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LA SALVEZZA DELLE ANIME È LA CONSOLAZIONE DELL’APOSTOLO

MI164 [13-04-1967]

13 Aprile 1967

Cfr. 1 Ts. 3,7-8. Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami e sono tratte dalla pagina 66.

L’assistente Antonio Ferrari, che si stava preparando a partire per il Chaco (Argentina), era un giovanottone robusto e di buon appetito.

Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale, era magro di costituzione e di statura media: il contrario dell’assistente Antonio Ferrari.

Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, fondata nell’ottocento dal vescovo di Vicenza beato Giovanni Antonio Farina.

Cfr. Luca 18,8.

MI164,1 [12-04-1967]

1 “E perciò, o fratelli, in mezzo a tutte le nostre angustie e tribolazioni, siamo stati consolati a vostro riguardo per la costanza della vostra fede. Sì, adesso ci sentiamo vivere, perché voi state saldi nel Signore”.
Facendo il giro per le varie case per trovare i fratelli, anche trovandoli ammalati, in mezzo a mille difficoltà, perseguitati, potessimo sempre trovarli saldi nella fede! Che cosa m’importa domani andare e trovare Antonio che è calato di cinquanta chili... Quanti sono adesso? Novanta? Novanta meno cinquanta, quaranta: sarebbe ridotto a un ramoscello! E tornando a casa vi dicessi: “Ragazzi, vedeste Antonio, poverino, è irriconoscibile, vedeste! Fate conto di vedere Marco : Marco è diventato Antonio e Antonio è diventato Marco”. Dovessi tornare a casa e dire: “Poverini, poverini...!”. Mi è piaciuto ascoltare la madre generale delle Dorotee che, ritornata da un giro che ha fatto in America Latina per visitare varie missioni, mi ha detto: “Sono stata meravigliata nel vedere lo spirito e la serenità con cui vivono le nostre missionarie. Dormivano su un pagliericcio per terra, in case che neppure si possono chiamare case, ma piuttosto baracche messe su palafitte, e mi dicevano: “Madre, siamo missionarie. Che cosa vuole che sia... Siamo missionarie. Che cosa vuole...”. Vivono su palafitte in quelle zone dove ci sono le palafitte, con una serenità e con una gioia che io ne sono rimasta colpita. Dico la verità: non so se avrei il coraggio di fare io quelle cose; forse il Signore mi darebbe la grazia, ma, ma... Sono stata commossa nel vedere la loro serenità, la loro gioia...”. Ecco, questo io vorrei vedere: in mezzo alle tribolazioni, in mezzo alle difficoltà, in mezzo alle persecuzioni, in mezzo anche alle sconfitte, anche se sono sconfitte apparenti perché per l’apostolo non c’è mai vera sconfitta perché altrimenti il Signore non sarebbe morto, potervi trovare nella gioia: “Sì, ah! Ma noi abbiamo il Signore! Che cosa vuole che sia? Continuano a respingerci indietro, ma finché abbiamo il tabernacolo, mai paura! Dica pure a Vicenza... Fanno ancora la meditazione?”. “Sì, ma la fanno soltanto una volta al mese perché sono diventato vecchio!”. “Non importa, però dica loro, se ha occasione di trovarsi una volta al mese con i ragazzi, che noi siamo contenti, siamo contenti. Anche se il Signore volessi provarci di più, siamo contenti, cioè, abbiamo la fede!”. Paolo è contento perché ha trovato la fede nella comunità cristiana. La troveremo ancora? “Quando verrà il Figlio dell’uomo, troverà ancora fede sopra la terra?” . Quando fra alcuni anni farò il giro nelle varie parti troveremo ancora la fede? E quando ritorneremo a Vicenza ritroveremo ancora la fede? C’era già qualcuno che pensava a quelli dell’America Latina, e invece la fede si potrebbe perderla anche qui a Vicenza. Quando Ulisse è tornato a casa ha trovato i Proci che aveva messo tutto a soqquadro. Potremmo trovare qualcosa simile anche qui, tanto da metterci le mani nei capelli. Comunque, avanti.

VIRTÙ

fede

ESEMPI gioia

APOSTOLO testimonianza

APOSTOLO

MISSIONI vita missionaria

CROCE difficoltà

CROCE persecuzioni

CROCE fallimento

EUCARISTIA tabernacolo

CROCE prove

PAROLA DI DIO Vangelo

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

Cfr. Luca 16,2.

Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima don Ugo Caldini e l’assistente Severino Stefani che già erano missionari in Guatemala, e poi Ruggero Pinton che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico.

MI164,2 [12-04-1967]

2 “La cura delle anime era per Paolo un’autentica preoccupazione”.
A volte si dice che qualche donna ha più cura delle galline che non dei figli: l’avete mai sentito dire? Potrebbe succedere che un ragazzo dell’Istituto abbia una mamma così, perché sono orfani... Non sempre, per grazia di Dio, ma qualche volta abbiamo dovuto vedere delle donne che hanno più cura delle galline che non dei propri figlioli, perché alla sera non si danno pace finché l’ultima gallina non è dentro il pollaio, mentre i figli possono rientrare a qualunque ora: “Poverini, se non lo fanno finché sono giovani!”. Ho sentito qualche mamma dire: “Se non lo fanno finché sono giovani... Dopo, quando hanno una certa età, è impossibile perché si sposano...”. Hanno più cura delle galline che non dei propri figli! State attenti che non capiti anche a noi nel campo apostolico che abbiamo più cura dei francobolli e del bollario, più interesse per lo sport, più cura di qualche cosa inerente anche all’apostolato, se volete, che non delle anime che il Signore ha affidato alla nostra attenzione. Dobbiamo sentire una paternità e una responsabilità per le anime. Io, per esempio, devo sentire la responsabilità di ciascuno di voi. Il santo Vangelo ci dice: “Redde rationem villicationis tuae” . Il Signore mi domanderà conto di ognuno di voi: è tremendo, sapete! Quando andrò dinanzi al giudizio di Dio - io non vedo l’ora di andare in Paradiso per finire di fare peccati - il Signore mi dirà: “Bene, don Ugo Caldini: rendimi conto di don Ugo Caldini. È arrivato al terzo grado di santità; doveva arrivare al quarto e non ci è arrivato per causa tua. Rendimi conto di Severino: Severino doveva arrivare un pochino più in su e non ci è arrivato per causa tua”. C’è Ruggero che si fa avanti e che dovrebbe essere contento di essere così alto, e il Signore mi dirà: “Rendimi conto di Ruggero: doveva arrivare al quarto grado e invece è arrivato al quinto: per causa tua non è rimasto al suo posto”.

FAMIGLIA mamma

ESEMPI apostolo

MONDO

APOSTOLO salvezza delle anime

SACERDOZIO paternità

spirituale

NOVISSIMI paradiso

PECCATO

NOVISSIMI giudizio

“Sentirsi in braghe di tela” = sentirsi poveri e inadeguati come uno che in mutande finisce in mezzo a persone vestite normalmente.

Raffaele Testolin era neo professo perché aveva emesso la professione religiosa all’inizio del mese di marzo di quell’anno

Raffaele Testolin era neo professo perché aveva emesso la professione religiosa all’inizio del mese di marzo di quell’anno

Natalino Peserico e Angelo Brugnolo, ambedue del corso teologico, avevano la responsabilità dell’animazione di un gruppo di ragazzi delle medie o del ginnasio.

MI164,3 [12-04-1967]

3 Provate a mettervi davanti al tabernacolo e a pensare a queste cose, e ditemi se non vi viene freddo e se non vi sentite ‘in braghe de tela’ . Quando vi do la comunione mi esamino continuamente. Stamattina vi davo la comunione e dicevo: “Corpus Christi”, e mentre davo la comunione a Raffaele il Signore mi diceva: “Guarda che devi rendere conto, guarda che devi rendere conto”. “E allora mollo tutto!”. Peggio che peggio, perché devo rendere conto di quelli buoni! Questo esame dovete farlo anche voi: non ve la cavate mica! Una mamma e un papà devono rendere conto dei loro figlioli. La vita è un dovere per tutti, non una festa, dice il Manzoni; è un dovere! Quando voi siete venuti qui avete rinunciato a una famiglia, ma non a quell’altra famiglia, e una paternità l’avrete tutti. Perciò il superiore di una Comunità deve rendere conto di tutti gli altri, e ognuno della Comunità deve rendere conto degli altri. “Io non sono superiore e quella situazione non mi interessa!”. Nossignore, nossignore! Nel nostro refettorio siamo in quattordici: io devo rendere conto di tutti i quattordici. Ma, anche Filippi deve rendere conto degli altri tredici. “Ma, io?”. Sì, anche tu, anche tu, perché se hai visto che un confratello ha bisogno di te, tu devi aiutarlo a salire.
Un parroco: “Quante anime ha?”. “Trentamila!”. “Oh, che parrocchia grande!”. La gioia di avere una parrocchia grande! Il Santo Curato d’Ars tremava con duecento anime, tremava con duecento anime! E se mandassi in quel posto uno di voi, in una parrocchia di duecento anime, non dite: “Oh, andiamo! Fare l’apostolato per duecento anime?”. Se siete veri apostoli dovreste perdere il sonno. Caro Natalino, quanti ragazzi avete, adesso? Undici, dodici, tra te e Angelo. Il Signore vi domanderà conto di loro. Poniamo che uno di quelli non arrivi prete per causa vostra, perché non avete dato tutto quello che dovevate dare. Dio dirà: “Perché quel tale non è arrivato prete?”. Capite? Io sono assistente, e se solo due o tre rinunciassero dovrei tremare; bisognerebbe prendere a braccetto don Angelo e dire: “Stiamo attenti, per carità, che non roviniamo uno!”. Altrettanto deve accadere nella parrocchia.

