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DIO TRASMETTE LA SUA PAROLA ATTRAVERSO STRUMENTI UMANI

MI154 [8-03-1967]

8 Marzo 1967

Il testo registrato è lacunoso all’inizio per cui alcune frasi non sono sufficientemente comprensibili. Ad ogni modo don Ottorino inizia la meditazione con alcune notizie, e la prima è quella della vendita della fabbrica di motori elettrici I.S.G.E.V. di Quinto Vicentino (VI), della quale la Congregazione era proprietaria del terreno e dell’edificio, e partecipava con una quota alla proprietà della fabbrica stessa.

Della vendita di Val Giardini (Asiago - VI) e della possibile costruzione di un piccolo villaggio montano a Santa Caterina (Tretto - VI) don Ottorino aveva già parlato abbondantemente nella conferenza serale del 5 marzo.

Don Ottorino si diverte a scherzare, e molto spesso lo fa con don Luigi Furlato, maestro dei novizi.

Il corso di propedeutica (la preparazione al sacerdozio, prima del rinnovamento degli studi voluti dal Concilio Vaticano II, seguiva le seguenti tappe: anno di propedeutica, nel quale venivano insegnate materie filosofiche e scienze umane, e poi quattro anni durante i quali venivano insegnate materie teologiche e pastorali) per alcuni anni fu tenuto nella Casa dell’Immacolata con insegnanti esterni, tra i quali padre Giuseppe Mellinato SJ di Bassano del Grappa (VI).

L’assistente Giuseppe Filippi era anche geometra.

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1 Adesso abbiamo venduto la fabbrica di Quinto, ma non tutto Quinto.
Siamo venuti nella determinazione di vendere anche Val Giardini, o meglio il Consiglio ha approvato l’ “operazione” Santa Caterina; adesso si tratta di vendere Val Giardini, perché Santa Caterina è legata a Val Giardini. Poi si concluderà qualche altra “operazione”, anche queste legate alla buona riuscita dell’affare Val Giardini. Se riusciamo a vendere il maestro dei novizi, cioè se il maestro dei novizi riesce a vendere... Intanto si tratta di vendere e poi si tratterà di rimboccarsi le maniche, perché per riuscire a realizzare il progetto del villaggio montano bisogna lavorare. Prevedo che sarà un’estate laboriosa perché, a metà giugno per alcuni, a fine giugno per altri, e tutto luglio, sarà il tempo in cui si preparerà il “nido” lassù a Santa Caterina. Preparatevi già all’esame. Padre Mellinato termina la scuola il giorno undici di giugno, e quei tali che terminano la scuola devono rimboccarsi le maniche e, con molta probabilità, dovranno piantare le loro tende a Santa Caterina e cominciare il montaggio del villaggio lassù. I tecnici, caro Filippi e compagni, faranno la spola, e qui bisogna darsi da fare: operai specializzati, carpentieri, muratori... calzolai... Noi vogliamo fare una ‘cosetta’ fatta bene, e per fare le cose bene ci vuole tempo e collaborazione da parte di tutti. Amen.

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

COMUNITÀ

conduzione comunitaria

DOTI UMANE collaborazione

Don Ottorino prende lo spunto per la meditazione da questa frase paolina di 1 Tess. 2,13 leggendola dal libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965, a pag. 53.

Don Ottorino si riferisce ad un episodio accaduto negli anni 1936-1938, quando era chierico prefetto presso il seminarietto della cattedrale e ogni mattina dettava un breve pensiero di meditazione al gruppetto di seminaristi a lui affidati.

