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“CHI PERDE TEMPO TRADISCE LE ANIME”

MO298 [17-03-1970]

17 marzo 1970

MO298,1 [17-03-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Una distrazione prima di incominciare la meditazione. Mi pare, don Girolamo, che state facendo quei libri di tecnologia... Quante copie sono? 10.000, no? 6.000 copie di tecnologia a 3.500 lire l'una. Cosa prendete come legatura? Trenta lire l'uno? Meno? Di più? Quaranta? Beh, facciamo conto quaranta, per adesso. Siccome facciamo meditazione e non facciamo mica calcoli elettronici, facciamo conto 40 lire l'uno. Voi lavorate con tanto impegno, ce la mettete tutta e presentate il vostro bel conto a Olivotto. Quanto fa, tu Ruggero, quattro per sei? Ventiquattro mi pare, una volta, no, cioè 240.000 lire. Tutti contenti andate dicendo: "Abbiamo preso in una settimana 240.000 lire!”. Sennonché va don Girolamo, va là e torna a casa disgustato e dice: "Sapete, ci hanno protestato 4.000, 4.000 libri!". Subito Tarcisio, matematico, fa i suoi conti, vero, Tarcisio, e dice: "Allora, quattro per quattro uguale sedici, - 160.000 lire di meno, restano appena 80.000 lire". "Eh no", dice don Girolamo. "E come? I conti sono giusti". I ragionieri mi guardano: "No, perché di quei 4.000 libri protestati, 500 bisogna pagarglieli perché sono rovinati completamente. Non ci pagano il lavoro di 4.000. Ma di 500 dobbiamo noi pagare i danni. Costano 3.500 l'uno. Si accontentano di 2.000 lire all'uno, e cioè cinque per due fa un milione, se non sbaglio, no? Perciò abbiamo preso 160.000 lire e dobbiamo dare 1.000.000. Guadagnato quanto? 840.000 lire, no? 840 mila lire! Ora voi direte: "Ma, insomma, oh, facciamo matematica stamattina?". Sì, facciamo matematica. Perché potrebbe capitare proprio un lavoro di questo genere qui. E chi ha lavorato, sa che capitano di queste cose qui. Voi avete visto qualche volta, quando avete cominciato con la legatoria, che vi hanno mandato qualche volta dei pacchi di carta, stampati, e dovevano servire per gioco o per divertimento o per prova, no? Quei pacchi di carta stanno proprio ad indicare questa cosa qui: che non solo non ci hanno pagato il lavoro perché avevamo sbagliato, ma abbiamo dovuto rimetterci tutta la carta e rimetterci tutto. Sicché guardate che quando si lavora capitano spesso cose di questo genere qui. Se invece che essere una comunità così, per cui, anche se capita questo, a mezzogiorno cè il pane lo stesso e la sera c'è lo stesso la bottiglietta di vino, foste una famiglia, per rimettere a posto quello che è capitato forse ci vorrebbe un anno, due anni, forse anche di più, per rimettere l'equilibrio. E guardate che fuori capitano cose di questo genere qui. E cioè uno lavora, lavora, è tutto contento, alla fine del mese crede di aver preso 240.000 lire invece che 150.000 lire, e proprio all'ultimo momento si accorge che invece ha perso 5 - 600.000 lire. Perché? Perché è stato fatto uno sbaglio da un operaio, perché si è rotta una macchina e non se n'erano accorti... e intanto, invece che andare a ricevere soldi, deve piano piano versare dei soldi. Amici, questo nel campo materiale.