EUCARISTIA tabernacolo

APOSTOLO

EUCARISTIA comunione

COMUNITÀ

confratelli

AUTOBIOGRAFIA

PECCATO

FAMIGLIA

SACERDOZIO paternità

spirituale

CONSACRAZIONE castità

COMUNITÀ

superiore

COMUNITÀ

COMUNITÀ

corresponsabilità

CARITÀ

amore al prossimo

PASTORALE parroco

PASTORALE parrocchia

ESEMPI di Santi

APOSTOLO salvezza delle anime

SACERDOZIO prete

Don Pietro Martinello e don Graziano Celadon, nominato subito dopo, stavano preparandosi per la prima missione in Argentina.

MI164,4 [12-04-1967]

4 “La cura delle anime era per Paolo un’autentica preoccupazione”.
Ragazzi, vi scongiuro, non prendete la responsabilità alla leggera. Ho detto la parola “preoccupazione”, non “disperazione”, cioè bisogna prenderla con serenità, ma non alla buona. “Bene, intanto lavoro... al resto penserà il Signore!”. No, no, non sono d’accordo! Una mamma veramente mamma non dice: “Ah, bene, ci penserà il Signore!”. Una mamma ce la mette tutta; la mamma va a consigliarsi, la mamma sta su alla sera, la mamma si alza presto al mattino, e dopo dice: “Mi sembra di mettercela tutta. Il Signore vedrà che ce la metto tutta... dopo penserà Lui!”. È ben diverso dal dire: “Arrangiati! Io faccio quello che posso, e dopo ci penserà il Signore!”; non è la stessa cosa. La mamma veramente mamma ce la mette tutta, e confida che il Signore metta il resto, e cerca che il Signore metta il resto: quella è fede! Don Giovanni Calabria diceva: “Io durante il giorno faccio i pasticci, e dopo, di notte, il Signore aggiusta i pantaloni, mette a posto i pasticci che io faccio durante il giorno”. L’apostolo ce la mette tutta, è preoccupato e poi si rimette al Signore: “Signore, sono servo inutile. Che cosa posso fare io?”. Questa è fede, è fiducia! “Il dover vivere nel dubbio angoscioso che la giovane comunità potesse soccombere nella persecuzione, per lui non era più un vivere”. Pensate quale agitazione aveva San Paolo: il demonio, le prove, le preoccupazioni... È una vita dura quando si sa che i figlioli potrebbero perdersi. Una mamma che sa che il figliolo è in guerra, che è all’ospedale ferito, che si trova in un pericolo, esclama: “Sì, bello, però ho mio figlio in pericolo! Il Signore provvede, ma sono qui che sto ancora tremando”. Non è vero che le mamme sono così, o perché il figlio è ammalato o perché non ha il posto di lavoro? “Sa, non ha ancora il posto. Se trovasse un posto, poverino! È sempre stato sfortunato quel figliolo”. Ecco la mamma, ecco la mamma! Ragazzi, ecco là don Pietro Martinello con trentamila anime che dice: “Ringraziando il Signore, eccetto una, tutte sono in grazia di Dio, sono tutte quante a posto. Quella mi sta a cuore; quelle altre, grazie a Dio, sono a posto. Io ce l’ho messa tutta, ma una mi è scappata... la pecorella smarrita è in giro per i boschi e voglio scovarla”. E allora vedi don Pietro a cavallo... pum, pum, pum!

