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DUE PRATICHE DI PIETÀ SPECIALI: LA VIA CRUCIS E I CINQUE MINUTI DELLA SERA

MO247 [26-11-1968]

26 novembre 1968

MO247,1 [26-11-1968]

1 Regina apostolorum, ora pro nobis!
Sia lodato Gesù Cristo! Se uno non avesse mai visto un campo di aviazione, mai visto un aereo e si portasse una volta a vedere un campo di aviazione, a vedere alcuni aerei, e non avesse mai sentito neanche parlare di aerei, penso che per lui sarebbe una cosa strana: un pezzo di strada asfaltata in mezzo a una campagna. Voi capite l'autostrada che viene da Milano a Venezia; ma se ci fosse soltanto un troncone di strada da San Bonifacio, per esempio, là, dato che entra San Bonifacio, beh, da San Bonifacio, supponiamo, a Montebello, un troncone di strada in mezzo ai campi, senza collegamento con le altre strade, con queste automobili poi un po' strane, un poche di ruote no, una piccola ruota di dietro... uno abituato a correre con la 1100 o qualche altra macchina anche molto più veloce, comincerebbe a dire: "Ma, insomma, qui sono i marziani che sono venuti giù o qualche cosa del genere. Che, che automobile è questa? E come fa... come ha fatto a venir fino a qui? In mezzo ai campi! Questo lo hanno costruito qui certamente". E se poi lo vedesse in pista a partire, e se fosse sopra l'aereo... Vedere l'aereo, sapete, partire dalla fine della pista e prendere velocità... Uno, insomma, che non se ne intende troppo, che non ha mai provato, prima volta forse, e vede che ormai la pista è finita... Pensate voi uno che corre in macchina e improvvisamente si vedesse il ponte dell'Astico rotto e si trovasse lì... Pensate voi adesso: uno che fosse a tutta velocità su per andare a Sandrigo, bbbbuuummm in macchina a 150 all'ora, arriva lì: il ponte è crollato, si trova a trenta quaranta metri dal ponte, e..."requiem aeternam dona eis, Domine". Cosa vi pare? Ebbene, pensate a tutta velocità con l'aereo, arrivato lì... Ah, non c'è più pista, non c'è più pista! Eh! È chiaro: l'aereo quando che è arrivato alla fine della pista ha solo una scelta: o salire o crepare, non c'è niente da fare! Quando che è arrivato alla fine della pista a tutta velocità, vero, Roberto, sei d'accordo anche tu, o salire o saltare, o non c'è niente: è il disastro! Non può dire: "Adesso torno indietro e comincio di nuovo"; o salire o saltare. Ora, vedete, visto l'aereo dal punto di vista degli automobilisti, è una povera automobile; non è proprio l'automobile ideale con questi due... là... sporgenti... quelle due ali là, sarebbe un impiccio andar per le strade, no? Poi anche come ruote, non è poi proprio l'automobile ideale, visto come... Una macchina di fianco, di quelle veloci, potrebbe anche passargli davanti, in principio, in principio. Ma, arrivati alla fine della pista, la macchina si ferma e l'altro parte, va per aria.