MO298,2 [17-03-1970]

2.Ieri sera ho preso in mano qui questo nostro caro libretto... figlio di Matteo, va bene... e ho incominciato un pochino, e ho letto questa frase qui: "Il permesso in certi casi può essere supposto, ma non può mai essere scambiato il desiderio di Dio con il mio giudizio personale".
Allora, che dà valore alle mie azioni non è tanto: "Io rilego il libro come lo voglio io, lo taglio come lo voglio io". Io ho un libro che mi è stato commissionato da Olivotto, perciò mi danno un campione e io devo tagliarlo come il campione. Non è così, don Girolamo? Non posso io dire: "Io lo lascio... Mah, per conto mio è più bello! Invece di farlo di venticinque centimetri lo faccio di ventidue, perché a me piace di più ventidue”. Te li scartano, e hanno ragione, perché, scusa... "Io ho commissionato il libro così, non come lo volete voi; e se voi non lo fate così, non ve lo pago, e se me lo rovinate, me lo pagate!". Ora, vedete, leggendo questa riga qui, mi pare che il Signore, in un'altra forma, ci commissiona, si può dire, una giornata di lavoro. Ogni giorno quando noi ci alziamo ci commissiona una giornata di lavoro, ci dà un programma di lavoro giornaliero. Ma, allora mi sono domandato io questa notte: e se io oggi, ho fatto l'esame di coscienza così io ieri sera, se io oggi prendessi in mano una penna e dicessi... Poniamo che la mia giornata la dividessi in ore invece che dividerla in azioni, no. Da quando mi sono alzato questa mattina fino adesso che è mezzanotte, ieri sera ho detto: vediamo un pochino, dalle sei di questa mattina fino a mezzanotte. Dunque sono sedici ore, mi pare, cioè scusate... diciotto ore. Mettiamo diciotto ore... prima ora, seconda ora... Prima ora: mezz’oretta di pulizia, venti minuti pulizia, poi in chiesa... e giù, giù... e metterci il valore di fianco. Ma il valore di questa mia azione va considerato a seconda se io l'ho fatta come il campione, come ha voluto il Signore. Supponiamo: di queste diciotto ore... Se di queste diciotto ore io posso dire: "Ho fatto la volontà di Dio", allora il valore ce lo mette il Signore, il valore è infinito. Ma se io ho fatto quello che ho voluto io, c'è questo pericolo: che non me la paghi o anche che debba pagarla io, eh?

MO298,3 [17-03-1970]

3 Ecco, ho l'impressione che non facciamo sufficientemente l'esame su questa partita qui. Noi facciamo l'esame se abbiamo fatto un peccato, se abbiamo fatto un peccato impuro, se abbiamo detto una bestemmia. Sì, perché qualche volta qualcuno tira qualche oca... Per esempio, stamattina, Domenico, co ti è capitata l'acqua, un'ocheta la scappa, no? Beh, dico, facciamo questo esame di coscienza, cioè, e ci esaminiamo e ci pentiamo, eccetera, se ad un dato momento ci accorgiamo che volontariamente abbiamo offeso il Signore.. volontariamente abbiamo trasgredito la legge di Dio in cosa grave e allora diciamo: "Ho peccato, sono stato cattivo, ho offeso Dio." E siamo d'accordo. Ma, amici miei, non è sufficiente dire: "Io ho spaccato apposta una macchina!". Perché qualcuno può dirmi: "Ma, sa, non l'ho mica fatto apposta". Ma intanto hai rotto una macchina. Potevi stare più attento e non succedeva questo. "Ma non ho mica preso in mano un martello...". Qualche volta...
Non so se don Girolamo sia così, ma penso qualche volta anche Vinicio, vi sentite sdegnati quando che uno mette un po' le mani sulla macchina per metterla a posto e vi rompe un pezzo; el vien là con tutta ingenuità a dire: "Se ga roto el toco". "Ma... se galo roto da solo?”. "No! Va ben; mi voleva metterlo a posto". "Sta’ attento: parchè te ghe messo le man?". "Ma non go miga fatto apposta mi". "Mancarìa ancora quela che te gavissi fatto apposta! Sarìa da coparte!" Chiaro, no? Non l'hai fatto apposta... Ora state attenti che queste rotture non fatte apposta potrebbero essere all'ordine del giorno della nostra giornata nel campo spirituale. E allora noi ci bamboliamo un pochino credendo di essere dei santi, e invece purtroppo siamo degli uomini che continuano a commettere peccati di omissione. Perché? Perché crediamo di fare la volontà di Dio, perché non facciamo peccati, perché nessuno ci rimprovera, non prendiamo la multa... Ma uno potrebbe andare in giro con la macchina senza prendere mai la multa perché non ci sono i vigili o non c'è la polizia stradale, ed essere fuori regola perché ha le gomme liscie, perché va a sinistra invece che a destra, perché trasgredisce... E ad un dato momento colui che vede e che segna la nostra giornata dice: "Tu non hai preso la multa in questa giornata, però meriti la multa ogni volta che hai premuto l'acceleratore". E perciò Dio che vede, ad un dato momento la multa ce la segna in fondo, vero? Vedete, la nostra giornata, la nostra giornata... Guardate, state attenti che, alla fine della giornata, viene archiviata una pagina della nostra vita; e questa pagina, e questa pagina segna tutti gli atti di amore, ma anche tutte le multe che meritiamo. È troppo da ingenui dire: "Ma mi ghe domando perdono al Signore". Ma guardate che... sì, perdono al Signore... Ma, se una mamma non educa i figli, può far di meno domandare perdono al Signore. Domani il Signore gli domanda: "Dove sono i figli?". La mamma di San Giovanni Bosco doveva portare un santo alla Chiesa, San Giovanni Bosco doveva portare dei santi alla Chiesa. Ora ecco, io vorrei proprio... fermarmi proprio su questo punto qui: guardate che è facile, facile, facile, che ad un dato momento facciamo quello che vogliamo e non quello che vuole il Signore.

