Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni, riportate sempre in corsivo senza ulteriori indicazioni, sono tratte dalla pag. 45.
Don Ottorino scherza sulla omonimia tra Filippi, città della provincia romana di Macedonia, nella quale San Paolo nel suo secondo viaggio missionario fondò una delle prime comunità cristiane, e l’assistente Giuseppe Filippi.
La narrazione della permanenza di San Paolo nella città di Filippi è raccontata in Atti 16, 11-40.
Don Ottorino confonde tra Atti 12, 7, ove si narra la liberazione dalle catene e dal carcere di Pietro per mezzo di un angelo, e Atti 16, 26 ove si racconta che la liberazione di Paolo e Sila dalle catene avvenne per mezzo di un terremoto.
Don Luigi Mecenero, don Lino Dal Moro e l’assistente Giovanni Sgarbossa sarebbero partiti per il Brasile alla fine del mese per iniziare in quel paese la prima missione della Congregazione.
Il dottor Arnaldo Marzotto aveva chiesto ai nostri Religiosi di assumere la direzione dell’Istituto “Lar dos meninos” costruito in un suo podere a Resende, in Brasile, per l’assistenza ai fanciulli poveri e abbandonati.
La valle degli spiriti era la località del comune di Crespadoro in cui era nato don Luigi Mecenero, che negli anni precedenti era stato responsabile dell’Istituto San Gaetano di Asiago (VI).
MI136,1 [27-01-1967]
1 Continuiamo il commento della prima lettera ai Tessalonicesi. Siamo arrivati, mi pare, al secondo capitolo, versetto primo: “Voi stessi, d’altronde, ben sapete, o fratelli, che la nostra venuta tra voi non è stata vana, ma dopo aver subito, come sapete, sofferenze e oltraggi a Filippi, traemmo dal nostro Dio l’ardire di predicarvi il suo vangelo pure in mezzo a tante lotte”. Dunque, penso abbiate capito: “... dopo aver subito, come sapete, sofferenze e oltraggi a Filippi - non da Filippi, eh! -, traemmo dal nostro Dio l’ardire di predicarvi il suo vangelo, pure in mezzo a tante lotte”. Cerchiamo di capire un pochino questo particolare. San Paolo veniva da Filippi : voi sapete come là era stato preso, lui e i suoi amici, bastonati per bene e messi in galera. Alla notte era apparso l’angelo e li aveva liberati : il carceriere voleva ammazzarsi per paura che fossero scappati via e invece San Paolo ha finito per convertirlo durante la notte e battezzarlo. La mattina seguente venne l’ordine di scarcerazione, e San Paolo mostrò la forza della sua volontà dicendo: “Eh, no, signori! Io sono cittadino romano!”, e allora sono venuti gli altri a domandare scusa perché temevamo che Roma non trovasse un pretesto per intervenire, come faceva sempre, quando poteva; ed ecco, allora, che le autorità della città si presentano: “Scusate, non lo sapevamo. Però, fate un piacere, andate via, andate via!”. Ora, per capire un pochino l’episodio, fate conto che i nostri cari fratelli che fra qualche giorno partiranno per Resende , dopo un po’ di tempo che sono là, quando hanno cominciato già a fare un po’ di amicizia con le persone, hanno cominciato già a convertire... un bel giorno vengano presi, bastonati, flagellati, malmenati, messi in galera, e al mattino seguente cacciati: “Andatevene via!”. Ho tanta stima di don Luigi Mecenero, di don Lino e del nostro caro Giovanni, ma penso che dopo avere preso quelle pacche andrebbero subito dal signor Marzotto a dire: “Per carità, dottore, noi torniamo in Italia; per carità, torno nella valle degli spiriti, torno lassù ad Asiago un’altra volta. Vado qua, vado là... per carità, per carità!”. La natura umana ci porterebbe a dire così. Che cosa fareste voi dopo averle prese di santa ragione o di poca santa ragione, dopo essere stati ben malmenati, con le ossa mezze fracassate? Che cosa fareste?PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
CONGREGAZIONE storia
CROCE persecuzioni
CROCE prove
Cfr. Atti 17, 1-9.