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2. Ecco, vedete, anche noi, visti un po' con l'occhio del mondo, non siamo proprio le automobili ideali; siamo delle automobili strane un pochino. Siamo sì, corriamo nella pista anche noi, corriamo sì anche noi, ma, ma, ma, siamo un po' strani; rassomigliamo alla gente del mondo, ma non rassomigliamo; abbiamo le ruote anche noi, ma ne abbiamo di grandi, ne abbiamo di piccole; non possiamo essere paragonati agli uomini del mondo. Però, per noi c'è una fine pista: noi dobbiamo correre su un troncone di strada, là, messo in mezzo alla campagna. Per noi c'è una legge: a un dato momento dobbiamo alzarci, se non ci alziamo per noi è la morte.
Se noi vogliamo pretendere di rassomigliare in tutto agli uomini del mondo e correre sulle strade del mondo, no! Noi siamo stati creati per correre sulle strade del cielo. Dobbiamo atterrare perché siamo stati creati per lavorare in mezzo agli uomini, per sollevare gli uomini, ma non possiamo atterrare sulle strade degli uomini: noi dobbiamo atterrare sulle piste stabilite da Dio. Non possiamo correre come corrono gli uomini; la nostra è un'azione soprannaturale. Noi dobbiamo diportarci osservando le leggi della convenienza perché per forza dobbiamo atterrare qui. Dobbiamo conservare con gli uomini la convenienza, la fraternità, la gentilezza; ma la nostra è una missione che non va misurata sul piano umano. Se noi vogliamo misurare la nostra azione sul piano umano, sarebbe un aereo che volesse continuare, alla fine della pista, a correre per terra. Voi capite: Zeno tu hai visto, Vinicio lo stesso... disastri che capiterebbero! A Rio de Janeiro si andrebbe a finire in mezzo al mare, in qualche altra parte in mezzo ai boschi... Certamente a fine pista sarebbe la rovina, sarebbe la morte; alla fine pista l'aereo deve alzarsi, altrimenti è rovinato. Anche noi, a un dato momento della nostra vita, dobbiamo alzarci, altrimenti per noi è finita! Se noi vogliamo continuare sul piano umano, guardate che è impossibile, per noi non è possibile. La pedagogia, benissimo, ci vuole, la scienza umana ci vuole... tutto quel che volete, come per l'aereo ci vuole la pista per correre, ma a un dato momento deve entrare in scena il soprannaturale, perché questa è la nostra missione. Ora, vedete, è facile sapete umanizzare il nostro lavoro, è facile desiderare un pochino di correre per terra come corrono le automobili; invece no! Noi non lo possiamo fare. Noi allora, vedete, bisogna che ci convinciamo di questa cosa: che soltanto noi saremo quello che Dio ci vuole e realizzeremo il piano di Dio, che ha su di noi e sulle anime che noi dobbiamo salvare, soltanto se noi ci metteremo a disposizione di Dio per essere strumenti in mano di Dio per un'opera soprannaturale, l'opera della grazia. Ed ecco allora, un istante, prima di partire con la nostra meditazione, mettiamoci dinanzi a lui.

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3. Nell'ultima meditazione ci siamo fermati a considerare la necessità del nostro incontro con lui. Questa mattina continueremo un pochino su questa meditazione, ma diciamogli al Signore, prima, che ci faccia comprendere come noi siamo persone strane: siamo pescatori, ma chiamati a far pesche che non... non sul solito modo. Gli altri pescano di notte, noi dobbiamo pescare di giorno; gli altri pescano con la rete grande ben messa, noi con la rete forata e mezza rovinata; però noi siamo chiamati a gettare le reti nel nome del Signore.
Nell'ultima meditazione ho detto che noi non abbiamo nella nostra Famiglia religiosa pratiche straordinarie, ore notturne di adorazione o altre cose, ma che sarebbe sufficiente fare bene quello che è stabilito dalla Chiesa per i sacerdoti, ma farlo bene in una forma straordinaria. Abbiamo però aggiunto qualche cosina: la Via Crucis e poi quei 'cinque minuti', aggiunti nel Capitolo generale, d'incontro personale col Signore alla sera. Anzitutto la Via Crucis. Forse vi sarete domandati: "Ma perché nella nostra Famiglia religiosa, fin dall'inizio, proprio, guardate, fin dai primi giorni è entrata questa pratica della Via Crucis?”. Ma... forse, non so... Capiamo durante... Qualcuno mi ha fatto l'obiezione i primi tempi: "Facciamola durante il periodo di Quaresima, ma perché dobbiamo farla nel periodo pasquale? In fondo, almeno saltiamo via tutto il periodo pasquale".

