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LA CARITÀ NELLA VITA COMUNITARIA E NELL’APOSTOLATO

MI168 [25-04-1967]

25 Aprile 1967

Dopo tante ricerche don Ottorino era approdato alla località di Bosco di Tretto (VI) per costruire il villaggio alpino necessario all Congregazione sia per ospitare i ragazzi dell’Istituto San Gaetano durante il periodo estivo e sia per avere un luogo calmo e lontano dai rumori della vita quotidiana dove poter fare delle giornate di spiritualità e di riposo. Il terreno necessario per la costruzione del villaggio era frazionato fra molti proprietari e non fu facile ottenere il consenso di tutti; in questo fu determinante l’aiuto del sig. Giovanni Dalla Costa, impiegato comunale e persona stimata dagli abitanti del luogo. L’assistente Vinicio Picco firmò le pratiche di acquisto dei terreni.

Si tratta del ‘fontanon’, una sorgente che serviva come riserva d’acqua, attraverso alcune vasche di raccolta, per le contrade limitrofe.

Don Ottorino espone in modo scherzoso le trattattive per l’acquisto del terreno ove sarebbe stato poi costruito il Villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI) che apparteneva a molti proprietari. Nel racconto nomina l’assistente Vinicio Picco che all’epoca era consigliere generale, Antonio Bottegal e Mariano Apostoli che frequentavano il 3° anno del corso liceale. Alla fine nomina pure Marco Pinton, del 1° anno del corso liceale, e fratel John Kayondo, religioso ugandese ospite nella Casa dell’Immacolata.

Don Luigi Furlato era il responsabile del noviziato, ma era sempre in prima linea quando c’era qualche attività pratica.

MI168,1 [25-04-1967]

1 Vi avverto che abbiamo firmato, o meglio che il nostro caro Vinicio ha firmato i documenti per l’acquisto di Bosco : sta diventando un capitalista! Subito, però, ha detto che fa la donazione alla Pia Società perché in queste difficili scritture agisce per conto della Pia Società.
Stamattina andremo dalla signora Maura, Maria Raumer, la quale ci dà i diecimila metri vicini alla fontana e una puntina di terreno che bisogna prendere e che si trova di fianco, ma ieri abbiamo convinto quattro proprietari a vendere e abbiamo ottenuto l’appezzamento più importante, un osso duro, un osso ormai immangiabile. Fra osterie, da una casa all’altra, uno con la macchina da scrivere portatile e un altro con la borsetta sotto il braccio, sembrava una commedia: entrava Bottegal con la macchina da scrivere, Mariano con la borsetta sotto il braccio con dentro le carte bollate e le planimetrie, dietro il capitalista Vinicio, io l’assistente sociale, e dopo c’era il signor Giovanni che era uno degli impiegati del Comune . Ci eravamo accaparrati anche quello, e allora lui faceva da mediatore: “Dai, dai, suvvia, bevi... Qua l’assegno... Dai qua!”, mentre la moglie si prodigava a fare gli onori di casa, e allora da una parte arrivava il caffè con la grappa, dall’altra un boccale di vino caldo... Insomma, ieri sera li ho ricondotti a casa tutti ubriachi. Fuori da una porta, dentro da quell’altra, e ricomincia da capo: macchina da scrivere sul tavolo e: “Buongiorno, siamo venuti qui... Dunque, faccia attenzione... Guardi il disegno, facciamo così e così...”. Qualcuno faceva finta di non saperne niente, ma sapeva tutto: “Io non capisco niente... Risultano tanti metri... Sì, sì...”. Il primo passo è stato fatto. Stamattina dobbiamo fare il resto, e dopo mezzogiorno mandiamo uno squadrone... potrebbero essere alcuni di terza liceo, vero don Luigi ? Bisogna tirarci su le maniche per togliere i vecchi reticolati e mettere un reticolato provvisorio sulla nostra proprietà, e poi prendiamo una manciata di terra e la portiamo a casa: è terra nostra! Sì, perché abbiamo il possesso immediato. E allora oggi pomeriggio si mettano al lavoro le squadre per sistemare e per studiare i piani di attacco. Chi si prende l’incarico di ‘tener su’ il tempo? Marco? Marco, se stasera piove sono guai! John, capisci niente? Beh, pazienza!