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2 “E per questo anche noi incessantemente rendiamo grazie a Dio, che nel ricevere la parola di Dio da noi predicata, l’accoglieste non come parola umana ma, qual è in realtà, come parola di Dio, che esercita la sua potenza in voi credenti”.
Il nostro caro Paolo di Tarso ringrazia il Signore. Perché? Perché quella benedetta gente, già cristianizzata, ha ricevuto la parola di Paolo non come parola di Paolo, ma come parola di Dio. Questo atteggiamento nell’accogliere, nell’ascoltare le prediche, dovrebbe essere l’atteggiamento di tutti i cristiani; ci deve essere, cioè, da parte dei cristiani e da parte dei predicatori la coscienza che stiamo trattando con la parola di Dio. Andiamo al concreto. Siamo in chiesa, in qualunque parte di questo mondo, ad ascoltare una predica: il predicatore comincia a parlare, e l’atteggiamento di un seminarista e di un prete di solito è quello di criticare il predicatore e di discutere su come ha predicato. L’atteggiamento di un cristiano dovrebbe essere, invece, di raccogliere quello che c’è di buono. Con carità cristiana potrà, poi, anche dire: “Quel predicatore poteva prepararsi meglio!”; con carità cristiana dirà: “Sì, va tutto bene, ma mi pare che sia poco preparato!”. Per carità cristiana, se è necessario, un domani si può fare l’osservazione anche presso le autorità. Però, che non ci sia neppure una ciliegia buona in mezzo a una cesta di ciliegie? Se uno è pieno di fame e vede una cesta di ciliegie, fra le quali alcune sono marce e altre non mature, guarderebbe, guarderebbe, e finirebbe per trovarne una di buona. Prima guarderebbe per bene: “Ecco una di buona”, e dopo ne vedrebbe un’altra, e dopo finirebbe per mangiarne una metà; di solito è così perché qualcuna, qua e là, se ne trova. Figlioli miei, guardate che dobbiamo rendere conto della parola di Dio che ci viene somministrata! Se noi ci mettiamo nell’atteggiamento di giudici, è chiaro che troviamo qualcosa di meno esatto. Se uno va ad ascoltare una predica, uno che ha studiato un po’ di teologia, che è al corrente un po’ dei decreti conciliari, trova naturalmente qualcosa da ridire: “Mahhh... che cosa ha detto, che cosa ha detto?”. State attenti che forse proprio lì il Signore, a un certo momento, fa perdere il filo del discorso al predicatore per dirti quella paroletta che va bene per te. State attenti! Potrei mostrarvi questo attraverso tante circostanze; questo chiodo me lo sono messo in testa. Ricordate la storia che vi ho raccontato altre volte di quando ero in seminarietto e ho perso il filo del discorso: in quel momento che ho perso il filo, un solo istante, ho colpito proprio quell’anima che desideravo colpire. Da tre mesi mi preparavo la predica, da sei mesi leggevo libri qua e là, e psicologicamente cercavo di colpirlo con parole dolci e con parole forti, e se l’ho colpito con una botta è stato quando ho perso il filo del discorso. State attenti che proprio in quel giorno che voi andate in chiesa e state giudicando il predicatore e non ne potete più, state attenti che proprio in quel momento c’è, magari, la metà di un minuto in cui il Signore fa perdere il filo al predicatore per parlare proprio a voi. Guardate che questa cosa è importantissima: mettersi in atteggiamento di uno che riceve da Dio.

PAROLA DI DIO

APOSTOLO predicazione

ESEMPI predicazione

ESEMPI parola di Dio

COMUNITÀ

critica

AUTOBIOGRAFIA seminario

Don Erasmo De Poli era sacerdote dall’11 aprile dell’anno precedente e all’epoca era il direttore della Scuola F. Rodolfi per semiconvittori.

‘Organo’ in dialetto veneto ha molti significati: lo strumento musicale a canne delle chiese, ma anche una persona noiosa, scocciatrice, un po’ stupida, sciocca.

Sandro Dalla Libera era un grande organista veneto, concertista di fama e virtuoso dello strumento. Per molti anni insegnò al Conservatorio “B. Marcello” di Venezia. Con lo zio, monsignor Ernesto Dalla Libera, promosse le Scuole Ceciliane per la preparazione di organisti parrocchiali; fu inoltre presente nella editoria musicale con la stampa di raccolte di pezzi organistici di vari autori, facili da interpretare e adatti alle varie circostanze liturgiche.

Nel dopoguerra la ditta Mascioni di Varese costruì per la cattedrale di Vicenza un grande organo a tre tastiere con più di 100 registri reali

Nella chiesa della Casa dell’Immacolata c’era un organo elettrico, o meglio un armonio ad ance con mantici azionati elettricamente donato dalla signora Irene Belgeri Scarpa per ricordare il marito e il padre defunti.