MO298,4 [17-03-1970]

4. Vedete, l'educazione che abbiamo avuto noi era tutta diversa dalla vostra. Noi eravamo legati ad un programma, ad un orario, eravamo legati lì. E non ci passava neanche per la testa di andare fuori di lì, anche perché ci sarebbe stato il fucile immediatamente del superiore che avrebbe detto: "No, non licet! Se vuoi fare questo, vai a casa tua!". Era tutta una vita un po' di disciplina, anche fuori, che c'era un pochino.
Però i vostri fratelli che sono fuori nel mondo hanno ancora questa disciplina nel campo del lavoro. Nel campo del lavoro anzi adesso la disciplina è diventata peggio di prima. Perché, almeno, prima si andava allo stabilimento, ma c'era un po' della personalità... Adesso ti mettono vicino a una macchina, e magari per un anno, due, tre, devi stare vicino ad una macchina. Lo sanno specialmente quelle povere creature che lavorano nel campo tessile, vero, Vinicio, dove che adesso hanno non una macchina, ma cinque, sei, sette e più telai e bisogna stare attenti, correre di qua... È un nervosismo tremendo, è sempre una cosa monotona! Mentre una volta forse avevano un po' più... Anche uno faceva il muratore, metteva qualcosa del suo, perché... quel muretto, quella finestra. Invece adesso è tutto regolato da un disegno: tutto a servizio, vero, di uno... si fa meglio, tutto quello che vuoi, ma l'uomo è diventato meno uomo, sotto un certo punto di vista. Sì, c'era qualcosa di più personale, una volta. Ora state attenti: resta però che il sacrificio del lavoro, i nostri fratelli che sono fuori nel mondo, lo fanno. Il mattino adesso, se tu vai là a villa S. Giovanni, tu stai sicuro che alle otto trovi là gli operai. E sono partiti da Quinto, e si sono alzati presto, hanno mangiato in fretta qualcosa e sono là. Tu vedi quel povero manovale grande e grosso là, che tu lo vedi ogni volta che vai, lo vedi là al suo posto con la cassola e con la badila, ma è là che lavora, è là che suda, è là che si sacrifica. E tu lo vedi oggi e domani; quando avranno finito da noi, andrà a un altro lavoro e lo vedrai là, tutta la sua vita è là, alle otto della mattina è là, a mezzogiorno smette... Noi facciamo delle puntate, ma una vita così metodica, dura, di sacrificio, questa noi non la facciamo, siamo sinceri. Noi, con la scusa che adesso bisogna cambiar metodo, bisogna cambiar qua, cambiar là, noi ci siamo scaricati di una cosa che pesa. Una cosa che pesa noi l'abbiamo buttata via.

