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LA PRESENZA DI DIO NELLA VITA DELLA CONGREGAZIONE

MI233[21-03-1968]

21 marzo 1968

L’assistente Vinicio Picco, che all’epoca era consigliere generale e responsabile delle attività lavorative della Casa dell’Immacolata, era appena rientrato da una visita alle Comunità dell’America Latina insieme con don Aldo, e don Ottorino commenta in maniera scherzosa un piccolo inconveniente accaduto durante il viaggio in aereo.

I piccoli apparecchi da turismo volano a quote basse, primo perché non hanno motori potenti che li possano portare ad altitudini elevate e poi perché devono occupare delle rotte a quote basse per non intralciare il traffico aereo commerciale e militare.

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1.Mi ha fatto una certa impressione una scena descritta dal nostro carissimo Vinicio martedì scorso. Ha detto che, mentre si trovava in aereo, ha fatto un salto in alto invece che in giù: l’aereo ha fatto così. E lui è rimasto sospeso perché la sua spiritualità non gli permetteva di cadere verso il centro della terra. Non è vero, Vinicio? Pressappoco è stato così.
Perciò la meditazione di questa mattina sarà incentrata su queste parole: “Allacciare le cinture”. Chi non è mai salito in aereo non ha avuto la fortuna di veder scritte queste parole. Sulla parete anteriore dell’aereo, mentre tu ti siedi nella tua poltrona, appare una bella scritta: “Allacciare le cinture”, in tre o quattro lingue, a caratteri rossi illuminati da una luce retrostante. Quando l’apparecchio si è innalzato, dopo un pochino la scritta si spegne e allora i passeggeri possono sganciare le cinture: c’è chi resta seduto, chi si alza... si è un po’ liberi cittadini. Ma durante il volo, dopo che l’aereo è salito e ha preso quota, ad un dato momento può apparire ancora, improvvisamente, la scritta: “Allacciare le cinture”. Tu sei a dodicimila metri d’altezza, corri alla velocità di novecentocinquanta chilometri all’ora, se guardi fuori vedi tutto sereno, eppure esce la scritta luminosa: “Allacciare le cinture!”. Tante volte al di fuori non vedi niente. Qualche volta ti accorgi che viaggi in mezzo alle nuvole ed esce la scritta: “Allacciare le cinture”; qualche altra volta ti meravigli perché la scritta non esce mentre si viaggia in mezzo alle nuvole e ti viene da dire: “La scritta non è ancora accesa!”, e invece la mettono quando tutto è sereno e tranquillo, e vedi scritto: “Allacciare le cinture”. Quando si accende la scritta? Quando coloro che sono alla guida dell’apparecchio, informati dalle torri di controllo che si trovano più avanti, a terra, vengono a sapere che devono attraversare dei temporali, delle zone inquiete, delle forti correnti d’aria o dei banchi di nubi un po’ pericolosi. E allora ci possono essere dei vuoti d’aria, dei piccoli salti, e quindi bisogna allacciare le cinture perché potrebbe darsi che, senza accorgersene, si vada a sbattere la testa contro il soffitto dell’apparecchio. Ora vorrei fare un parallelismo tra l’apparecchio e la nostra vita. Prima di tutto chi viaggia in aereo non si rende conto della velocità con la quale corre. Vinicio, tu che l’ hai provato, ci si rende conto? Non ci si rende conto della velocità, e vorrei dire neanche dell’altezza, a un dato momento. Se l’apparecchio è piccolo sì, ma quando si è a una certa altezza, che siano seimila metri o diecimila, non ci si rende conto. Hai provato anche tu, Vinicio: non ci si rende conto. Forse dell’altezza ci si rende conto perché guardi giù e non vedi niente, ma della velocità non ti rendi conto assolutamente: se tu non sapessi che vai a novecentocinquanta chilometri all’ora, potresti avere l’impressione di correre a trecento o a duecentocinquanta chilometri; tu sei fermo, sei dentro e non ti rendi conto.

ESEMPI Dio presenza di...

Don Ottorino nomina nel suo esempio Michele Sartore, che all’epoca frequentava l’anno propedeutico al corso teologico, e fratel John Berchmans Kayondo, giovane ugandese ospite nella Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è a Raffaele Testolin, che frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.