Nella Casa dell’Immacolata c’erano alcuni piccoli vecchi armonio, che servivano per imparare a suonare o per sostenere il canto liturgico nelle cappelline della Casa stessa.

Don Erasmo De Poli aveva una solida cultura e una grande facilità per la predicazione. Antonio Pernigotto, avendo lavorato fino alla sua entrata in Congregazione come agricoltore, non aveva potuto ampliare molto la sua elementare cultura umanistica e letteraria che sono alla base di una omiletica elegante e curata nella forma.

Molti giovani delle montagne e della pedemontana veneta come graziano Frison che don Ottorino nomina e che all’epoca era postulante, prestano il servizio militare nel Corpo degli Alpini dell’Esercito Italiano. Gli Alpini sono truppe speciali addestrate per le operazioni militari in zone montuose e impervie, con la propensione alle forti bevute e, purtroppo, all’uso incivile del turpiloquio e delle bestemmie.

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3 Supponiamo un particolare: siamo in chiesa, e c’è don Erasmo che fa la predica; domenica sei stato tu che hai fatto la predica. L’atteggiamento con cui io devo mettermi in quel momento in chiesa deve essere questo: in quel momento non sono io il superiore della Comunità, in quel momento c’è Dio che parla attraverso un ‘organo’; sarà l’ ‘organo’ Erasmo, non importa niente, ma è un ‘organo’ . Scusate lo scherzo, ma intendete che cosa voglio dire: in quel momento Dio vuol fare sentire la sua voce.
Può darsi che colui che parla sia un armonio un po’ stonato, che sia tutto quello che volete, ma se è la mano di Sandro Dalla Libera a farlo suonare ne esce qualcosa di buono. Se l’organo è bellissimo, come quello della cattedrale , e lo suona il professore Sandro Dalla Libera, è una cosa eccezionale; ma se invece di quello suona il nostro , è tutt’altra cosa; e se c’è l’armonietto , suona ancora più poveramente. Perciò lo strumento deve mettersi in testa che deve prepararsi, che deve pregare, che deve mettersi in condizioni tali da essere un degno strumento nelle mani di Dio; ma chi va ad ascoltare, anche se suona un organo che stona, se c’è la mano di Sandro Dalla Libera, due note le sente, un accordo lo sente... sente che non è una mano normale quella che suona. Dio parla attraverso questi uomini. Se tu ti metti in atteggiamento di ascoltare la predica per giudicare, devi rendere conto della parola di Dio: è tremendo, è tremendo! Se domani, invece che don Erasmo, fosse un assistente che andasse a predicare, ad esempio Antonio Pernigotto ... Dove sei, caro tesoro? Non c’è? Mi dispiace! Un domani abbiamo Graziano che fa la sua bella predichetta, parla, e chi lo ascolta può giudicare: “Si sente che è stato nel Corpo negli Alpini perché si lascia sfuggire qualche parolaccia, qualche colpo di ‘alpinamento’!”. Però in mezzo a tutto questo, c’è qualche cosciotto di pollo che il Signore vuole offrire proprio a te per sfamarti. Figlioli, bisogna avere semplicità, disponibilità ad accogliere la parola che Dio ha detto per noi. Non mettetevi a giudicare!

PAROLA DI DIO

APOSTOLO predicazione

ESEMPI predicazione

ESEMPI parola di Dio

DOTI UMANE ascolto

COMUNITÀ

critica

A Vicenza si ironizzava sul modo teatrale di comportarsi del vescovo Carlo Zinato durante le celebrazioni liturgiche in cattedrale e sulla sua presunta alterigia nel trattare con le persone.

S. E monsignor Ferdinando Rodolfi fu grande pastore e uomo forte, di grandi orizzonti spirituali e civili. Ma, sembra dire don Ottorino, per un seminarista nessuno si salva!

Monsignor Luigi Volpato fu per lunghi anni padre spirituale del seminario di Vicenza. Fu sostituito da monsignor Marco Scalco quando si ammalò gravemente di tumore. Monsignor Scalco, prima, era stato rettore del seminario: caratteristico nel suo discorrere era l’uso dell’esclamazione ‘cospetto’, esclamazione di meraviglia perfettamente esatta dal punto di vista linguistico, ma che suscitava ilarità tra i seminaristi che la ascoltavano, perché ripetuta come un intercalare noioso e non necessario, quasi maniacale.

