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DIO COMPIE MERAVIGLIE CON STRUMENTI UMANI

MI157 [30-03-1967]

30 Marzo 1967

Cfr. 1ª Tessalonicesi 2,18. Il testo registrato è un po’ lacunoso nella parte iniziale, per cui non tutto è facilmente intelligibile; ad ogni modo riprende il tema della meditazione del giorno precedente, e nomina Primo Burato, che all’epoca era postulante.

Don Ottorino sta raccontando una delle solite storielle sui napoletani che, si dice, arrivino sempre prima di tutti in ogni nuovo posto che si apra alla vita e al commercio. Quando il primo uomo sbarcò sulla luna, si dice che abbia trovato un napoletano che vendeva souvenir. Tra i presenti c’era anche un novizio, Mario Bianco, proveniente da Crotone, che allora apparteneva alla provincia di Catanzaro.

Il primo gruppo destinato al Chaco in Argentina era composto da don Pietro Martinello e don Graziano Celadon, e dagli assistenti Antonio Ferrari, Mirco Pasin e Antonio Zordan.

MI157,1 [30-03-1967]

1 Continuiamo il nostro viaggio infernale commentando la frase di San Paolo: “Ma Satana ce lo impedì”.
Prima di lasciare il demonio vorrei domandare a me stesso e a voi: “Ci siamo accorti del passaggio del demonio vicino a noi?”. Primo fa un sorriso come per dire: “Senz’altro che me ne sono accorto!”. Se ieri avete cercato di essere attenti ai segni del demonio, perché il demonio fa come i comunisti, i veri attivisti che sanno fare con arte e che vanno all’attacco con una certa astuzia e solo dopo un po’ di tempo ti accorgi che sono comunisti, penso che più di una volta vi sarete accorti del passaggio del demonio: certi pensieri, certe insinuazioni non potevano che venire dal demonio. Ripeto quello che ho detto fortemente ieri mattina: fratelli miei, stiamo attenti perché nell’opera che stiamo compiendo - duplice opera: prima quella della nostra santificazione, e poi quella della santificazione degli altri - avremo sempre come nemico il demonio, lo avremo sempre sui nostri passi. Non illudiamoci: l’avremo sempre tra i piedi; arriverà sempre lui prima di noi! Quando hanno incominciato a costruire Milano, che cosa c’era prima a Milano? Adesso non stiamo offendendo Mario, perché parliamo di Napoli e non di Catanzaro . Sai cosa c’era a Milano prima di Milano? C’erano delle tende: erano alcuni di Napoli che aspettavano per andare dentro. Prima che si piantasse Milano i napoletani aspettavano per andare dentro, erano in attesa per entrare nella nuova città. Questa è una storiella, ma sotto c’è una realtà: prima che arriviate voi al Chaco, caro don Pietro, ci sono già i napoletani che aspettano di entrare, cioè c’è il demonio che vi aspetta. È una realtà, non è uno scherzo. I demoni aspettano e aspettano: aspettano ciascuno di noi e aspettano il gruppo, aspettano di tentare gli individui e di tentare la collettività, e di seminare, in modo particolare, discordia e malcontento. Scopo del demonio è specialmente quello: il demonio cerca di rovinare l’individuo, di portarlo al peccato impuro e al peccato di superbia, con tutte le conseguenze, e cerca di rovinare la Comunità facendo indossare gli occhiali diversi uno dall’altro, di modo che i Religiosi della Comunità si vedano diversi nelle loro azioni. Per prima cosa, prima di discutere tanto: “Bisognerebbe fare questo, bisognerebbe fare quello...”, dovete abbassare la testa e cominciare a maledire il demonio e a invocare Dio e lo Spirito Santo.

CROCE Demonio

CROCE tentazioni

MONDO comunismo

COMUNITÀ

VIRTÙ

umiltà

‘Imbaucati’ = resi stupidi.

sempio don Ottorino nomina don Guido Massignan come superiore che non capisce, e Giampietro Fabris e Antonio Donà, compagni di scuola in 3° anno del corso liceale.

