabernacolo c'è il Cristo". In seguito vi dirò la seconda cosa che mio padre mi ha rivelato, ma per ora ci fermiamo su questa prima e su questa facciamo la nostra meditazione. Poi lui se ne è andato perché mi aveva già dette tutte e cinque le cose. Però ha aggiunto: "Ad ogni modo io mi fermo fino ai primi di marzo all'Istituto, resto qui con voi fino ai primi di marzo e ci rivedremo ancora". Quindi si è fermato a parlare insieme con qualche ragazzo, e io vedendo questo ho detto: "Permesso un momento", e sono andato in un altro posto. Dopo un pezzettino sono tornato lì e siamo restati soli, e allora gli ho chiesto: "Senti, papà. Riguardo alla fede e alle altre cose non potresti spiegarmi un po' meglio in modo che possa capire che cosa il Signore vuole da noi, da me e dai miei figlioli?". "Ecco, guarda", mi ha detto; ha tirato fuori una specie di portafoglio e mi ha mostrato delle carte, una fotografia. Voi tutti avete un po' di pratica di fotografia: quando si stampa una carta fotografica, la si mette dentro nell'acido e da principio la si vede bianca, e poi piano piano comincia ad apparire la figura. Mio padre mi ha mostrato una specie di cartolina dove c'era la figura del Cristo, di Gesù crocifisso, ma solo un pochino, verso i piedi; un pochino più in su era abbastanza a fuoco, mentre il resto stava venendo fuori. Voi sapete perché avete pratica che quando comincia a svilupparsi si vede la figura ancora in embrione, si vede che sta per apparire la figura, che sta per essere sviluppata la figura, ma non si vede ancora la figura con chiarezza. Mio padre allora aggiunse: "Uno che conosce il Cristo sa che è il crocifisso: sì, qui c'è il crocifisso, ma è una fotografia ancora sfuocata. Così è la vostra fede", e non ha detto la fede dei ragazzi, ma "la vostra". "Eccola qua; è tanta in confronto di quella del mondo - lasciamo stare le parole che ha detto in mezzo - perché sappi che la maggioranza degli uomini ha una fede che...", e allora mi ha mostrato delle cartoline dove non si vedeva niente del Cristo, anzi si vedeva qualcosa di peggio; mi ha mostrato delle cose da prendere paura. "Questa è la fede che c'è in giro per il mondo oggi: eccola qua", e mi ha mostrato una serie di cartoline. "Per oggi voi siete sulla strada buona, però attenti, perché non è sufficiente la fede che avete nell'Eucaristia e nella Messa: bisogna che sentiate presente Gesù. Io vi dico ancora di più. Il Signore vuole Cristo da voi, dalla vostra Famiglia; vuole non soltanto che la fotografia divenga a fuoco perfetto e si presenti benissimo, ma che la fotografia si muova". Ha detto queste parole precise: "La fotografia del Cristo deve uscire perfetta e deve muoversi, muoversi; Cristo deve essere vivo, deve essere vivo. Gli individui devono essere talmente immedesimati della presenza di Lui che ad un dato momento loro diventano proprio così". Vi ripeto che mio padre mi spiegava tutto con cartoline, come se si spiegasse San Paolo con cartoline.
VIRTÙ
fede
DIO presenza di...
EUCARISTIA S.Messa
EUCARISTIA tabernacolo
CONGREGAZIONE fondatore
CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE spiritualità
GESÙ
crocifisso
MONDO
GESÙ
GESÙ
imitazione
Nel testo registrato don Ottorino pronuncia “bla-bla-bla” per indicare parole ripetitive e vuote, senza anima.
