MI115[07-12-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, prendendo lo spunto dal commento ai primi versetti della prima lettera ai Tessalonicesi, sottolinea che alla base di ogni attività apostolica ci devono essere le virtù della fede, della speranza e della carità. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 32’. 1. IntroduzioneIl dottor Ottorino Campesato fu per molti anni il medico di famiglia della Casa dell’Immacolata.
L’assistente Girolamo Schiavo era al volante dell’auto quando avvenne l’incidente stradale del 12.11.66 che costò la vita dell’assistente Giorgio Pieropan: gravemente ferito fu trasportato all’ospedale di Este dove per alcuni giorni fu in prognosi riservata. Per assisterlo i giovani confratelli avevano da compiere un viaggio disagevole e pericoloso, perché la strada che porta da Vicenza a Este, circa 50 km, è stretta, con molte curve, fiancheggiata da canali e nel tardo autunno, di solito, molto battuta dalla nebbia.
Don Pietro Martinello, e gli assistenti Antonio Zordan e Mirko Pasin erano i Religiosi destinati all’apertura della prima Casa della Congregazione nel Chaco Argentino, insieme con don Graziano Celadon e l’assistente Antonio Ferrari.
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1.Oggi il nostro caro San Paolo ringrazia; sente il bisogno di ringraziare sempre ed ininterrottamente. Perché? Perché ricorda quello che ha fatto il Signore. Perché? Perché sa vedere in tutti la parte che ha fatto il Signore, e anche nel male che il Signore permette vede quello che c’è di buono. Vi ho portato un esempio ieri mattina. Il Signore ci dà un Giorgio pieno di virtù - supponiamo che avesse anche qualche difetto - e dice: “Questo entra... e questi difetti te li mando a curare”. Quando il dottor Campesato ha deciso di far trasferire Girolamo da Este, il professore non voleva lasciarlo venire a Vicenza e ha gli detto: “Capisci anche tu che è un rischio muoverlo”. E allora il dottor Campesato ha risposto: “È vero, sì, è un rischio. Però è un rischio ancora più grande che questi giovanotti vadano avanti e indietro in automobile da Vicenza a Este per assisterlo. Tu vedi che bisogna assisterlo questo giovane, che non si può lasciarlo in ospedale in mano degli infermieri. Per un po’ di tempo ha bisogno di una assistenza continua, e con la nebbia e l’inverno è pericoloso... Abbiamo appena avuto una disgrazia, non vogliamo che ne capiti un’altra”. L’altro non voleva cedere, ma il dottor Campesato ha insistito e sotto la sua responsabilità ha ottenuto il permesso del trasferimento. Il dottor Campesato ha concluso: “Perché ha ceduto? Perché spesso mando da lui degli ammalati. Quando ho bisogno di qualche operazione per i miei pazienti li mando da lui... gli do fiducia”. Ecco, i medici fanno così: “Ti mando dallo specialista...”. Ebbene, mi pare che dobbiamo sentire che il Signore ha fiducia di noi. Ci ha costituiti medici, e spesso Lui manda da noi le anime ammalate. Anania si vede arrivare un bel giorno uno che è cieco, uno che secondo lui è un persecutore, ma non era più un persecutore, e si sente dire da Saulo: “Il Signore mi manda da te perché tu mi dica che cosa devo fare”. Dobbiamo ringraziare il Signore di questa fiducia che ha avuto anche di noi che qualche volta siamo macellai più che medici, qualche volta inesperti, qualche volta veramente incapaci, per negligenza: eppure il Signore ha avuto fiducia di noi. E quando un domani andrete in qualche parrocchia e vi troverete dinanzi alla realtà e non dinanzi alla poesia, perché adesso c’è la poesia, quando vi troverete lì e, al mattino svegliandovi, direte: “Ehi, è proprio vero... Ci sono tutte queste anime... Ventimila, trentamila anime, insomma...Oh, dobbiamo salvarle noi! Ehi, Pietro! Ehi, Antonio! Ehi, Mirko! Oh, mica scherzi, eh! Vedi quella vecchia, vedi quell’altra, vedi quest’altra? Noi dobbiamo salvarle. Il Signore ci ha messo qui. Come ha fatto don Ottorino - penso che quello abbia perso la testa! - a fidarsi di noi?”