MI157,2 [30-03-1967]

2 Ancora per poco tempo ci vedremo e poi ognuno andrà dove il Signore lo chiama, e così finirete per dire: “Quel brontolone di un prete che dice, dice, dice...”. Ma ricordatevelo: abbiate paura del demonio e svegliatevi perché qualche volta si può essere proprio addormentati ingenuamente, ‘imbaucati’ , incatenati come un ossesso dal demonio che in noi parla e agisce. Fratelli miei, tante volte siamo ubriacati dal demonio nelle nostre azioni e nei nostri ragionamenti. Non ci accorgiamo, ma anche qui nella Casa dell’Immacolata più di una volta ho visto alcuni ubriacati dal demonio, in tante azioni e parole, anche nel nostro refettorio. Io stesso più di una volta ho dovuto fare l’esame di coscienza e dire: “In quello ho sbagliato, mi sono lasciato portare un po’ dal demonio...”; per stupidaggini mi sono lasciato guidare proprio dal demonio.
Figlioli, il demonio c’è e noi, purtroppo, siamo oggetto di bombardamento continuo da parte del demonio. Non so se ieri sera avete visto la televisione. Hanno fatto vedere nel telegiornale che c’era una nave petroliera e degli aerei che sono andati a bombardare e l’hanno colpita in pieno, proprio in centro, e dopo hanno buttato carburante per poter incendiare tutto, per poter alimentare le fiamme. Questa è l’azione del demonio: non passa giorno che noi non siamo bombardati dal demonio, ognuno di noi. E quando il demonio ha colpito con una bomba, poi ritorna a buttare carburante, o ritorna lui o fa venire qualche suo compagno, e noi dobbiamo ricordarci che ogni giorno siamo oggetto di un bombardamento, e molto spesso siamo anche strumenti del demonio per portare carburante in qualche altro posto dove è già stato bombardato. Il demonio bombarda Giampietro, e poi che cosa fa? Dà carburante ad Antonio che gli è dietro, il quale a un certo punto chiede a Giampietro: “Che cos’hai? Com’è? Poverino, che cosa è successo? Ah, guarda, don Guido non capisce niente! Sì, anche a me è capitata questa cosa, anche a me, proprio ieri!”, e dai e dai e dai... carburante, carburante!

CROCE Demonio

ESEMPI demonio

Cfr. 1 Pietro 5,8.

Don Ottorino nomina di seguito il neo professo Raffaele Testolin, don Vittorio Venturin del 4° anno del corso teologico, l’assistente Antonio Ferrari che si stava preparando per l’Argentina, e Primo Burato e Gianfranco.

Il riferimento è a don Pietro Martinello che stava preparandosi per l’Argentina.

Il riferimento è a don Erasmo De Poli e don Giuseppe Rodighiero.

MI157,3 [30-03-1967]

3 Non bisogna scherzare, figlioli! Abbiamo abbandonato il mondo per darci al Signore e il Signore è con noi, ma Satana è contro di noi: la realtà è realtà! Abbiamo accettato la sfida, perciò meno chiacchiere esternamente e più realtà spirituali, figlioli: dobbiamo unirci a Dio e stare attenti. “Estote parati... tamquam leo rugiens...”, dice San Pietro, come un leone ruggente, un leone ruggente che cerca chi divorare, “quaerens quem devoret...” . E intanto vedi sparire una gamba di Raffaele, il naso di Primo, un orecchio di Gianfranco, la testa di don Vittorio, una coscia di Ferrari ... “Tamquam leo rugiens...”.
Tante volte crediamo di essere noi a parlare e a cantare, e invece siamo sotto l’influsso della bestia cattiva che si serve dei nostri istinti perversi; crediamo di essere noi che agiamo e invece è lui che conduce. Dove? Io, caro don Pietro , ho paura del diavolo. La prima fotografia di un avvenimento dovrebbe essere non quella umana, naturale, ma quella soprannaturale; dovremmo vedere tutti gli avvenimenti, tutte le cose, prima di tutto con gli occhi della fede. Invece di prendersela con la donna di servizio perché c’è la cassa scassinata o qualcosa del genere, per prima cosa bisogna esaminare, rendersi conto. Noi infatti ce la prendiamo con colui che troviamo vicino, ma c’è qualche altro che è più vicino ancora. Io non so dirvelo meglio, se c’è qualcuno che vuole parlare al posto mio... Ehi, Erasmo, Giuseppe, siete capaci di dirle in modo più appropriato queste cose perché rendano meglio? Ah, don Erasmo? Tu, don Giuseppe? Ho l’impressione che nella nostra Casa possa entrare il demonio. Mi sono messo nella testa che non si creda al demonio, che non si creda a questa grande realtà, a questo combattimento spirituale che sta avvenendo continuamente vicino a noi. È facile giudicare le cose, gli avvenimenti, con giudizio umano, guardare con occhio umano. E allora ci si dà anche all’apostolato, al lavoro in una forma abbastanza umana: “Sì, sì... Pregare? Siamo d’accordo! Per forza! Bisogna pregare, siamo d’accordo!” Ecco, quando sento queste parole: “Siamo d’accordo! Sì, siamo d’accordo, per carità! Guai, se non facciamo così...!” ho l’impressione che si dia per scontato. Perché questo?