MI46,5 [27-12-1965]
5.La cosa mi ha fatto una grande impressione. Ho accennato ad un pensierino la notte di Natale, ma mio padre ha molto insistito sulla necessità che la fede non sia soltanto una cartolina, anche se mi ha assicurato che siamo sulla strada buona perché non ha detto che la cartolina è uno sgorbio irreparabile, ma è soltanto da sviluppare meglio. La fede, dunque, è da sviluppare: c'è una parte che è a fuoco abbastanza bene, e questa parte sono alcuni, mentre altri stanno per essere sviluppati. Amici miei, accettiamo che sia pure un sogno, non diamo nessun valore ai sogni, però non crediate che l'abbia inventato perché su tutti i particolari posso giurarvi che le cose viste nel sogno stanno così; è chiaro che il sogno è così. Personalmente mi ha fatto pensare molto: ci crediamo in realtà all'Eucaristia? Sì, certo, crediamo; vogliamo bene a Gesù; crediamo alla sua presenza nel tabernacolo, crediamo durante la Messa. Queste Sante Messe che ho celebrato qui al mattino mi fanno tremare. Avrete notato che sono andato piano anche questa mattina; dico la verità che io starei lì due o tre ore con il Signore in mano: è Dio, è Dio! E d'altra parte mi domando come si potrebbe essere preti un domani, essere assistenti un domani, essere diaconi un domani, e portare il Corpo di Cristo con indifferenza come se fosse una cosa meccanica. Non si può, figlioli; è una persona viva quella che ho in mano. Tu diacono, che hai in mano il Cristo, dici: "Il Corpo di Cristo", non dici: "L'osso di Cristo!". È Cristo vivo, reale, quello che un domani ti giudicherà, quello che per tutta l'eternità sarà la tua gloria e la tua gioia, e tu lo hai in mano e tu lo stringi tra le tue mani. Tu, prete, pronunci la formula: “Questo è il mio corpo...” e lo fai venire nelle tue mani; sei come la Madonna che lo porta nelle mani, come san Giuseppe. Crediamo a queste eccelse verità?VIRTÙ
fede
EUCARISTIA tabernacolo
EUCARISTIA
EUCARISTIA S.Messa
DIO
SACERDOZIO prete
DIACONATO
CONGREGAZIONE assistente
NOVISSIMI eternità
MARIA maternità
Nel testo registrato don Ottorino usa l’espressione latina: “Ad meliora, ad meliora!”.
Il cav. Danilo Barban era un amico di casa e un benefattore della Congregazione.
S. E. mons. Carlo Zinato era il vescovo diocesano di Vicenza.
MI46,6 [27-12-1965]
6.Il Signore ci ha radunati in questa casa, ci ha radunati insieme perché un domani andiamo nel mondo ad insegnare queste realtà. Cari figlioli, comprendete che se non viviamo queste verità intimamente, proprio spiritualmente, che cosa insegneremo agli altri? Andremo ad insegnare alcune cosette superficiali, senza sostanza e senza base. Ma il Signore è stanco di un cristianesimo ridotto a pura organizzazione, di un cristianesimo - scusate la brutta parola - giuridico, di un cristianesimo solo liturgico. Ci vuole la parte musicale, la parte liturgica, la parte giuridica, ma ricordatevi che quello che vuole il Signore è un cristianesimo vivo. E quello che domanda a noi, specialmente a noi portatori di luce, è luce e vita. Io non so come dirvi queste cose, ragazzi, non saprei come fare perché le comprendiate, ma vi ripeto che è importante. Io sento veramente dal Cielo un richiamo ad una vita più eccelsa ed elevata. Il Signore in questo Natale ci richiama: "Più in su, più in su, più in su; forza, forza, ragazzi, su ancora!". Bisogna adorare di più. Dobbiamo imitare Domenico Savio che resta in estasi davanti al tabernacolo, che si innalza davanti al tabernacolo. Questo non significa smorfie o sentimentalismi, ma una fede profonda e vera. Questo domanda il Signore! Se, per esempio, arriva