Cittadina della Sabina dove la Congregazione aveva iniziato una Comunità alle porte di Roma da pochi mesi.
Cfr. Matteo 10, 16-25.
Cfr. Luca 17, 10.
MI136,2 [27-01-1967]
2 Ecco San Paolo. Se noi leggiamo gli Atti degli Apostoli, vediamo che andava in una comunità, l’impiantava appena, poi le prendeva e gli toccava andare via. E che cosa faceva? Passava in un’altra parte e cominciava di nuovo con la prospettiva che alla fine sarebbe capitata la stessa storia. Infatti, anche a Tessalonica è rimasto un paio di mesi circa... ma, se anche lì non le ha prese, ha dovuto scappare via perché c’era il tumulto nella città. Fratelli, questa è un po’ la nostra storia: un momento di trionfo che si può trovare, supponiamo, a Monterotondo , e poi al momento del trionfo succede il momento di scoraggiamento, e poi da lì si passa in un’altra parte. Ma è anche la storia della situazione dove ci si trova, anche senza passare da una parte all’altra. Guardate che il Signore ci ha promesso queste difficoltà. Se Paolo, quando ha preso le bastonate a Filippi, si fosse rivolto al Signore: “Ma, Signore...”, avrebbe avuto questa risposta: “Scusa, ma te l’ho già detto! Forse ho promesso a miei...? Ai miei ho promesso questa ricompensa per quello che fanno di bene”. Quando un operaio alla sera, dopo aver compiuto la sua giornata, va a ritirare il denaro, vuole il denaro... Il denaro che noi dobbiamo aspettarci dal Signore è questo: “Servi inutiles sumus” ; dopo aver lavorato una giornata intera, si deve concludere: “Io sono un servo inutile”.CROCE
CROCE difficoltà
Don Pietro Martinello era uno dei religiosi destinati ad aprire la prima comunità nel Chaco (Argentina) nel luglio di quell’anno.
Don Ottorino confonde: sono Paolo e Barnaba a scuotere la polvere dei loro piedi contro la città di Antiochia di Pisidia che rifiutava l’annuncio cristiano (Atti 13, 51) come aveva ordinato il Signore Gesù nel suo discorso apostolico ( Cfr. Matteo 10, 14).
Cfr. Luca 9, 51-56.
S. E. monsignor Italo Di Stefano era il vescovo di Presidencia Roque Sáenz Peña, nella cui diocesi si stava per iniziare la nuova comunità.
MI136,3 [27-01-1967]
3 Supponiamo, caro don Pietro , che voi lavoriate come disperati per un anno e, dopo un anno, il vescovo o i sacerdoti del luogo vi dovessero dire: “Voi non avete fatto che rovinare la città, voi non avete cercato che il vostro interesse...”. Sappiate che la natura umana direbbe: “Scuotiamo la polvere...”, come ha fatto San Pietro quella volta , oppure: “... facciamo venire giù il fuoco dal cielo...” . La natura umana sarebbe portata a mandare accidenti a Di Stefano e a tutti i Di Stefano del mondo. La natura umana! Però, amici miei, il cristianesimo ci insegna a baciare la mano che ci percuote: il cristianesimo è questo! Perciò nella vita apostolica noi dobbiamo mettere in preventivo di lavorare, lavorare, lavorare e poi essere bastonati da coloro che abbiamo beneficato. Tu prenderai un ragazzo, lo coltiverai, gli darai da mangiare, lo istruirai, gli darai... gli darai... Questo capita anche a tante povere mamme che educano un figlio, che si sacrificano per allevare quattro, cinque, sei figlioli, e poi, sul più bello che questi figlioli sono tirati su, vanno via e magari bisogna che la madre vada a finire al ricovero. Il cristianesimo è così!CROCE prove
CROCE difficoltà
CREATO
CHIESA cristianesimo
Don Ottorino richiama nel suo esempio la missione di Estanzuela in Guatemala, dove don Gianni Rizzi era il superiore della Comunità iniziata nel novembre dell’anno precedente, e la confronta con quella del Chaco in Argentina che sarebbe iniziata fra qualche mese.