CONSACRAZIONE

CROCE Demonio

VIRTÙ

fede

La citazione è della 1ª Tess 2,19-20 che don Ottorino prende dal libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Tutte le citazioni vengono riportate in corsivo, senza ulteriori richiami, e sono tratte dalle pagine 59-60.

A volte, per scrupolo, don Vittorio Venturin ripeteva la recita di qualche parte del breviario temendo di non averla recitata bene.

Il riferimento è a un solenne scappellotto che don Ottorino aveva dato a don Guido Massignan per avergli detto che era un vero santo.

MI157,4 [30-03-1967]

4 Andiamo avanti!
“Chi è infatti la nostra speranza, la nostra gioia, la nostra corona di gloria dinanzi al Signore nostro Gesù, alla sua venuta, se non voi? Sì, voi siete la gloria nostra e la nostra gioia”. Quando morirò il Signore mi chiederà: “Che cosa hai fatto di bene? Che cosa hai fatto, caro?”; io prendo Raffaele e gli mostro Raffaele. “Ma quello è piccolino!”. Allora prendo don Vittorio. “Eh, ma don Vittorio... ripete la recita del breviario!”. No, poverino, è un santo prete! E allora gli darò don Pietro. “Sì, sì, questo va bene”. E allora il Signore mi lascerà passare, non per i miei meriti, ma per i meriti di don Pietro. Figlioli, che cosa presenterò io? Voi? Voi non c’entrate, anzi sarete voi che mi condannerete perché vi ho fatto poco santi: “È colpa tua, brutto... se non sono santo!”. Raffaele dirà: “È colpa tua!”. Come me la caverò? “Paolo guarda con vivissimo desiderio alla gloriosa venuta del Signore; allora sarà una grande festa. Ebbene, è degno di nota che Paolo non chiami ‘venuta’ o ‘parusia’ di Gesù la sua nascita, né pertanto la sua venuta alla fine dei tempi è per lui il ‘ritorno’. È che solo la parusia realizza pienamente la salvezza promessa dai profeti; solo allora verrà elargita la pienezza della grazia. Chi perciò ha un desiderio vivo della salvezza definitiva e totale, spinge lo sguardo avanti - alla venuta di Cristo -, non indietro alla sua nascita”. Avanti, avanti! Quante volte vi ho detto: “Ragazzi, ragazzi, non perdete la testa a scrivere articoli quando sono morti i più vecchi!”. Adesso Vinicio non si offenderà se dico questo. Quando muoio mi recitate alcune ‘requiem’ e avanti, avanti, avanti: dobbiamo andare avanti. Don Luigi, hai capito? Tu, don Guido, che quella volta hai preso uno scappellotto, hai compreso che cosa voleva dire? Avanti, guardiamo avanti, per carità, guardiamo avanti: con il Vangelo in mano, che è sempre nuovo, e avanti, non indietro!

NOVISSIMI giudizio

PAROLA DI DIO Vangelo

Cfr. Tito 2,11.