in casa il cav. Barban , bisogna stare insieme a fargli compagnia; se arriva mons. Zinato e si ferma con noi, bisogna fargli compagnia. Abbiamo Dio in casa nostra, figlioli, abbiamo Dio in casa nostra. Bisogna abbassare quei muri, bisogna abbassare quei muri. Che cos'è la Terra Santa in confronto di una casa dove abita Dio? Noi andiamo in Terra Santa, nella grotta dove l'angelo è apparso alla Madonna: bellissima cosa, bellissima cosa! Contempliamo tante cose nel sepolcro dove Cristo è stato messo ed è risorto: bellissima cosa! Ci fermiamo nel Getsemani dove ha sofferto e ha patito: bellissima cosa! Visitiamo Betlemme dove è nato... E l'altare dove ogni giorno scende, dove nasce, si offre e muore ogni giorno? E il tabernacolo dove è presente? Dove non c'è Cristo, invece, la gente passa, vede, tocca: "Tocchiamo, tocchiamo perché qui è passato Gesù... Mettiamo la corona proprio qui sopra... Questa corona è stata messa nella grotta di Betlemme, proprio là dentro".CONGREGAZIONE Case della Congregazione
FORMAZIONE
APOSTOLO predicazione
CHIESA cristianesimo
CONGREGAZIONE spiritualità
CONSACRAZIONE santità
EUCARISTIA adorazione
ESEMPI di Santi
EUCARISTIA tabernacolo
ESEMPI vari
DIO presenza di...
MARIA
GESÙ
Zeno Daniele, che già aveva frequentato l’anno di propedeutica alla teologia, stava facendo all’epoca l’anno di noviziato.
Giuseppe Biasio, entrato in febbraio di quell’anno nella Casa dell’Immacolata come vocazione adulta, stava facendo l’anno di noviziato.
Don Ottorino scherza sul titolo di superiore generale.
MI46,7 [27-12-1965]
7.Io non sono capace di parlare, non so che cosa dire, ma vi ripeto che bisogna credere. Che cosa dici, don Guido? Io credevo che fossimo già a posto e che il Signore mi mandasse a dire: "Di’ a quei ragazzi che pregano troppo, che scendano giù un pochino perché hanno troppa fede". Credevo che venisse qui a richiamarmi all'ordine perché chiedo troppo. Capisci, Zeno ? E invece viene a dirmi che stiamo prendendo soltanto un po' di forma. Caro Giuseppe , sarebbe pochino. Dobbiamo scoraggiarci? No, anzi, perché abbiamo Lui con noi. Se ci manda a dire qualche cosa, supponendo che il sogno sia vero, significa che ha ancora speranza che possiamo fare. Ora, ecco, in questo caso vi pregherei: non aspettate ordini dall'alto, anche perché qui in alto non ce n'è che uno, il Signore. Comprendete che dinanzi a queste cose ci sentiamo tanto fratelli che non ci sono né superiori, né generali, né particolari : il superiore è uno solo, Dio, e chi è più in alto più si nasconde perché non si vedano le marachelle che compie. Qui ci sentiamo tutti fratellini, ma proprio piccoli, piccoli, piccoli, in mano dello stesso Dio. Se volete prendere il mio posto, potete prenderlo; se volete sognare vostra nonna, sognate pure. Magari stasera vado a letto e le prendo perché non vi ho detto bene quello che avevo da dirvi, e mi do quattro in condotta... Cari ragazzi, quello che voglio dirvi è che dobbiamo aiutarci fraternamente. Adesso lasciate stare i sogni, ma questa è una realtà: anche voi comprendete che è una cosa necessaria. Dobbiamo sentire la fede, vivere la fede; dobbiamo vivere del Cristo, vivere dell'Eucaristia. Un domani dovete sentire che avete una chiesa nel vostro paese e non siete soli, non siete soli!VIRTÙ
fede
PECCATO mediocrità
CONGREGAZIONE spiritualità
GESÙ
maestro
CONVERSIONE
COMUNITÀ
superiore
DIO
Il Fiara è un monte dell'altopiano di Asiago (VI), ai cui piedi i giovani della Casa dell’Immacolata erano soliti porre le tende per il campeggio. La giurisdizione ecclesiastica dipendeva dalla diocesi di Padova.
