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DIO E LA SUA VOLONTÀ AL CENTRO DELLA VITA DELL’APOSTOLO

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17 dicembre 1969 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, cogliendo l’occasione della partenza del diacono Livio Adessa per il Guatemala e di don Giuseppe Rodighiero per il Brasile per un corso di formazione ai candidati al diaconato, parla della necessità di avere sempre Dio alla base della vita e traccia un programma di incontri per l’ascolto di Dio durante le vacanze natalizie. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 21’.

È evidente che la meditazione segue la Santa Messa di saluto a don Giuseppe Rodighiero, il quale senza dubbio aveva rivolto una parola a tutti i presenti. Don Giuseppe si recava a Resende in Brasile per animare un corso di preparazione al diaconato per tutti gli assistenti già operanti in America Latina.

La partenza di nuovi fratelli per le missioni era sempre motivo di grande eccitazione spirituale nella Casa dell’Immacolata, perché il fuoco apostolico di don Ottorino coinvolgeva tutti. Il diacono Livio Adessa, che era stato consacrato con il gruppo dei primi sette diaconi, era destinato a rafforzare la Comunità del Guatemala.

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1. 1. Il saluto a due missionari in partenza
Dopo l’incendio che si è sviluppato in chiesa ad opera del discorso di don Giuseppe, penso che sarebbe inutile metterci qui, adesso, a fare un’altra meditazione. Basterebbe dire: “Adesso rimanete lì ad ascoltare e lasciate che lo Spirito Santo faccia il resto”. Penso, però, che un saluto un po’ ufficiale al nostro caro Livio e al nostro caro don Giuseppe, dobbiamo darlo anche qui in chiesa, dinanzi al Signore. A tavola, oggi, ci sarà qualcos’altro; ho sentito dire che a tutti verranno offerte le paste da don Giuseppe e da Livio. Beh, ringraziamo il Signore, facciamo quest’atto di penitenza, come diceva quel frate: “Oggi facciamo penitenza: lasciamo la cipolla e mangiamo cappone!”. Fate un atto di penitenza; il Signore ha offerto questo e si fa così. Però credo che tutti sentiamo questi giorni e queste ore, sia coloro che partono, sia coloro che restano: i partenti perché si realizza un po’ il loro sogno - non è vero, Livio? - di andare a predicare il Vangelo, ma lo sentiamo anche noi che restiamo, voi che vi state preparando alla vita missionaria e noi che stiamo preparando cartucce per essa.

DIO Spirito Santo

CONGREGAZIONE storia

Don Ottorino era solito chiamare con il termine distrazioni le improvvise illuminazioni interiori che gli venivano o mentre stava pregando o mentre stava predicando o in altre occasioni.

Don Ottorino racconta un fatto avvenuto quando era ancora seminarista: dalla camera nella sua casa di Quinto sentì il dialogo, che viene narrato nella meditazione, tra la mamma e una sua amica. Poco prima aveva nominato don Venanzio Gasparoni, che all’epoca era vicerettore della Casa dell’Immacolata per le sezioni delle medie e del ginnasio e animatore vocazionale.