AUTOBIOGRAFIA

CONGREGAZIONE storia

FAMIGLIA papà

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami, e sono prese dalle pagine 69-70.

1ª Tess 3,12.

L’assistente Livio Adessa frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

Gaetano Scortegagna e Paolo Crivellaro frequentavano all’epoca il 3° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

MI168,2 [25-04-1967]

2 San Paolo fa l’augurio conclusivo ; solo che per fare l’augurio conclusivo fa un altro mezzo libro. Pazienza!
“A voi poi il Signore conceda la pienezza e la sovrabbondanza della carità scambievole e verso tutti, quale noi la sentiamo verso di voi...”. Leggendo, facendo meditazione su queste cose, si scopre che la dominante di San Paolo sono la carità e la volontà di Dio, carità e volontà di Dio. Allora io dico: “Che grande grazia il Signore ha fatto a noi quando abbiamo messo come base della nostra spiritualità la volontà del Signore!”. Non lo sapevamo neanche noi. Non ti pare, Livio ? Adesso comprendiamo che non poteva essere che quella, che non potevano essere che queste due caratteristiche la base per una Congregazione moderna che vuole inserirsi e portare la rivoluzione nel mondo; non potevano essere che queste cose. Da tanto tempo andavo chiedendo al Signore: “Dacci una tonalità”. Se, per esempio, fossimo partiti puntando su qualche aspetto particolare perché c’è qualche Famiglia religiosa che ha fatto questo, come i Passionisti che sono partiti dalla passione del Signore, e altre hanno puntato sul Sacro Cuore... se noi avessimo calcato sulle anime del Purgatorio... E invece no! Abbiamo detto: “Signore, illuminaci!”. E il Signore ci ha indicato la volontà di Dio, la volontà di Dio... abbiamo sentito la forza di questa parola: fare la volontà di Dio! Alla base della nostra spiritualità troviamo solo il fare la volontà di Dio. Capite che il nostro è un piano rivoluzionario? Anche le famiglie restano colpite da questo programma. Tu vai in una famiglia e cominci parlare della volontà di Dio, della carità perché la legge di Dio è la carità, vedi che vale anche per loro. Domenica ci trovavamo con Gaetano e Paolino in una famiglia, e sapete che anche i cristiani dicono: “Ah, io non perdono! Io non saluto quelle persone!”. E vai in chiesa? Che cosa vai a fare in chiesa? Però se hai un figlio e hai bisogno perché è disgraziato o perché si ammala, allora vieni dal Signore e chiedi: “Signore, aiutami!”: come vuoi presentarti a chiedere aiuto al Signore e dopo avere il coraggio di non perdonare? Bisogna dire che il peccato impuro è un male, però, attenti che il male più grosso è lì. È una grazia grande quella che il Signore ci ha fatto facendoci capire queste cose! Chissà che un pochino alla volta riusciamo a comprenderle fino in fondo, ma intanto capirle un pochino è già qualcosa!

CARITÀ

VOLONTÀ

di DIO

CONGREGAZIONE spiritualità

MONDO

CONGREGAZIONE carisma

FAMIGLIA

PASTORALE

CHIESA cristianesimo

CARITÀ

perdono

Forse il riferimento è ad Adriano Vigolo, che stava trattando di passare dal seminario diocesano alla Casa dell’Immacolata e che avrebbe iniziato il noviziato in quello stesso anno.

Michele Sartore, Lorenzo Centomo e Giampietro Fabris frequentavano insieme il 3° anno del corso liceale.