APOSTOLO

VIRTÙ

FAMIGLIA mamma

VIRTÙ

fede

VIRTÙ

fiducia

ESEMPI di Santi

CROCE Demonio

Mirko Pasin stava preparandosi per la missione del Chaco (Argentina).

MI164,5 [12-04-1967]

GRAZIA Confessione;NOVISSIMI morte;ESEMPI conversioni;CONVERSIONE;PECCATO;APOSTOLO F.A.;GRAZIA Corpo Mistico;GRAZIA;CHIESA;ESEMPI apostolo;FAMIGLIA mamma;SACERDOZIO prete;PASTORALE parrocchia;APOSTOLO salvezza delle anime;PASTORALE;CARITÀ;CONGREGAZIONE assistente;APOSTOLO testimonianza;COMUNITÀ corresponsabilità;FORMAZIONE noviziato;PASTORALE giovani5 “Perciò, la buona nuova sui Tessalonicesi fu una tale ‘consolazione’, da potersi paragonare al venir salvati da morte”.
Ah, la gioia che dovrebbe esserci in casa vostra quando uno torna dicendo: “Quel tale si è confessato, è morto bene”! Dovete sentire la gioia, aprire una bottiglia di gusto, ma allo stesso modo piangere quel giorno in cui qualcuno dei figli muore senza grazia di Dio. Arriva a casa alle una di notte don Graziano dicendo: “Ragazzi, su, venite giù!”. “Che cosa c’è?”. “Venite, c’è un bel fiasco di vino...”. “Ma, sono le una di notte!”. “Tacete: sono andato là e sono riuscito a confessarlo; erano quarant’anni che non si confessava. È morto veramente bene. Facciamo festa, facciamo festa!”. Adesso, lasciamo da parte la storia del vino, ma si deve sentire la gioia, proprio la gioia di salvare un’anima. Non bisogna dire: “Ah... sì, sì, va bene...”, come se non fosse capitato nulla... Quando un’anima rientra nella grazia, rientra nel Corpo Mistico, viene inserita nel Cristo, nella Chiesa, non si può non sentire la gioia; tu senti la gioia, e tu senti il dolore quando un’anima è separata da Cristo e dal suo Corpo Mistico. L’apostolo deve sentire questa gioia, una consolazione anche esterna. Ma anche il dolore deve trasparire all’esterno per i disgraziati che non si pentono. Fa così compassione, nel campo apostolico, vedere il sacerdote tutto contento perché è arciprete e, magari, sta discutendo per farsi valere di più come arciprete, o qualcosa del genere, e dopo chissà quante anime della sua parrocchia non sono in grazia di Dio! È possibile che una mamma che ha un figlio malato in sanatorio, un figlio che è ferito, vada indifferente alla sera a ballare? Non è possibile, non è possibile, vero, figlioli? È incoscienza - rendetevi conto che è incoscienza - per un gruppo di apostoli che hanno la responsabilità di una parrocchia che un domani non sappiamo fermarsi, pregare, discutere, ragionare continuamente su quelle anime lontane dalla grazia. Lasciate stare le statistiche, lasciate stare i confronti. “Ah, la chiesa è piena! Ah, che consolazione! Che parrocchia!”. Ma, le altre anime che non sono in chiesa, dove sono? Una mamma non fa festa grande in una casa quando ha un figlio in manicomio, uno in prigione e uno grave all’ospedale, anche se ha altri quindici figli in casa: sono quei tre figli che le stanno nel cuore; sorriderà, tutto quello che volete, ma dentro nel cuore ci sono quelli. In parrocchia dovete avere il cuore nel cuore e la mano nella mano di tutte le anime: capito, Mirko caro? Finché c’è un’anima che non è in grazia di Dio voi non dovete stancarvi per primi. Sai, Sergio caro? Mi guardi? E questo o lo fate adesso o non lo farete più. O l’assistente fa questo pensando ai suoi giovani, o il religioso lo fa pensando di avere la responsabilità su tutti i confratelli, se no non lo farete domani. Ogni novizio si deve sentire corresponsabile dell’andamento del noviziato, specialmente con l’esempio; ogni confratello con il confratello, l’amico con l’amico... allora si sviluppa in noi l’animo apostolico che è quello che ci vuole.

APOSTOLO

n via Astichello, poco lontano dall’Istituto San Gaetano, si trovava una tipica osteria veneta che veniva chiamata, dal nome del suo proprietario, “Osteria da Cuccarollo”.