Per un certo periodo nella Casa dell’Immacolata si faceva con frequenza la preghiera dell’angelo: prostrazione con il viso a terra e recita della formula insegnata dall’angelo ai tre pastorelli di Fatima. Poi, per motivi di prudenza, don Ottorino preferì sospendere tale pratica.
MI46,8 [27-12-1965]
8.Quando siamo andati in montagna, al Fiara , il vicario generale di Padova ci ha detto: "Volete avere il Santissimo? Non è lo stesso averlo o non averlo!". È importante conservarlo e averlo durante il giorno: non è lo stesso averlo o non averlo. È importante sentire che non è lo stesso, sentire che andiamo in cima ad una montagna e Lui è là: "Ciao Gesù, ciao Gesù!". Ah, si tratta di amore! Qualche volta, forse per paura del sentimento, abbiamo dimenticato un pochino troppo l'amore, l'affetto che dobbiamo a Nostro Signore Gesù. Ora se non siamo prostrati a terra con la preghiera dell'angelo , qualcosa, però, bisogna fare, qualcosa bisogna fare individualmente e anche collettivamente. I Piccoli Fratelli di Gesù ogni sera, anche se stanchi dopo avere lavorato una giornata, si mettono davanti al Santissimo e fanno un'ora di adorazione e pregano; e una volta alla settimana trascorrono una notte intera davanti al tabernacolo ad adorare. Io mi sono domandato come fanno, poverini, ogni giorno, stanchi perché lavorano come facchini o in qualche occupazione del genere, e inoltre si preparano da mangiare da soli; fanno tutto loro, mi pare, no, Vittorio ? Fanno tutto da soli, e come ricreazione hanno un'ora di adorazione davanti al Santissimo. Una partita a carte? Ecco la partita a carte che fanno loro! Figlioli, e noi? Forse qualcuno si sente stanco, forse perché abbiamo una cosa da fare, forse... Mi metto anch'io nel gruppo, perché siamo tutti uguali, tutti uguali! Sapete qual’è il motivo? Vogliamo poco bene al Signore. Io direi che su questo tema dobbiamo intavolare discussioni, e intanto io vi lascio liberi anche per fare un bilancio, andando in giro qua e là; vedete voi che cosa si potrebbe fare. Suggeritemi qualche cosa, vediamo insieme che cosa il Signore vuole da noi, che cosa si può fare in questi giorni: forse un'ora di adorazione o qualcos’altro. Vediamo insieme, cerchiamo che cosa Dio vuole, e vediamo di dare al Signore qualche cosa di più. Possiamo passare al secondo tema o ci fermiamo qui? Forse è meglio cambiare un po' d'aria e allora aprite tutte le finestre.EUCARISTIA
DIO amore a Dio
GESÙ
amico
PREGHIERA sentimentalismo
PREGHIERA preghiera dell’
Angelo
EUCARISTIA adorazione
ESEMPI preghiera
EUCARISTIA tabernacolo
PECCATO mediocrità
COMUNITÀ
dialogo
COMUNITÀ
Don Ottorino nel testo registrato usa l’espressione latina: “Quia praeceptum Domini est”.
Cima Dodici è la vetta più alta dell'altopiano di Asiago, e il Colombara è un'altra vetta, mete ambedue di impegnative camminate dei giovani della Casa dell’Immacolata durante le vacanze estive.
Nell’esempio presentato in maniera veramente vivace, don Ottorino nomina dapprima Livio Adessa che era l’incaricato della disciplina dell’Istituto San Gaetano di Asiago (VI), e poi Giuseppe, nome troppo comune per poter essere attribuito con certezza a uno dei novizi o dei religiosi presenti.