MO298,5 [17-03-1970]

5. Amici, guardate che, se io tornassi indietro, giovane, non sceglierei la formazione che avete voi. Quelle famose cinque ore e mezza o sei di studio alla domenica che avevamo, ma io ringrazio il Signore, perché mi hanno abituato un po' allo spirito di sacrificio. Vi assicuro che certe cose... L'Istituto non sarebbe sorto se avessi avuto qui una formazione un pochino così... direi, non dico all'acqua di rose, ma un pochino all'acqua di colonia in qualche modo. Ad un dato momento è più difficile per voi che non per noi. Perché noi sapevamo che in quelle due ore di studio bisognava studiare e se non studiavamo, quando che andavamo a confessarci dire: "Ho perso un’ora di studio, ho perso mezz’ora di studio, ho peccato, ho rubato... non ho fatto il mio dovere". Io non so, ma tutte le settimane mezz'ora, un quarto d'ora io dovevo accusarmi che avevo perso di studio. Ma penso che in tutte le mie confessioni qualche quarto d'ora, qualche mezz’oretta, io andavo a confessarmi, io lo dicevo perché il tempo perso è rubato. Ed è tempo perso se mi metto a leggere un giornaletto o una rivista, in tempo di studio, quando che è tempo di studio. Perché? Perché studio è studio.
Un uomo che va a lavorare, è lavoro, non può mica leggere il giornale durante il lavoro. E lì per me è lavoro. Il mio lavoro è questo, e domani quando sarò prete dovrò dare quello che ho raccolto qui, e se non lo do sono responsabile. Non potete dire: "Ma... io mi preparo alla scuola, ho preso sette alla scuola, ho preso dieci alla scuola, mi è andato bene un esame”. Ma quando andrete a confessare, quando vi troverete con i giovani, voi dovrete dare non il voto d'esame o la pagella d'esame, voi dovrete dare quello che avete assorbito, e l’assorbimento lo fate studiando, e studiando i testi sacri.

MO298,6 [17-03-1970]

6 Guardate, sentivo proprio ieri una persona che mi diceva... così... una persona esterna, del mondo, eh, che mi diceva: "Sono innamorato delle lettere di San Giovanni. Le sto imparando a memoria, sto imparando a memoria perché mi piace la lettera di San Giovanni. Adesso voglio imparare quella, voglio imparare...”. Persone del mondo imparando a memoria! E vorrebbe imparare a memoria anche qualcuna delle lettere di San Paolo... Laici! E voi sarete i maestri domani di quella gente lì, e voi dovrete insegnare a loro come si fa a salire.
Scusate tanto, vi dicevo in altre circostanze: leggete libri di santi. Cercate di leggerli con na s-cianta de criterio; lasciate stare se c'è qualcosa che non va, ma scegliete un po'... In fondo sono uomini che sono vissuti sopra questa terra, avevano anche loro le passioni che abbiamo noi, le difficoltà che abbiamo noi, e hanno saputo vincere queste difficoltà e fare qualche cosa per amore di Dio. Ora, in ogni tempo ci sono stati questi uomini che hanno fatto così. Ora, prendiamo in mano, vediamo un po' di capire quello che è.. non stiamo a perderci perché forse quello che ha scritto la vita del santo si è perso nei miracoletti o qualcosa del genere. Siamo uomini, passiamo sopra a quella cosa lì, guardiamo l'essenza. Amici miei, come insegnerete voi domani a una ragazza a farsi santa? Se voi avete letto una, due, tre, quattro vite di sante, vi metterete al confessionale e saprete subito dire: " Beh, insomma, Santa Teresina faceva così, Santa Teresa d'Avila facea così, Santa Caterina...”. Vedete un pochino, e qualcosetta saprete dire. Ma se voi non avete studiato queste cose, se non vi siete messi in vista - scusate la brutta parola - di una professione, capite che la parola è "missione", ma... almeno in vista di una coscienza professionale, guardate, figlioli miei, che domani siete responsabili. Cosa date, cosa date, quando improvvisamente vi metteranno il bisturi in mano e dovrete operare? Verrà da voi uno che ha quaranta, cinquant’anni: " Padre...", e voi sarete seduti di qua e lui inginocchiato di là, e lei inginocchiata di là: "Padre, mi dica, cosa devo fare?". Ieri è venuta una maestra da me e mi ha portato un'offerta per una Santa Messa, di 50.000 lire per una Santa Messa... E mi ha detto: "Senta, sono venuta a domandarle un consiglio. Io faccio quello che mi dice lei. Tac, tac, tac. Mi dia un consiglio. Io proprio mi rimetto a quello che mi dice lei. Ho chiesto anche ad altri, ma ho sentito che ha parlato ieri sera sull'amicizia con Gesù e penso che lei sia amico di Gesù. Perciò mi rimetto in pieno a quello che dice lei". Ah, amici miei! A dover dire: "Faccia così!", ma poi devo rispondere al Signore io, eh. E io ad un dato momento ho dovuto dire: "Faccia così". Ma vi sentite di dire questo, di fare questo, Ci vogliono due cose: prima l'unione con Dio, sulla quale sapete abbiamo battuto “opportune et importune”. Ma guardate che ci vuole anche l'altra parte, eh, ci vuole uno studio, ci vuole uno studio, un pensare, un vedere. Anche andate all'Esternato, vedete un po', parlare insieme, discutere, leggere qualche libro, vedere un po'...