MI157,5 [30-03-1967]

5 “Che già sia ‘apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini’ , è cosa certa. Ma è altrettanto certo che la prima venuta di Gesù non ci ha portato che una caparra di ciò che egli ci darà alla fine. Per cui i nostri desideri devono essere rivolti al futuro”.
Nella Settimana Santa abbiamo parlato della Pasqua. La nostra vita è una Pasqua, un arrivo; dobbiamo vivere con lo sguardo verso il giorno: “Quando sarà, o mio Dio...”. Al mattino, quando la giornata è più bella e aprite le finestre, non vi viene da dire: “Quando sarà che si aprirà quell’altra finestra, quella del Paradiso? Quando comincerà la primavera eterna dove ci sarà Dio per sempre?”. Dopo, figlioli, non si farà più peccati; dopo si incomincerà ad amare e non si perderanno più colpi. Adesso parti e il motore batte in testa o perché manca l’olio o perché manca la benzina o perché la strada è tutta in salita. Invece nell’altra vita metti in moto e il motore non va mai indietro: lo metti a cento e continua ad andare così per tutta l’eternità. È importante quindi revisionare bene il motore per poter correre in Paradiso, per fare le corse con gli angioletti.

NOVISSIMI paradiso

NOVISSIMI eternità

Cfr. Filippesi 2,16.

Don Ottorino, assieme ad alcuni Confratelli sacerdoti e assistenti, era da un po’ di tempo alla ricerca di una località adatta per la costruzione di un villaggio montano.

Si tratta del religioso Luciano Franceschi che faceva parte della Comunità dell’Istituto San Gaetano.

Don Erasmo De Poli era il direttore della Scuola F. Rodolfi per semiconvittori.

Cfr. Matteo 25, 14-30.

MI157,6 [30-03-1967]

6 “Sulla via di Damasco, Paolo ha ricevuto in modo personalissimo la missione di annunciare la lieta novella tra i gentili. Egli ora è ricolmo di gioia, perché può considerare assolta questa missione e può presentare a Gesù le nuove comunità da lui generate non appena il Signore venga nella sua gloria regale, avendo così “di che gloriarsi nel giorno di Cristo” . Ed ecco, la speranza di venire egli stesso salvato dipende dal fatto di condurre a termine con successo il compito affidatogli”.
La nostra salvezza, lo dice Paolo, dipende dal compimento della missione a noi affidata, non dall’imboscamento. “Beh, faccio a meno di sposarmi! Raffaele ha i figli, e quali difficoltà deve affrontare!”. Nossignore! Se il Signore ha stabilito che tu debba essere papà di quel figlio, sposo di quella mamma, tu devi essere papà. “Ma, sa, è fatica essere prete, essere diacono: chi me lo fa fare?”. Figlioli, pensate un momentino a questi poveri preti che girano di qua e girano di là: sono due o tre giorni che faccio parte della carovana degli zingari, dei girovaghi , su e giù per le colline, su e giù per le montagne, tanto che ormai non le conosco più, le confondo una con l’altra. Ieri sono andato a Castelvecchio con don Aldo per vedere, e siccome avevo imboccato una strada invece di un’altra, don Aldo mi ha detto: “Conosci la strada? Andiamo bene per di qui?”. “Sì. - ho detto - Adesso dovremmo trovare una capra...”. Aspetta, aspetta, e la capra non si vedeva. Allora abbiamo chiesto ad un uomo che assomigliava a Luciano e stava tagliando l’erba: “Sa dov’è...?”, e non vedevo la capra. E allora mi venne in mente che avevo vista la capra il giorno precedente, ma non su quella strada per Castelvecchio, ma per la strada di Monte Magrè che andava verso Valdagno. Si continuava ad andare su e giù finché a un dato momento confondevi una montagna con un’altra. Figlioli, tutte queste cose le ho fatte ieri mattina, e dopo mezzogiorno sono andato ad Asiago con i superiori del seminario per vedere la nostra cara colonia di Tiro a Segno. Figlioli cari, questo è il mio viaggio di ieri, ma se guardiamo don Guido, don Pietro... ognuno compie tanti viaggi. Domandate a don Erasmo: quanti viaggi interni, non è vero don Erasmo? Non sui monti, ma sui monti della scuola. Ognuno di voi, o con il pennello o con una storia o con l’altra, viaggia, ma tutte queste cose, figlioli, fanno parte della nostra missione. Quando agiamo ci domandiamo: “Perché io faccio questa cosa?”. Figlioli, varrebbe così poco farla per il mondo! Arrivati a una certa età si vedono certe cose che fanno riflettere. Guardate Pellizzari: io mi ricordo che era come Marzotto, orgoglioso, presidente dell’Associazione Industriali di Vicenza, eccetera. Muore lui, muore suo figlio e la Pellizzari, dopo che gli eredi sono stanchi di tenerla, è venduta ad un altra società. Tutte queste grandi opere sono sorte dal poco e poi sono cadute. La cosa più importante è compiere la missione che Dio ci ha affidato: quello è importante! La nostra grandezza è lì, la nostra salvezza è lì! Il Signore ti ha chiamato ad essere portinaio? E va bene: portinaio! A te non deve interessare. Porcaio? Porcaio! Anime di Dio, che cosa interessa? Missionario in Guatemala? In Guatemala! Un domani il Signore mi chiama in ufficio? In ufficio! Bisogna fare la volontà di Dio, sapere che sto compiendo la missione che il Signore mi ha dato. Mi ha dato un talento? “Signore, l’ho trafficato, non l’ho nascosto sotto terra...” . Me ne ha dato mezzo? L’ho trafficato! Me ne ha dati cinque? Ne ho trafficati cinque! Con semplicità, ma immersi nella corrente di Dio, figlioli!

