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IL CORAGGIO, VIRTÙ INDISPENSABILE PER L’APOSTOLATO

MI226[22-02-1968]

22 febbraio 1968

A questo punto don Ottorino concede, come era solito all’inizio di ogni meditazione, un momento di silenzio per favorire l’incontro personale con il Signore.

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editrice Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 112-115, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami specifici.

Il paragrafo in questione, alla pag. 109 del libro, recita: “Così, stringendo con la mano il Vexillum della Legione, che ci ricorda tutte queste verità, sto davanti a te, come suo soldato e suo figlio, e dichiaro in questo modo la mia totale dipendenza da lei. Essa è la madre dell’anima mia; il suo cuore ed il mio fanno un sol cuore”.

Nel testo registrato don Ottorino a questo punto aggiunge: ”Il cardinale sta commentando la ‘Promessa’ che fanno i Legionari di Maria e perciò prende parola per parola, e la commenta sviluppandola”.

Don Giuseppe Rodighiero si era da poco laureato in lettere presso l’università di Padova, e per questo don Ottorino si rivolge a lui con linguaggio scherzoso.

Antico detto latino che significa: “Il volgo vuole essere ingannato”.

Gaio Giulio Vero Massimino, detto il ‘Trace’ (Tracia 173 - Aquileia 238), partecipò alla congiura contro Settimio Severo e nel 235, con l’appoggio dell’esercito, divenne imperatore. La sua dura linea di governo e le sue ‘spacconate’ di soldataccio gli inimicarono il senato di Roma che lo depose e lo proclamò pericolo pubblico, e infine a causa della sua durezza fu ucciso dai suoi stessi soldati ad Aquileia mentre stava ritornando a Roma per riconquistare il potere. Le sue persecuzioni contro i cristiani colpirono soprattutto le Chiese africane.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: “Non mi fermo a commentare perché c’è materia più avanti”.

Nel testo registrato si ascolta a questo punto la precisazione di don Ottorino: “Ora siamo arrivati al punto che abbiamo citato ieri mattina”.

MI226,1[22-02-1968]

1.Dunque continuiamo ad avere coraggio. Lo dimostriamo, anzitutto, avvicinandoci almeno per un istante al Signore per chiedergli perdono dei nostri peccati e la grazia di poterlo comprendere, capire e vivere.
Il cardinale parla, come già vi dicevo nella precedente meditazione, alla ‘Legione di Maria’. Leggiamo pure questa parte iniziale. “Il coraggio, virtù necessaria. La parola che domina questo paragrafo della Promessa è quella di ‘soldato’ , e il gesto che la sottolinea è di stringere con la mano lo stendardo. Questo Vexillum fu modellato appositamente su quello della legione romana, come dallo stesso esercito di Roma sono stati desunti gli altri elementi della Legione. Motivo di tale scelta è che la Legione romana rappresenta nella storia un corpo scelto, la cui riputazione di bravura e fedeltà è rimasta leggendaria. Erano i Legionari romani che tenevano gli avamposti dell’impero e fronteggiavano le invasioni senza posa rinnovantesi”. A questo proposito potrebbe darci una spiegazione il nostro carissimo dottore; non è vero, don Giuseppe , e dirci se è vero o no che “vulgus vult decipi” . “È senz’altro vero”, disse un tizio. ½Il Manuale cita, non senza ragione, l’esempio di quel centurione romano, che fu ritrovato, ritto al suo posto, sepolto sotto le macerie di Pompei e sotto la lava; ed evoca anche il ricordo della legione tebana, che fu massacrata per la fede durante la persecuzione di Massimino. Ci ricorda anche quel Legionario che vide morire il Cristo e che - per primo - glorificò l’Altissimo, esclamando: “Veramente questo uomo era Figlio di Dio!”. Quest’omaggio reso alla bravura romana è un invito ad ispirarsi ad essa. Sottolinea fortemente che il coraggio è una virtù indispensabile per il servizio di Dio, ed è un tratto caratteristico della vera devozione a Maria. Ci viene in mente la parola del Beato Pio X: “Il più grande ostacolo all’apostolato è la timidità, o piuttosto, l’accidia dei buoni”. Parole, ahimè, troppo vere! La Legione vorrebbe non meritarle. Ecco perché esige dai suoi membri il coraggio morale come parte integrante del loro dovere di cristiani. L’eroismo non è un lusso facoltativo, un soprappiù del dovere, come alle volte lo si vorrebbe far credere. Almeno non sempre è tale l’eroismo. Il medico che cura un ammalato contagioso non fa che il suo dovere di medico, e il soldato che, a rischio della vita, obbedisce ad un ordine d’attacco, eseguisce un dovere indiscutibile”.