Don Venanzio Gasparoni era all’epoca vicedirettore della Casa dell’Immacolata per le sezioni delle medie e del ginnasio.

MI164,6 [12-04-1967]

6 “Il problema della salvezza del fratello può essere vissuto infatti con tale profondità da diventare questione personale di vita o di morte”.
Vorrei farvi una esame di coscienza per vedere se avete o non avete questo spirito: lo avete se qualche volta fate la correzione fraterna a qualche vostro confratello e se la accettate volentieri; se non la fate e non l’accettate non avete questo spirito. Come fa un domani un parroco, un cappellano, un assistente, un diacono, in una parrocchia avere questo spirito se oggi, per esempio, notando in un suo confratello qualche difetto, andasse a criticarlo alle spalle invece che andare in chiesa a pregare e poi, come ha detto Gesù, prendendo il coraggio a due mani, prendere il fratello in disparte, andare da Cuccarollo a bere un bicchiere, e dirgli: “Caro fratello mio: io sono peggiore di te, però...”? Questa è carità! Se un religioso non usa questa carità con il confratello che è vicino, che è consacrato al Signore come lui, non la userà un domani con coloro con i quali appena tu hai iniziato un discorso devi correre loro appresso per fare la pace. Non illudetevi: ognuno di noi vede luci e ombre nei confratelli; tutti vediamo luci e ombre, e tutti facciamo dei commenti. Però, fare la correzione fraterna costa, e costa riceverla. Se non sentite dentro di voi che non è carità se non prendete per lo stomaco quel tale non siete cristiani. Ecco, per esempio, un sacerdote... Prendiamo ancora don Pietro che adesso deve andare al Chaco. Supponiamo che don Pietro si accorga che don Venanzio faccia qualcosa che non va bene e pensi: “Don Venanzio non dovrebbe fare così; per conto mio dovrebbe fare...”. Si accorge cioè che c’è qualcosa che don Venanzio non dovrebbe fare, che sarebbe meglio non facesse, lo vede, l’osserva e, magari con Antonio, gli sfugge una parola di questo genere: “Sì, va bene, però... ma anche don Venanzio! Sì, ma...”. Questo è veleno, questo è veleno! Non è vero che don Pietro faccia così, poverino! Se ti sei accorto che tuo fratello ha qualche cosa che non piace al Signore, non fare la vigliaccheria di dirlo all’altro, ma piuttosto: “Antonio, mi sembra che don Venanzio sia così e così; che cosa te ne pare? Vorrei dirgli una parola...”. Questa è carità, questa è carità, mentre seminare una parola di mormorazione è veleno, è veleno! Questo è il dovere: vedi qualche cosa che non va nel tuo fratello? Tu sei fratello e devi avvicinarlo, anche se ti costa, anche se perdi l’amicizia, e dirgli: “Senti, caro, ci vogliamo bene, però sta’ attento...”.

APOSTOLO F.A.

PECCATO

COMUNITÀ

correzione fraterna

CARITÀ

amore al prossimo

APOSTOLO salvezza delle anime

PASTORALE parroco

CONGREGAZIONE assistente

DIACONATO

PASTORALE parrocchia

ESEMPI critica

CONSACRAZIONE religioso

ESEMPI correzione fraterna

COMUNITÀ

critica

COMUNITÀ

confratelli

PECCATO difetti

VIRTÙ

PECCATO mormorazione

COMUNITÀ

fraternità

Piccoli foruncoli, che sono spesso il segno di una cattiva digestione.

Il riferimento è al maestro dei novizi, don Luigi Furlato.

MI164,7 [12-04-1967]