MI136,4 [27-01-1967]
4 Fratelli miei, vi dico questo perché ormai avete una certa età; lo dico perché alcuni sono già partiti, altri stanno per partire e altri partiranno: non mettete in preventivo trionfi nel vostro apostolato; non mettete in preventivo che nel vostro apostolato avrete da raccogliere voi, perché, può darsi, che voi siate chiamati soltanto a seminare. Può darsi che proprio voi che andate nel Chaco dobbiate lavorare anni e anni e con l’aridità più grande e senza raccogliere niente, mentre a Estanzuela don Gianni sta battezzando e raccogliendo: voi seminate nel Chaco e altri raccolgono a Estanzuela, o altri fratelli missionari di un’altra Famiglia religiosa raccolgono nel Mato Grosso. Lavoriamo per Cristo, lavoriamo per la Chiesa! Perciò non dobbiamo dire: “Io ho lavorato tanto e voglio ed esigo di raccogliere tanto”. Figlioli, noi siamo chiamati, e mettete in preventivo quanto ho detto tante volte: noi siamo chiamati a salvare le anime con la nostra sofferenza, con la nostra sofferenza quotidiana, con il compimento del nostro dovere, oggi nello studio, nella ricreazione, nelle varie mansioni che il Signore oggi ci ha affidato. Ma ricordatevelo, ricordatevelo: non scoraggiamoci perché troviamo la croce... non scoraggiamoci! Paolo ha detto chiaro e netto: “... la nostra venuta tra voi non è stata vana, ma dopo aver subito, come sapete, sofferenze e oltraggi a Filippi...”. Dove San Paolo ha trovato la forza? Come mai San Paolo, dopo aver preso le legnate, ha trovato la forza per andare avanti... e non per tornare a Vicenza dopo avere prese le bastonate a Resende, ma per andare a San Paolo del Brasile a piantare un’altra missione? Dobbiamo saper dire:“Via! Importa niente, ragazzi, impiantiamo in un’altra parte”. E se prendiamo ancora bastonate, non dobbiamo aver paura. Ma andiamo in un’altra parte! Dove ha preso San Paolo la forza per fare questo? Ecco qui: “... dal nostro Dio, dal nostro Dio...”. Cioè Paolo trova la forza dalla sua unione con il Signore, e questa vorrei che fosse la meditazione che questa sera facciamo insieme.APOSTOLO missione
APOSTOLO chiamata
CROCE prove
CROCE aridità
CROCE sofferenza
APOSTOLO salvezza delle anime
MI136,5 [27-01-1967]
5 Fratelli miei, la vita dell’apostolo, come già ce lo dice Gesù nel santo Vangelo, come già ce lo dicono duemila anni di storia della Chiesa, è vita di crocifissione, è vita di sacrificio: siamo consacrati all’immolazione per la salvezza delle anime. La forza per poter sostenere questa immolazione la troveremo soltanto nella nostra unione con Dio. Lasciate che ve lo dica: siamo uomini, ed è facile che la nostra unione con Dio divenga una unione ufficiale, abitudinaria, superficiale. È qui dove vorrei che questa sera nel nostro ritiro ognuno di noi facesse un esame di coscienza; dico ognuno di noi, cominciando da me. Vi confesso che non so con quali parole potrei dirvi questo; ho capito che cosa vorrei dirvi questa sera, ma, forse, non sono capace di esprimerlo. Sono stato un pezzettino in chiesa a pregare: “Signore, dimmi tu come devo dire queste cose”; poi sono andato in stanza, mi sono inginocchiato, e ho baciato la terra e ho ripetuto: “Signore, dimmi tu come devo esprimere queste cose”. Vi dico sinceramente, fratelli miei, che la mia impressione è questa: qualche volta si parte con un’unione vera con il Signore, poi, piano piano, si finisce col recitare delle preghiere, si finisce col dire delle formule, si finisce per fare delle cose, ma non per incontrarsi intimamente con il Signore. Quante volte nelle nostre meditazioni abbiamo ripetuto questa cosa, e cioè che la preghiera deve essere una unione, un incontro personale e cosciente con Dio, un incontro personale!APOSTOLO chiamata
APOSTOLO salvezza delle anime
DIO rapporto personale
PREGHIERA unione personale con Dio
Il discorso di don Ottorino è una libera parafrasi di una parte del discorso tra l’Innominato e il cardinale Federigo Borromeo contenuto nel cap.XXIII de “I promessi sposi” di A. Manzoni.
