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LA BUONA FAMA È INDISPENSABILE PER L’UOMO DI DIO

MI125[26-12-1966]

Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, nella festa del santo diacono Stefano, prende lo spunto dal passo degli Atti degli Apostoli che narra la scelta dei primi sette diaconi per parlare della necessità per l’uomo di Dio della buona fama e dell’importanza della correzione fraterna per divenire uomini di buona fama. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 24’. 1. Introduzione

Il riferimento è al racconto di Atti 6,1-7 nel quale Luca narra la scelta dei primi sette “diaconi”.

Era consuetudine per Don Ottorino ritirarsi assieme ai Confratelli “anziani” o che avevano ruoli di responsabilità nella Congregazione, ad Asiago durante il periodo natalizio per “cercare la volontà di Dio” nella preghiera, nella riflessione, nella comunione fraterna e nella docilità alle ispirazioni che provenivano dallo Spirito Santo.

Umberto Manzardo era, all’epoca, novizio.

Nel testo registrato si ascoltano, a questo punto, rumori e confusione.

Il riferimento è, forse, a Mario Corato che all’epoca era novizio.

Acclamazione del preconio pasquale: “Huius igitur sanctificatio noctis... et curvat imperia” = “Il santo mistero di questa notte... piega la durezza dei potenti”. Don Ottorino fa questo inciso rivolgendosi ad alcuni Religiosi “anziani” presenti, ai quali aveva narrato l’ aneddoto di un sacerdote vicentino che la notte di Pasqua in un campo di concentramento tedesco, durante la seconda guerra mondiale, aveva cantato il preconio pasquale. Arrivato al “curvat...” i prigionieri polacchi presenti si misero a ridere perché nella loro lingua il “curvat” latino suonava “andare a donne”.

MI125,1[26-12-1966]

1.Ci sono tante cose da dire su Santo Stefano.
Gli Apostoli hanno scelto uomini di buona fama. Ne parleremo nei prossimi giorni lassù, se verrà lo Spirito Santo; e se non viene lo Spirito Santo, faremo a meno di parlarne. Se sento che lo Spirito Santo non viene, scappo giù subito. Vi dico soltanto questo: ieri sera uno di voi mi aveva chiesto il permesso di fare la meditazione, questa mattina, sull’umiltà, ed io ho creduto conveniente di non concedere questo permesso. Era Umberto che voleva dettare la meditazione. Perdona Umberto; c’era qualcuno che dormiva... 2. L’apostolo deve essere un uomo di buona fama Vorrei sottolineare un aspetto particolare. Qualche volta ho sentito un proverbio, o meglio un detto, quando ero piccolo, che mi pare non sia cristiano: “Male non fare, paura non avere”. Mario , l’hai mai sentito... sì o no? “Male non fare, paura non avere!”: è vero, tu non fai del male e, allora, non devi avere paura. Se tu sei giusto e non fai del male a nessuno, non devi avere paura. “Hai fatto del male alla gente?”. “No!”. “E allora stai tranquillo”. La nostra buona gente lo dice in questo senso e perciò lo dice anche in un senso buono: quando un uomo nella vita non fa del male al prossimo, non deve aver paura; se anche gli capiterà qualcosa, pazienza! Però, io ho sentito che qualcuno ha preso questo detto in una forma piuttosto errata, e cioè: “Io non faccio male... Che male faccio agli altri? Che male c’è? Che male c’è a fare questa cosa?”. Cioè, in altre parole, uno dice: “Oggettivamente questo non è male, e perciò io me ne infischio di tutti e lo faccio!”. Qualche volta è facile trovare anche nelle nostre azioni scelte di questo genere. Esaminiamo l’azione che secondo noi non è cattiva, e allora ce ne infischiamo di quello che possono pensare gli altri. Qualche volta, intanto, può capitare che prendiamo un granchio e che questa azione oggettivamente sia non buona: tante volte può capitare. Tutte le volte che sono andato a scuola di latino, vi assicuro che ogni volta che ho consegnato il saggio io ero convintissimo di consegnarlo senza sbagli; era il professore che li trovava. Chiaro? Non li mettevo dentro apposta gli sbagli di grammatica; era il professore a trovarli! Dunque vedete che i nostri giudizi spesso hanno dentro qualche sbaglio di “grammatica”. Oggettivamente può darsi che qualche volta crediamo che ciò che facciamo sia bene e invece è male. Ma, anche se fossimo matematicamente sicuri che oggettivamente la cosa è buona, e sapessimo che questa cosa non è considerata buona dagli altri, noi non possiamo farla perché siamo persone pubbliche, non siamo persone private. Questo lo dovrebbero fare anche i privati; ma noi siamo persone pubbliche, e se pubblicamente una certa parola è considerata cattiva, anche se questa parola è una giaculatoria, non la possiamo dire, come, ad esempio, “curvat imperia”. Noi non possiamo dire certe parole, certe frasi, e fare certe azioni, anche se fossero meritorie, dinanzi a un popolo, dinanzi a una massa di persone che stimano queste parole, queste frasi e queste azioni come cattive. Non vi pare giusto? Perché, scusatemi, è uno scandalo.