Cfr. Tobia 12, 7. La lezione giusta è: “Etenim sacramentum regis abscondere bonum est; opera autem Dei revelare et confiteri honorificum est” = “È bene tener nascosto il segreto del re, ma è cosa buona e gloriosa manifestare le opere di Dio”.

Don Ottorino si riferisce scherzosamente a don Giuseppe Rodighiero, che recentemente si era laureato in lettere presso l’università di Padova.

Girolamo Venco stava completando all’epoca l’ultimo anno del corso teologico.

Nel testo registrato si ascolta a questo punto don Girolamo Venco che dice: “Per quanto ricordo mi ha fatto impressione quando ha detto che nei primi tempi dell’Istituto, insomma, si constatava la presenza della provvidenza in modo tangibile. Ha detto che si pregava e si vedeva che c’era la provvidenza, che c’era il Signore che aiutava. E ha aggiunto: “Questo, anche se non sono andato avanti, mi è stato di grandissimo aiuto per la mia famiglia e anche per il posto di lavoro che ho adesso, dove mi trovo adesso: se non confidassi nel Signore mi sarei già ritirato, sia dalla famiglia e sia dal posto di lavoro che occupo”. Cioè, mi pareva, che lui avesse portato via questa fiducia nella provvidenza dei primi tempi dell’Istituto”.

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2.Ora io vorrei domandare a voi che siete in questo ‘apparecchio’ qui: vi rendete conto, non della velocità con la quale corriamo noi, ma di quella di questo ‘apparecchio’? Attenti, eh! Qui non è il caso di fare peccati di superbia: non della velocità di don Ottorino, di Michele o del caro John. No, no, no, ma della velocità che ha in sé l’ ‘apparecchio’, cioè la Congregazione. Perciò è il caso proprio di dire quello che ha detto a Tobia e a Tobiolo l’arcangelo Raffaele, non tu, Raffaele , ma quell’altro Raffaele: “Bonum est revelare misterium regni” . Mi pare che le parole siano queste: “Bonum est revelare misterium regni, misterium Dei”. Non è vero, professore di lettere e cartoline? È proprio il caso di cantare, di cantare le glorie del Signore. Figlioli, forse noi che ci troviamo in questa Famiglia religiosa tante volte non ci rendiamo conto delle grazie immense che il Signore ci ha concesso in questa casa.
Domenica scorsa è venuto un ex allievo, tanto per citarvene uno. Chi era presente? Tu, Venco ? Riferisci in due parole, un pochino, quello che ha detto questo ex allievo. Ora lavora in uno stabilimento come direttore e ha novecento operai sotto di sé. È padre di sei figlioli, e la grazia più grande che potrebbe ricevere dal Signore sarebbe per lui la chiamata di un figlio al sacerdozio. È Ugo Caregnato. Figlioli, i primi avevano la possibilità di cadere dall’apparecchio per la forza del vento, ma hanno avuto la sensazione della velocità. Per quale motivo? Perché c’era ancora il confronto con la terra. Avete capito? In principio c’era il confronto: vedevamo la pista, ci eravamo appena alzati, e allora si vedeva la terra, c’era il confronto chiaro e preciso. Adesso, figlioli, voi non avete il confronto, per cui è facile che a un dato momento si sia dentro l’apparecchio e non ci si renda conto di quello che il Signore sta facendo, e che anche dei miracoli più grandi della provvidenza che avvengono qui dentro si dica: “Beh, insomma! Beh, insomma!”.

CONGREGAZIONE carisma

SOCIETÀ

FAMIGLIA

Mons. Francesco Snichelotto, uomo di eccezionale intelligenza e di chiara santità, era il vicario generale della diocesi negli anni in cui sorse’Istituto.

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che prima di entrare nella Casa dell’Immacolata era stato vicerettore del seminario diocesano e quindi conosceva le necessità economiche di una casa di formazione.

Cfr. Salmo 115, 4 -7.