MI168,3 [25-04-1967]

3 E qui San Paolo continua a insistere su questi principi.
“Se a Tessalonica si devono constatare ancora delle deficienze nella fede, ce ne saranno inevitabilmente anche nella carità...”. Prima San Paolo parlava della fede che aveva qualche deficienza, e anche noi parlavamo delle nostre Comunità: è inevitabile qualche deficienza! Anche nella nostra vita privata è inevitabile che ci siano delle altalene, degli alti e bassi; è inevitabile qualche momento in cui si tocca il terzo cielo e qualche momento in cui si vive al primo cielo o per terra. Non è vero, Adriano ? Pazienza! Guardate che è inevitabile: anche nella vita apostolica, nella vita di un sacerdote, ci sono dei momenti in cui senti dentro di te che sei un traditore, e a un dato momento il Signore ti fa toccare terra. Il Signore ha permesso che anche Pietro ne facesse una di grossa. Devo parlare in italiano altrimenti John, poverino, non capisce. Poteva il Signore permettere che San Pietro cadesse più in basso di così? Non solo è caduto dal terzo cielo fino a terra, ma anche un pochino sotto terra. Per questo non ci scoraggiamo se anche nella fede ci sono dei momenti in cui siamo meno accesi, momenti in cui ci sembra proprio morta. E questo anche nella carità. Immaginiamo una nostra Comunità, immaginiamo che in Argentina ci sia una Comunità. Sono in un luogo di missione, e là tutto è bello, tutto è bello; a un dato momento c’è un ritorno di fiamma e Michele si arrabbia, rompe il seggiolone di Lorenzo, rompe una gamba a Giampietro ... per sei mesi la carità è rotta. Sì, ma solo temporaneamente, perché dopo, per dieci anni, Michele non vorrà che pulire le scarpe a tutti quanti per un senso di riparazione: “Che cosa ho fatto quella volta! Che cosa ho fatto!”. Pazienza... “O felix culpa!”, o felice colpa! Qualche volta serve anche la rottura della carità quando c’è il desiderio di riparare, quando dopo c’è il pianto: “O felix culpa!”; pazienza, quello che interessa è che dopo ci sia il desiderio, lo sforzo di riparare l’errore. Non scandalizzatevi, per carità, se capita che a un dato momento uno torna a casa e spacca tutto, spacca due o tre piatti... Questo non significa come si potrebbe pensare: “Non c’è la carità, non c’è la carità, perché... perché...”. Sei tu che manchi di carità, che non hai carità verso il tuo confratello e non sai compatire. Figlioli, non facciamo gli scandalizzati!

COMUNITÀ

PECCATO

CROCE aridità

SACERDOZIO prete

VIRTÙ

fede

CARITÀ

MISSIONI

CREATO

CONVERSIONE pentimento

VIRTÙ

San Filippo Neri era famoso per le sue trovate stravaganti e originali, che qualche volta sembravano addirittura baggianate e perfino follie.

Il riferimento potrebbe essere ad Angelo Brugnolo, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

MI168,4 [25-04-1967]