MI136,6 [27-01-1967]
6 Fratelli miei, vi rendete conto che Dio è una persona? Fratelli miei, vi rendete conto che Dio è presente; che è presente nella mia stanza; che in questo momento, per sua grazia, è presente dentro di me; che la Santissima Trinità inabita dentro di me? Fratelli miei, se noi avessimo questa coscienza della presenza di Dio, che Dio, il mio Dio è proprio qui, dentro di me! “Dio... Dove sei?”, diceva l’Innominato, e Federigo rispondeva: “Dio l’avete dentro, lì, l’avete lì dentro!”. Fratelli miei, se noi avessimo questa coscienza di un Dio personale, di un Dio che mi guarda, di un Dio che mi ascolta, di un Dio che mi anima; questa coscienza di Dio presente... come sarebbe diversa la nostra vita! Facciamo un paragone. Siamo due o tre che stiamo parlando ed entra improvvisamente qualcuno. Supponiamo che tu, don Pietro, stia parlando insieme con don Luigi Mecenero, con Ferrari, con uno, con l’altro, in ufficio. Entra monsignor Fanton e vi dice: “Continuate il vostro discorso”. Per quanto santi siate, cambiate la tonalità del discorso, la forma del discorso o perlomeno pesate attentamente le parole. Perché? Perché è entrato monsignor Fanton. È Dio non è sempre presente? Perché allora non dobbiamo sentire questa sua presenza sempre, di giorno, di notte? Che cosa andiamo a dire alla gente, che cosa andate a dire nel Chaco, che cosa andate a dire nelle altre parti, se voi non lo sentite questo Dio, se voi non lo vedete questo Dio, se voi non respirate questo Dio, se svegliandovi alla notte non lo sentite vicino e non gli parlate, se alzandovi al mattino non parlate con lui?DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
DIO Trinità
Cfr. Atti 20,36 e 21,5.
Si tratta delle “sezioni-noi”. L’autore degli Atti degli Apostoli, che la Tradizione afferma essere San Luca, si è servito di varie fonti orali e scritte che poi ha fuso nello scritto omogeneo che possediamo. Tra queste fonti ci sono le quattro “sezioni-noi” (Atti 16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16) in cui il racconto è scritto in prima persona plurale e che sono una specie di “diario di viaggio”, forse, dell’autore stesso degli Atti degli Apostoli.
Cfr. Atti 21, 4 .
Cfr. Atti 20, 22-24.
Cfr. Atti 21, 11.
Cfr. Atti 21, 13-14.