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4. Ecco, vedete, vi racconto un po' la storia un pochino se volete. Leggendo le opere di San Francesco di Sales ho capito tante cose, ma due, due mi sono state impresse in modo particolare: primo la necessità che ognuno di noi si incontri con Cristo, e cioè in altre parole, quando pensa a Gesù pensi a una persona e si metta un po' a contatto con una persona. E San Francesco di Sales insisteva dicendo che sarebbe bene che ognuno se lo raffigurasse il Signore Gesù... qualcuno crocifisso, qualcuno in qualche scena evangelica. Come, per esempio, quando si pensa alla mamma, io non penso a mia mamma all'età di quindici anni, la penso gli ultimi tempi della sua vita, quando ero insieme, no? Anche voi, in questo momento pensate alla vostra mamma, se l'avete ancora viva, pensate la mamma adesso, dov'è adesso; non quando che era ancora fidanzata o prima... o quando faceva la prima comunione. Ora San Francesco di Sales insisteva, nel suo metodo un po' ascetico, insisteva: "Cercate di rappresentarvi Gesù, di meditare spesso qualche fatto particolare di Gesù".
E ricordo che allora, a quel tempo, mi fermavo spessissimo su, meditando Gesù nell'Orto degli Olivi, che dice di "sì" dinanzi a una croce che, insomma, lui vede tutta la sua pesantezza, la natura umana recalcitra, il Padre vuole e il "Padre, se non è possibile altrimenti, sia fatta la tua volontà!". Qualche altro può raffigurarselo in qualche altra posizione. Da ragazzi, per esempio, ricordo che era più facile raffigurarselo nella casetta di Nazaret assieme con la Madonna e San Giuseppe.

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5. San Francesco di Sales poi insisteva su un altro particolare, che non c'entra con l'argomento, ma lo sottolineo: cioè, la necessità nell'apostolato di mostrare sempre un po' di sorriso, un po' di gioia. Anche quando si fa una correzione a uno, cominciare col dire le virtù, non soltanto la parte negativa, cominciare col dire la parte positiva. E dice, spinge fino a questo punto: "Se per caso, mentre tu stai facendo una correzione a uno e non trovi che c'è niente di positivo, è proprio il caso di dire una bugia... e d'inventarlo". Arriva a 'sto punto! Ora, sai, Ruggero, non sta' credere che io inventi il positivo, no, quando che ve lo dico, dico la verità; però ricordatevelo, ricordatevelo, lui insisteva su questo: mostrare... Co si dice una parola a uno, perché immediatamente una fucilata perché ha un orecchio troppo lungo? Ma guarda che tutto il resto è a posto un pochino, guarda la parte positiva, dagli il quadro completo, altrimenti si scoraggia, no?

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6 Ebbene, partendo dal primo punto che vi dicevo prima, la necessità di avere il Cristo presente in qualche scena, ho cercato fin dall'inizio di spingere il primo gruppetto, il primo gruppo dell'Immacolata, che non era Casa dell'Immacolata: in mezzo ai ragazzi, agli orfani c'era un gruppetto che chiamavo "Gruppo dell'Immacolata", partendo da San Giovanni Bosco che aveva la Compagnia dell'Immacolata, ho preso anch'io... Invece che chiamarla "compagnia", ho detto "Gruppo dell'Immacolata"; con questi mi trovavo ogni mattina per un pensierino di meditazione, ancora nella prima Casetta, dodici metri per dodici metri. Naturalmente non erano santi come voi: erano, sa... meno birbanti degli altri, forse bestemmiavano un pochino meno degli altri, insomma. Era il piccolo Gruppo dell'Immacolata...
E me li lavoravo un pochino alla sera. E a questi, perché pensassero realmente a Gesù, a Gesù, mi è venuta l'idea di far fare la Via Crucis ogni settimana. E allora si faceva insieme e ci si fermava dinanzi a una stazione; e intanto, sai, dài oggi e dài domani, meditando Gesù crocifisso, si finisce per dire quello che diceva San Paolo: "Io conosco uno solo, Cristo, e questo crocifisso".