MI46,9 [27-12-1965]
9.Il Signore è contento della vostra santità, dello spirito di fraternità che regna fra di voi. D'altra parte, nel breviario al vespro si prega: "Perché è il comando del Signore". A San Giovanni che ripeteva sempre le stesse cose hanno fatto l’osservazione: "Perché ripeti sempre la stessa raccomandazione?". "Perché è il comandamento del Signore, e questo basta", ha risposto. Allora attenti al pensiero che è un po' fine. Mio padre si è espresso con parole difficili, ed è difficile che me le ricordi esattamente, ma il contenuto è il seguente. Supponiamo che stiamo partendo in quattro o cinque insieme; siamo noi quattro o cinque e stiamo partendo insieme, ci vogliamo bene, andiamo volentieri, lavoriamo insieme; alla sera ci troviamo insieme. È una bellissima cosa: noi cinque siamo quassù con i ragazzi ad Asiago, lavoriamo, uno lavora qua, uno lavora là e alla sera ci troviamo insieme. Questa è la carità, la fraternità: io compatisco te e tu compatisci me. Figlioli, supponiamo che noi cinque stiamo andando alla caccia dell'orso: c'è un orso a Cima Dodici o al Colombara , ovvero ci sono i caprioli, sette otto caprioli, e ci danno la licenza e andiamo ad ucciderli: uno schioppo per ognuno, una slitta sistemata bene con le catene e partiamo. Ditemi la verità: che cosa facciamo partendo alla mattina? La nostra è una vera amicizia che io chiamerei dinamica: "Ehi, Livio, su, forza". È un'amicizia calda, forse anche un'amicizia nervosa: "Su, andiamo, muoviti!". Anche se diciamo una parolaccia: "Giuseppe, stai attento, hai sbagliato!", e l’altro replica: "Mi è scivolato!", ci si capisce e subito sorge un sorriso: "Bravo, Giuseppe". Avete capito? Si tratta di un'amicizia che è quasi di conquista.COMUNITÀ
fraternità
CARITÀ
Don Ottorino abitualmente considera il comunismo come il principale nemico di Dio, ma allo stesso tempo ne esalta la compattezza, l’organizzazione e la capacità di lotta e di conquista.
Il riferimento è a Giuliano Grazian che stava prestando servizio di assistenza con i ragazzi dell’Istituto San Gaetano di Asiago (VI).
Don Ottorino insiste, forse anche con accenti esagerati, sull’esempio dell’unità dei comunisti.
MI46,10 [27-12-1965]
10.Io paragonerei questa amicizia a quella dei comunisti. Per dirla in quattro parole: il Signore raccomanda che non sia soltanto un'amicizia umana basata sul fatto che siamo stati assieme tanto tempo e ci vogliamo bene, con un amore buono senza neppure pensare che sia sentimentale. Io e don Guido ci vogliamo bene, ci capiamo, ci comprendiamo, e perciò abbiamo ideali comuni. Prendiamo i comunisti: un comunista di Vicenza e un comunista americano. Si trovano insieme la prima volta e dopo una mezz’ora già si intendono perché sono stati mandati, uno dall'America e uno da qui, per infiltrarsi dentro la FIAT di Torino. Appena si trovano non si mettono a discutere: "Tu sei più vecchio, più magro, più..."; tutti hanno da conquistare la FIAT e perciò immediatamente sono insieme nel loro combattimento: i due comunisti sono affiatati fra di loro immediatamente. L'affiatamento non avviene per una amicizia umana, cioè per una vecchia amicizia umana, ma è l'ideale comune che immediatamente li unisce e li fonde in unità. Prima io non pensavo a questo, ed effettivamente è il segreto per poter continuare con lo spirito che c'è adesso e che continuerà un domani nell'apostolato. Il cavalier Barban, ad esempio, è venuto ad Asiago ed è rimasto entusiasta perché ha