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3. a) Grazie materiali
Per esempio, nei primi tempi, a proposito dei casi della provvidenza, si restava a parlarne mezza giornata: “Guarda che cosa ha fatto il Signore! Guarda che cosa ha fatto il Signore!”. Una volta sono arrivate le cinquecento lire di monsignor Snichelotto per pagare il buono dei fagioli. Ci eravamo chiesti: “Come si fa? Non ci sono soldi per pagare il buono dei fagioli”. Arriva monsignor Snichelotto a portare i soldi al momento giusto, al momento giusto. E tutti siamo rimasti colpiti. E lo stesso è accaduto per le macchine tipografiche, per le lenzuola, e per altri centinaia e centinaia di casi: si restava stupiti della provvidenza. Forse adesso non c’è questa provvidenza? Una casa di questo genere, che va avanti senza fissare quote alla diocesi, - non è vero, don Pietro ? - senza questuare in giro, senza niente, ma che al momento opportuno ha sempre il pezzo di pane, al momento opportuno ha tutto il necessario che arriva per strade così misteriose, non è frutto della provvidenza? Vi rendete conto che rischiamo di avere occhi e non vedere, avere orecchi e non udire, e di essere paragonabili agli dei egiziani ? Mi pare che noi stiamo correndo in un modo così meraviglioso che abbiamo il dovere di aprire gli occhi. E vi parlo solo della parte materiale, della parte economica. Infatti non è il caso che io vi dica, per esempio: l’altro giorno è venuto qui il prof. Castellani e mi ha consegnato centomila lire che ho ancora in tasca. Perché? Perché lui, quando mandiamo i nostri giovani all’ospedale, fa le visite gratuitamente e paga lui le lastre per i raggi. E adesso viene qui - poveretto, gli è morta la moglie - e mi dà centomila lire. Una volta si sarebbero portati i ragazzi in chiesa a pregare. Adesso è la mano di Dio che continua, e non si può dimenticarsene! Parlo di queste cose materiali.

PROVVIDENZA episodi di...

PROVVIDENZA benefattori

S. E. monsignor Antonio Mistrorigo, del clero diocesano di Vicenza, era all’epoca vescovo della diocesi di Treviso.

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4. b) Grazie spirituali
Nel campo spirituale pensate soltanto, per esempio, alla grande grazia che il Signore ci ha concesso realizzando quel cineforum famoso. Per cui noi diciamo: caro don Pietro, che strumento meraviglioso sei stato nelle mani di Dio! “Te Deum laudamus”! Perché? Perché sono colpi che il Signore dà all’apparecchio per portarlo ancora più in alto, sono spinte del Signore. Per conto mio questa è una grazia più grande che se fossero arrivati dieci milioni di provvidenza, perché sono spinte per aprire gli occhi, per capire meglio, per sincronizzarci con la voce di Dio, con la parola di Dio, cioè per avere il coraggio di staccarci un pochino da una tradizione, da un modo di pensare esterno. Figlioli miei, questa mattina non voglio continuare su questo punto perché la meditazione dovrebbe essere un’altra. Dovrei passare al punto giusto, all’ “Allacciare le cinture”, ma vi dico: bisogna che noi ci rendiamo conto della velocità che il Signore ha impresso a questa ‘baracca’, a questo ‘aereo’. Guai a voi se a un dato momento doveste dire: “Questo è di don Ottorino, di don... di Vinicio... e don qua e don là...”. No, no, no! Siamo tutti povere creature, figlioli miei; siamo tutti povere creature! E io sono la più povera di tutte; sputatemi in faccia che avete ragione, pestatemi che avete ragione, però, però, dobbiamo riconoscere che Dio fa cose grandi. Figlioli miei, credo che questo sia un dovere. Non è vero, don Giuseppe? Ieri, per esempio, monsignor Mistrorigo , che è rimasto qui in mezzo a voi, - quanto è rimasto in mezzo a voi? Poco, mi sembra - mi ferma in portineria e poi mi prende vicino alla macchina e dice: “Don Ottorino, come si spiega? Qui vedo che c’è qualcosa di diverso dai nostri chierici, qui c’è un altro timbro. Come avete fatto a darlo ai vostri giovani?”. Io ho risposto: “ Non c’entro mica io!”. Allora lui ha detto: “Fammi un piacere, vieni a Treviso perché ho piacere che ti incontri con il rettore del seminario e che gli parli un po’. Noi non siamo più capaci di tenere a freno i chierici; non ci credono più, non ci credono più!”. Il padre spirituale del seminario di Padova, don Antonio, l’altro giorno è venuto qui e mi ha detto: “Non sappiamo più come fare per tenere a freno i chierici!”. Con questo non approfittatene per scatenarvi anche voialtri, eh! “Non sappiamo più come fare a tenerli: hanno una mentalità, una mentalità...”. Ieri monsignor Fanton ha detto pressappoco le stesse cose a don Aldo che era andato a visitarlo. Figlioli miei, se il Signore, anche attraverso le villanie di don Ottorino e tutto quello che volete, ha voluto dare a voi una nota diversa, la sua nota, non dovete ringraziare me, ma piuttosto dirmi: “Don Ottorino, lei doveva fare di più!”. Dobbiamo ringraziare insieme il Signore e renderci conto che i talenti devono essere trafficati e che i doni di Dio non si devono ricevere inutilmente.