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4 Con questo non voglio dire che bisogna tacere sempre. Se io sto ascoltando la parola di don Erasmo e vedo che don Erasmo doveva forse fare così e non fare colà, da buon fratello, la carità cristiana mi dice di prenderlo a braccetto e dirgli: “Ti dico che hai predicato bene, però hai detto tre o quattro eresie, quattro qua e quattro là; sta’ attento!”. Questa è carità cristiana! Ma non andate per dire: “E uno... e due... e tre... È il prete che parla delle pecorelle?”, o con la corona del rosario tenere il conto di quante volte il vescovo dice: “Il vostro vescovo... il vostro vescovo... il vostro vescovo...”. So che qualche seminarista contava con la corona quante volte il vescovo diceva: “Il vescovo, il vescovo...”. Se invece di metterti nell’atteggiamento di contare con la corona: “Il vescovo... il vescovo... il vescovo”, tu stessi attento a che cosa ti vuol dire il Signore, forse in qualcuna di quelle parole che ti vengono dette troverai un messaggio per te.
Si tratta di capire che cosa vuol dire essere cristiani; si tratta di capire che cosa tu stai aspettando da Dio: è tremendo, sapete! Purtroppo ho sentite tante cose e ho visto tante volte cose come questa: adesso perché il vescovo si chiama monsignor Zinato e ieri perché si chiamava monsignor Rodolfi, perché, più o meno, tante volte anche con monsignor Rodolfi era la stessa cosa. In seminario c’era monsignor Volpato, un’anima santa, eppure c’erano di quelli che criticavano e giudicavano; e così pure con monsignor Scalco perché ogni tanto diceva: “Cospetto, voi... Cospetto qua... cospetto là!”. Ma, cari miei, io ho visto che quelli che con umiltà ascoltavano le prediche restavano colpiti: dopo facevano anche il sorrisetto, e se diceva ‘cospetto’ ci facevano una risata sopra, ma andavano ad ascoltare la predica. Se ha detto “cospetto!”, non bisogna dire: “No, non ha detto ‘cospetto’!”; se lo ha detto, ridiamoci sopra e basta, ma la predica è predica e bisogna ascoltarla!

APOSTOLO predicazione

PAROLA DI DIO

CARITÀ

amore al prossimo

COMUNITÀ

critica

CHIESA cristianesimo

AUTOBIOGRAFIA seminario

Il riferimento è a un compagno di scuola e di ordinazione di don Ottorino, che nel testo registrato nomina.

MI154,5 [8-03-1967]

5 Io ho visto questo, figlioli: chi è andato ad attingere umilmente alla parola di Dio, - parlo dei seminaristi perché sono vissuto in mezzo all’ambiente - chi ha attinto con semplicità alla parola di Dio poi ha fatto qualcosa, e chi non ha attinto ha fatto poco. Cito l’esempio di uno , che non era contento di una proposta né dell’altra. Gli offrirono la parrocchia di Terrossa e lui ha detto di no, perché lui voleva una parrocchia in città. In seguito, poiché non gli hanno dato la parrocchia in città, si è arrabbiato ed è scappato via. Non è scappato via con una donna, è scappato via e adesso è a Roma ove sta preparandosi per andare, con la Concistoriale, a servizio degli emigranti. Questa è la situazione di chi è malcontento, ma a volte si va ancora più avanti; qui siamo ancora “in honestis”.
Figlioli, state attenti, state attenti! C’erano anche quelli che durante la Messa o durante la predica leggevano qualcosa d’altro: uno si metteva con un libro, e leggeva, leggeva; aveva un romanzetto, o qualcosa del genere, durante le prediche. Perché? Perché manca la fede, figlioli, manca la fede! Il Signore ci parla attraverso i suoi uomini. Anche se quest’uomo che io conosco fuori di chiesa è un peccatore, anche se so che quell’uomo è un disonesto, quando va a predicare qualche parola di Dio in mezzo a tanta scoria ci sarà. Dio gli farà perdere la testa un istante perché avrà da dirti una parola. Se Dio vuol dire una parola attraverso quell’uomo, Dio ve la dice, e io devo stare attento perché dovrò rendere conto di questo. Scusatemi, ma questo è importante, sapete, perché è stato detto tante volte che il pubblico a cui è più difficile parlare, l’uditorio più difficile da accontentare è quello dei seminaristi e dei preti. L’ho sentito dire tante volte e da tanti predicatori: “Oh, Signore, parlare ai preti! Parlare ai seminaristi? È una di quelle fatiche!”, e non solo qui a Vicenza, ma dappertutto. Parlare ai chierici, parlare ai seminaristi, parlare ai preti è la cosa più difficile di questo mondo. Perché? Perché non hanno la semplicità, perché non vanno ad ascoltare, ma a giudicare.