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2. 2. Un colloquio fra mamma Clorinda e un’amica
Per completare un po’ il pensiero di don Giuseppe, penso che valga la pena di ritornare sulle ‘distrazioni’di ieri sera in chiesa. Voi ricordate il piccolo episodio che ieri sera ho riferito in chiesa. L’ho fatto perché quello che doveva fare la predica ieri sera era ammalato - ha detto don Venanzio - e allora all’ultimo momento mi son detto: “Beh, sostituiamo l’ammalato che doveva fare la predica”. Non so chi dovesse fare la predica. Ieri sera, se vi ricordate bene, mentre stavo parlando, sono uscito con quella storiadella conversazione fra mia mamma e una sua amica che avevo ascoltato dalla mia stanza a casa mia, e stavo per andare avanti con il discorso, ma mi sono fermato perché volevo concludere in pochi minuti in un altro modo. Però non posso tacere in questo luogo il discorso che allora ho sentito sviluppare da due anime che, poverette, erano ignoranti di teologia: mia mamma, forse, aveva fatto tre mesi di prima elementare e l’altra tre mesi di seconda, però erano due anime di Dio, due anime che si nutrivano ogni mattina con la santissima Eucaristia, che vivevano in unione con il Signore. Bene! Questa buona donna, che veramente era una santa donna, diceva a mia mamma: “Vede, Clorinda...”. E qui devo riferire in dialetto perché tradotto, in altra lingua, non avrebbe più il sapore originario; sarebbe come tradurre "La divina commedia" in dialetto. “Clorinda, il Signore le ha fatto una grazia straordinaria chiamando suo figlio al sacerdozio. Lei ha un figlio solo e il Signore lo ha chiamato ad essere sacerdote”. “Ma io sono contenta, - diceva mia madre - sono tanto contenta che diventi prete”. “Lei pensa che cosa vuol dire avere un figliolo prete? Un figlio che è tutto del Signore, solo del Signore, che celebra la Messa, che confessa, che consuma la sua vita per il Signore!”. “Io sono contentissima di questo; ma comprende bene anche lei, Maria, che adesso mi chiede di andare missionario e io resto sola. Vede anche lei che non ho altro”. “Eh, Clorinda! - ha detto allora la signora Maria - Quando il Signore ama un’anima domanda, domanda ancora... Pensi quanto è più grande la vocazione missionaria rispetto a quella del prete qui in diocesi, perché il missionario è chiamato a dare e a fare molti più sacrifici. È come Gesù, che è stato chiamato a dare la vita, a dare tutto per le anime. Un prete dà tutto se stesso, ma un missionario dà molto di più alle anime perché soffre di più. Non soltanto è prete, salva anime, predica il Vangelo, consuma la sua vita per predicare il Vangelo, ma è chiamato a soffrire tanto di più insieme con il Signore. Crede lei che a Ottorino non dispiaccia lasciare sua mamma? E queste non sono sofferenze per la salvezza delle anime? Non è un pochino come Gesù sulla croce?”. Amici miei, mi fermo qui. Mia mamma ha detto allora: “Ma sì, sono contenta, accetto questa sofferenza, accetto anche questa separazione per le anime”. Io mi domando: siamo noi degni di queste mamme?

AUTOBIOGRAFIA famiglia

Don Bortolo Gasparotto era stato cappellano a Quinto (VI) quando il piccolo Ottorino maturò la vocazione al sacerdozio frequentando la scuola parrocchiale da lui istituita, e restò sempre nel suo cuore come sacerdote esemplare per virtù e per zelo apostolico.

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3.Quella famosa Maria, poi, quando don Bortolo Gasparottoè passato da Sandrigo a Montecchio come parroco, lo ha seguito e servito gratuitamente, ed è morta, poveretta, di infarto nella stalla mentre mungeva una mucca, perché aveva una mucca in canonica, dopo aver consumato tutta la sua vita al servizio dei sacerdoti e delle anime, ma proprio veramente al servizio delle anime.

AUTOBIOGRAFIA famiglia

FAMIGLIA mamma

Cfr. Atti 17,28: “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo...”.

Terminata l’attività delle case prefabbricate, don Ottorino aveva cercato un’attività che permettesse ai giovani della Casa dell’Immacolata di partecipare al sostentamento della stessa, senza tuttavia impegnare troppo pesantemente la loro giornata che doveva essere fatta soprattutto di studio e di preghiera. La provvidenza portò don Ottorino in contatto con la casa editrice Mimep di Milano, la quale gli concesse di produrre e commercializzare il Vangelo del famoso biblista monsignor Enrico Galbiati. Il Vangelo veniva stampato dalla tipografia I.S.G. e confezionato nella legatoria sorta nei laboratori della Casa dell’Immacolata nella quale lavoravano i giovani in formazione. Il Vangelo veniva poi commercializzato dalle Edizioni I.S.G.