MI136,7 [27-01-1967]
7 Fratelli miei, pensateci sopra! Meno chiacchiere e più testa bassa dinanzi al Signore: più testa bassa ad adorare il Signore. Quando San Paolo si incontra con i suoi - leggete attentamente gli Atti degli Apostoli e vedrete - che cosa fanno? Una lunga preghiera. Arrivano vicino al mare, si incontrano insieme e poi pregano lungamente... insieme. Quando il nostro caro San Luca ci descrive i viaggi di San Paolo, ad un dato momento, parla in prima persona al plurale perché si è unito anche lui a San Paolo e allora abbiamo il testimone oculare. Dice : “... e ci siamo fermati... Abbiamo pregato lungamente insieme”. “Non andare a Gerusalemme - dicono i discepoli di Tiro -, non andare”. Paolo risponde: “È lo Spirito Santo che mi chiama”. “Ma, là ti prendono, là ti bastonano, là ti legano”. “Non m’importa!”. Pregano lungamente insieme! Quelli erano uomini che ci credevano, fratelli miei, quelli erano uomini che vivevano la loro fede! Fratelli, stiamo attenti a non avere una fede abitudinaria, una fede ufficiale, superficiale. Bisogna che ci abituiamo, fratelli miei, a stare dinanzi a Dio e adorare Dio, a sentire la presenza di Dio. E questo lavoro non dev’essere fatto soltanto due o tre volte al giorno, deve diventare un “habitus”, deve diventare per noi una pratica continua che ci accompagna sempre, una cosa talmente continua per cui, come abbiamo detto in tante altre circostanze, per noi dovrebbe essere impossibile dire una parola, fare un’azione, prima di avere interpellato quel Dio che è presente. Dio è presente. Io mi siedo al confessionale, confesso e mi metto a parlare con quella persona: io devo avere presente i trattati di morale, ma devo, prima dei trattati di morale, avere presente quel Dio che è il Signore della morale, e devo sentirlo lì, tra me e quella persona. Io non posso mettermi a confessare, non posso mettermi a parlare di Dio se non metto Dio lì vicino; non posso dire parole perché quell’anima viene a domandare vita e non parole. E io devo dare quel Dio che è lì presente: devo darglielo. Quell’anima cerca Dio, non cerca chiacchiere, perché, allora, può prendere in mano un libro... e forse trova parole più belle di quelle che dico io. Figlioli miei, preoccupatevi anche per la vostra missione futura di incontrarvi con questo Signore, di vivere questa vita intima con il Signore, perché altrimenti a un dato momento non potrete resistere. Mi pare che questo sia il punto dove volevo arrivare: perché Paolo ha la forza? Perché è unito a Dio. E allora non importa niente: prende le bastonate, sente il male, soffre, patisce, ma va avanti. Perché? Perché è unito a Dio. La sua unione è un’unione intima, personale; Dio è per lui una persona; si prostra dinanzi a Dio e lo prega. Paolo è preoccupato di fare la volontà di Dio, figlioli!VIRTÙ
umiltà
PREGHIERA
VIRTÙ
fede
DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
DIO centralità
di...
PASTORALE
APOSTOLO missione
DIO rapporto personale
CROCE
VOLONTÀ
Don Gianni Rizzi era il superiore della Comunità di Rio Hondo in Guatemala.
Don Guido Massignan e don Venanzio Gasparoni erano i responsabili della Casa dell’Immacolata, ma le decisioni di una certa importanza dovevano essere approvate da don Ottorino.
MI136,8 [27-01-1967]
8 Se io veramente sono unito a Dio, se io veramente ho Dio presente in tutti i momenti della mia giornata, devo desiderare solo di fare la volontà di Dio. Tu, professore, che fai scuola, devi avere Dio presente e devi rispettare quel Dio che è presente, e ogni parola che dici ai giovani deve passare attraverso il cuore di Dio. Tu, giovane, che sei a scuola, devi avere Dio presente: il tuo atteggiamento, la tua attenzione, il tuo lavoro, deve essere filtrato attraverso il cuore di Dio. Ecco il punto centrale: io devo desiderare solo di fare la volontà di Dio. È la base della nostra Famiglia religiosa. Vi assicuro che mi ha fatto tanto piacere leggere nella lettera che ha scritto don Gianni : “... poco importa questo o quello, purché facciamo la volontà di Dio: a Vicenza nella Casa dell’Immacolata, ad Asiago... importa niente, purché facciamo la volontà di Dio!”. Quello che conta, fratelli miei, è fare la volontà di Dio istante per istante: è questo che porta gioia a Dio. Io ho Dio presente, credo alla presenza di Dio: che cosa devo desiderare? Fare quello che piace a lui. Per me, in questo momento, dire a voi quello che piace a lui. Domani io mi incontro con una persona: devo desiderare di dire a quella persona e di fare a quella persona quello che piace a Dio. Ecco, si potrebbe dire che il termometro per sapere se veramente vi siete o no incontrati con Dio potrebbe essere questo: se voi avete veramente la preoccupazione continua di fare in tutte le cose la volontà del Signore, se veramente in tutte le cose vi domandate: “E il Signore come la pensa?”. Quando qualche volta un assistente va a domandare a don Guido o a don Venanzio un permesso come fare un giro o una gita, si chiedono: “E don Ottorino, come la pensa?”, per non fare i conti senza l’oste.VOLONTÀ
di DIO
DIO passaggio di...