4 Che non facciamo come la superiora che nel vedere San Filippo Neri con le scarpe sporche che sporcava tutto si scandalizzò: “Uuuuuuuh!”. Ricordate la storia di quella santa famosa?
Si diceva che a Roma ci fosse una superiora che era considerata santa. Allora il Papa aveva mandato San Filippo Neri a fare l’esame della santità a quella suora. È andato con le scarpe sporche, si è seduto, ha messo i piedi sul divano, ne ha fatto di tutti i colori. È arrivata la superiora gridando: “Eeeeeeeh!”, e dopo averne ricevute di cotte e di crude San Filippo Neri disse: “Ero venuto a trovare la santa”. E lei rispose: “Ah, sono io!”. Prima ne aveva detto una per colore perché lui - da Filippo Neri - aveva buttato all’aria tutto, ribaltato i mobili e sporcato i tappeti, in un convento di suore dove tutto è pulito e ordinato, e lui aveva sporcato tutto; ne aveva fatte da Filippo Neri, finché quell’altra che aveva fatto chiamare non è arrivata. Quando è arrivata ha cominciato a sgridarlo: “È questo il modo di fare?”, e lui si presentava male in arnese, anche se era il confessore del Papa e suo amico, si presentava messo alla buona, come un pezzente, e lei: “Uuuuuh!”. A un dato momento lui le disse:“Volevo parlare con la santa! Dicono che qui c’è una santa!”. “Sono io!”. La santità si conosce in quelle circostanze, quando in casa c’è un matto e si sa compatirlo. Può essere un San Filippo Neri, un matto giusto, un matto santo. E può darsi che il Signore metta uno, inviato apposta, con l’arteriosclerosi o chissà con che cosa addosso per farli diventare matti tutti: potrei essere io, potrebbe essere Bottegal che adesso sta prendendo in giro Angelo là in fondo. State attenti, figlioli! Voi siete tutti giovani, ma può venir su qualche vecchio brontolone, tabaccone, che sia il peso di una Comunità: allora lì si vede la carità! Può essere il maestro dei novizi, per esempio, che a un dato momento mi dice: “Don Ottorino, mi concede, per piacere, una scatola di tabacco?”. “Sì, caro!”. “Mi concede, per favore, dei fazzoletti rossi?”. “Sì, caro!”. “Mi concede, per favore, le carte?”. “Sì, caro!”. E dopo lo vedi con la pipa, con i fazzoletti rossi, là che brontola, che brontola, che brontola... Sì, fratelli miei: “Hodie tibi, cras mihi!”.

ESEMPI di Santi

VIZI superbia

ESEMPI superbia

CONSACRAZIONE santità

VIRTÙ

eroismo

CARITÀ

FAMIGLIA papà

COMUNITÀ

VIZI

PECCATO

VIRTÙ

Raffaele Testolin aveva emesso la professione religiosa all’inizio del mese di marzo.

Cfr. Matteo 5,48.

Il riferimento è ai contratti di compravendita dei terreni di Bosco di Tretto dove si sarebbe costruito il villaggio alpino.

Don Ottorino continuando a scherzare chiama in causa l’assistente Umberto Manzardo, professo dall’inizio di quell’anno 1967, bravo ad ‘arrangiarsi’, cioè a realizzare progetti con poche cose e con tanta ingegnosità e laboriosità.

Don Venanzio Gasparoni era all’epoca vicedirettore della Casa dell’Immacolata per le scuole medie e ginnasiali, e godeva del dono di un carattere ottimista e allegro.

Don Ottorino dal testo del commento alla lettera paolina passa alla fontana d’acqua di Bosco di Tretto (VI), invitando ad unire la preghiera con la vita e la vita con la preghiera. Gli esempi che porta nell’ultima parte della meditazione sono molto significativi in proposito.

MI168,5 [25-04-1967]

5 Fratelli, inevitabilmente ci saranno le mancanze di carità! Attenti a queste parole voi che intendete molto bene l’italiano: inevitabilmente ci sarà qualche deficienza nella carità! Perché, Raffaele ? Perché, caro mio, il Signore ha detto: “Siate perfetti come il Padre che è nei cieli...”. E chi ci arriva? E inevitabilmente ci saranno delle deficienze.
“... la carità, la quale peraltro non può mai raggiungere la misura piena, dal momento che la misura della carità è piena soltanto quando è sovrabbondante. Alla carità non si può dar misura: la sua misura sta proprio nell’essere senza misura”. Com’è possibile pretendere la carità piena? Noi dobbiamo tendere alla misura piena, ma, fratelli miei, chi può dire di avere tutta la carità, di avere la carità? Da quando Gesù ci ha detto: “Siate perfetti come il Padre...” ci sforzeremo di avere la carità, ma non sarà mai tutta la carità possibile: un fiore, per quanto bello, non è la bellezza. Vinicio è ricco, ma non è la ricchezza perché adesso possiede quattro pezzi di terra. Lo aveste visto ieri fare le firme: “Picco Vinicio, compro!”. E venendo giù in macchina ha fatto il grande perché ha detto: “Adesso scappo via con quei fogli” , e io gli ho risposto: “Però paghi il resto!”, perché abbiamo dato solo una caparra e lui si è impegnato a pagare il resto. Credeva di scappare via con una ricchezza scappando via con i fogli e invece scappava via con l’etichetta... e se non paga va a finire in prigione. E allora ha detto: “È meglio che la finiamo!”. Per esempio, il nostro caro Filippi è ingegnere, ma non è l’ingegneria. Berto Manzardo si arrangia, ma non è la ‘rangeria’ . Venanzio sorride, ma non è il sorriso, ha il sorriso, ma non è la gioia; partecipa della gioia di Cristo. Dunque: “... dal momento che la misura della carità è piena soltanto quando è sovrabbondante”. Vedrete che lassù l’acqua è sovrabbondante: c’è una vasca interna e viene fuori un getto di acqua sovrabbondante. Ogni volta che passate di là pensate: “Ecco, così devo essere io: sovrabbondante!”, e allora è una bellezza andare per i colli e per i monti!