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4. 3. Dio al centro della giornata e della vita
Amici miei, io mi sono domandato: noi che siamo chiamati, noi che abbiamo questa grande vocazione sacerdotale, diaconale, apostolica, missionaria, sentiamo la grandezza della nostra vocazione? O forse non ci umanizziamo un pochino qualche volta? In altre parole, siamo capaci di trasformare l’ordinario, le piccole azioni giornaliere in fuoco d’amore? Siamo capaci di capire che la nostra santità consiste appunto nell’esattezza, nell’amore che mettiamo nel compimento delle azioni quotidiane? Noi siamo chiamati alla santità, a consumarci come la lampada davanti al Santissimo, ma dobbiamo consumarci giorno per giorno, istante per istante. Non illudiamoci di essere dei santi missionari un domani se non siamo oggi dei santi religiosi nella Casa dell’Immacolata, se oggi non siamo capaci di giocare e di lavorare per amore del Signore. Per esempio, ieri sera un gruppo di teologi è rimasto a lavorare fino a mezzanotte o quasi; mi pare fossero le undici e mezzo. Siamo rimasti lì insieme, abbiamo lavorato insieme. Se si rimane a lavorare due o tre ore e non si è capaci di tanto in tanto di dire: “Signore, io lavoro per te!”, se si rimane tre ore a lavorare senza pensare a Dio, amici miei, io mi domando: “Siamo veramente preti?”. Può capitare che una volta ci si dimentichi, ma non ci si può dimenticare per tutta la giornata. Non possiamo non portare Dio nel nostro studio, nel nostro gioco, nel nostro lavoro: la nostra giornata deve essere impregnata di Dio, altrimenti come potremo un domani portare Dio con noi quando andremo a predicare, quando andremo a lavorare nell’apostolato? Rischiamo di fare i colonizzatori, non i salvatori di anime. Dio deve essere il centro della nostra vita, colui “in quo vivimus, movemur et sumus”. Perciò, se lavoro, il mio lavoro deve essere una emanazione dell’amore di Dio. Se sto lavorando con i Vangeli, non posso maneggiarli senza dire ogni tanto: “Signore, fa’ che chi prenderà in mano questo Vangelo venga santificato dalla tua parola”; questo non lo si può fare! Si può scherzare e ridere mentre si lavora, ma non si può non pensare a questo, non si può dimenticare Dio che è dentro di noi. Quello che qualche volta mi fa paura è che ci si dimentichi di questo. E allora è facile che poi si entri nella vita missionaria e che si trovi tutto bello finché si parte, ma che dopo tre mesi di permanenza si veda che anche là è come qua, che anche là il sole tramonta e sorge, che anche là viene il freddo e il caldo, che anche là arriva la stanchezza... e allora si sbollisce. Perché? Si sbollisce perché non si ha Dio interno e si va avanti con gli entusiasmi! Ecco il motivo per cui tante volte sono preoccupato nella Casa dell’Immacolata quando si dice: “che cosa faremo fare loro questa sera? Che cosa? Poverini, non hanno avuto niente... perché hanno dovuto fare questo e quello”. Amici miei, bisogna abituarsi alla vita dura, e cioè ad avere Cristo ed essere contenti! Io ho paura di una vita fatta di surrogati, riempita sempre di piccoli cuscini... “per paura che si stanchi, per paura di qua, per paura di là...”. Amici miei, bisogna abituarsi ad amare Dio e a lavorare per lui. Ciò non toglie che oggi si mangino le paste, intendiamoci bene, e che cerchiamo di offrire domani ai teologi la gita a Salò o altre cose del genere. Questo è un dovere per noi, e noi lo faremo, ma badate che non possiamo ridurre la nostra vita apostolica al livello di una vita comune.

APOSTOLO vocazione

CONSACRAZIONE santità

DIO amore a Dio

ESEMPI sacerdozio

APOSTOLO salvezza delle anime

DIO centralità

di...

PAROLA DI DIO Vangelo

MISSIONI vita missionaria

APOSTOLO entusiasmo

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

FORMAZIONE

Il corso di preparazione al diaconato che do Giuseppe si accingeva ad animare si sarebbe realizzato presso il Patronato di Resende in (Brasile) e si sarebbe protratto per circa due mesi, durante i quali si sarebbe fatto presente anche don Aldo.