DOTI UMANE coraggio

L’assistente Umberto Manzardo era da sempre appassionato di motori e di macchine.

Nel testo registrato c’è a questo punto una prolungata sospensione.

MI226,2[22-02-1968]

2.Bisogna convincerci che essere cristiani significa per noi essere eroi: è un’esigenza! Dico male, don Giuseppe, lei che se ne intende? Un cristiano, se vuol vivere da cristiano, deve avere per forza un certo eroismo: prima di tutto per vincere le sue passioni e poi per manifestare il suo cristianesimo.
Noi, per esempio, che ci siamo donati al Signore, non possiamo pretendere di essere veramente dei consacrati e degli apostoli senza un certo eroismo, vorrei dire senza consumare quelle forze che ognuno ha dentro di sé. Ogni uomo possiede una certa forza che, a un dato momento, lo fa diventare un eroe. Sbaglio o è così qualche volta? E più avanti l’autore afferma che certuni, e sembrerebbe impossibile, abituati ad essere sempre seduti in ufficio, qualche volta in guerra o nei momenti di pericolo, si rivelano degli eroi. Per cui ci si chiede: “Chi avrebbe pensato che quell’uomo potesse essere un eroe?”. Dentro di noi abbiamo delle energie che in certi momenti escono fuori senza sapere dove fossero nascoste, eppure sentiamo di averle. Ebbene, se vogliamo essere apostoli, bisogna trovare il modo di tirarle fuori. L’apostolo non deve accontentarsi soltanto, vorrei dire, di andare con le forze normali. Ci vuole l’auto Fiat 1100 TV che avevo prima: ricordate che aveva un acceleratore supplementare che scattava a un certo momento. Ricordi, Umberto , non era così? Quando si arrivava ad una certa velocità entrava in funzione un carburatore ausiliario... “Perché non osar di considerare le cose da questo stesso punto di vista, quando si tratta del dovere di apostolato? Quando si tratta di Dio, eccoci diventati particolarmente timorosi e cauti. Come per istinto, diventiamo casuisti. È questa una delle grandi ragioni per cui troppi cattolici non inducono gli increduli - direbbe Rivière - “in tentazione di credere"”. Noi dovremmo indurre gli altri in tentazione di credere! Con la nostra condotta noi dovremmo mettere gli altri nella tentazione di farsi cristiani. La nostra condotta dovrebbe essere talmente luminosa da costringere gli altri a dire: “Anch’io voglio fare altrettanto”. Quando il Signore ci ha comandato di volerci bene ‘affinché il mondo creda’, in fondo ci ha comandato di risplendere; ci ha detto: “Mostratevi, mostratevi”. Quando Gesù passava nelle vie della Palestina, più di uno tra la gente diceva: “Vengo anch’io con te”. Ed è naturale quando trovi un capitano come Gesù, che parla così bene, che fa del bene a tutti, che conquista con la sua bontà e con la sua dottrina; è quasi naturale dire: “Signore, posso venire anch’io con te? Posso seguirti, o Signore?”.

CHIESA cristianesimo

CONSACRAZIONE offerta totale

DOTI UMANE coraggio

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO testimonianza

GESÙ

sequela

GESÙ

maestro

MI226,3[22-02-1968]

3.Noi dobbiamo mostrare Gesù, ma in una forma così luminosa in mezzo alle anime, in mezzo alla gente, da indurle nella tentazione di dire: “Sì, vorrei venire anch’io!”.
Una volta avevamo i fascisti che ‘inducevano’ nella tentazione, e c’erano i legionari anche presso di loro; dopo, magari, quando era il momento di partire per l’Africa si ritiravano tutti, ma intanto firmavano la propria adesione. “Eppure, il coraggio è una virtù che ha una rara forza d’attrazione e che ottiene maggior effetto dei più eloquenti discorsi del mondo. Quando la Legione domanda ai suoi membri di fare a due a due delle visite apostoliche, sa di chiedere un servizio difficile”. E qui cominciamo ad entrare nel pratico. Dunque i legionari hanno l’obbligo... Non so se sapete che cos’è la Legione; noi l’abbiamo in Guatemala e funziona bene. Ogni settimana i legionari si trovano, s’inginocchiano per terra, recitano la corona. Bisognerebbe che vedeste Cleto con il suo gruppo di quaranta o cinquanta legionari! Anche ad Estanzuela funziona la Legione di Maria: ogni sabato, inginocchiati per terra, i legionari recitano la corona e poi ognuno fa la relazione della visita che ha fatto; devono fare una visita caritativa, apostolica, cioè fare del bene e riferire su questo “bene” compiuto durante la settimana. Non si tratta di una visita come quelle della San Vincenzo, ma di una visita di amore e di carità; i legionari devono compiere qualche cosa, devono avvicinare una persona. Ebbene, precisa l’autore, l’andare a due a due a compiere questa visita è un servizio difficile. Infatti, finché si tratta di un momento di entusiasmo la cosa può essere facile, ma chiedere che il legionario faccia settimanalmente la visita e insieme con un altro... è impegnativo.