PROVVIDENZA

PASTORALE

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE missione

CONGREGAZIONE fondatore

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5.Perciò io direi che il primo punto della nostra meditazione è prendere coscienza del volo che stiamo compiendo.
Quando si è in aereo non si può saltare fuori dal finestrino. Quando sei salito e hanno chiuso lo sportello e l’aereo è partito, puoi fare a meno di dire: “Fermate; devo andare al gabinetto”. Il gabinetto è nell’interno, ma finché l’aereo non è atterrato di nuovo non si può uscire. Guardate che siete entrati qui e avete detto di sì al Signore. Se volete, potete uscire, ma buttandovi fuori dal finestrino. Se non è questa la vostra strada, allora fermiamo l’apparecchio e vi facciamo scendere con il paracadute; ma se è questa la vostra strada, voi saltate fuori senza paracadute. E qui bisogna che vi rendiate conto di quello che state compiendo e di quello che Dio sta compiendo attraverso noi, povere e misere creature. Perciò dobbiamo riconoscere che siamo povere e misere creature, ma renderci conto anche di quello che Dio sta compiendo. Si potrebbe fare una meditazione solo su questo tema, ma andiamo avanti. Vorrei, però, ricordarvi quello che in altre circostanze vi ho detto. Avete visto cose grandi? Esse sono un niente in confronto a quello che non avete ancora visto. Ricordate? L’ho mai detto questo? Mi pare che adesso stiate osservando cose grandi. Bene! Fate pure il cubo di esse e dopo ne parleremo ancora e vi dirò: da qui comincia il palo, non qui finisce il palo. Chi ha orecchi da intendere intenda! Quello che stiamo contemplando è opera di Dio, non nostra! È cosa grande, grande, grande! Fate il cubo, e quando l’avrete fatto vi dirò: da qui comincia la salita, cioè continua ancora l’opera di Dio. Perché Dio si diverte con un grano di frumento a riempire di frumento tutta l’America; quel grano, però, deve essere seminato, messo a marcire, lasciato là in seno alla terra. Se quel grano lo custodiamo in un museo, quel grano di frumento certamente non riempirà l’America di frumento. Voi siete questo piccolo grano di frumento: se vi lascerete portare dalla mano di Dio e marcire dove Dio vuole verrà il giorno in cui, forse, direte: “Quel povero prete, che faceva anche lui parte della Congregazione, aveva ragione!”. Ma attenti, figlioli: a un dato momento, mentre si guarda fuori dall’oblò, dove tutto è bello e sereno, si può accendere la scritta: “Allacciare le cinture”. Ebbene, finché non vi dirò che la luce è spenta, in nome di Dio tenete allacciate le cinture perché stiamo attraversando banchi pericolosissimi, perché stiamo attraversando momenti pericolosissimi. È quello che in altri tempi vi dicevo a proposito della nave, raffigurando la Congregazione ad una nave: la nave arriverà dove Dio l’attende, ma quelli che vi sono imbarcati potrebbero anche cadere in mare. Ora ve lo ripeto: se vogliamo chiamare la Congregazione un apparecchio, un jet, arriverà perché essa è di Dio e Dio sa che cosa deve fare, e Dio è capace fare di tutto. Perciò la Congregazione è di Dio e arriverà dove deve arrivare, ma né io né voi siamo sicuri di arrivare vivi, perché potrebbe capitare un vuoto d’aria e ognuno di noi sbatte la testa contro il soffitto, come il nostro caro Vinicio... sua mamma aveva paura che l’apparecchio cadesse e invece lui avrebbe potuto balzare in alto e spaccarsi la testa per aria, anziché in basso.