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6. 4. Un incarico apostolico ai due partenti
Ed è appunto questo che io raccomando proprio con tutto il cuore a Livio e a don Giuseppe. A Livio personalmente e ai fratelli che avrà insieme in missione raccomanda di iniettare e portare questo spirito, specialmente con l’esempio della vita. E lo raccomando in modo particolare a don Giuseppe, il quale rimanendo per più di due mesi con i confratelli a Resende, si ricordi di portar loro non quello che don Ottorino ha detto, ma quello che il Signore ci ha detto nel Capitolo, e ripetuto quest’anno durante gli esercizi spirituali e, tante volte, nei nostri incontri intimi dinanzi al tabernacolo. Caro don Giuseppe, non portare le chiacchiere di don Ottorino, ma quello che il Signore vuole da ciascuno di noi e dalle nostre Comunità. Abbiamo una testimonianza da dare; il mondo aspetta e ha diritto di ricevere da noi. Il Signore ci ha dato delle grazie, e queste grazie non sono nostre, le dobbiamo trasmettere agli altri. E allora, proprio in nome della nostra buona mamma, la Madonna, caro don Giuseppe, prega, passa delle ore di adorazione dinanzi al Signore se ti trovi in difficoltà, supplica la Madonna che ti aiuti, ma cerca di trasmettere specialmente questa spiritualità. Ricordati che i fratelli del Guatemala e dell’Argentina che verranno a Resende, e quelli del Brasile, aspettano sopratutto che tu sia un canale, attraverso il quale Dio trasmette loro i doni che egli ha mandato in questa nostra Famiglia religiosa. Parecchi di quei confratelli sono lontani da qui da tre anni, e in questo frattempo il Signore ha continuato a dare le sue grazie. Perciò, più che andare per un’avventura, caro don Giuseppe, o per scattare fotografie ai gigli e ai fiori, della “terra promessa”, ricordati di portare Dio e di insegnare ai fratelli a valorizzare le loro piccole azioni quotidiane. Saranno missionari, e grandi missionari, se sapranno vivere bene la loro giornata, se sapranno accettare bene da Dio le croci di ogni giorno, come pure le difficoltà derivanti dal caldo, dal carattere diverso dei fratelli, queste piccole cose, insomma. In nome di Dio, insegna questo ai fratelli, e di’ loro che è questo che i loro fratelli di Vicenza desiderano di fare, mentre incaricano te di dire loro che desiderano che siano anch’essi così.

APOSTOLO missione

APOSTOLO testimonianza

CONGREGAZIONE Capitolo

MARIA la nostra buona mamma

EUCARISTIA adorazione

MISSIONI

APOSTOLO ambasciatore di Dio

CONGREGAZIONE spiritualità

VOLONTÀ

di DIO

CROCE sofferenze morali

COMUNITÀ

Il riferimento è al piccolo gruppo dei religiosi più anziani, cioè i responsabili della Congregazione e della formazione, che con don Ottorino si recavano ogni anno, durante le feste natalizie, a pregare per meglio conoscere la volontà di Dio.

Don Guido Massignan rivestiva all’epoca l’incarico di direttore della Casa dell’Immacolata.

Don Ottorino evidentemente scherza sui quindici giorni di vacanza in famiglia, perché per lui le vere vacanze natalizie consistevano nell’incontrarsi tutti insieme in clima fraterno di svago e di preghiera ad Asiago nei primi tempi e a Bosco di Tretto in seguito.

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7.Soltanto un augurio, perché ho detto che la meditazione l’avete già fatta questa mattina: il viaggio sia buono tanto per te che per Livio. Noi vi accompagneremo con le nostre preghiere. E se al vostro ritorno non troverete più qualcuno sappiate che saremo o in Purgatorio con la barba bruciata o in Paradiso. All’Inferno speriamo di no, ma in Paradiso o in Purgatorio. Diceva monsignor Di Stefano che all’Inferno o in Purgatorio non ci sono Cappuccini perché quando arrivano la loro barba si brucia e diventano Minori: “All’Inferno e in Purgatorio - ha detto - di Cappuccini non c’è né nemmeno uno, perché quando vi arrivano diventano Minori, le loro barbe si bruciano!”.
Dunque, stiamo uniti nella preghiera, qualunque cosa accada, in qualunque posto il Signore ci chiami, anche in Paradiso. Ma soprattutto preoccupiamoci tutti di cercare che cosa il Signore vuole da noi. 5. Il programma per le vacanze natalizie Per questo motivo noici raduneremo durante le vacanze natalizie, mentre concederemo, come mi pare di aver sentito dire, - posso anticipare la notizia, non è vero, don Guido? - che i religiosi hanno vacanza dal 24 al 28 dicembre. Pensate che non è mai successa nella Casa dell’Immacolata un cosa simile: quindici giorni di vacanza, dal 24 al 28 dicembre!Però un gruppetto salirà in montagna per ascoltare il Signore. Non vorrei abbandonare la bella abitudine che seguivamo quando avevamo la casa ad Asiago. I primi tempi, a Pasqua e a Natale, si andava là per due o tre giorni a pregare, ad ascoltare, a domandare a Dio: “Signore, che cosa vuoi da noi? Di’, o Signore, quello che vuoi da noi!”. Il lavoro e le vacanze non devono rendere povera la Congregazione, assolutamente. E allora ieri sera ho fatto la proposta al nostro gruppo del refettorio che anche quest’anno un gruppetto di noi salga a Bosco la sera di Natale fino al 28 sera: questo gruppetto rinuncerà alle vacanze. Qualcuno di voi sarà invitato a questo pranzo spirituale... invitare tutti è impossibile. Sceglieremo alcuni dei più anziani, e insieme cercheremo non di andarvi per tornare poi con regole nuove, non per prendere in mano il fucile e sparare, ma per ascoltare: andremo sul monte proprio per chiedere al Signore di dirci qualcosa per noi e per la nostra Casa. Perché? Perché vogliamo fare la volontà di Dio, perché vogliamo condurre la Congregazione sulla strada di Dio e non sulla nostra strada.