APOSTOLO testimonianza

DOTI UMANE coraggio

CHIESA cristianesimo

Già precedentemente don Ottorino aveva nominato don Giuseppe Rodighiero; ora aggiunge Natalino Peserico che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.

MI226,4[22-02-1968]

4.“Qualcuno, per esempio, sarà capace di affrontare senza paura una grandinate di palle sul campo di battaglia, mentre si sentirà venir meno alla minaccia d’una burla o di un sorriso beffardo, in agguato dietro quella tal porta sconosciuta, alla quale dovrà bussare”.
Vediamo in casa nostra. Supponiamo che entri nella Casa dell’Immacolata un comunista, il quale parli male del Papa e della Chiesa. In questo caso è più facile che don Giuseppe si metta schierato in portineria con un gruppo di giovani da una parte, e che lui e Natalino comincino con questo comunista una serrata discussione di un’ora. Infatti costui le spara grosse e i nostri cercano di ribattere e allora: “Pim, pum, zum...”. Ne nasce una battaglia accanita di un’ora, accompagnata da: “Dai, coraggio!”. È facile, è facile fare questo! Ma mettiamo che Natalino, per esempio, abbia il coraggio di prendere a braccetto don Giuseppe e di dirgli: “Senta, don Giuseppe... o senti, don Giuseppe. Mi sembra che tu fumi troppe sigarette durante il giorno. Sì, è vero, capisco che vieni dal mondo, ma mi sembrerebbe un po’ esagerato...”. Insomma prendersi, così, a braccetto... Eh, caro mio! Affrontare un comunista e discutere con lui un’ora o due ore può essere facile, ma avere la carità di prendere a braccetto un confratello e dirgli: “Senti... Scusami, ma mi sembra che qualche volta in cortile... Io sono peggiore di te, lo so, ma mi pare che qualche volta quelle parole che dici ai compagni, quella frase... Mi pare, scusami sai, ma mi sembra che non vada bene”, questo può essere più difficile. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma sì, lo sa, non tocca a me farglielo notare. C’è l’assistente, e poi c’è tutta una squadra di gente. Perché dovrebbe toccare proprio a me?”. Tocca proprio a te perché ti sei accorto della cosa, e se te ne sei accorto il Signore ti ispirerà non un pensierino di critica, ma di amore. Ti sembra, Luciano?

CHIESA Papa

COMUNITÀ

correzione fraterna

CARITÀ

amore al prossimo

Don Ottorino scherza con Paolo Crivellaro dal fisico magrissimo, dopo aver nominato precedentemente Luciano Bertelli o Luciano Rizzi, suoi compagni di corso.

Luigi Tonello frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.

MI226,5[22-02-1968]