CARITÀ

DIO Padre

PAROLA DI DIO Vangelo

CONSACRAZIONE perfezione

PECCATO

VIRTÙ

ESEMPI vari

Don Ottorino ama scherzare particolarmente con don Luigi Furlato, e tutto il suo modo di esprimersi in questo racconto deve essere preso in tal senso.

Liquore forte e aromatico prodotto con infusi di erbe aromatiche e medicinali e alcool su antica ricetta del monaci Girolimini che avevano avuto il loro convento sul Monte Summano (VI). La Congregazione si è estinta in questo secolo; i due ultimi monaci, morti negli anni sessanta, erano vissuti presso il Santuario mariano di Santorso (VI), di cui erano i custodi.

MI168,6 [25-04-1967]

6 “Alla carità non si può dar misura: la sua misura sta proprio nell’esser senza misura”.
Ho scherzato un pochino per svegliarvi, ma guardate che un domani sarà una cosa meravigliosa questa carità in una parrocchia: vedere questi uomini di Dio che vogliono amare, che amano, che amano. Ve ne rendete conto? Noi abbiamo un pochino di esperienza: quando si parla con il cuore in mano, tu vedi che penetri in ogni ambiente. Ieri sera eravamo in osteria, perché ormai siamo persone da osteria. Ieri a mezzogiorno abbiamo pranzato in osteria; il proprietario dell’osteria è anche impiegato in Comune ed è stato quello che ci ha condotto in giro per l’acquisto dei terreni, ed è anche proprietario di uno dei pezzi di terreno che abbiamo comperato. Mentre noi pranzavamo lui era alla mia destra e aveva già pranzato, e la signora era in fondo alla tavola e malmenava don Luigi; tra loro due c’era già una simpatia nascosta e infatti erano stati insieme anche il giorno prima. Comunque il marito era consenziente perché era lì. Alla sera, prima di andare via, dopo esserci presi in giro, ci ha offerto un bicchierino per ciascuno: eravamo in otto, otto bicchierini di Girolimino. Mentre eravamo lì è venuto dentro anche il fratello del muratore che ci deve vendere il materiale, e abbiamo pensato: “Qui l’apostolo deve dare!”, e abbiamo cominciato a dare, a dare. Domandate a Vinicio e agli altri che erano presenti come è bello parlare del Signore. Credo che in osteria non sia mai stata fatta una predica così. La donna aveva le lacrime. Abbiamo fatto vedere che ci vogliamo bene, che lavoriamo per il Signore... È così bello un domani in una parrocchia volerci bene! Loro sono stati incantati perché hanno visto che ci volevamo bene, e hanno detto: “Veramente si vogliono bene! Guarda come si vogliono bene!”. La loro prima meraviglia è stata che ci volevamo bene, e ripetevano: “Guarda come si vogliono bene!”. Non è stato così, Mariano? Sono stati colpiti perché ci si vuole bene.