MO298,7 [17-03-1970]

7. Ricordo, per esempio, in teologia, ho fatto qualche studio per conto mio sui libri che parlavano di ragazzi, per vedere un po' se c'era... C'era la famosa "Anima di ragazzo", non quella di don Pilla, un'altra... C'era un ragazzino che non voleva confessarsi, eccetera... Ne ho letto alcuni. E da lì si vedeva un po' come si potrebbe fare domani con i ragazzi per poter entrare senza, senza un pochino spingere troppo e nello stesso tempo per riuscire... Certe cose bisogna impararle, vero.
Ora, vedete, perché dico questo? Dico questo perché ieri sono andato in studio dei teologi e non ne ho visto neanche uno. “Dove sono?”, ho detto a Luigi, no? "Eh, saranno a lavorare". Vado a vedere, a lavorare ce ne sono due... Non sono andato in giro ad indagare. Però mi sono domandato: questi tali teologi che non sono qui e che, altre volte che sono venuto qui, non erano qui, o qualcuno che è qua e là insomma, eccetera, domando: "In questo momento sono proprio dove Dio li vuole?". E allora mi inginocchio e dico: "Tantum ergo sacramentum, veneremur cernui". Ma se non sono dove Dio li vuole, dove Dio li vuole, se non sono, due sono le cose, eh: o prendono niente o devono pagare, o hanno lavorato per niente o devono... "Ma io sono andato a fare un'ora di adorazione". Mi dispiace tanto: se tu non hai il permesso di fare un'ora di adorazione durante lo studio, l'ora di adorazione non vale niente, niente, niente!”. "Ma io vado a pregare". “Sì, ma durante lo studio no! Durante lo studio devi studiare. E per fare un'ora di adorazione durante lo studio devi avere il permesso. Perché non puoi tu fare di meno di studiare”.