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7. Perciò primo movente che mi ha spinto a mettere la Via Crucis settimanale obbligatoria è stato proprio questo: perché noi avessimo l'occasione settimanale di fermarci a guardare lui, e a guardarlo specialmente nel punto culminante della sua vita, no, quando volontariamente si è offerto per essere vittima per i nostri peccati.
E tu capisci che se ogni settimana ti fermi, ma proprio ti fermi... bellissimo fare la Via Crucis insieme, guardate, ma è ancora più bello farla da soli: fermarsi un pochino. Ti fermi lì a vedere lui che accetta la croce, che viene condannato dai suoi fratelli, lui che s'incontra con la mamma, lui che si lascia spogliare, crocifiggere e che dalla croce, dalla croce, dopo averci fatto il regalo della Madonna, dice al Padre "consummatum est". Tu capisci che hai delle lezioni meravigliose per la vita spirituale, la vita intima, e nello stesso tempo tu ti incontri con lui e fai una certa amicizia con lui.

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8. Ecco allora la conseguenza che mi aspettavo: vivere la Santa Messa. Perché se io vado a ricevere la santa comunione, se io vado in chiesa a celebrare la Santa Messa o ascoltare la Santa Messa e non sono abituato a considerare lui, a un dato momento quella particola rimane una cosa e non una persona. E allora perché quella particola divenisse una persona, invece che fare discorsi tanti, ho spinto i primi giovani che desideravano farsi religiosi a fermarsi settimanalmente a considerare la persona, Cristo crocifisso, perché la potessero vedere questa persona ogni mattina sopra l'altare, rinnovante la sua propria immolazione.
Perciò, secondo motivo, è stato questo: perché si potesse realmente vivere la Santa Messa.

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9. C'è un terzo motivo ancora ed è questo: noi, noi siamo chiamati ad essere come Gesù crocifissi, no?
Io ho pensato sempre il sacerdote il "vinctus Christi". Ve l'ho detto in altre circostanze che mi è sempre piaciuto quella piccola immagine dove c'era il sacerdote e Gesù crocifisso, poggiati testa a testa, con una corona di spine che cingeva i due capi. Il Signore ce lo ha promesso: "Vuoi essere mio discepolo? Prendi la tua croce... Vi mando come agnelli fra i lupi". Perciò guardate che quello che Gesù ha promesso a noi che abbiamo accettato di seguirlo è di dividere con lui in terra la corona di spine e con lui in cielo la gloria del trionfo, ma in terra la corona di spine. Del resto, la nostra buona mamma, la Madonna, a Lourdes cosa ha detto a Bernardetta? "Ti farò felice, non in questa terra, ma nell'altra vita", no? Perciò la nostra strada è questa, è segnata, è chiaro. Io ho accettato di essere prete, la mia stessa veste me lo dice, ma ho accettato di essere martirizzato anch'io come lui. E allora nella meditazione della passione del Signore, che io faccio settimanalmente, devo imparare sì a vedere il Cristo, considerare quello che ha fatto il Cristo; devo sì imparare a vedere nella Messa la rinnovazione del sacrificio della croce, ma devo anche io stesso imparare ad accettare, come ha accettato lui nell'Orto degli Olivi: "Padre, se è possibile passi questa croce". E non mi è proibito di dirlo qualche volta, specialmente quando si tratta del diaconato o di qualche altro particolare, però devo concludere sempre la mia preghiera come lui: "Padre, ho male ai denti; se possibile passi; provo con una cibalgina, provo con .... però, però, Signore, sia fatta la tua volontà". Ho un dispiacere? Ho qualche cosa che mi pesa? "Padre, se è possibile passi, però sia fatta la tua volontà".