FAMIGLIA papà

CARITÀ

PASTORALE parrocchia

APOSTOLO uomo di Dio

COMUNITÀ

fraternità

Don Ottorino usava il termine ‘forare’ per indicare un fallimento esistenziale, uno smacco, qualcosa che ‘mette a terra’.

MI168,7 [25-04-1967]

7 Pensate adesso in una parrocchia: a un dato momento un gruppetto di creature si vogliono bene, si amano tra loro e amano - si amano e amano! -, dimenticano le offese, cercano di aiutare, sono disposte a dare un consiglio, a dare una mano; a un dato momento è impossibile, figlioli miei, che il male resista alla carità, non può resistere alla carità. La carità è come un cannello ossidrico: tu lo metti sopra un pezzo di ferro, insisti, insisti... a un dato momento il ferro diventa rosso e dopo si fa il buco. Non è così? Ci vorrà un po’ di tempo perché il cannello deve prima riscaldare... non avere paura, insisti, insisti, e a un dato momento tu vedi il ferro che cola. Vogliatevi bene, insistete, insistete, e magari al momento della morte vedrete i risultati.
Io conosco qualche caso dove, proprio nel momento della morte, dopo che uno ha amato per venti o trent’anni, che era solo in parrocchia, quando è morto hanno detto: “Mamma mia, l’abbiamo conosciuto troppo tardi! L’abbiamo conosciuto troppo tardi!”. Però nel momento della morte ha forato, ha tagliato; l’hanno conosciuto nel momento della morte! Dio ha permesso questo, però la sua vita è riuscita a tagliare l’acciaio, e il frutto è rimasto. Perciò, se voi vi volete bene, se vi sforzate di avere la carità verso Dio, carità che si mostra nel fare la volontà del Signore, carità verso Dio che io mostro nello sforzarmi di fare la sua volontà, e la carità fra voi, mettendo in preventivo che ci sarà sempre qualcosa che non va perché non si pretende la perfezione, sforzandovi cioè di essere perfetti senza pretendere la perfezione, voi forerete, taglierete; non forerete voi stessi per cui dovrete andare a riposo, ma taglierete e forerete gli altri.

PASTORALE parrocchia

CARITÀ

CARITÀ

amore al prossimo

ESEMPI comunità

NOVISSIMI morte

ESEMPI carità

VOLONTÀ

Nel testo usato da don Ottorino le ultime parole della frase citata sono sottolineate con quattro linee.

MI168,8 [25-04-1967]

8 “La carità trova in se stessa la propria forma e il proprio ordine: anzitutto è sempre “carità fraterna” ed è questo che fa sì che la comunità sia veramente una “fraternità”. La carità fraterna è amore vicendevole che dà e che riceve, che crea quindi l’unità e la comunità”.
La carità fa diventare la Comunità una fraternità; dà e riceve, presta, tanto il mio è tuo e il tuo è mio! “Se la misura dell’amore fraterno è piena, allora quell’amore trabocca e sorge la carità verso tutti. L’amore fraterno sboccia così in ‘amore puro e semplice’, che può arrivare fino a nemici, anche lì dove non trova corrispondenza. Perciò chi ‘ama i fratelli’ saprà pure ‘onorare tutti’ e pensare al bene non soltanto di chi gli è prossimo nella fede, ma di ogni prossimo. Ecco, la scuola di tale amore è la ‘fraternità’ cristiana: in questa scuola si impara prima di tutto ad amare il fratello, ma con ciò stesso ad amare tutti. Chi si è esercitato nell’amore fraterno, diventa capace di amare ogni prossimo. Trattandosi di carità fraterna, Paolo vuol trovarcisi: è essa infatti che deve collegare con i fedeli anche l’autorità più alta, e l’apostolo è nella Chiesa la più alta autorità. La carità è il principio fondamentale del governo della Chiesa e di ogni cura d’anime. Ogni attività pastorale è servizio, e cioè un’espressione dell’amore”. Se si ha carità siamo fratelli nel vero senso della parola, per cui se si è in cinque uno sarà superiore, ma dobbiamo avere carità, dobbiamo essere fratelli, dobbiamo essere fratelli. Colui che è superiore deve sentirsi l’ultimo e gli altri devono sentire la gioia di non essere i primi. Allora c’è carità, ma tutti dovete sentire il dovere di essere i servi nella parrocchia, dovete sentire che siete gli ultimi nella parrocchia e sentire che dovete essere i servi anche di quel disgraziato che bestemmia contro di voi. Quella è la vera carità! Dovete sentire che quello che dice male dei preti, che dice male del Papa, è un figlio vostro. Un figlio disgraziato in una casa è oggetto di premura da parte della mamma, e noi dobbiamo fare lo stesso: “Signore, quel poveretto non sa quello che dice, non sa quello che fa... Se fossi nato io in quella famiglia? Se avessi avuto io un papà come ha avuto lui? Signore, abbi pietà di lui, per piacere, Signore! Dico una Messa per lui, Signore!”.