MO298,8 [17-03-1970]

8 Per esempio, uno se non fa almeno due ore di studio vero al giorno, non so se se la cava senza peccato grave. Guardate che non scherzo mica, eh? Può darsi che un giorno non ci sia e un altro ne facciate quattro. Scusatemi tanto, domani mangiate il pane che viene dall'altare voi, non potete tradire l'altare. Il Signore, quando tu hai fatto tutto, fa anche il miracolo, ti illumina; viene lo Spirito Santo e ti illumina, ma tu devi fare la tua parte. Non si può tentare Dio, perché il Signore ha un'economia anche nei suoi miracoli. Ora, vedete, scusate se sono duro; sono duro così per questo motivo perché nella casa nostra...
Guardate che con questo io ho la massima stima di voi, soltanto voglio fare quello che fa un papà e una mamma quando che richiamano un po' alla coscienza del dovere. Capisco che qualche volta è una distrazione e si fa così senza pensarci, ma ho il dovere di farvi pensare. Noi eravamo costretti a fare perché eravamo legati ad un orario, a una disciplina e a un controllo e ad una classificazione mensile, anche. Fino all'ultimo anno di teologia, chi non era prefetto, fino al quarto anno di teologia aveva i voti. Fosse Zeno qui, che non fosse prefetto, e avesse magari mansioni anche esterne, così come le aveva qualcuno di quelli là, eh, anche lui... San Piero, l'ultimo corridoio del seminario e il prefetto, che magari poteva essere il nostro caro don Ruggero, alla fine del mese dava le classificazioni di condotta: pietà, studio, obbedienza, buona creanza, eccetera. Magari per buona creanza era questo: che magari spandeva un po' di vino nella tovaglia, eccetera: nove in buona creanza, perché aveva poca pulizia. E lui in quarto anno di teologia... costava! Lo so che costava fare un atto di umiltà. Un altro metteva le mani sulla piaga. Ora nessuno mette le mani sulla piaga, nessuno viene a controllarvi; vogliamo rispettare la vostra personalità. Non abbiamo fatto un orario di studio, ore, ore e ore, stretto così... Però guardate che questo deve aiutarvi ad essere uomini domani, ed essere capaci di organizzare il vostro tempo.

MO298,9 [17-03-1970]

9. Vi dico questo perché girando le Case, in Italia e in America, ho visto che poi le abitudini si portano anche fuori. Senza volerlo, con la massima buona volontà si perde tanto di quel tempo e tanto di quel tempo...
Guardate, quando che don Aldo ha fatto il primo giro in America l'altra volta, è tornato a casa e mi ha detto questo: "Ho l'impressione che non siano capaci di organizzare il tempo". Questa è stata la prima cosa che ha detto a me riservatamente, che a voi non ho detta, vero? "Ho l'impressione che in America tanto tanto da fare, ma che non siano capaci di organizzare il tempo. Perdono tempo!" Io sono andato giù con don Matteo e abbiamo fatto il giro. Don Matteo: qual è stata l'impressione che abbiamo avuto? Si perde tempo perché non si sa organizzare il tempo. Ora io non voglio fare colpa a quei poveretti. Li ammiro per tutto quello che fanno, ma non è giusto che uno va a lavorare e trova tempo per il lavoro, trova tempo per la famiglia, trova tempo per il resto; e un altro perché è chierico o perché è sacerdote o perché è diacono... può fare quello che vuole. Eh, no, figlioli miei, altrimenti siamo degli scapoli e non siamo degli sposati, no! Ora, guardate che la malattia comincia qui, comincia qui. Ad un dato momento tu sei in studio, ti viene in mente... non hai voglia di studiare in quel momento lì... “Beh, adesso potrei fare quella data cosa". Quella data cosa può essere fatta di sera, dopo cena.

MO298,10 [17-03-1970]