5.“Vi son delle mortificazioni a pane ed acqua che appaiono meno dure di questo rischio dell’apostolato, e più di un legionario preferirebbe, senza esitare, una giornata di silenzio assoluto ad una uscita nella notte, in cerca delle pecorelle smarrite”.
Anche di giorno, non solo di notte, sapete! Andare in cerca, per esempio, della pecorella smarrita anche quando sai che ti costa fatica dirgli le cose, perché sai che ti risponderà male, perché sai che cercherà mille scuse per giustificarsi. Eppur ecco la notte, la notte nera! Per esempio, andare da Luciano e dirgli che è troppo magro, o da Paolino e dirgli che è troppo grasso e che deve mangiare di meno per dimagrire un pochino. Dov’è Paolino? È vero, Paolino? Amici miei, tutti sappiamo dove dobbiamo andare, tutti sappiamo la strada che dobbiamo percorrere, lo spirito che ci vuole, ma guardate che ci vuole coraggio per aiutare il fratello. Ognuno vede la schiena dell’altro, ma non la propria, ed è facile, camminando e avendo sempre gli altri davanti, vedere sporca la giacca di uno, la manica di un altro e di un altro ancora, e che fra amici uno dica: “Guarda che giacca che ha quel tale! Non aveva altre giacche da indossare? Ma guarda questo, ma guarda quello!”. Gli altri, che ti stanno dietro, fanno lo stesso con te. Invece la carità suggerisce di dirgli: “Ehi, fermati un istante! Guarda che hai la giacca sporca. Ehi, guarda qua...”. La carità, proprio la carità, lo suggerisce, ma non per criticare. Se oggi non avete il coraggio di fare la correzione fraterna, ma proprio per amore, proprio per fraternità, proprio con il senso di dire: “Io voglio che il mio fratello sia santo”, un domani non farete la conquista apostolica, perché l’uno e l’altro pane escono dallo stesso forno. Se oggi tu non hai la carità di dire, per esempio, a Tonello : “Parli troppo di notte”, e questo per paura di Tonello, un domani non andrai dal macellaio o dal mugnaio che imbrogliano a dire loro: “Imbrogli troppo. Imbroglia sì, ma un pochino meno!”; non avrai il coraggio di andare in cerca di quella creatura che è in peccato, ma dirai: “Sì, va bene, ma queste cose io le dico in chiesa”. Ti accontenterai di gridare in chiesa e invece il Signore ti dice: “No! Se è necessario, prendi a braccetto il mugnaio, prendi a braccetto il ciabattino, quel tale che bestemmia, che dice male di un altro, quei tali che tu sai che si odiano: prendili a braccetto”.

APOSTOLO salvezza delle anime

COMUNITÀ

correzione fraterna

ESEMPI carità

ESEMPI correzione fraterna

Don Ottorino si rivolge a don Pietro De Marchi e a don Giuseppe Rodighiero che erano entrati entrambi in Congregazione dopo una discreta esperienza pastorale come sacerdoti.

Luciano Rizzi, come Gaetano Scortegagna che viene nominato subito dopo, frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso teologico.

Giovanni Orfano frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.

MI226,6[22-02-1968]

6.So che è fatica; ci vuole coraggio! Ma non illudetevi: se oggi non avete il coraggio di farlo con il fratello che, in fondo, se vai da Tonello non ti mangia... Tonello, hai mai mangiato qualcuno? No, vero? Ecco, se oggi non avete il coraggio di andare da un fratello qui, in casa, con la scusa che è fatica, non lo avrete un domani perché il salto sarà più grande. Voi, don Pietro e don Giuseppe che venite dal mondo, non è forse vero che il salto è più grande? Di solito si trova questa scusa: “Sa, è fatica, ma domani...”. No, domani non lo farete. O avete fame oggi e ne avrete anche domani, o avete sete oggi e ne avrete anche domani, e se non avete sete oggi non l’avrete neanche domani. Se oggi tu non hai il coraggio di prendere in disparte il tuo fratello e dargli una mano, non l’avrai neppure un domani.
Se io adesso invitassi, per esempio, don Luigi Furlato a sedersi qui accanto e gli dicessi: “Che cosa avresti da dire di Luciano Rizzi?”, risponderebbe: “Queste sono tutte le perle preziose che ha Luciano Rizzi, però ci sono in lui due o tre piccole perle nere”. Verrebbe poi la volta di Gaetano. State sicuri che don Luigi troverebbe in tutti delle perle preziosissime, ma anche qualche piccola perla nera. Beh, un momentino! E allora bisognerebbe chiedergli: “Hai tu notificato queste osservazioni a tutti questi confratelli?”. “Ma, sa... È vero, sì, qualche volta”. Se io chiamassi Giovanni Orfano e lo mettessi qui a sedere e gli chiedessi: “Giovanni, hai qualcosa da dire su don Luigi?”. “Sì, è un buon figliolo”. “C’è in lui qualcosina di nero?”. “Beh, le scarpe; è la prima cosa nera che ha”. “E tu gli hai detto che ha le scarpe nere?”. “Sa, dovrebbe vedere anche lui che ha le scarpe nere. Non è vero?”.

COMUNITÀ

correzione fraterna

PASTORALE parrocchia

PASTORALE lontani

ESEMPI correzione fraterna

COMUNITÀ

confratelli

Una volta il latte con il quale si faceva il formaggio veniva riscaldato in grandi paioli di rame sospesi su un fuoco molto vivace; perciò era facile che la cagliata si attaccasse al fondo del paiolo se il fuoco era troppo forte, o che prendesse sapore di fumo se la legna usata non era perfettamente secca e perfetto il tiraggio del camino: anche sorvegliare il fuoco era un’arte! Evidentemente il riferimento è ad Antonio Pernigotto, che a casa sua era divenuto esperto in ogni lavoro di campagna.