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10. In altre parole io devo imparare dalla passione del Signore anch'io a seguire la mia strada dolorosa giorno per giorno, ora per ora, perché, ricordatevi, una strada sacerdotale che non è dolorosa, non è una pista giusta. Quando un sacerdote o un diacono corre per terra su una strada che non porta segnacroci è come un aereo che corre in mezzo ai campi e non su una pista: non può alzarsi.
Eh! Mi guardi, caro don Giuseppe. È così! Un sacerdote o un diacono che vuole realmente realizzare il piano di Dio, cioè, in altre parole, che si alza da terra e che alza le anime, necessariamente deve correre su una pista segnata dal sangue. E allora nella meditazione della passione di Gesù, mentre considero Gesù innocente condannato, immediatamente tutte le mie ragioni dinanzi a quelle ingiustizie che ho subite durante la settimana, cascano, no? Vi par giusto? Quando io penso: ma il vescovo qua, ma là... e lui innocente... Per carità! Non sono innocente come lui, chiaro! Lui innocente porta la croce, e io mezzo innocente, mezzo colpevole, non importa, fossi anche innocente, non sarò mai come lui! Quando io vedo, metto in confronto la mia vita con la sua vita, immediatamente devo concludere come lui: "Signore, mi vergogno perché dinanzi alla croce tu hai detto di sì, io tante volte ho detto di no". Ecco allora che dalla passione del Signore io devo imparare non soltanto ad assistere alla Messa ogni mattina, ma devo imparare a vivere la mia Messa ogni giorno, e cioè a portare ogni giorno il contributo del mio sangue al sacrificio dell'altare. Dice San Paolo che devo mettere sopra il calice quello che manca alla passione di Cristo, cioè devo continuare ad essere il Cristo. Cristo fratello mio glorioso è in cielo, io devo continuare qui in terra ad essere lui, ma ad essere lui non soltanto per compiere i miracoli, nel dare una testimonianza esterna, so io, del Vangelo, ma devo darla specialmente in questo: mostrando la gioia in mezzo al dolore, mostrando che con gioia accetto la croce quotidiana. "Ma perché siete tanto contenti voi? Ma perché, cosa avete? Siete senza croci?". "No! Le accettiamo per amore di Gesù, le offriamo per amore di Gesù". Ecco, non so se sono riuscito a farvi capire il motivo, ma ricordatevi, questo è il motivo per cui in principio quelli che hanno iniziato qui, hanno creduto bene metterci dentro la Via Crucis. E sarei contento se in avvenire si potesse continuare nella Via Crucis con questo spirito. Ecco allora che questa Via Crucis vale anche per la settimana in Albis e anche per le settimane dopo Pasqua.

MO247,11 [26-11-1968]