7 Figlioli, dobbiamo predicare il Vangelo e questo è il Vangelo, questo è il Vangelo! Il mondo non conosce queste cose, il mondo va per l’altra strada, il mondo critica alle spalle, il mondo brontola alle spalle; davanti il sorriso e appena la persona va fuori: “Cececece, bebebebe!”; entra la persona: “Oh, caro, bla bla bla...”, e dentro di sé: “Oh, che seccatura è qui!”. E noi siamo figli di questo mondo, e forse nelle nostre case abbiamo viste queste cose, forse nelle nostre canoniche abbiamo visto queste cose. Arriva il vescovo: “Ohhhh...!”; se ne va il vescovo: “Brooommm!”. Non è cristianesimo, figlioli, non è cristianesimo!
Nelle parrocchie non avrete spirito apostolico che vi fa veramente vivere, perché se c’è nell’anima questo spirito siete vivi e se sarà morto siete morti anche voi, quasi sentite la morte dentro di voi, se oggi non soffrite quando un fratello non è santo. Voi dovete soffrire quando vedete un fratello che non è santo, e pure giustificandolo: “Poveretto, chissà che buone intenzioni ha! Quello che fa, non lo fa con cattiveria!”, io ho il dovere di fare la correzione fraterna. Non basta dire: “Quella parola non tocca a me dirla!”; nessuno può dire: “Non tocca a me!”. Se tu hai visto è perché il Signore ti ha dato una grazia particolare per vedere quelle cose, perché ti renda conto e ti dirà: “Hai visto perché te l’ho fatto conoscere io. Perché non l’hai detto?”. La mamma vede il figlio sporco, lo ferma e gli dice: “Fermati, Ottorino! Guarda che scarpe hai: chi è che te le ha sporcate? Pulisciti le scarpe!”. La mamma vede dei ‘brufoletti’ : “Che cosa hai? Sei pieno di foruncoletti. Hai l’indigestione? Mostrami la lingua”. Le mamme facevano così. E noi dobbiamo fare così con i nostri fratelli... Il maestro mi guarda!

FAMIGLIA papà

PAROLA DI DIO Vangelo

MONDO

PECCATO mormorazione

CHIESA Vescovo

CHIESA cristianesimo

APOSTOLO trasparenza

VIRTÙ

PASTORALE parrocchia

APOSTOLO F.A.

COMUNITÀ

correzione fraterna

COMUNITÀ

confratelli

CARITÀ

amore al prossimo

FAMIGLIA mamma

L’assistente Filippi Giuseppe era particolarmente abile nelle scienze matematiche.

MI164,8 [12-04-1967]

8 “Il problema della salvezza del fratello può essere vissuto infatti con tale profondità da diventare questione personale di vita o di morte. È di tali ‘cure’ che è sostanziata la cura d’anime”.
“Può essere...”? Per noi “deve”! Dobbiamo viverlo il problema della salvezza del fratello! “Unicuique Deus misit de proximo suo...”. Mi pare che la frase sia così, e vuol dire: “Dio ha mandato ognuno per il proprio fratello...”. “È di tali ‘cure’ che è sostanziata la cura d’anime”! Figlioli, se avete la preoccupazione della cura d’anime è una bellissima cosa, ma la cura delle anime è questa, non è l’ingresso in parrocchia, non è il trionfo. “Non sono piagnistei perciò quelli di Paolo, quando, qui e altrove, parla con toni così forti delle sue tribolazioni. Non si possono comprendere le pene dell’apostolo, se si guardano solo dall’esterno. Paolo è mosso dall’amore, la sua è una vita buttata allo sbaraglio, in balia di tutti, indifesa e solitaria”. Questa mattina nella Messa ho detto: “Signore, fa’ scoppiare l’amore! Fallo scoppiare, quello mio e quello dei ragazzi, nonostante le nostre deficienze, fa’ che scoppi l’amore, il tuo amore, la tua charitas: riempi ognuno di noi e fa’ scoppiare la bomba sul mondo intero!”. Paolo è mosso dall’amore, dalla carità; la sua è una vita buttata alla sbaraglio... Anche voi, mossi dall’amore, dall’amore di Dio, siete venuti qui, e mossi dall’amore partirete e andrete allo sbaraglio. È inevitabile, è inevitabile! Non dovrete scrivermi che tutto va bene: no, no, no, no! Allo sbaraglio! L’ apostolo va allo sbaraglio! L’ingresso apostolico è sempre preparato dal demonio: ricordatevelo bene! L’ingresso dell’apostolo, del vero apostolo, è sempre preparato dal demonio: perciò gettati allo sbaraglio! “... in balia di tutti, indifesa e solitaria”. Non meravigliatevi se troverete problemi: li dovete trovare. Io mi meraviglierò se non ne trovate, e vi farò tornare a casa se non trovate problemi; vi farò fare il noviziato un’altra volta. Mi guardano... Diranno che don Ottorino è matto. Tu, Filippi: sono proprio cose da matti, Filippi, caro? Filippi, sei d’accordo con me? Ah, sì! Vedete come anche la matematica è d’accordo con me!

CONGREGAZIONE spiritualità

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO F.A.

FAMIGLIA papà

PASTORALE parrocchia

AUTOBIOGRAFIA

EUCARISTIA S.Messa

PREGHIERE per chiedere il F.A.