PAROLA DI DIO

AUTOBIOGRAFIA seminario

VIRTÙ

fede

APOSTOLO predicazione

DOTI UMANE responsabilità

Cioè le vere ragioni del cambiamento delle cariche al vertice del seminario.

Cioè il cambio del rettore imposto dal visitatore apostolico.

MI154,6 [8-03-1967]

6 Io ricordo che durante gli anni del seminario - il mondo è sempre rotondo - si giudicava, si giudicava: fuori, in cortile, di qua e di là, a destra e a sinistra... si giudicava e non si commentava la parola di Dio. Eppure quel benedetto uomo per andare a predicare si è preparato, ha pregato ed è andato sul pulpito per parlare in nome di Dio. Quel povero monsignor Scalco, poveretto, era un uomo che credeva, un uomo che pregava, e ogni volta che predicava sentivi che lo criticavano. Perché? Perché aveva un modo di fare un po’ ampolloso... Poverino, era fatto così, ma era un’anima santa.
Quando in seminario venne il visitatore apostolico, dette ordine al vescovo monsignor Rodolfi di cambiare il rettore perché gli pareva che monsignor Scalco non fosse all’altezza perché, a suo parere, era un po’ sorpassato. E va bene, si cambi il rettore! Monsignor vescovo, che era ammalato tanto che è morto poco dopo, chiama il rettore e gli dice: “Sentite: avrei pensato di mettere monsignor Arena come rettore - non ha detto che era stato il visitatore apostolico di Roma a dare questo ordine - e mettere voi come padre spirituale. Poiché il padre spirituale, monsignor Volpato, è ammalato, avrei pensato di mettere voi!”, e l’altro ha accettato. Era stato per tanti anni rettore, e in refettorio si è spostato dal posto del rettore per cederlo a monsignor Arena e lui si è messo alla destra del nuovo rettore. Si fa presto a dirlo, ma vi rendete conto che cosa vuol dire? Quando io sono entrato in seminario l’ho trovato rettore e quando sono uscito era ancora rettore, per cui è stato rettore sicuramente per lo meno quindici o sedici anni e anche di più. Bene, improvvisamente: tac! Se fosse un frate, un religioso, sarebbe una cosa comune, ma pensiamo adesso a una parrocchia: uno che è parroco diventa cappellano! Pressappoco è così in seminario. Se questo accadesse nella vita religiosa non ci sarebbe da meravigliarsi perché siamo tutti fratelli; sarebbe tutto un’altra cosa perché lo si sa già in partenza che può capitare. Ma uno che è arrivato parroco e poi diventa cappellano non è normale. In seminario nel rango dei superiori il rettore è il rettore e il padre spirituale è il padre spirituale, nel refettorio e in ogni altro luogo. Monsignor Scalco, con tutta umiltà e semplicità, solo con il suo bel ‘cospettino’, si è tirato in là, si è messo di là. Capite chiaramente che razza di canale di grazia c’era sotto, che santità di uomo c’era in lui! E monsignor vescovo non ha potuto dire queste cose : ha sofferto lui con santità, e ha sofferto monsignor Volpato che non sapeva di avere un tumore. Aveva un tumore e non sapeva di averlo; era ammalato a Marostica, e il fratello di monsignor Volpato, il prof. Volpato, ha parlato con me “... della crudeltà di monsignor Rodolfi che non ha lasciato morire in pace mio fratello sapendo che aveva il tumore e poteva lasciarlo padre spirituale, e invece lo ha esonerato prima ancora che morisse e ha messo un altro, e mio fratello ha detto: ‘Mi hanno preso il posto di padre spirituale - monsignor Volpato viveva solo per il seminario - perché sono malato; non potevano portare pazienza! Sono ammalato da un po’ di mesi e se mi rimetto - sperava di rimettersi - per l’anno prossimo posso andare padre spirituale di nuovo!’ ...”, e invece è andato al cimitero. Ma per poter fare questo bisognava almeno mettere monsignor Scalco padre spirituale!