parlato con Grazian ; andando via ha detto: "Che spettacolo: a Vicenza e ad Asiago sono tutti uguali!". E poi ha aggiunto: "Conservate questo spirito, conservatelo, e mi raccomando che se un domani ci fossero anche cinquemila novizi, preparateli tutti a Vicenza affinché prendano tutti lo stesso stampo". Dove c'è un attivista comunista quello fa un noviziato presso i comunisti, per cui quei comunisti sono uguali a tutti i comunisti dell'America, e allora si mettono insieme non perché è una unione di abitudini, una unione di lingue, una unione di caratteri, ma una unione di ideale e di ideale rivoluzionario. Non so se ho reso il pensiero. In sostanza, ecco, viene approvata la finalità nostra: l'amicizia, la fraternità che è compatimento, sopportazione reciproca, per cui anche se c'è un piccolo scherzo si torna subito amici. Per esempio, se fai lo scherzo alla vecchia, la vecchia perdona. Non è vero, Giuseppe? Beh, il Signore è contento di questi scherzi, che sono piccole cose; il Signore lo sa, e finché siamo uomini qualche piccolo sbaglio capiterà sempre.MONDO comunismo
ESEMPI ideale
APOSTOLO testimonianza
CONGREGAZIONE spiritualità
FORMAZIONE
COMUNITÀ
fraternità
Nell’esempio don Ottorino vola con il suo entusiasmo missionario, nominando Zacapa che non aveva ancora visitato e la Russia dove sognava di poter un giorno inviare Religiosi della Congregazione.
Don Ottorino sviluppa l’esempio per indicare gli elementi che facilitano e indicano la comunione, e fra questi indica anche l’esperanto, lingua internazionale costruita con parole, suffissi e prefissi tratti da altre lingue, e il dialetto veneto proprio della Congregazione.
Don Ottorino nomina di seguito don Erasmo De Poli che frequentava l’ultimo anno del corso teologico, Alberto Baron Toaldo del 3° anno del corso liceale, e Giuseppe che poteva essere Filippi, che era insegnante di materie tecniche, o i novizi Azzolin, Biasio e Santolin.
Don Ottorino ritorna allo scherzo precedente nel quale Giuseppe Biasio si era travestito da vecchia, e lo mette insieme con l’esempio di unità dei comunisti.
Don Ottorino conclude l’esempio con allegra ironia, indicando che nonostante tanta unione contro la vecchia questa scappa e si salva.
MI46,11 [27-12-1965]
11.Però ora ci è richiesto un passo più avanti nella fede, un passo più avanti nella carità: la carità tra voi, verso il prossimo, però una carità che sia una carità di conquista. Il legame non dev'essere perché ci vogliamo bene, perché ci conosciamo. Anche se non ci conoscessimo e un domani dovessimo fare un esercito per andare a conquistare, ad esempio, Zacapa con un Religioso preso da Crotone, uno preso da Asiago, uno preso dall'America Latina e uno dalla Russia, da case diverse della stessa Congregazione, Religiosi che non si sono mai visti né sentiti nominare, appena si trovano insieme, dopo cinque minuti, devono essere come se fossero sempre stati insieme. Carattere, lingua, doti, sono tutte barriere superabili. Si farà il segno della croce che è un linguaggio internazionale; si dirà: "L’anima mia magnifica il Signore" che è una invocazione comprensibile, e intanto si mangia tutti in compagnia. E poi sorridere: il sorriso è internazionale. Una stretta di mano e un bel sorriso: quello è internazionale. E "veneremur cernui" dinanzi al Santissimo: sono linguaggi internazionali. Poi ci sarà qualche parola in esperanto, cioè in dialetto che è il nostro esperanto; comunque ci sarà la lingua nostra della Congregazione