APOSTOLO uomo

DOTI UMANE

DIO Spirito Santo

VIRTÙ

umiltà

PECCATO peccatore

ESEMPI vari

APOSTOLO chi è

l’

Antonio Beltramello era un anziano che lavorava nel grande orto della Casa dell’Immacolata. La sua “fuoriserie” potrebbe essere la sua bicicletta, un catorcio senza fanale, con la sella che girava da tutte le parti... oppure la carriola con la quale portava la verdura dall’orto in cucina.

Si tratta del parlamentare vicentino on. Egidio Tosato, legato da vincoli di amicizia e di stima con don Ottorino.

MI125,2[26-12-1966]

2.Questo è il punto d’arrivo. Noi dobbiamo essere preoccupati, non solo di farci vedere buoni, ma anche di apparire in mezzo al nostro popolo almeno non cattivi. Perché? Perché, scusate, quando viene una persona nella nostra casa... Per esempio, poco fa io sono venuto qui e ho visto dei fratelli che sono andati a pulire dalla polvere persino la sedia. Perché questo? Per un senso di decoro verso il fratello che viene e si siede. Supponiamo che venga monsignor vescovo nel nostro refettorio. Uno scappa avanti a vedere se tutto è a posto: se c’è un pezzo di carta la raccoglie e la mette in tasca, se c’è una sedia fuori posto la rimette al suo posto perché l’ambiente sia almeno decoroso.
Per quale motivo noi dobbiamo presentarci in mezzo agli uomini? Per portare Cristo, per portare Dio: ci presentiamo come rappresentanti di Dio. Se viene qui Antonio l’ortolano, può venire da solo e anche con la sua “fuoriserie”, può venire tranquillo e pacifico anche con una calza su e una giù, una scarpa sì e una no, può venire vestito come vuole. Ma se, invece, viene Tosato , e viene come rappresentante del governo italiano, non può venire con una scarpa sì e una no, con una calza tirata su, con una bretella tesa e una allentata. Perché? Perché disonorerebbe l’Italia. Se Tosato, per esempio, dovesse andare in Germania come ambasciatore d’Italia a rappresentare in una manifestazione ufficiale il presidente della repubblica, dovrebbe andare vestito decorosamente e accompagnato. Figlioli miei, noi siamo persone scelte da Dio e mandate da Dio in mezzo agli uomini, perciò dobbiamo essere preoccupati anche esternamente di avere quella buona fama che è richiesta. Ad esempio, non verrà mai scelto uno che è appena uscito dal carcere, che ha ammazzato una o più persone, come delegato dell’Italia in Germania per trattare gli affari con il cancelliere stesso o qualcosa del genere. Non vi pare? No, verrà inviata una persona di buona fama! 3. La correzione fraterna aiuta a divenire uomini di buona fama

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI apostolo

APOSTOLO chiamata

Il riferimento è all’assistente Antonio Zordan, che si stava preparando per la prima missione in Argentina.

Nel testo registrato don Ottorino dice “Bassa Italia”, modo di dire popolare veneto per indicare l’Italia meridionale in contrapposizione ad “Alta Italia” per indicare l’Italia settentrionale. Gli aggettivi “bassa” ed “alta” hanno solo connotazioni geografiche.

Marco Pinton frequentava all’epoca il 1° anno del corso liceale.

Don Ottorino, forse, vuol dire che un “Padre nostro” in Italia meridionale non è la semplice preghiera abitualmente così chiamata, ma è un obbligo di preghiere molto impegnative, come ad esempio una corona del rosario, che diventa motivo di reazione per il penitente che ritiene eccessiva la penitenza.