AUTOBIOGRAFIA seminario

PAROLA DI DIO

APOSTOLO predicazione

COMUNITÀ

critica

CONSACRAZIONE vita religiosa

PASTORALE parroco

VIRTÙ

umiltà

CONSACRAZIONE santità

Don Giuseppe Roana era un tipo bizzarro di sacerdote vicentino. Viveva in una sua proprietà nella zona di Saviabona e nell’ampio brolo attorno alla casa coltivava alberi da frutto di ogni specie, amava andare a caccia e produrre in proprio la grappa.

MI154,7 [8-03-1967]

7 Figlioli miei, questo atteggiamento di giudici è facilissimo che lo assumiamo tutti. A questo punto, ve lo dico proprio da papà e da fratello, e da peccatore. Se andiamo ad ascoltare una predica, specialmente se chi predica è uno più giovane o, per esempio, se andiamo ad ascoltare la predica di don Roana è facile pensare ai peri, pensare ai kaki, pensare alla grappa che possiede, pensare ad una storia, all’altra. Eppure se un domani quest’uomo dovesse predicare io dovrei mettermi in quel momento in questo atteggiamento: lui parla in nome di Dio. Dirà delle stramberie, dirà quello che vuoi... però, forse, ha una parola che potrebbe essere l’inizio della mia santificazione. Dio, forse, si serve di quell’uomo che umanamente parlando non è proprio il più adatto a parlare a suore, a seminaristi e a chierici, per dire: “Sì, va bene, però lui ha ricevuto due talenti e li ha trafficati, tu ne hai ricevuto sette e non li hai trafficati”.

COMUNITÀ

critica

APOSTOLO predicazione

PAROLA DI DIO

DOTI UMANE talenti

Raffaele Testolin aveva emesso la professione religiosa tre giorni prima.

Don Ottorino nell’autunno del 1936 si trovava nel seminarietto della cattedrale come chierico prefetto dei giovani seminaristi, e vedendo la poca fede, l’arrivismo, lo spirito di critica e la superficialità di vita dei sacerdoti che ufficiavano nella cattedrale, ebbe una grave crisi da cui nacque l’idea e il proposito di essere prete-prete e di portare una riforma fra i sacerdoti.

MI154,8 [8-03-1967]