Il riferimento è a Girolamo Venco, che all’epoca stava completando il corso teologico.

Discorso del 3 aprile 1951 di sua santità Papa Pio XII: in A.A.S. 43, pag. 377.

MI226,7[22-02-1968]

7.Tutti vediamo le gemme preziose, ma anche le scarpe nere di ogni confratello; e tutti noi che vediamo, abbiamo il dovere di aiutare il fratello a cambiare il colore delle scarpe. Esagero, don Pietro? Perché se oggi lo facciamo qui, alla stessa maniera un domani nel paese in cui ci troveremo dobbiamo vedere le gemme preziose e anche le scarpe nere della gente che ci è affidata, e allora abbiamo il dovere, dinanzi al Signore, di pregare, ma dopo anche di agire, perché il pregare è il preludio dell’azione. Ieri abbiamo detto che l’azione deve essere accompagnata dalla preghiera, ma dobbiamo anche agire. Antonio, che cosa ne dici? È giusto? Anche tu pregavi, ma il formaggio non si faceva; bisognava pregare e anche fare il formaggio, e poi pregare il Signore che non si bruciasse e che non prendesse il fumo.
“Niente paralizza più di quella paura sottile che si chiama il rispetto umano”. È tutto qui, caro, tutto qui: il rispetto umano! “Se dico a Girolamo una paroletta rischio che non mi paghi più le caramelle!”. “La paura ha fatto rabbrividire S. Pietro davanti ad una serva del pretorio. Se trionfa, ogni lavoro per le anime si riduce subito a proporzioni insignificanti. La paura di darsi all’apostolato diretto conduce talvolta a relegare questo in secondo piano. Sua Santità Pio XII ci mette in guardia contro tale capovolgimento di valori: “Chi non si sente stringere il cuore a vedere quanto la miseria economica e i mali sociali rendono più difficile la vita cristiana... Ma da ciò non si può conchiudere che la Chiesa debba cominciare col mettere da parte la sua missione religiosa e procurare prima di tutto il risanamento della miseria sociale. Se la Chiesa è stata sempre sollecita nel difendere e nel promuovere la giustizia, essa, fin dal tempo degli Apostoli, anche dinanzi ai più gravi abusi sociali, ha adempiuto la sua missione e, con la santificazione degli animi... ha cercato di iniziare il risanamento anche dei mali e dei danni sociali, persuasa com’è che le forze religiose e i principii cristiani valgono, meglio di ogni altro mezzo, a conseguirne la guarigione” ”.

PREGHIERA

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

Negli anni 60 e 70 le facoltà di sociologia in Italia, sotto la spinta di quella di Trento, ebbero un numero di iscritti sempre crescente. Erano facoltà molto politicizzate e in esse si formarono molti capi dei movimenti estremisti italiani, soprattutto di estrema sinistra, che per un ventennio insanguinarono l’Italia con attentati e omicidi politici.

“Quando il corpo si consuma, l’anima si aggiusta”. È un proverbio popolare molto citato.

Il riferimento è al racconto che si trova nel capolavoro di A. MANZONI, I promessi sposi, opera fondamentale della letteratura italiana che don Ottorino amava rileggere spesso.

MI226,8[22-02-1968]

8.È più facile mettersi, per esempio, in gruppo e sollevare questioni sociali... - ehi, tu che vuoi studiare sociologia - condannare gli altri che non sono presenti e gridare: “Adesso andiamo a rivendicare...”. È più facile questo che avere il coraggio di fare come padre Cristoforo: andare nella tana di don Rodrigo. Sarebbe stato più facile nel paesetto di Lucia radunare un gruppetto di operai e fare una dimostrazione pubblica contro don Rodrigo e andare per le strade sventolando le bandiere! Ma prendersi la questione a cuore, andare a bussare alla porta del palazzotto, incorrere nel pericolo di prendere quattro legnate sulla testa è molto più difficile! Anche l’apostolo deve avere questo coraggio. Sbaglio? Tu, don Giuseppe, rispondimi. Cari miei, e avere poi il coraggio di insegnare a don Rodrigo a diventare santo... Ecco ciò che dobbiamo fare noi! E questo sembrerebbe più facile dell’altro, ma è più difficile. Sarebbe stato più facile organizzare una dimostrazione contro don Rodrigo che andare nel suo palazzotto e parlargli a tu per tu e, anche a rassegnarsi ad attendere che il frutto di quella predica arrivasse più tardi, magari al lazzaretto di Milano! Infatti in seguito, durante un sogno, don Rodrigo ha rivisto quella mano alzata del frate. Eh, “quando el corpo se frusta, l’anima se giusta!”. La notte in cui ha avvertito il bubbone della peste, gli è parso di vedere una mano alzata: un frate in chiesa, ed è corso subito con la mente a quella predica, ed essa gli ha portato un piccolo frutto, ma lo ha portato.
“Se per predicare il Vangelo gli Apostoli avessero atteso che tutte le giustizie sociali e politiche fossero soddisfatte, il mondo non avrebbe ricevuto ancora il loro messaggio”.