MI125,3[26-12-1966]

3.Se da una parte vi dico: “Bisogna essere umili; non deve vedere la sinistra quello che fa la destra e viceversa; dobbiamo fare solo per amore del Signore”, e questo è giusto, dall’altra vi dico: “Dobbiamo essere preoccupati che nelle nostre azioni non ci sia qualche cosa che dispiaccia agli uomini, che tolga a noi la buona fama”. Non dobbiamo... - attenti alle parole! - non dobbiamo essere preoccupati di fare le azioni per farci vedere dagli uomini, ma dobbiamo essere preoccupati che nelle nostre azioni non ci sia qualche cosa che dispiaccia agli uomini.
Queste attenzioni, che a prima vista sembrerebbero atti di superbia, vi portano invece a atti di umiltà, vi portano ad umiliarvi dinanzi al fratello per domandargli: “Per piacere, c’è qualche cosa in me che dispiace agli uomini?”. In questo c’è un atto implicito di umiltà che ti fa abbassare la testa dinanzi al tuo fratello, che ti fa sottoporre il tuo giudizio al tuo fratello. Dico male, Antonio ? Ecco allora, Antonio, convintissimo di fare tutto bene, convintissimo che le sue azioni siano buone perché lui oggettivamente cerca di farle bene, che fa un atto di umiltà dinanzi a Bertelli e dice: “Ehi, senti, Luciano, per carità... Siccome sono stato in Italia meridionale , tante volte ho l’impressione che puzzi di questo o di quello...”, e viceversa, e viceversa... Può darsi che un domani, per esempio, il nostro caro Mario scenda in Italia meridionale e avvicini un altro confratello e gli dica: “Ehi, senti. Siccome sono stato in Italia settentrionale troppo tempo, può darsi che puzzi un pochino: dimmelo, per piacere!”. Attento, Marco , non fraintendermi! Può darsi che si assumano frasi che qui sono considerate in un modo e là sono considerate in un altro, per cui tu puoi prendere una frase detta in Italia settentrionale e portarla giù... o una dell’Italia meridionale e portarla su, ma le frasi possono avere un significato diverso. E allora tu dici in confessione a uno di dire per penitenza tre “Padre nostro”, e quello dice parolacce. Bisogna imparare il linguaggio del luogo, perché non è lo stesso quello dell’Italia settentrionale e quello dell’Italia meridionale, quello della Russia e quello della Cina. Bisogna imparare il linguaggio del luogo. Perciò bisogna avere tanta umiltà, rivolgersi ai fratelli e domandare, quello che una volta, con un linguaggio molto più semplice, si chiamava correzione fraterna.

COMUNITÀ

correzione fraterna

VIRTÙ

umiltà

APOSTOLO uomo

COMUNITÀ

confratelli

APOSTOLO chi è

l’

Don Ottorino scherza sulla parola “burro”, che in portoghese e in spagnolo significa asino, mentre in italiano indica invece il noto prodotto caseario usato per condire e cucinare.

Laureato in diritto civile ed ecclesiastico.

MI125,4[26-12-1966]