8 Sì, caro Raffaele , questa è la realtà. L’atteggiamento che dovete assumere, un domani quando sarete in parrocchia, è quello di discepoli e non di giudici. Perché dico questo? Perché io vi ho detto che la Congregazione religiosa è nata nel 1936, quando io ho avuto la reazione nella cattedrale di Vicenza. Quando sono andato a prestare servizio in cattedrale, per il vespro domenicale al pomeriggio, era presente l’arciprete monsignor Roveran - non domandatemi chi era il cappellano, per piacere - il quale officiava i vespri e poi faceva il catechismo.
A quei tempi si faceva così: il vespro veniva cantato dai canonici; i canonici, come al solito andavano nel loro coro con i chierichetti davanti, in testa, e là i canonici e i mansionari cantavano il vespro. Sapete chi sono i mansionari? Sono quei sacerdoti che sono assieme ai canonici e hanno l’obbligo del coro e sono soltanto sacerdoti, invece di essere monsignori. Cantato il vespro, che era quello della domenica, seguiva il catechismo e la benedizione eucaristica, perché così erano le funzioni. C’era sempre gente presente, di solito dalle centotrenta alle centocinquanta o centosessanta persone; le ho contate parecchie volte e so che la media era questa; ricordo che una volta erano centocinquantasette: c’erano tre uomini e il resto erano donne e fanciulli. Finito il canto del vespro, i signori che avevano cantato il vespero, monsignori e mansionari, se ne andavano e per loro le funzioni erano finite. Ma ce n’era uno che doveva restare: il cappellano - mansionario, ma cappellano! -, e doveva restarci perché era il cappellano e le funzioni erano nella cattedrale. Siccome i canonici durante la predica stavano in sacrestia, il cappellano si fermava anche lui in sacrestia, e là c’erano cinque o sei giovanotti dell’Azione Cattolica e insieme chiacchieravano, ridevano, scherzavano: durante i due anni in cui sono stato lì io non ricordo di aver visto una sola domenica il cappellano in chiesa ad ascoltare la predica dell’arciprete. Io, dopo aver condotto i mansionari e i canonici in sacrestia dopo il canto del vespro, con i miei chierichetti - don Giovanni Sartori e compagni - andavo ad ascoltare la predica, e aspettavamo là, ma non ricordo una volta di aver visto il cappellano o i giovanotti alla predica. Quando era ora della benedizione il cappellano doveva essere a fianco dell’arciprete per dare la benedizione eucaristica e allora rientrava in chiesa, mentre gli altri stavano ancora a chiacchierare in sacrestia e solo qualche volta sono venuti alla benedizione. I ragazzi dell’Azione Cattolica qualche volta venivano a ricevere la benedizione e qualche volta restavano a chiacchierare in sacrestia, e poi andavano in giro con il cappellano, ma il cappellano non una sola volta è rimasto ad ascoltare la parola di Dio, dimostrando, tra l’altro, poca fede e offrendo cattivo esempio.

PASTORALE

AUTOBIOGRAFIA seminario

APOSTOLO testimonianza

Il riferimento è al noto episodio biblico di Num. 22, 22-35.

MI154,9 [8-03-1967]

9 Se un domani un confratello fa una predica, fa un catechismo, perché non dovremmo essere noi i primi ad ascoltare quella predica, quel catechismo? Non si può dire: “Sono cose che già so! Io, questa predica, l’ho già fatta alle Figlie di Maria e l’ho fatta molto più bella, io, quella predica! Ah, io sono abituato a sentire prediche!”.
Figlioli miei, figlioli miei, occorre un po’ di umiltà, un po’ di umiltà! Dobbiamo anche noi metterci qualche volta come discepoli, e non sempre come maestri. Il vostro confratello avrà imparato a parlare almeno come la mula di Balaam : non è possibile che la mula qualche volta si metta a parlare? State attenti che il Signore non abbia stabilito, magari dopo un anno intero o dopo tre anni che vivete insieme, di dirvi proprio attraverso il confratello una cosa che voi non sapreste mai perché non vi siete messi in atteggiamento di discepoli! Cercate che nel caso nostro non si ripeta quello che si sente dire tante volte: il peggior uditorio è quello dei preti, dei frati, dei seminaristi, i quali, siccome sanno quelle cose, vanno ad ascoltare le prediche soltanto per giudicare il modo con cui vengono dette, e non vanno con spirito di fede. Ricordatevi una cosa: se tu non credi alla parola di Dio, Dio non si servirà di te per parlare alla altre anime. Tutto qui! Tu vai a confessarti e il sacerdote ti dice una frase: tu devi pensare a quella frase che ha detto il sacerdote perché è Dio che te l’ha detta, attraverso uno strumento, ma te l’ha detta! Io devo domandarmi: che cosa voleva dirmi il Signore? Non pensare che, poi, gli altri sentano la presenza di Dio in te, se tu non credi a Dio che ti parla attraverso il confessore. Seconda cosa: dobbiamo sentire che anche noi siamo strumenti della parola di Dio e che, perciò, non dobbiamo predicare noi stessi; bisogna mettersi in atteggiamento di canali che portano la parola di Dio.

APOSTOLO predicazione

VIZI superbia

VIRTÙ

umiltà

COMUNITÀ

confratelli

PAROLA DI DIO

VIRTÙ

Nel testo registrato si ascolta una voce che dice: “San Giovanni Bosco”, per cui don Ottorino subito si corregge.

L’agiografo è colui che, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo e con le tecniche letterarie ed espressive che gli sono proprie, scrive fedelmente ciò che il Signore attraverso di lui vuole dire all’umanità, cioè colui che trasmette con fedeltà la parola di Dio all’umanità.