11 Un'altra cosa: quei 'cinque minuti' d'incontro con Nostro Signore alla sera. Vedete, io lo so, perché un apostolo possa vivere ed essere veramente un apostolo, cioè perché possa capire la sua missione soprannaturale, perché possa realizzarla questa missione, per avere specialmente, vorrei dire, quelle idee perché guardate che è inutile, certe cose non le studiamo sui libri, certe cose bisogna che ce le riveli lo Spirito Santo. Non c'è niente da fare! Certe iniziative, certe uscite, certe cose! Bisogna andare disarmati; è lo Spirito Santo che ce le dice, che ce le fa fare, eccetera. È inutile che possiamo metterci là a studiare per una giornata intera come si potrebbe fare qui o là; in quel momento làsciati... va disarmato dinanzi allo Spirito Santo e di': "Signore, a-a-a... nescio loqui", e allora parlerà lui. Certe cose, dico, noi le impareremo soltanto quando, silenziosamente, ci metteremo dinanzi all'altare. Ora, è impossibile che un prete e un diacono possano esercitare la loro missione, sublime missione apostolica, se non sanno parlare e ascoltare il Signore: parlare intimamente con Dio e ascoltare Dio. Ora, vedete, io so una cosa: che qualche volta basta iniziare. Supponiamo, tu prendi qualcuno di questi qui, per esempio Marco, non ti piace mica il vino, no? Supponiamo che non ti piaccia il vino, e c'è un fiasco di Frascati davanti: "Ne vuoi?". "No, no, no". "Ne vuoi?". "No, no, no". Senti, io ti dico soltanto: "Prendine un ditino solo, un ditino così". "No... ma...". "Senti, solo un ditino così". Quando tu hai preso un ditino di Frascati, specialmente dopo aver mangiato un chilo di marroni, penso che non occorre che ti dica: "Marco, prendine un altro bicchiere", no, perché sarai tu che salterai avanti: "Ehi, tusi, non vorrì miga bevarvelo tutto da soli, ghe son anca mi qua, eh!". Sei convinto? Cosa vuoi, io ho tanta stima di te ed è appunto per questo che dico questo, no? Quando tu ne hai assaggiato un ditino, son sicuro che ne prendi un bicchierino, ma di quelli grandi. Ora, vedete, quando uno ogni giorno assaggia un cinque minuti d'incontro vero con Dio, non occorre che gli dica: "Quando tu hai bisogno, quando che hai sete, va' e bevi". Sarei contento che nella Congregazione restasse questo assaggio quotidiano, non perché quello sia sufficiente: lo so che non è sufficiente, non perché quello è il salva tutto, ma perché quello vi fa ricordare: "Voi tutti che avete sete, venite a me e bevete", dove è la fonte di acqua viva alla quale solo possiamo dissetarci in certi momenti della giornata. Ecco perché io insisterei: quei cinque minuti siano cinque minuti d'incontro e non di preghiere recitate su; perché se avessi messo un quarto d'ora, finirebbero per essere un quarto d'ora o di esame di coscienza o di preghiere o di rosari, eccetera; se avessi messo un'ora, sarebbe un'ora di lettura spirituale, di breviario, eccetera. Ho detto: lasciamo cinque minuti solo, ma che siano cinque minuti d'incontro con il Signore, di adorazione, di ringraziamento, di chiedere perdono, di offerta di se stessi; sono sicuro che in quei cinque minuti il religioso rende... trova la fonte per poter dissetarsi, capisce che senza di lui non si può concludere niente e non ci si può alzare dalla pista per sollevare l'umanità.

MO247,12 [26-11-1968]

12. Il tempo è passato.Vorrei concludere.
Voi capite che ci sarebbero tante cose da dire riguardo alla pietà, ma in mano vostra ci sono dei testi meravigliosi che certamente oscurano il povero strumento che è qui presente. A me interesserebbe soltanto che prendessimo tutti sul serio questa faccenda, cioè: se non siamo uomini uniti a Dio, siamo dei falliti. Per noi è proprio, guardate che è inutile, inutile che andiamo avanti con una Congregazione religiosa, perché dinanzi a una umanità come è oggi, non c'è proporzione tra un'azione umana, per quanto grande sia, e il male che sta venendo avanti. O noi ci convinciamo che quello che stiamo compiendo è opera di Dio e ci mettiamo con tutta la buona volontà per la parte umana, e ci mettiamo interamente nelle mani di Dio, e allora concludiamo, altrimenti non concludiamo niente.

MO247,13 [26-11-1968]