4.Non so se riesco a farvi capire il pensiero. Non è sufficiente, anche se avessimo la luce chiarissima, che noi ci valutiamo soltanto dinanzi a Dio, dinanzi ai comandamenti di Dio; bisogna che ci valutiamo, poiché noi siamo uomini pubblici come ho detto prima, anche dinanzi alle abitudini del popolo dove viviamo. Supponete, tanto per portare in questo caso un esempio molto materiale, che in qualche parte il nostro sacerdote e il nostro diacono vadano in osteria a bere un bicchiere in compagnia con gli uomini. Bene: in un posto può darsi che facciate un’offesa al paese se non ci andate, e in un altro posto potreste scandalizzare se ci andate... eppure si tratta della stessa azione. Uno potrebbe dire: “Che male c’è?”.
Porto un altro esempio. Supponiamo che uno di voi, un sacerdote, don Guido, vada nel paese di Quinto, e a mezzogiorno vada all’osteria a mangiare: farebbe un’offesa al paese, farebbe un’offesa al parroco, perché nei nostri buoni paesi l’ospitalità per il sacerdote è sacra. A meno che non ti trovi in quel paese dove ti mandano dicendoti: “Vicino c’è un locale dove si mangia bene e si spende poco”. Ma nei nostri buoni piccoli paesi, parlo di piccoli paesi come Quinto, io penso che faresti un’offesa al parroco se sapesse che sei andato in osteria a mangiare. È un’osteria: non ci sono alberghi, non ci sono ristoranti a Quinto! Tu sei andato a salutare questo prete: perché andare in osteria? Mettete in preventivo di fare errori perché tutti siamo uomini e tutti crediamo di sapere tutto, e invece non sappiamo niente. Bisogna che noi ci preoccupiamo di avere anche questa buona fama nell’ambiente dove ci troviamo, buona fama che non possiamo assolutamente farci da soli. È impossibile farcela da soli, perché non possiamo conoscere la lingua. Sarebbe come dire: “Senza studiare, senza comprare i dischi, senza parlare con nessuno, io vado in Portogallo e imparo il portoghese”. Che sciocco sei! Come fai ad imparare il portoghese se non lo sai, se non parli insieme con qualcuno? “Ah, ma io, io, io... voi non sapete chi sono io!”. Sarai una “zucca” finché vuoi, ma se non vai con qualcuno che parla il portoghese come puoi imparare il portoghese? Finirai per andare a domandare burro e ti danno un pezzo di asino invece che burro. Bisognerà che tu ti metta dinanzi a un ragazzino per domandargli come si chiama quella cosa: il ragazzino te lo dirà e, dopo, lo saprai. “Ma, io sono una scienza, laureato in ‘utroque iure’!”. Sì, ma il ragazzino sa che quella cosa che tu chiami pane, in portoghese si dice ‘pão’. 4. La testimonianza della buona fama

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI testimonianza

CONVERSIONE esame di coscienza

Monsignor Vincenzo Sebben era il rettore del Collegio vescovile di Thiene, che fungeva come seminario minore della diocesi di Padova.

Nell’esempio don Ottorino nomina Antonio Pernigotto, all’epoca novizio e di buona corporatura fisica, Paolo Crivellaro, alunno del 3° anno del corso teologico e abbastanza mingherlino, Mario Corato, novizio e dotato di una bella voce, e don Luigi Furlato che invece non eccelleva in canto. Nel testo registrato si ascolta, a questo punto, una rumorosa confusione e alcune battute sulle qualità canore di don Luigi.

MI125,5[26-12-1966]

5.Per prima cosa, dunque, dobbiamo essere preoccupati di avere questa buona fama solo per amore del Signore. Del resto, anche Paolo VI, quando era cardinale a Milano, insisteva molto sulla necessità della parte umana.
Penso che ad Asiago avremo occasione di insistere ancora su questo tema, cioè sull’aspetto umano. Ma qui siamo specialmente con i novizi, cioè con i giovani che di solito bisogna frenare. Dicono che i novizi, il primo momento, siano tanto santi che bisogna frenarli, perché partono così di slancio che è fatica tenerli fermi nella santità. Perciò vi dico di metterci questo sforzo anche nel vostro lavoro: fratello con fratello, uno con l’altro, senza questioni di superbia. Aiutatevi a raggiungere quella formazione umana che è necessaria, assolutamente necessaria, per portare il Vangelo. L’elogio che mi ha fatto monsignor Sebben giorni fa mi ha colpito. Ha detto: “Quel ragazzo di V ginnasio ha dato della vostra Congregazione una definizione tale che di meglio non si poteva dare. Io non sarei capace di darne una migliore: ’Mi piace andare là perché mi piace come sono fatti!’ ”. Eppure Antonio Pernigotto è grosso e Paolo è magro, poverino, perché ha mangiato sardine fino all’altro giorno; eppure Mario è intonato e don Luigi, poverino, è stonato... Scusate se questa mattina ho insistito tanto su questo punto, ma mi pare che sia fondamentale, ed insisteremo anche ad Asiago. Vorrei, proprio, che voi incominciaste fin da quest’oggi, anche andando ad Asiago, perché adesso è facile che lassù la parte umana scivoli: si va a sciare, si va di qua, si va di là... È come quando si va a sciare e si fa qualche capitombolo: è facile che questo avvenga sia con frasi, sia con atteggiamenti. Facciamo un po’ di manovre anche esterne, oltre che interne. Che ve ne pare? Inoltre stiamo attenti per non ripetere l’atteggiamento della mamma di San Pietro che diceva: “Voi non siete degni...”, e cerchiamo di aiutarci con le frasi e con i comportamenti.