che ci metterà insieme. Messi insieme, immediatamente devono essere una cosa sola, e insieme devono andare alla conquista. Non è colpa mia se vengono a dirmi queste cose. Don Erasmo, sei d'accordo su queste cose? Tu, Giuseppe, sei d'accordo? Tu, Alberto? Quali sono i punti che dobbiamo proporci, i punti sui quali dobbiamo far leva... come i comunisti che hanno un loro programma ben preciso? Sono sufficienti i punti che noi già abbiamo per fare leva su queste questioni? Secondo voi, qual'è il denominatore comune per trovarsi immediatamente d'accordo? Una volta nell’ascetica ci insegnavano che bisogna uccidere l’uomo vecchio. Quindi il denominatore comune è uccidere la vecchia, che è Giuseppe. Tu, Giuseppe, sei un tedesco e hai deciso in cuor tuo di uccidere la vecchia; tu sei australiano e hai deciso di uccidere la vecchia. Quando ci troviamo insieme uno parlerà in tedesco per dire che deve ammazzare la vecchia, mentre un altro parlerà in altra lingua, ma alla fine ci siamo capiti che siamo dello stesso branco, e partiamo tutti contro la vecchia. Avete capito? È importante partire d’accordo per uccidere la vecchia. Ora bisogna che noi troviamo un denominatore comune, rivoluzionario, che sia un chiodo, un chiodo al quale essere fortemente attaccati appena ci troviamo insieme. Io m'incontro con te, tu con me e con lui: "Anche tu devi uccidere la vecchia, anche tu la vecchia; la vecchia, la vecchia!". "Vittoria, vittoria!"... e la vecchia scappa!VIRTÙ
fede
CARITÀ
amore al prossimo
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
COMUNITÀ
uniti nella diversità
DOTI UMANE
COMUNITÀ
fraternità
CONGREGAZIONE
MONDO comunismo
COMUNITÀ
MI46,12 [27-12-1965]
12.Questo è il legame che assicura alla Congregazione l'avvenire attraverso i secoli. Se, per esempio, c'è una casa che sta bruciando e bisogna andare a spegnere l'incendio, quello è l'ideale comune: andare tutti a spegnere l’incendio. I particolari vengono in secondo ordine: "Io vado con la pompa... Io vado con la secchia... Io vado...". Andiamo! Quando abbiamo un ideale comune, anche se si sbaglia, pazienza; l'ideale è andare avanti, avanti. Se riusciamo a mettere in rilievo l'ideale comune, cioè a mettere un chiodo sull'ideale comune, siamo arrivati a buon punto con la Congregazione. Io sono qui per sentire lo Spirito Santo; siamo qui per ascoltare la voce di Dio, non certamente per ascoltare la nostra voce. Se riusciamo a mettere un ideale comune, abbiamo messo una base alla carità, una forza per assicurare l'avvenire alla carità, e nello stesso tempo siamo pronti per la moltiplicazione dei pani, siamo pronti a moltiplicarci. Quando abbiamo queste basi non abbiamo più paura della moltiplicazione; state sicuri che il Signore ci moltiplicherà in modo strepitoso. Tenete presente la parola: in modo strepitoso! Ma prima bisogna avere questa base. È passata questa mezz'ora. Vi prego di non dare importanza ai sogni, ma ricordatevi che i pensieri sono abbastanza buoni. Vediamo poi insieme come si può fare per realizzare questi ideali ed eventualmente li facciamo oggetto di discussioni. Quando lo faremo in forma di discussione, ognuno deve apportare qualche cosa. E ora andiamo! Quante volte vi ho guardato durante la meditazione! E quante volte, mentre voi ascoltavate guardando Lui qui presente, il vostro ascoltare è stato un ascoltare guardando Lui o è stato un ascoltare guardando me? Ave Maria.CONGREGAZIONE
CONGREGAZIONE spiritualità
DIO Spirito Santo
CARITÀ