COMUNITÀ

fraternità

CARITÀ

CHIESA

APOSTOLO

CHIESA autorità

PASTORALE

COMUNITÀ

superiore

COMUNITÀ

confratelli

VIRTÙ

umiltà

MI168,9 [25-04-1967]

9 “La carità è il principio fondamentale del governo della Chiesa e di ogni cura d’anime. Ogni attività pastorale è servizio, e cioè una espressione di amore”.
La parola ‘servizio’, cioè “siamo a servizio” si potrebbe trasformare così: “Siamo per amare, siamo per amare!”. La mamma quando fa il dolce serve e ama. Quando mia mamma faceva la focaccetta per me, mi serviva, ma era una gioia per lei servirmi, perché mi faceva stare contento; quella focaccia che mi faceva, quel dolce che mi faceva era un atto di amore. Ogni servizio che noi facciamo al prossimo è un atto di amore, per cui si può cambiare la parola ‘servizio’ con ‘amore’, e il servizio non pesa quando è amore. Quando io dico: “Giampietro, per piacere, puoi prendermi le scarpe?”, lui non sente di servirmi, ma sente di amarmi andando a prendermi le scarpe, sente la gioia di farmi un piacere. E quando lui viene a domandarmi: “Don Ottorino, per piacere, potrebbe darmi una caramella?”, se io non ce l’ho mi rovescio le tasche perché, magari, ha un po’ di male allo stomaco, e se non ce l’ho vado a comperarla perché gli voglio bene. Ecco il servizio! Non devo sentire: “Noi siamo servi per fare una mortificazione”. Se amiamo il servizio non è mortificazione, e anche se costa non è mortificazione. Si tratta di capire l’amore, di capire la fraternità, e tutto il resto viene di conseguenza. Quando avete capito questo non c’è nessun pericolo: amate il Signore, vogliatevi bene fra voi, e andate e fate quello che volete in giro per il mondo. La norma che vi do è questa: amate Dio, cercate la sua volontà, vogliatevi bene fra voi, e poi fate quello che il Signore vi ispira; fate montagne, fate quel che volete, a me non interessa niente perché sono sicuro che porterete l’amore in giro per il mondo. Se togliamo Cristo è inutile che vi dia un codice con settecentomila numeri: primo, secondo, eccetera; alla mattina quando vi alzate lavatevi gli occhi, poi pulitevi i denti, poi... poi... poi... È inutile che vi dia un codice perché dopo neanche lo guardate. La regola fondamentale è quella del Vangelo, figlioli, che San Paolo ci descrive bene con la sua vita e con la sue parole: fare la volontà di Dio, volerci bene, cercare insieme la volontà di Dio e servire amando. Basta!

COMUNITÀ

servizio reciproco

CHIESA

FAMIGLIA mamma

AUTOBIOGRAFIA famiglia

CARITÀ

CARITÀ

amore al prossimo

ESEMPI servizio

PENITENZA

COMUNITÀ

fraternità

DIO amore a Dio

MONDO

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

GESÙ