FORMAZIONE noviziato

DOTI UMANE

CONGREGAZIONE spiritualità

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

Umberto Manzardo era novizio all’epoca, mentre Zeno Daniele già frequentava il 1° anno del corso teologico.

Piergiorgio Paoletto e Mario Corato facevano parte dello stesso gruppo del noviziato.

MI125,6[26-12-1966]

6.Domani mattina nella meditazione o stasera cercherò di dirlo a tutta la ‘compagnia’. Questi dovrebbero essere proprio giorni di manovre, di modo che chiunque esternamente ci vedesse o ci seguisse in tutti i momenti, dovrebbe poter dire la frase che ha detto quel giovane di V ginnasio: “Mi piace andare con quelli”. “Perché?”. “Perché mi piace come sono fatti!”. Ma bisognerebbe che lo potesse dire uno che ci seguisse dalla mattina alla sera, da quando ci si alza fino alla sera quando ci si addormenta; non quando si va a letto o siamo addormentati. E con questo non è proibito essere allegri, non è proibito divertirsi, ma chiunque dovrebbe poter dire: “Mi piacciono come sono fatti!”. Lo deve poter dire il ragazzo di diciassette o diciotto anni che vuole entrare, lo deve poter dire anche la signora anziana che vuole donare qualche milione all’Istituto... tutti devono poter dire: “Mi piace come sono fatti!”.
Dentro di voi cercate di avere questa preoccupazione e, se andando in mezzo alla neve, se facendo una gita, vi accorgete che un compagno non piace per qualche azione, da buoni fratelli lo avvicinate. Per esempio Umberto avvicina Zeno: “Scusa, sai... Mi pare che... Forse mi sbaglio, forse lo fai senza accorgertene, forse fumi troppe sigarette durante il giorno...”. Allora Zeno dirà: “Sì, guarda che ti sbagli, Umberto”. “Scusami, sai, per carità...” Ecco, state attenti, ve l’ho detto tante volte: ognuno deve essere superiore generale, nel senso che ognuno di voi deve essere preoccupato di conservare questo spirito. Tu, Antonio, per esempio, devi dire: “Devo provare la gioia che tutti questi sessanta, settanta o ottanta confratelli piacciano a Dio e agli uomini”. E allora se c’è qualcuno di loro che non fa il suo dovere, non occorre rimproverarlo, ma lo si avvicina da buon fratello perché non lo fa per cattiveria, e gli si parla con tanta carità e con tanta bontà, mettendoci qualche Ave Maria prima e dopo, e in mezzo un bicchierino. Ma certo: è così bello! Ma bisogna che ci aiutiamo; non possiamo più pretendere che siano soltanto due o tre più anziani che facciano queste cose, anche perché, di solito, non si è sempre insieme. Qualche azione può capitare, finché Paoletto è insieme con Mario, con l’altro, con quest’altro... Può capitare! Non bisogna partire dall’idea che uno lo faccia con cattiveria: ognuno porta con sé le proprie abitudini, qualche piccolo difetto che si può prendere per strada. Posso prenderlo anch’io! Ma da buoni fratelli, se sono io quello che vi rovino, ditemelo, ma con tanta semplicità: “Don Ottorino, attento, fumi troppo!”. “E va bene, cercherò di fumare di meno”. “Russi troppo durante la notte!”. “E allora, mandatemi nel porcile, così non disturbo nessuno”. Dobbiamo aiutarci con semplicità.

COMUNITÀ

correzione fraterna

CONGREGAZIONE spiritualità

PREGHIERA

MARIA devozione a ...

VIRTÙ

Cfr. Matteo 5,16.