CARITÀ

MISSIONI

APOSTOLO

COMUNITÀ

confratelli

Il riferimento è a un incontro di don Ottorino con i Religiosi che accompagnavano i gruppi dei giovani delle medie e del ginnasio, realizzato nella casetta prefabbricata di Monteviale (VI).

Don Luigi Smiderle era sacerdote da appena un mese, ed evidentemente è l’autore della frase citata da don Ottorino, che lo nomina con il suo caratteristico fare scherzoso e paterno allo stesso tempo.

Nel testo registrato si ascolta a questo punto una voce che precisa: “Una vita così impegnata, vista dall’esterno... Uno che non la prova potrebbe dire: insomma, io questa cosa qua, così, non l’approvo, perché uno è sempre sotto tiro, insomma”.

È la piccola industria artigianale formata dal ‘paron’, il titolare dell’azienda, dagli operai che conoscevano bene il lavoro e dagli apprendisti.

MI164,9 [12-04-1967]

9 “Paolo è mosso dall’amore, la sua è una vita buttata allo sbaraglio, in balia di tutti, indifesa e solitaria: e tutto ciò in una consapevolezza e una chiarezza straordinariamente limpida e spirituale. Viste dal di dentro, le sue sofferenze, diventano ‘patimenti di Cristo’ (2 Cor. 1,5)”.
Ieri sera a Monteviale con gli assistenti del seminario minore parlavamo più o meno di queste cose, e uno mi ha fatto un’obiezione - non dico chi è stato altrimenti Smiderle si arrabbia, vero Smiderle? - dicendo: “Una vita così... - è un’obiezione che faccio per vedere un po’ come potrebbero pensare gli altri - una vita così intensa non ce la farei a viverla...”. Questo diceva lui ieri sera: “Una vita così, vista dall’esterno, potrebbe rompere il sistema nervoso quando è sera”. E io mi sono permesso di rispondere: “Esaminiamola dall’interno e dall’esterno”. Vista dall’interno, se non c’è una vitalità è impossibile concepire una vita di questa intensità. Ricordate che cosa ha detto il Voillaume? “L’uomo è creato per una ragazza e per la famiglia”. Perciò - scusate, queste sono cose naturali - l’uomo alla sera va a casa dopo aver tribolato con il padrone della ‘bottega’ : se ha una famiglia seria, fondata sui principi cristiani, trova la moglie, dà un bacio alla moglie, trova i figli che gli corrono sulle ginocchia... Lui si scarica un pochino, ha la possibilità di scaricare le sue tensioni, sempre che la sua sia una famiglia santuario. Siamo cristiani, e supponiamo in tutti la comprensione, la carità, e anche se c’è qualcosina sappiamo compatirci. Figlioli miei, noi dove ci scarichiamo? Dobbiamo allora dire: “Bisogna sposarsi tutti perché altrimenti è impossibile”? Allora, ecco il Voillaume che ci risponde e dice: “Per noi religiosi, per noi sacerdoti, per noi che ci siamo offerti al Signore soltanto l’amore completo al Signore ci porta a scaricarci”. Cioè, come l’uomo si scarica nella famiglia, nell’affetto della famiglia, io mi scarico nell’affetto di Dio: io amo il Signore, io voglio bene al Signore. Non deve essere un amore verso Dio fatto di tensione nervosa, ma un amore puro anche se ti capita qualcosina. Ecco, per esempio, nel campo spirituale capita una croce: uno si mette in agitazione e un altro se ne va dal Signore: piangerà, ma piangerà con il Signore. È diverso piangere fra le braccia di una mamma, piangere fra le braccia di un papà che ti dice: “Beh, beh, andiamo avanti, non avere paura che in qualche modo risolviamo insieme le cose imbrogliate”. Quando tu ami veramente il Signore a un dato momento siete in due che piangete, siete in due, due cuori che si comprendono, che si capiscono.

AUTOBIOGRAFIA

FORMAZIONE

CONGREGAZIONE spiritualità

CREATO

FAMIGLIA

ESEMPI apostolo

APOSTOLO uomo

CHIESA cristianesimo

CARITÀ

CONSACRAZIONE verginità

FAMIGLIA papà

CONSACRAZIONE religioso

SACERDOZIO prete

DIO amore a Dio

Il riferimento è a una frase di mons. Carlo Fanton, vicario generale della diocesi e grande amico dell’Opera, durante una sua breve permanenza ad Asiago (VI) durante le vacanze estive.