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE fondatore

CONSACRAZIONE religioso

DIO stile di...

APOSTOLO uomo di Dio

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6.Ora, state attenti: è inutile che vi dica quali sono le tempeste, quali sono i pericoli. Vi dico solo: “Allacciare le cinture”. A noi non interessano quali siano, da dove vengono queste tempeste, se dai preti o dall’Olanda, se dall’America o da qualsivoglia parte. Io vi dico: “Allacciare le cinture”! Voi chiederete: “Dove sono le cinture?”.
a ) Il tabernacolo Figlioli, la prima cintura da allacciare è la “cura del sole”. In altre parole: allacciatevi al tabernacolo, avvicinatevi al tabernacolo! Imparate a vivere della vita di Gesù: vita di preghiera, vita di unione con lui. Avete bisogno di un cuore altrimenti viene una donna, avete bisogno di un cuore altrimenti vengono altri pasticci. Attaccatevi a lui! Guardate che è vivo, guardate che ha il cuore grande, guardate che vi capisce, guardate che vi parla se voi lo ascoltate. Perciò stringiamo sempre di più, in questo momento, il nostro cuore al cuore di Cristo. E allora, quando voi avete allacciato questa cintura e sentirete che fuori soffia il vento, celibato o non celibato, eccetera, a voi viene da ridere perché avete una cintura tale che direte: “Io ho il mio Cristo, e mi basta”. Perciò, per prima cosa, figlioli, attaccatevi al tabernacolo, ma attaccatevi proprio in modo da parlare con lui e di sentirlo. Non sentimentalismi: “Gesù, Gesù...”. No, no, no! Rimanete attaccati nell’aridità, attaccati nella freddezza, attaccati proprio lì. Alla sera, quando siete soli, buttatevi a terra davanti al tabernacolo: “Signore, sono tuo! Credo, sai. Anche se sento freddezza, anche se sento aridità, sono prono a questo pane duro che tu mi domandi, a questo, vorrei dire, vuoto del cuore, a questa amarezza. Signore, per te, per le anime, Signore! Eccomi qua!”. Figlioli, questo è necessario; bisogna che ce la intendiamo così con il Signore.

CONGREGAZIONE fondatore

EUCARISTIA tabernacolo

GESÙ

unione con...

GESÙ

amico

CROCE sofferenze morali

Don Ottorino scherza a proposito della raccolta di massime evangeliche che don Pietro De Marchi stava preparando durante il suo anno di noviziato.

Ezechiele 3, 1-3.

Il riferimento di don Ottorino è, molto probabilmente, a Mario Corato e a Piergiorgio Paoletto, che all’epoca frequentavano l’anno propedeutico al corso teologico.