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO missione

SOCIETÀ

Cfr. 1 Corinzi 15,10.

MI157,7 [30-03-1967]

7 “Ed ecco, la speranza di venire egli stesso salvato dipende dal fatto di condurre a termine con successo il compito affidatogli”.
E “con successo” non significa che si raccoglie, perché il Signore Gesù ha portato a “termine con successo” la salvezza del mondo morendo crocifisso. “L’apostolo può ben nutrire questa speranza, potendo affermare: “Per grazia di Dio sono quello che sono, e la grazia da lui a me concessa non fu vana” . Di qui la sua gioia già in atto, anticipata, e una santa alterezza”. Ecco il punto dove dovevamo arrivare. Finora abbiamo sempre parlato di umiltà nel senso di tenere la testa bassa, riconoscere che siamo niente, che siamo povere creature, e siamo d’accordo. Ma riconoscere che sono una povera creatura non vuol dire raccontare delle bugie. Se io ho in tasca diecimila lire e le consegno a te, Raffaele, tu non puoi andare in giro a dire: “Ah, sono una povera creatura! Ah, non ho niente in tasca!”, perché io ti rispondo: “Brutto mascalzone! Non ti ho dato diecimila lire?”. “Sì, è vero!”. “E allora, perché mi offendi?”. È stata una vigliaccheria dire che sei povero; devi dire che il papà ti ha voluto bene. Ora, se Dio ti ha dato dei doni e con l’aiuto di Dio li hai trafficati, non gloriartene; tu vedi quanto sei stato canaglia se di diecimila lire ne hai speso novemila bene e mille le hai buttate via per comprarti le sigarette e te le sei fumate in gabinetto: “Sì, eccomi qua, sono una canaglia!”. Ma riconosci che Dio ti ha dato diecimila lire e riconosci anche che novemila lire le hai trafficate bene: hai comprato formaggio e rivenduto formaggio e li hai fatti diventare centomila, imbrogliando un pochino, ma li hai fatti diventare centomila.

GESÙ

redenzione

GESÙ

crocifisso

VIRTÙ

umiltà

Cfr. Giuditta 9, 1-14.

Cfr. 1 Samuele 17, 45.