Cfr. Matteo 8,23-26.

Cfr. Filippesi 4,13

Cfr. Romani 8,31. La lezione giusta è: “Si Deus pro nobis, quis contra nos?”.

Alla fine don Ottorino nomina di seguito don Luigi Furlato, Luciano Bertelli che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico e collaborava con don Luigi nel noviziato, e Angelo Brugnolo.

MI164,10 [12-04-1967]

CROCE Demonio 10 È inconcepibile la vita religiosa senza questa spiritualità intima, perché allora si va alla ricerca di altri amori, si va in cerca di altre soddisfazioni. Invece uno che si dona veramente al Signore è completo anche dal lato della sua umanità, è completato nella sua sensibilità; il suo cuore fa parte attiva. Non si può stare senza affetto, figlioli! Se tu nutri affetto verso di lui, ti alzi al mattino e mentre ti vesti continui a cantare le lodi di Dio, come San Francesco d’Assisi che canta: “O frate sole, o sorella luna...”, quello che vuoi tu, insomma... “O sorella acqua...”, perché dappertutto vedi il Signore. “O Signore, quanto sei buono! Che bei fiorellini hai messo qui!”. Mi pare di sentire monsignor Fanton: “Che bei fiori ha fatto il Signore! Per chi li ha piantati il Signore? Io dico che li ha messi per gli angeli che sono in Paradiso. Certamente non li messi per niente, no”. Il cuore si incontra con Dio e nelle opere di Dio. Perciò vista da dentro questa è l’unica via per non andare a finire in manicomio, per completare un pochino l’uomo. Siete d’accordo?
Vista dal di fuori non è considerata un motivo di tensione nervosa perché se uno la vive intensamente porta il sorriso sulle labbra. “Come è possibile? Io ho la moglie e i figlioli, e non riesco a cavarmela per i debiti. Quello ha un mucchio di figlioli... chissà quanti pensieri avrà, ed è sempre contento. Come fa a resistere così, come fa? È sempre contento; sembra che non abbia nessuna preoccupazione. E io non riesco a trarmi fuori dagli impicci; spesso non dormo neanche la notte. Come fa?”. Dobbiamo essere oggetto di meraviglia. È giusto? Devono dire di noi: “Come fanno ad essere così contenti con tutte le preoccupazioni che hanno? O sono incoscienti o hanno qualche segreto!”. Quante volte ho sentito questa parola: “O sono incoscienti o hanno qualche segreto sul serio!”. Il segreto è questo amore a Dio, questa fiducia nel Signore, questo sapere che nella barca c’è il Signore. “Al timone c’è mio papà”, diceva tranquillo un bambino. Se uno si trova in aereo e l’aereo comincia a sobbalzare, ma sa che sull’aereo c’è l’Onnipotente il quale ti dice: “Noli timere, noli timere!”, ti senti al sicuro. Io preferisco attraversare l’oceano con un piccolo aereo con un motorino solo, piccolo finché vuoi, e con un litro di benzina soltanto, ma insieme con lui che dice: “Noli timere!”, piuttosto che con un DC 8 dove lui non c’è, perché io so che se a un dato momento mancasse la benzina, lui fa un piccolo miracolo e nel motore mette acqua o aria; io so che se anche si rompe l’elica, lui attacca con i finimenti quattro angeli all’aereo e lo tira avanti. È vero? La nostra forza non sta nella potenza dell’aereo e delle ali esterne: la nostra sicurezza sta nell’avere Cristo con noi. “Omnia possum in eo qui me confortat!” . Importante è sapere che il buon Dio è con noi. “Si Deus nobiscum, quis contra nos?” , diceva San Paolo. “Se Dio è con noi, chi contro di noi?”. Dobbiamo sentire la presenza di Dio, sentire la gioia che stiamo lavorando per il Signore, e che anche se le cose vanno storte è lui che permette che vadano storte. Dobbiamo alzarci al mattino con questa gioia e continuare la giornata con questa gioia. Ma questa gioia qualche volta è sanguinante; qualche volta spargi sangue dappertutto, ma pazienza, avanti, avanti, e quello fa andare via il demonio e ti purifica. Per conto mio questo è il segreto! Don Luigi, sono a posto teologicamente? Avete qualche commento da fare? Don Luigi, avete qualche commento da fare? Bertelli e compagni? Angelo? Allora andiamo!

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONSACRAZIONE

CONSACRAZIONE offerta totale

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DIO lode a...

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