MI125,7[26-12-1966]

7.Vogliamo curare questa parte umana non per apparire, ma “ut glorificent Patrem vestrum” , per poter conquistare le anime, per poterle “mettere a tappeto”.
Mi ha fatto proprio impressione quello che ha detto monsignor Sebben: “Negli anni scorsi abbiamo cercato, quando ero in collegio, di fare la propaganda per il collegio con qualche articolo sul giornale, con un mezzo o l’altro... Farete propaganda anche voi, farete uscire qualche notizia, però ricordatevi che la propaganda vincente sarà la presenza dei vostri”. Queste parole mi hanno fatto impressione, sapete! E poi ha aggiunto: “Non c’è film più forte di quello. Sarà bello il documentario che farete, la conferenza che terrete... Ma quando andrete in un luogo non sarà tanto il film che convincerà i ragazzi a venire con voi, ma saranno quelli che sono davanti coloro che convinceranno”. Questo è impressionante! “Saranno quelli che convinceranno! I ragazzi saranno attirati non tanto dai film e dalle parole che dicono, ma dal modo con cui i vostri si presenteranno”: questo ha detto monsignor Sebben. 5. Un santo vale più di cento funzionari

DOTI UMANE

APOSTOLO animazione vocazionale

Il resto registrato non è sufficientemente comprensibile a questo punto. Il riferimento ad ogni modo è a Meraldo Lanaro, che aveva trascorso alcuni anni nella Casa dell’Immacolata.

Fare “i calli alle ginocchia” significa pregare molto.

MI125,8[26-12-1966]

8.Adesso sarebbe il momento di cominciare la meditazione. Ci sarebbe da trattare: “Uomini di buona fama, pieni di Spirito Santo”. Figlioli, c’è un qualche cosa che è indefinibile, ma di cui il mondo se ne accorge, ed è questa presenza dello Spirito Santo in noi.
Ieri sera è venuto un ex-allievo della Casa dell’Immacolata, Lanaro, che è uscito da quasi dieci anni, durante i quali è vissuto in Canadà. Mi ha detto questo: “Don Ottorino, io ho constatato una cosa: ci sono pochi cristiani. Il cristianesimo va male, ma credo che la causa sia anche di voi preti perché non avete... Girando il mondo ho visto preti troppo sicuri, troppo attaccati ai propri comodi, troppo attaccati al denaro; hanno macchine lussuosissime, sono pieni di soldi, hanno case belle, messe proprio bene, piene di ogni comodità. Che male c’è che abbiano il televisore? Ma che abbiano un televisore in ogni angolo della casa, in ogni camera, è esagerato. Hanno la camera, il salotto... Hanno di tutto, hanno di tutto, mentre c’è gente piena di miseria, che ha bisogno... che ha bisogno di una parola. E i preti ci sono per qualche ora: non hanno tempo! Ma per andare in giro, per fare gite, per fare questo e quello ne hanno di tempo! Alcuni cristiani sono anche troppo bravi ad andare in chiesa, la gente è anche troppo brava ad andare in chiesa nonostante i preti. Che bella figura fanno i preti!”. Figlioli miei, figlioli miei, ve l’ho detto tante volte: non è il numero, ma è la qualità che manca! Ricordate la frase del cardinale Rossi, vescovo di San Paolo in Brasile, che di preti non ne ha neanche mille, fra diocesani, religiosi, ammalati... e matti! Figlioli, se ci sono centomila anime e un santo prete, passerà del tempo, ma questi finirà per convertirle; centomila anime e cento preti che non sono santi, un po’ alla volta, si “convertono” i preti! Qui non si tratta di tante disquisizioni: si tratta di calli alle ginocchia, cari figlioli, si tratta di calli alle ginocchia. Si tratta di gente che se la intende con Dio, che parla con il Signore, che tratta delle cose del Signore, che discute con il Signore dalla mattina appena sveglia, seduta sul letto - dopo, si distrae, non a parlare con il Signore, ma a dormire un altro quarto d’ora! - che parla con il Signore anche quando si veste, che parla con il Signore in tutti i momenti della giornata, e vive solo per il Signore. La gente s’accorge se l’uomo di Dio è di Dio o se è un funzionario degli uffici della Chiesa. È diverso, sapete, essere funzionari degli uffici della Chiesa e essere uomini di Dio! Capite chiaramente che se partissimo adesso... È passata la mezz’ora e so che alle nove ho un impegno e non posso fermarmi di più, ma questo sarebbe il punto dove vorrei soffermarmi. Siccome in montagna, forse, ci sarà qualcun altro migliore di me che vi parlerà di queste cose... andiamo in pace! Sia lodato Gesù Cristo! 27 dicembre 1966

DIO Spirito Santo

CONSACRAZIONE santità

CHIESA cristianesimo

SACERDOZIO prete

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CHIESA Vescovo

CONVERSIONE

PREGHIERA dialogo con Dio