MI157,8 [30-03-1967]

8 I santi riconoscevano i doni di Dio. “Indegnamente sono io!”, diceva la madre superiora. Dobbiamo farlo con santa semplicità, senza metterci il distintivo sul petto, senza tirar fuori tutte le medaglie: no, mettile nel cassetto perché a noi non interessa apparire. Figlioli cari, se tu hai ricevuto un dono dal Signore, puoi dirlo con santa semplicità, ma mettendolo sempre in evidenza come dono di Dio. State attenti perché con il Signore non si scherza! Non confondete questa sincerità con la superbia. Bisogna riconoscere i doni che il Signore ci ha dato, ma con semplicità, dopo aver messo la base dell’umiltà, la convinzione che siamo niente perché sciupiamo i doni di Dio. Adesso io do a don Guido dieci milioni, dieci foglietti da un milione e gli dico: “Senti, don Guido, per piacere, portali alla banca”, e lui va e per strada perde uno di quei milioni, così, per trascuratezza; poi torna gloriandosi perché ne ha portati nove: “Sa, don Ottorino, ho perso un milione... ma ne ho portati nove!”. Evidentemente io lo rimprovero: “Non dire che ne hai portati nove. E quello che hai perso?”. “Eh, quante storie perché ne manca uno! Nove su dieci!”. Questa è superbia! Se invece lui viene da me e mi dice: “Don Ottorino, mi è capitato un incidente. Che cosa vuole; mi è capitato così... Domando scusa; mi dispiace; lei mi ha dato dieci milioni e ne ho perso uno...”. Questa è umiltà, e poi puoi riconoscere che ne hai nove!
Non so se ho reso il pensiero. Comunque leggiamo il testo che forse dice di più. “Di qui la sua gioia già in atto, anticipata, e una santa alterezza. Perché, non è altro che ingratitudine quella di chi sa solo ripiegarsi sui propri peccati...”. Che cosa strana! L’ho detto tante volte che non bisogna ripiegarsi sui propri peccati, ma piegarsi, come ha fatto Giuditta , mettersi sulla polvere, digiunare e pregare. Poi vestiti e salta in piedi, ma rinforzato dalla preghiera e dalla penitenza fatte prima. Il piccolo Davide va a combattere in nome del Signore: “Chi ti ha mandato?”. “Io vengo nel nome del Signore!”. Ecco, tu devi sentire che vai nel nome del Signore. Io mi piego dinanzi a Dio e dico: “Signore, io riconosco che ho sbagliato perché ti ho offeso; riconosco che ho questi doni perché me li hai dati tu; riconosco che da solo, anche con questi doni, non farei niente. Se questa fionda me la guidi tu, io sono sicuro che colpisco il gigante Golia, e perciò, Signore, ti domando perdono dei miei peccati...”. Prima di fare gli esorcismi, i sacerdoti ad essi deputati hanno il dovere di fare penitenza e di andare a confessarsi perché altrimenti il diavolo potrebbe rinfacciare loro i peccati. Per esempio, c’è il maestro dei novizi che potrebbe aver detto una bugia e ora viene ad esorcizzare Raffaele; viene con la stola e comincia: “Ti esorcizzo, demonio!”. “Ah, ah! Eh, tu, brutta faccia, hai detto una bugia ieri sera”. “Io, no!”. “Sì, hai detto una bugia, vuoi negarlo?”... e così nasce una baruffa fra i due. Agli esorcisti viene raccomandato fortemente di confessarsi, ma di confessare tutto, anche tutte le mancanze nascoste, perché altrimenti il demonio rinfaccia loro i peccati. Prima di prendere in mano l’arco per scagliare le frecce contro il demonio, poiché il nostro lavoro apostolico è una lotta contro il demonio, bisogna mettersi in atteggiamento di umiltà, e dopo prendere in mano l’arco e avanzare senza paura.

DOTI UMANE talenti

VIRTÙ

semplicità

VIRTÙ

umiltà

VIZI superbia

ESEMPI talenti

PENITENZA

PREGHIERA

Cfr. Marco 11, 2-5 e Mt 21,1-3.

Don Ottorino era sempre a corto di denaro per le opere che il Signore gli faceva costruire.