DIO scoperta di...
DIO rapporto personale
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
CONGREGAZIONE spiritualità
VOLONTÀ
San Gerardo Maiella (1726 - 1755), Religioso dei Redentoristi come fratello coadiutore. Fu uomo di grande penitenza e particolarmente unito a Dio che sentiva presente nella sua vita anche in modo straordinario (ebbe visioni, estasi, locuzioni interiori...). Amava Dio con tutto il cuore, desiderava obbedirgli sempre e si abbandonava alla sua azione tanto da apparire nel suo agire impetuoso, gioioso, strano e di una carità folle in quanto si lasciava portare, senza frapporre resistenze, dalle ispirazioni e dalla fantasia irresistibile dell’azione divina.
San Gabriele dell’Addolorata (1838 - 1862) entrò a 18 anni e mezzo fra i Passionisti, dopo una lunga resistenza alla chiamata del Signore. In pochi anni, per la sua fedeltà senza compromessi alla Regola e il dono totale di sé al Signore senza riserve, raggiunse un grado eccezionale di santità.
MI136,9 [27-01-1967]
9 Ebbene, in tutte le cose dobbiamo domandarci: “E Dio, come la pensa? E il Signore, come la pensa in questa faccenda?”. Immaginate la forza di una Famiglia religiosa dove tutti i membri si sono incontrati con il Signore e se la intendono con il Signore e parlano intimamente con il Signore; dove tutti i membri hanno solo la preoccupazione di fare contento il Signore, e quando fanno un’azione si domandano: “Che cosa vuole il Signore?”. Il Signore vuole che giochiamo con il pallone? Allora si gioca il pallone, lo si butta per aria, fin sopra la casa. Vuole che spacchiamo i vetri? Spacchiamo i vetri. Il Signore vuole invece che non giochiamo? Allora non si gioca. Vuole che andiamo al cinema? Andiamo al cinema. Vuole che andiamo a letto? Andiamo a letto. Quando in una Famiglia religiosa tutti gli elementi sono preoccupati di questo, non abbiate paura perché non avvengono defezioni. E allora al Signore si domandano tutte le cose. Non sto qui, adesso, a fare tante descrizioni. Quante volte, invece, vedo che tante piccole azioni - dico piccole azioni, perché in sé possono essere insignificanti - non sono passate attraverso la volontà del Signore. Quel libro che hai preso: avevi il permesso del Signore? Quell’oggetto che hai preso: “Ma, me l’hanno regalato!”, è passato attraverso la volontà del Signore? Quell’atteggiamento che hai assunto, quel tuo modo di portarti... e si potrebbe specificare, ma non voglio entrare nei particolari perché altrimenti ho paura di colpire persone. Io potrei dire a qualcuno: “Se tu lo avessi domandato al Signore, forse non avresti fatto quell’azione!”. Niente di male, per carità, niente di male, ma il Signore ti avrebbe detto: “No, quella cosa no!”. Non voglio che si arrivi a formare una Famiglia sullo stile del secolo scorso, quando all’entrare ti tagliavano i capelli con la macchinetta quasi a zero, o ti facevano quattro segni apposta per avere il disprezzo del mondo; ti mettevano un saio uguale per tutti, per amore del Signore. Noi ridiamo, noi ridiamo, però, ammettiamolo che per essere entrati in un’altra fase, cioè la fase di non dispiacere agli uomini, qualche volta ci dimentichiamo che dobbiamo piacere a Dio. Sì, è vero, è vero, dobbiamo cercare di non dispiacere agli uomini, ma dobbiamo