Don MATTEO PINTON, nato il 7.10.1942 a Grossa di Gazzo (PD), entrò nella Casa
dell’Immacolata il 9.10.1956 dopo aver frequentato la scuola media e la quarta
ginnasio presso i Padri Giuseppini del Murialdo. Emise la professione religiosa
l’8.12.1958 dopo un breve periodo di noviziato fatto con don Ottorino stesso, e
quella perpetua il 29.12.1963, cioè dopo l’erezione della Congregazione.
Completati i gli studi filosofici e teologici, venne ordinato sacerdote il
26.5.1965 nella chiesa della Casa dell’Immacolata da S.E. mons. Carlo Zinato, in
occasione dei festeggiamenti per il XXV di sacerdozio di don Ottorino. Don
Ottorino stesso lo inviò subito a Roma per studiare filosofia presso la
Pontificia Università Gregoriana: visse il primo anno presso l’Opera di don
Calabria a Primavalle e poi gli altri due presso la Comunità Gesù Operaio di
Monterotondo (Roma), terminando con la licenza in filosofia; il dottorato lo
conseguì in seguito, il 25.6.1979. Dal 1968 al 1979 visse nella Casa
dell’Immacolata, impegnato nella formazione dei giovani teologi, poi come
maestro del Noviziato, e allo stesso tempo anche come insegnante di filosofia
nel seminario diocesano. Dal 1979 al 1984 seguì il Noviziato trasferito nella
Casa di Quargnenta (VI), e poi passò per un anno a Casa San Giovanni come
responsabile e impegnato nell’animazione delle Piccole Sorelle di Maria. Nel
1985 venne eletto come 3° superiore generale della Congregazione, e rimase in
tale ufficio per dodici anni. Nel 1997 assunse la responsabilità dell’Istituto
San Gaetano e della sua Comunità religiosa.
L415[05/02/1971]
5.II.71
‘Il deserto’ era una delle forme di preghiera che don Matteo, sotto l’ispirazione di don Ottorino, aveva sistematizzato anche nel metodo e promosso fra i giovani e i Religiosi della Casa dell’Immacolata.
La frase non ha senso chiaro, e forse manca di qualche elemento per avere senso pieno. D’altronde don Ottorino era solito scrivere le sue lettere di getto, per cui è ammissibile che gli sia sfuggito qualcosa che avrebbe voluto esprimere.
L415,1[05/02/1971]
1.Carissimo Don MatteoPensi forse che mi sia dimenticato di te perché non ti ho scritto prima? Può forse un amico dimenticare un amico?Girando ed avvicinando sacerdoti ed amici mi accorgo sempre più della necessità del deserto. Solo se i sacerdoti saranno capaci di unirsi realmente a Dio, potranno sollevare i fratelli. Troppo spesso si incontrano sacerdoti tra i fratelli che sperano di arrivare a Dio . La nostra missione è da Dio ai fratelli per portarli a Dio. Con i fratelli, poveri con loro, soffrire con loro, aiutarli in tutti i modi, ma sempre come delegati di un Dio col quale abbiamo comunanza di vita, di pensiero e di azione. L'eresia di oggi è il rendere la nostra missione come una assistenza sociale, intelligente, studiata, organizzata, caritativa (filantropica), umana. Il piano della salvezza è di Dio e solo di Dio. Noi siamo i poveri strumenti. Siamo grandi solo quando siamo piccoli.Perdona questo sfogo fraterno.Sforzati di essere quello che Dio ti ha pensato e aiuta i fratelli a mettersi in orbita col piano divino. Sapessi quanto fuoco può produrre un santo!...Le anime aspettano inconsciamente dei santi. Perché non essere tali? Con semplicità, con gioia, con audacia, in forma moderna, ma santi... cioè uomini che credono, che amano, che sudano, che cantano, che sanno soffrire e morire per Cristo e per i fratelli.Notizie? Non c'è più carta. Al mio ritorno te ne darò tante. Continuiamo ad essere uniti con Lui, per Lui e in Lui.
Un bacio.
Tuo D. Ottorino
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