Zeno Daniele, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico, aveva lavorato per alcuni anni nell’amministrazione della famiglia Grassetto di Padova.

Cfr. Giovanni 6,1-15.

Marson = ghiozzo: qualità di pesce dalle carni squisite pescato nei limpidi fiumi della pedemontana vicentina. Si dice anche di persona goffa e stupida.

MI157,9 [30-03-1967]

9 “... senza aver occhi per quanto di grande la grazia di Dio ha operato in lui e attraverso di lui. Una simile ‘miopia’, frutto di falsa umiltà, rende malata e sterile la vita cristiana”.
Che cosa faremmo noi all’Immacolata se, per esempio, continuassimo a lamentarci: “Gesù mio, misericordia... Sì, fratello... sì, vedremo... sentiremo, non so...”. A me verrebbero i nervi. Devi andare a Roma? Vacci, e prendi per il naso tutti, se occorre. È sbagliato? Messa al sicuro la parte spirituale per cui tu lavori per il Signore e non per te, prendi per mano quanto devi fare e guai a te se non ce la metti tutta! Gli Apostoli sono andati persino a rubare quando il Signore li ha mandati a prendere l’asino: “È il Signore che lo vuole!”, e il proprietario ha detto: “Suvvia, portatevi via anche l’asina!”. E allora io porto via anche i milioni che uno ha in cassaforte se il Signore mi manda ; voglio chiedere al Signore se si può fare questo, voglio provare! Tu, don Zeno, potresti andare da Grassetto e dirgli: “Mi manda il Signore; al Signore occorrono soldi...”. “L’umiltà di colui che crede di non poter vedere e non poter riconoscere le meraviglie della grazia divina nella propria vita, è in definitiva un’umiltà che viene dal diavolo”. “Fecit mihi magna qui potens est”. Il Signore ha fatto cose grandi in mezzo a noi, le ha fatte lui. Si è servito anche di don Ottorino: è stato tanto buono che ha voluto servirsi di un niente. Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani non si poteva dire che non era accaduto niente: è stato un miracolo, perché le cinquemila persone hanno mangiato con pochi pani. Quando il bambino è tornato a casa avrà raccontato a sua mamma: “Ehi, che bello, mamma! Ah, che bello!”. E la mamma: “Ne avevi portati via di più dal momento che ne hai avanzati? Ti avevo dato tre pani e tu nei hai portati a casa ancora. - Il Signore quella volta avrà dato al ragazzo una delle sporte di avanzi! - Hai portato via cinque pani e tre pesci perché ti avevo dato cinque pani e tre pesci, e tu mi hai portato a casa sei pesci e quindici pani. Li hai rubati?”. “No, mamma, non li ho rubati. Sono andato a confessarmi a mezzogiorno!”. “Ma da dove li hai presi?”. Allora le avrà raccontato il miracolo. È naturale quando senti la gioia di essere stato un po’ lo strumento nelle mani del Signore per questo miracolo. Anch’io quando vado a Roma e sento dire in Vaticano: “È la Congregazione del Concilio...” provo gioia. Ma non per me, ma perché il Signore si è servito di questo povero strumento - stavolta si tratta di un “marson” - per fare quello che ha voluto lui. Ma questo dovete sentirlo anche voi!

DOTI UMANE coraggio

VIRTÙ

fortezza

VIRTÙ

umiltà

PAROLA DI DIO Vangelo

S. E. monsignor Pietro Fiordelli era all’epoca il vescovo di Prato.

Si tratta dei Religiosi della Congregazione che operavano a Crotone: Don Marcello Rossetto, superiore, Don Bruno Tibaldo, Don Antero Speggiorin, e gli assistenti Giuseppe Creazza, Ulisse Salin e Silvio Vittoriano Rossato.