10. Per esempio, ieri non trovavo il nostro carissimo amico qua: "Ma son dà a registrare i nastri". Va ben! Quello potevi farlo dopo cena, eravamo in ricreazione, non in tempo di studio. Scherziamo! Almeno che non ci sia una lettera urgente che per le cinque della sera devo portare a Roma, perché dopo devo partire per l'America, un nastro... E va bene, subito, non si discute, allora si salta davanti. Ma, guardate, non fate il vostro capriccio, per carità! Perché domani Dio, oggi vi domanda conto, ma domani guardate che molte anime andranno all'Inferno perché non saprete organizzare il vostro tempo. Perché forse non studiate, non vi preparate, non fate le conferenze come dovreste farle, non fate le prediche come dovreste farle, o perché invece di avvicinare dieci anime, ne avvicinate cinque perché non avete organizzato il vostro tempo.
È inutile, quello che si può fare con una ruspa, si deve fare con la ruspa; perché volete mettervi là con la carriola e con il badile? Anche si spende meno facendolo con la ruspa, che non perdere un mucchio di giornate a portare con la carriola la roba, no? Quello che si può fare oggi con la tecnica moderna, lo si faccia con la tecnica moderna. Ma, amici miei, vi raccomando, ecco, guardate, fate un po' di esame di coscienza, proprio davanti a Dio; guardate, non lasciatevi prendere da quello che può essere il capriccio e l'ozio. Guardate, con questo non è che io venga adesso a mettermi ad osservare, non è che io abbia l'intenzione di venire ad investigare. Voglio soltanto, io per primo e voi per secondi, che facciamo un esame davanti a Dio per vedere se veramente queste parole scritte da padre Matteo corrispondono, vero, a un qualche cosa. E cioè: "Il permesso in certi casi può essere supposto". È chiaro!

MO298,11 [17-03-1970]

11. Ieri tu sei andato, supponiamo, a registrare e non hai chiesto il permesso perché non c'era qualcuno. Può essere supposto. Però, attenti! "... ma non può mai essere scambiato il desiderio di Dio, con il mio giudizio personale". E qui ti voglio! Mai fuori senza... Quando che i ndaseva fora de caserma cosa fasivili i militari, oh? Vinicio? Bisogna che mandemo qualcuno militare perché manca un’esperienza della vita qua... Chi è che si presta? Ti, Toni? Ghemo ragionieri, ghemo de tuto... medici, veterinari... Quando si va al servizio militare, ti firmano il permesso; se non te ghe quel tochetelo de carta e te trova fora la ronda... Giusto? Ci vuole il permesso.
Ora, per ogni nostra azione ci vuole un permesso firmato da Dio. E questo permesso, ste sicuri, non sarà don Ottorino che ti ferma, Michele, per strada: "Fermate qua! Alt! Dame el permesso; chi te lo ga firmà? Perché ti si nda in città. Cosa gheto fato? Quanto tempo gheto perso?". No, non ti fermerà don Ottorino, Michele, per questo, ma però c'è un Dio che segna le multe. E se stasera Michele muore, dice: "Redde rationem villicationis tuae! Dimme: sèdese ore ancò, sèdese ore ieri...". “Ma mi son andà a letto mezzoretta più tardi perché me piaseva tanto quel libro". “Va ben. Quella mezz'oretta che tu hai fatto senza permesso...”. "Ma ho letto la Sacra Scrittura...”. "Non solo non ti sarà pagata, ma devi pagarla tu”. Ecco, se non entriamo con questo spirito del dovere - e guardate che quando abbiamo fatto questo, non abbiamo fatto né più né meno di quello che fanno i nostri papà e le nostre mamme - non state a credere che facciamo cose sublimi. Ma se non entriamo con questo spirito del dovere, state attenti che siamo in pericolo di divenire dei poveri uomini. E allora la gente ha ragione di dire: "Che i lavora anche i preti!". Ha ragione di dir questo. Perché guardate che se la gente continuamente fuori nel mondo dice: "Ma, sarìa giusto che anche i preti lavorasse, che non i vivesse così...", tante volte hanno dei bei motivi per dirlo. Perché, mentre la gente non ha il tempo per andare a comprarsi un fazzoletto durante la settimana perché ha da lavorare, il prete te lo vedono chiacchierare, le ore di qua, le ore di là, di qua, di là, come non avesse niente da fare. State attenti che il prete fa così dopo venticinque anni, perché prima dei venticinque anni ha sempre forse fatto così. Perdonatemi se sono stato un po' troppo crudo, sai, Franco, ma credo che fosse mio dovere di farlo, e vostro dovere e mio di esaminarci in proposito. Sia lodato Gesù Cristo!