NOVISSIMI

PREGHIERA

CONGREGAZIONE storia

VOLONTÀ

di DIO

Il riferimento è a quanto raccontato dalla Bibbia a proposito del sacerdote Eli e dei suoi figli, in 1° Samuele 2,12-17 e 2,22-36.

Don Ottorino nomina, nella sua esemplificazione, Ruggero Pinton che stava frequentando l’ultimo anno del corso teologico, e Marco Pinton che invece aveva iniziato il 1° anno dello stesso corso.

Cfr. 1° Samuele 3,10.

Cfr. 1° Samuele 3,16-18.

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8.E gli altri? Andranno in vacanza. Poi, l’ultimo dell’anno o il primo di quello nuovo verranno quei teologi che ne sono rimasti esclusi, e allora ripeteremo insieme quello che abbiamo ascoltato. Diremo loro: “Il Signore ci ha detto questo. A voi ha detto per caso qualche cosa di diverso?”. La domenica successiva saliremo con quelli del liceo e ripeteremo la stessa cosa, e diremo: “Ai più vecchi il Signore ha detto questo, ai teologi ha detto questo, e a voi il Signore ha detto qualcos’altro?”, e vedremo insieme. Può darsi che a quelli del liceo il Signore abbia detto le cose più importanti, e allora cominceremo tutto da capo: raduneremo i più vecchi un’altra volta e, successivamente, gli altri, per vedere un po’ chi ha ragione.
L’essenziale è che in questo periodo di preparazione al Natale, quando andrete dinanzi a Gesù Bambino a pregare per voi, preghiate anche per tutta la Congregazione. E se Gesù Bambino vi suggerisse qualcosa per la Congregazione, ricordatevi che non è per voi soltanto, ma per tutta la Famiglia. Se il Signore vi ispirasse qualche cosa di buono per tutta la Famiglia religiosa, presentatelo, esponetelo, perché qui siamo insieme, ricordatevi, per ascoltare il Signore. Il Signore accortosi che Eli è divenuto troppo birbante, chiama il fanciullo Samuele e gli parla. Siccome posso essere io quel birbante del vecchio Eli, allora può darsi che il fanciullino buono sia Ruggero o Marco o qualche altro.Il Signore, non si sa mai, può parlare attraverso qualche altro; ricordatevi che qui non c’è monopolio! Dio lo riceviamo tutti ogni mattina nella santa comunione e ed egli può suggerire nel nostro intimo delle cose meravigliose per tutta la Famiglia religiosa. Perciò in questi giorni di preparazione al Natale mettiamoci proprio in ascolto, veramente a disposizione di Dio: “Loquere, Domine! Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta”. Però, se il Signore vi dirà qualcosa, non tenetela per voi, altrimenti farò come Eli con Samuele: “Ehi, guai a te - e gli ha detto quattro parole dure, no? - se taci, se mi nascondi una sola di quelle cose che il Signore ti ha rivelato!”. Per esempio, il Signore potrebbe dire a Ruggero che è meglio che si cambi don Ottorino, che don Ottorino se ne vada, che si ritiri... e allora guai a lui se non parla! Con queste e tante altre simili cose, noi auguriamo buon viaggio all’uno e all’altro dei partenti, e assicuriamo la nostra preghiera per loro e per le Comunità dell’America Latina.

GESÙ

incarnazione

CONGREGAZIONE spiritualità