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7. b) Il Vangelo
Secondo... Mi dispiace, se dobbiamo fare in fretta; poi, voi siete persone intelligenti, intellettuali e potete sviluppare tutte queste riflessioni. La seconda cintura da allacciare, cari, è il Vangelo. Il nostro caro don Pietro sa che cosa vuol dire Vangelo e presto ci darà la sua ‘opera omnia”: “Il Vangelo riveduto e corretto”. Non è vero, don Pietro? Riveduto, corretto e ampliato. Dunque, seconda cintura: attaccatevi al Vangelo. Prima al tabernacolo, e poi al Vangelo. Ah, Signore mio! Se aveste un libro solo e questo libro lo poteste mangiare come il profeta : “Mangia! Mangia, mangia...”! Potessi farvi mangiare il Vangelo e farvelo entrare nel sangue, cosicché il vostro modo di pensare, il vostro modo di parlare, il vostro modo di agire fosse evangelico! Che ogni azione partisse dal Vangelo, ogni espressione, ogni... Figlioli, cerchiamo di improntare la nostra vita sul Vangelo e di chiederci: “Che cosa diceva Gesù? Che cosa vuole Gesù”. Bisogna essere proprio il Vangelo vivente, il Vangelo vivente, la testimonianza viva del Vangelo. Del resto, mi pare che questo è richiesto anche per la professione religiosa. Il Concilio ci parla chiaro: in virtù della nostra stessa professione religiosa noi abbiamo il dovere di testimoniare la vita evangelica, la vita evangelica realmente vissuta. Noi predichiamo il Vangelo da una parte e dall’altra dovremmo dire: “Se volete vedere, per esempio, il Vangelo vissuto, andate in una Famiglia religiosa, andate là. Io adesso ve lo spiego, poi facciamo un’esercitazione pratica: andiamo a vedere il nostro caro Mario, il nostro caro Piergiorgio... Eccoli là: sono il Vangelo”! Il sacerdote in chiesa predica il Vangelo e poi il diacono lo mostra fuori, e quando il sacerdote va fuori, anche lui deve mostrarlo, non il diacono soltanto. Dobbiamo mostrare il Vangelo, dobbiamo allacciarci proprio a quello che ha detto Gesù. Ma capiremo il Vangelo se comprendiamo Gesù, altrimenti non comprendiamo il Vangelo, perché è la parola di una persona amica. Ciò significa che comprenderemo Gesù se capiremo il Vangelo. È come se si trattasse di due cinghie: una di qua e una di là, una tira di qua e una tira di là. Se ce ne fosse una sola, mancherebbe un aggancio, ed è come se non esistesse. Perciò Vangelo e Gesù divengono una sola cosa. Se io capisco Gesù capirò il Vangelo, se capisco il Vangelo capisco Gesù.

PAROLA DI DIO Vangelo

GESÙ

centro

CONSACRAZIONE religioso

Don Giuseppe Rodighiero, proveniente dalla diocesi di Padova, aveva un altro fratello, don Enrico, che pure apparteneva al clero diocesano.

Il convento dei Servi di Maria a Monte Berico fu costruito nella parte est della Basilica. Da quella parte il monte strapiomba per circa 50 metri e fu necessario costruire un contrafforte di mattoni che giunge fino all’altezza del refettorio e del chiostro: sul corridoio che univa il refettorio al chiostro e all’altro corridoio che portava nella basilica furono aperte due ampie finestre che danno sulla valle. Nel seicento un ladro per sfuggire alle guardie che lo inseguivano si gettò da una di queste due finestre e una guardia lo seguì, ma pur cadendo da quell’altezza non si fece alcun male per intercessione della Beata Vergine di Monte Berico. Da allora quel sito viene nominato ‘salto del ladro’ o meglio “salto dello sbirro”.

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8. c) L’obbedienza al Papa e alla Chiesa
Direi poi che ci sono altre due cinghie da allacciare oltre a queste: - l’obbedienza al Papa e alla Chiesa; - l’unione fra noi. Ce ne sarebbero tante altre, ma almeno queste sono indispensabili. Fa così male sentire oggi parlare male del Papa, sentire criticare il Papa, giudicare il Papa; fa così male, figlioli. Siete capaci voi di pensare che anche in una nostra famiglia... Supponiamo in casa tua, caro don Giuseppe: sei capace di pensare che, andando a casa tua, tuo fratello Enrico continuasse a dire male di tua mamma? Io penso che lo afferreresti e gli faresti fare il ‘salto del ladro’ o altro. Che cosa vi pare? Vai a casa e lui parla sempre male di tua mamma e sempre male e sempre male... e intanto mangia e beve lì. Penso che non gliela perdoneresti, e come minimo quattro scappellotti glieli daresti. È possibile? Portiamo una veste e diciamo: “Preghiamo per il nostro Santo Padre, Papa Paolo: Oremus”, e fuori di chiesa ne parliamo male. Ma no; basta, basta! È ora di finirla! Nella Messa, con le mani aperte diciamo: “Preghiamo per il nostro Santo Padre, il Papa”, e fuori: “Figlio di un cane! È vecchio, non capisce niente! Morirà una buona volta! È morto anche Papa Giovanni; il Signore porterà in Paradiso anche questo... Gente arretrata!”. No, figlioli; basta, basta, basta! Anche se un domani ci fosse qualche cosa da dire sul Papa ricordiamo che sono uomini anche loro e che può esserci qualcosa che non condividiamo. Per esempio, supponiamo che il Papa facesse uscire la disposizione di andare tutti scalzi, e noi dicessimo: “Scalzi in America Latina, ma al Polo Nord? Che cosa combina questo Papa? Forse non è mai andato al Polo Nord!”. Figlioli, obbediamo, obbediamo, moriamo dal freddo, ma obbediamo; è il sacrificio che ci domanda il Signore. Impariamo a vedere il nostro buon Gesù anche vestito di bianco. Stringiamoci alla Chiesa. Guardate che il demonio in questo momento sta scalzando tutte queste cose, sta lavorando, sta disgregando. Stiamo uniti noi e, vorrei dire, anche in una forma palpabile, concreta: uniti alle autorità ecclesiastiche, uniti ai vescovi, uniti alla Chiesa, anche se hanno i loro difetti, le loro miserie perché, in fondo, miserie ne abbiamo anche noi. Il Signore ha scelto uomini, ha scelto uomini con le loro virtù e con le loro miserie; cerchiamo, insomma, di non aggravare le miserie se non vogliamo alleggerirle. Vi pare giusto? Proprio con questa carità. Questa è una cinghia necessaria in questo momento.