MI154,10 [8-03-1967]

10 Monsignor Carraro, vescovo di Verona, va a prepararsi le prediche in chiesa; si mette dinanzi al Santissimo, con un tavolinetto. Io questo lo so perché a Lourdes l’ho visto ore e ore seduto davanti alla grotta che parlava intimamente con la Madonna, anche tre ore di seguito.
Bisogna che ci convinciamo che non troveremo nei libri la parola da dire alle anime; dobbiamo studiare i libri perché non possiamo citare il Manzoni e dire che è Sacra Scrittura, e viceversa. Bisogna per forza che studiamo, ma ricordatevi che le cose che diciamo alle anime bisogna che prima andiamo a metterle davanti a Dio. Preghiamo, poi studiamo, e poi mettiamoci davanti a Dio: allora è parola di Dio! Si dice che San Pio X leggesse i discorsi, le prediche a sua mamma prima di dirle in pubblico. Ah, sì, San Giovanni Bosco le leggeva a sua mamma. L’ho fatto anch’io nei primi tempi del mio sacerdozio. Scrivevo e dicevo a mia mamma: “Mamma, dimmi...”. Noi dobbiamo leggere le prediche al Signore in modo che il Signore le faccia sue. Guai a noi se non gli leggiamo le prediche prime di farle, se non andiamo davanti al Signore per domadargli: “Dimmi, adesso devo fare la predica... Io avrei pensato di dire queste cose: che cosa ne dici? Ti pare che vadano bene? Ti pare che siano giuste o che non siano giuste?”. Allora se il Signore le fa sue diventiamo strumenti come l’agiografo nelle mani di Dio, altrimenti diventano cose nostre, e se sono cose nostre non attaccano, figlioli. Questo lo facciamo se abbiamo fede, cioè se siamo convinti che Di parla agli uomini attraverso gli uomini. Allora se siamo convinti di questo, noi andiamo dinanzi a Dio a prepararci le prediche, ci mettiamo alla presenza di Dio e domandiamo luce a Dio; studiamo e ci portiamo da Dio, cioè mescoliamo studio e meditazione, meditazione e studio, e siamo convinti quando diciamo: “Signore, fa’ un piacere: parla tu, di’ tu quello che devo dire!”. E allora, anche quando andiamo ad ascoltare una predica, ci mettiamo nello stesso atteggiamento.

EUCARISTIA adorazione

APOSTOLO predicazione

PAROLA DI DIO

AUTOBIOGRAFIA

VIRTÙ

fede

DOTI UMANE studio

MI154,11 [8-03-1967]

11 Ecco Paolo che dice, e ripeto la frase per conclusione: “E per questo anche noi incessantemente rendiamo grazie a Dio, che nel ricevere la parola di Dio da noi predicata, l’accoglieste non come parola umana ma, qual’è in realtà - e Paolo parla della sua parola - come parola di Dio, che esercita la sua potenza in voi credenti”.
Io non so come vi ho detto le cose, se sono riuscito a farmi capire. La sostanza è questa: quando ascoltiamo una predica, chiudiamo gli occhi, è Dio che ci parla! Questo non vuol dire che tutte le stupidaggini che un predicatore dice siano giuste. No, no! Se sono stupidaggini usa il manto della carità e basta. Se è uno che è tuo fratello, digli una parola e fagli la correzione fraterna, ma, stiamo attenti, perché in mezzo alle stupidaggini può darsi che ci sia una gemma preziosa che Dio vuole portare a te. Secondo: tu sta’ attento a non dire stupidaggini; perciò, preparati bene, studia e preparati bene. Metti però quella predica dinanzi a Dio, perché sei strumento della parola di Dio. Ti siedi in confessionale, avvicini un giovane: ricordati che sei strumento attraverso il quale Dio vuole parlare alle anime. Non essere di impedimento a questo passaggio della parola di Dio! Tutto questo avviene, figlioli, se c’è fede, fede... ma di quella! Amen.

APOSTOLO predicazione

PAROLA DI DIO

DOTI UMANE ascolto

COMUNITÀ

correzione fraterna

PASTORALE

VIRTÙ

fede