MI157,10 [30-03-1967]

10 Quando, per esempio, viene monsignor Fiordelli e mi dice: “Sono andato per pochi minuti a parlare con i giovani, e ho visto dei giovani che non si vedono da nessuna parte: giovani seri, con occhi che non dimenticherò più!”. Don Luigi, non ha detto così quella sera? “Quegli occhi che ho visto non li dimenticherò più!”. Che occhi avrà mai visto? Occhi da gatto? Se questi occhi li ha fatti il Signore, ringraziamo il Signore. Si vede che a forza di stare insieme con il Signore, il Signore vi ha dato, un pochino, i suoi occhi, e ringraziamolo.
Ringraziamo il Signore anche per quel senso di serenità e di gioia che c’è qui dentro e che cerchiamo di avere scherzando e ridendo, per cui se viene dentro qualcuno ne resta colpito. Non dobbiamo negare e dire: “No, non c’è niente di vero! Siamo dei vecchi rimbambiti!”, perché questo non è vero. Perché vuoi dire che Raffaele ha settant’anni? Sarebbe una bugia. Che io ne abbia presto cinquantadue è vero, ma che lui ne abbia settanta, no! Ora, la verità è carità : “Haec fecit Dominus!”. Anche la Madonna ha detto: “Fecit mihi magna qui potens est”; ha riconosciuto di avere ricevuto grandi grazie dal Signore, ma ha riconosciuto di averle ricevute dal Signore. Se un domani mi mandano in un luogo di missione e dopo alcuni anni, per esempio, si vede una vera fioritura, non devi dire: “Eh, non ho ottenuto niente!”. Come? Non è stato fatto niente? Per esempio i sei poveri fratelli che sono nell’Italia Meridionale han fatto niente? Dalla mattina alla sera sono sempre sotto e lavorano come matti. “Eh, avrebbero potuto fare di più!”. Certo, ognuno avrebbe potuto fare di più; va bene, dinanzi al Signore diranno: “Signore, se avessi fatto un pochino di più...”. Tutti dobbiamo dire così, però voltandoci indietro dobbiamo anche riconoscere: “Signore, ti ringrazio perché, nonostante le mie deficienze e le tante mie miserie, tu hai fatto cose meravigliose e ti sei servito di questo povero uomo, che può avere il nome di don Marcello, don Bruno, Ulisse, Creazza, Vittoriano e don Antero , e ti sei servito di noi, di me, per fare queste cose”. Questa è semplicità!

CONGREGAZIONE spiritualità

DIO riconoscenza a...

VIRTÙ

umiltà

VIRTÙ

trasparenza, sincerità

Don Matteo Pinton, studente di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, viveva nella comunità di Monterotondo.

MI157,11 [30-03-1967]

11 Un domani a Monterotondo è la stessa cosa! Bisogna riconoscere quello che ha fatto il Signore, e non dire: “Non è stato fatto niente!”. Il Signore, che è presente, ha fatto niente, proprio niente? Egli potrebbe dire: “Ho fatto niente io? Io mi sono servito di te che sei così poco, ma riconosci che se quell’anima è venuta a confessarsi è stato perché quel giorno l’hai avvicinata; dopo mi sono servito di te e di quella parola. Sono stato io che ho agito quel giorno, ma se non c’eri tu, io non facevo niente”. È vero, don Matteo , che il Signore si serve di noi, povera gente, per fare qualcosa? A Monterotondo si è mai servito di voi? Il Signore si serve di noi, ma noi dobbiamo essere sinceri e riconoscere che si è servito di noi. Quello che abbiamo è di Dio, è di Dio, ma se il Signore si serve di noi, non dobbiamo dire: “Non abbiamo fatto niente!”. Voi siete a Monterotondo da qualche mese e ringraziando il Signore avete operato, perciò dovete dire: “Signore, ti ringraziamo, ti sei servito di noi, povere creature, per fare qualche cosa”. Questo è fare verità. Non si può dire: “Noo, non abbiamo fatto niente!”. Non avete insegnato catechismo continuamente, avvicinato persone continuamente? Vedete già i frutti del vostro lavoro. Dite pure che senza il Signore non avreste combinato niente e che quello che avete fatto lo avete compiuto con l’aiuto del Signore, ma riconoscete che è stato fatto qualcosa.
Dico male dicendo questo? Mi pare che questo sia essere sinceri. Andiamo!

VIRTÙ

umiltà

VIRTÙ

semplicità

VIRTÙ