CHIESA autorità

CONSACRAZIONE obbedienza

COMUNITÀ

unità

nella carità

ESEMPI autorità

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9. d) L’unione fraterna
L’altra cinghia, figlioli, è quella di stare uniti fra noi. Don Aldo verrà qui e, forse, ci parlerà ancora sulla necessità di vivere la vita comunitaria; ha insistito tanto, mi pare, da quando è tornato. E allora incominciamo qui nella Casa dell’Immacolata. San Giovanni Apostolo ci dice: “Figliolini, vogliatevi bene! Amatevi gli uni gli altri!”. E io ve lo ripeto in nome di San Giovanni e in nome di Gesù che vale più di San Giovanni: vogliatevi bene! Volersi bene, però, vuol dire aiutarsi. Non sia permessa qui dentro una parola di critica. Se c’è qualche cosa che non va, da buoni fratelli ditevelo. Io vorrei aggiungere: abbiate il coraggio e la forza di farvi la correzione fraterna. Se vedete che un fratello non è intonato con il famoso “la”, ricordatevi che per il fatto stesso che voi ve ne siete accorti avete il dovere di intonarlo. Io vorrei che la carità arrivasse a questo punto. Ti accorgi che tuo fratello non è intonato? Se stai cantando insieme gli dici: “Taci perché stoni”. Qui, in casa, tutti abbiamo il dovere di aiutare il fratello a intonarsi ed è un dovere per l’anima nostra, per l’anima del fratello e per le anime che dobbiamo salvare. Oh, il tempo è passato! Ricordatevi, allora, durante la giornata, di ringraziare Dio per il grande dono che ha fatto a tutti noi di trovarci dentro questo ‘apparecchio’. Brutta cosa non avere riconoscenza! Lo potrebbero dire i famosi nove lebbrosi del Vangelo. Ringraziamo il Signore, ma ringraziamolo veramente di cuore, cerchiamo di vedere i doni di Dio. Nello stesso tempo, finché non vi verrà dato l’ordine contrario, anche se io dovessi morire oggi, finché non tornerò poi un’altra volta in mezzo a voi, ricordatevi che c’è una scritta qui nella casa: “Allacciare le cinture”! Perché? Perché stiamo attraversando dei venti furiosi. Non ci interessa conoscere quali siano i venti e non abbiate paura. “Ma quali sono questi venti?”. Figlioli, non vi interessa conoscere i venti. A noi basta tenere allacciate queste cinture: unione con Gesù, unione con il Vangelo, unione fra noi sotto l’alto comando del Papa e della Chiesa, pronti a morire senza chiedere per quale motivo, pronti a dare la vita senza chiedere il perché. Con uomini così il Signore farà opere meravigliose. Se il Signore ha scelto voi per questo, ringraziate lui e non domandate il perché.

COMUNITÀ

unità

nella carità

COMUNITÀ

critica

COMUNITÀ

correzione fraterna

CONGREGAZIONE storia

DIO riconoscenza a...

CONGREGAZIONE fondatore

GESÙ

unione con...

CHIESA autorità