avere la stessa preoccupazione di San Gerardo Maiella , di San Gabriele dell’Addolorata , di piacere a Dio. E quegli uomini si mortificavano, e quegli uomini pregavano, e quegli uomini cercavano tutto quello che costava, per amore di Dio. Si mettevano in atteggiamento di disprezzo, appositamente per venire disprezzati dinanzi agli uomini. Noi, dovremo arrivare allo stesso punto e poi metterci in condizione di apparire in mezzo agli uomini! Ho conosciuto delle sante persone che esternamente si presentavano signorilmente, ma portavano il cilicio; alla notte dormivano sopra le tavole e digiunavano, facevano penitenza, e facevano un mare di bene. Ora, anche se noi non portiamo materialmente il cilicio, anche se noi non dormiamo sulle tavole, perché il cilicio finirebbe per farci ammalare, perché sulle tavole non si può dormire, resta chiaro che noi dovremmo mortificare la nostra natura, dovremmo vincere il nostro io, e dovremmo cercare di piacere solo al nostro caro Signore Iddio.COMUNITÀ
unità
nella carità
VOLONTÀ
di DIO ricerca della...
PECCATO omissioni
CONSACRAZIONE perfezione
CONSACRAZIONE radicalità
CONSACRAZIONE distacco
Il riferimento è alla frase di Renzo Tramaglino, al cap. 2° de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni, dopo aver strappato a don Abbondio il nome di chi impediva il suo matrimonio con Lucia Mondella.
Cfr. 1 Corinzi 10, 12.
MI136,10 [27-01-1967]
10 Non so se sono riuscito a farvi capire queste cose, ma vi dico sinceramente che sono tanto preoccupato. Perché? Non ci sono cose gravi, non ci sono cose gravi! Ma, ma, ma... Voi sapete che per uscire da qui e andare fuori questa sera, basterebbe andare fuori come siete vestiti; ma se fuori ci fosse la Siberia, bisognerebbe metterci in condizioni ben diverse. Il mondo che dovrete affrontare è talmente edonista, è talmente insidioso, è talmente incline al piacere, per cui sarà quasi naturale umanizzarvi, materializzarvi. Ho paura, ho paura, perché ho visto tante creature consacrate che hanno abbandonato le cose di Dio pur restando ancora nella vita religiosa. Ho paura. E perché ho paura? Perché, forse, manca questa totale donazione, questo totale impegno che fa dire: “Signore, sono tuo, voglio vivere in unione con te e voglio essere solo preoccupato di fare quello che piace a te!”. “Posso aver fallato - ha detto quell’altro a don Abbondio - posso aver fallato...” . Chiedo perdono se ho gridato un po’ troppo forte, però, facciamo un po’ di esame di coscienza e domandiamoci: “Io, durante la mia giornata, ho sempre... mi sforzo di avere Dio presente? Nelle mie azioni mi sforzo di fare la volontà del Signore?”. Altri potrebbero aver detto queste cose meglio di me, ma vi dico sinceramente che è un papà che le dice ai suoi figli e sarebbe pronto a dare la vita - e contentissimo - in questo istante, purché possiate consumarvi solo per il Signore e non essere intaccati da quel maledetto mondo, da quel male che c’è nel mondo e che sta rovinando preti, sta rovinando suore, sta rovinando famiglie cristiane. Io desidero che partiate da qui per andare a salvare anime, ma, ve lo dico con tutto il cuore, tremo, tremo, perché “qui stat... videat ne cadat”.APOSTOLO missione
CONSACRAZIONE offerta totale
VOLONTÀ
di DIO
DIO rapporto personale
MONDO