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

Gli assistenti Giuseppe Filippi e Pietro Simonetto erano già destinati alla Comunità di Resende in Brasile.

MI226,9[22-02-1968]

9.È vero che il cardinale di San Paolo del Brasile ha detto che le riforme sociali avvengono con noi o senza di noi o contro di noi, ma il fatto di dire che avvengono con noi non vuol dire che devono essere fatte da noi.
Supponiamo adesso che i nostri due amici qui presenti, Giuseppe e Pietro, che vanno a Resende, incomincino tenere in quella località comizi politici. No, miei cari! Voi dovete fare dei cristiani e poi si arrangeranno loro. Voi farete dei cristiani bene equilibrati, insegnerete loro il dovere di essere buoni cristiani, buoni cittadini del cielo e della terra; il resto lo faranno loro. Noi abbiamo il dovere di farli vivere veramente da cristiani: questo è il nostro dovere! “Dobbiamo dunque camminare avanti, senza aspettare e senza temere la sconfitta e la sofferenza. Le anime si pagano. Un proverbio spagnolo attribuisce a Dio queste parole: “Prendi ciò che vuoi, ma pagane il prezzo”. Dio predilige le anime coraggiose”. È tutto qui, fratelli! Prendi ciò che vuoi, caro Antonio, ma pagane il prezzo. Vuoi mille vocazioni al diaconato? Prendile pure, ma pagane il prezzo, Giuseppe, pagane il prezzo! È tutto qui, vedete. Noi vorremmo non pagare, cercare la via più comoda per non pagare, e invece le anime bisogna pagarle. Supponiamo che nella Casa dell’Immacolata io lasciassi passare certe cose; ne vedo tante, ma le lascio passare. Mi dico: “Perché vuoi che vada a rompermi l’anima, a rompermi il fegato, non dormire la notte, magari per una stupidaggine?”. Eh, sarebbe comodo, sapete, fare così! Però, vuoi dei santi? Devi pagarli con il tuo sangue, con la tua sofferenza, e non farli pagare con il sangue degli altri. È facile farli pagare con il sangue degli altri! Ma avere il coraggio di dire bianco al bianco e nero al nero, e di andare in cerca della pecorella smarrita, questo vi farà sudare tanto sangue, vi farà andare incontro a così tanti grattacapi che non ne avete neanche l’idea. Infatti, quel povero fra Cristoforo l’hanno mandato a Rimini, l’hanno mandato in tanta malora. Ecco che cosa gli è costato aver compiuto quell’atto di coraggio! E questa è la storia di tutti gli apostoli. Se le cose ti vanno bene avrai un amico, se ti vanno male avrai un nemico. Se ti vanno bene avrai un amico e settantaquattro diavoli per nemici, perché tutti i diavoli che scacci via da lui saranno contro di te. Non c’è niente da fare! Se riesci a convertire lui, i diavoli che gli erano contro verranno contro di te e allora stai sicuro che cominceranno le tentazioni di ogni genere: lo scoraggiamento e... ogni cosa. Se le cose vanno male, quel tale ti sarà nemico e te ne farà passare di tutti i colori. E allora verrà la tentazione di dire: “Beh, mi astengo di fare apostolato! Senti, anche se mi va bene, alla fine mi va sempre male! Se mi va bene ho i diavoli contro, se mi va male ho lui contro di me. È meglio che non faccia niente”. Eh, no! Allora hai Dio contro. Qui si tratta di scegliere: o avere nemici i diavoli del convertito, o avere lui contro, o avere Dio contro. Giuseppe caro, scegli. Ite Missa est!

SOCIETÀ

APOSTOLO missione

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE sangue

CONGREGAZIONE fondatore