13. Però vorrei soltanto sottolineare qualche piccolo particolare.
Voi capite che questa pietà interna, della quale abbiamo parlato, deve manifestarsi anche esternamente. È chiaro! Io devo fare la Via Crucis con quello spirito che ho detto prima, devo fare i miei ringraziamenti della Messa e della comunione, come ho detto prima, questi incontri personali... però io, esternamente, devo avere un contegno che manifesti la mia pietà. Perché? Perché siamo messi sopra il candelabro, non sotto il moggio e gli uomini devono vedere le nostre opere buone per glorificare il Padre che è nei cieli. Perciò noi abbiamo un dovere, proprio un dovere apostolico, non di farci vedere, ma di manifestare con semplicità esternamente la nostra fede, il nostro amore verso il Signore. Per abituarci a questo... Vi ricordate che quando eravate piccoli, continuavo ad insistere, no, genuflessione di prima, seconda, terza, quarta settimana del sagrestano: il sagrestano alla prima settimana fa una genuflessione che... tu vedi: "Che santo sacrestano che abbiamo!", no? Seconda settimana: ti vedo e non ti vedo... La terza: a tre quarti; la quarta: "Ite missa est", no? Vi ricordate che in chiesa facevamo perfino le prove... della prima settimana. Segno di croce: prima settimana, seconda, terza, quarta settimana. Il Padre nostro... l'Ave Maria che dicevamo... Ecco, io vorrei dirvi: quante volte... Ora siete grandi, sa... Voi capite, sono un po' timido e ho paura un pochino... vergognosetto qualche volta... faccio fatica, ma siete grandi... ma quante volte mi verrebbe voglia di dire: “Tu hai fatto una genuflessione in chiesa, ma non hai pensato a quello che facevi; quella gera della terza o della quarta settimana. Hai recitato un'Ave Maria quando sei venuto dentro qui in chiesa, ma tu, tu, tu, tu hai detto l'Ave Maria della quarta settimana. Hai fatto il segno di croce...”. La mamma nostra c'insegnava: "Guarda che col segno di croce noi manifestiamo Unità e Trinità di Dio", eccetera, no, passione e morte del Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo. Io vorrei domandare: “Quando tu fai il segno di croce, pensi: Padre, al Figlio che è nel tabernacolo, lo Spirito Santo... Cristo crocifisso, eccetera? È una meditazione il tuo segno di croce o è uno schiribizzo, o qualche cosa del genere?”. Ora, perché dobbiamo proprio noi fare delle commedie? Non sarebbe il caso di fare un segno di croce solo al giorno, e farlo bene? Meglio farne tanti e farli bene ancora, no? Il Gloria Patri, l'Ave Maria, le genuflessioni, perché non devono essere una manifestazione della nostra fede? Voi direte: “Ma lo facciamo per non farci vedere, perché vogliamo essere umili, essere umili”. Io vi dico che abbiamo il dovere noi di mostrare quello che crediamo.

MO247,14 [26-11-1968]

14. Vi ricordate il fatto che vi ho detto ancora di San Francesco di Sales che aveva cercato di tutto per convincere un eretico. Una sera, chiuse le porte della chiesa, San Francesco fa la sua bella genuflessione in chiesa, sta lì a pregare; dal confessionale vien fuori l'eretico: "Ecco l'ultima prova, - ha detto - l'ultima prova; ho voluto vedere, mi sono nascosto in chiesa, in un confessionale. Ho voluto vedere se lei da solo dinanzi al Signore si diportava come mi ha detto, cioè a voce; cioè se il suo modo di agire pubblico era leale e il suo modo di parlare era leale. Ho avuto l'ultima prova e adesso mi converto".
Amici miei, le vostre genuflessioni, i vostri segni di croce, le vostre Ave Marie sono motivo di conversioni o di scandalo per la gente? Ricordo sempre, mi pare di vederlo ancora davanti, il nostro santo Padre Pio XII, quelle due volte che sono stato in udienza speciale da lui, quando dava la benedizione così... Tu vedevi... sembrava quasi che attaccasse la luce e si mettesse in contatto con l'Altissimo. E tu lo vedevi così... E vi assicuro: non era posa, sapete, era l'uomo di Dio. Ricordo padre Uccelli quando dava la benedizione. Ricordo mons. Celadon, mons. Celadon, quell'anima santa, padre spirituale del seminario prima di mons. Volpato. Ricordo, un giorno era in sacrestia e stava predicando ai sacrestani: sto uscendo, vedo che non viene fuori, torno indietro... aveva preso il crocefisso, era là che baciava, baciava il crocifisso, quasi parlava con il crocifisso. Ah, figlioli miei! Anche esternamente dobbiamo mostrare quello a cui crediamo. Faccio l'augurio che la nostra buona mamma, la Madonna, ci faccia capire queste cose, ce le faccia capire, ce le faccia vivere in modo che noi possiamo trasmetterle anche a coloro che verranno dopo di noi nella nostra Famiglia religiosa.