. Dovete sentire che il Signore, chiamandoci allo stato religioso e allo stato apostolico, ha avuto fiducia di noi: ha avuto fiducia! Vedremo meglio questo aspetto andando avanti, nel versetto quattro del 1° capitolo della lettera ai Tessalonicesi; adesso siamo ancora al terzo versetto. Ma io insisto su questo perché non è soltanto un pensierino. San Paolo è pieno di questo spirito, e bisogna che ce ne riempiamo anche noi. Bisogna cantare, e cantare l’inno della riconoscenza al Signore, vedere Dio: vederlo nei nostri fratelli, vederlo nel bene, vederlo anche nelle miserie dell’uomo; non vedere Dio nelle miserie, ma vedere che Dio ci manda queste creature, le mette sul nostro cammino perché le aiutiamo, perché possiamo dare loro una mano.DIO riconoscenza a...
COMUNITÀ
correzione fraterna
ESEMPI fiducia in Dio
APOSTOLO uomo di Dio
DIO stile di...
PASTORALE parrocchia
PASTORALE parroco
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO chiamata
CONSACRAZIONE vita religiosa
DIO presenza di...
COMUNITÀ
confratelli
Cfr. 1 Ts 1, 3.
Don Ottorino porta l’esempio dei motori che era stato il prodotto principale dell’officina elettromeccanica dell’Istituto San Gaetano, e delle case prefabbricate che all’epoca venivano prodotte dai giovani della Casa dell’Immacolata.
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2.Procediamo; eravamo arrivati a questo punto. Dice ancora San Paolo: “Noi ricordiamo” - dunque ringraziamo per questo motivo: perché ricordiamo! Che cosa ricordiamo? - “davanti a Dio nostro Padre, le opere della vostra fede, le fatiche della vostra carità, la costanza della vostra speranza, nel Signore nostro Gesù Cristo” Ricordate che abbiamo detto che San Paolo vive queste verità: fede, carità e speranza; Cristo risorto. Chi illumina tutto il cammino di Paolo è Cristo risorto: il Figlio di Dio, incarnato, crocifisso, risorto. In Lui abbiamo incominciato anche noi la nostra risurrezione. Quando San Paolo costituisce una comunità è preoccupato che la comunità sia viva, altrimenti sarebbe come costruire un motore e il motore non partisse. Sarebbe come uno che vendesse dei motori: vende dieci motori e non vanno; o uno che vendesse dieci case prefabbricate e ci piovesse dentro e si ribaltassero. Una cosa deva essere fatta viva, secondo il progetto dell’artista. Ora la comunità cristiana, come la vuole Dio, è la comunità che deve essere piena di fede, di carità e di speranza, perché una comunità che non ha la fede non è una comunità cristiana. Una comunità che non ha la carità, non manifesta la fede che deve avere. Una comunità che non ha la speranza è una comunità disorientata, perché non è una comunità diretta verso la patria, verso dove ci attende il Signore. Sarebbe come vedere un papà con le braccia aperte che dice al bambino: “Vieni qua!”, e il bambino va dall’altra parte. Noi siamo dei poveri bambini diretti verso il papà che è con le braccia aperte. Lui è già risorto, è già risorto, ed è là che ci attende. Ecco la comunità cristiana! San Paolo, come dicevamo i giorni scorsi, si accontenta di poco: incoraggia, incoraggia per quel po’ di bene che ha seminato in questa piccola comunità; ci sono ancora tanti difetti, ma lui, intanto, comincia con il ringraziare per quel po’ di bene che c’è. Non dice: “Ohhh, sono venuto a predicare il Vangelo; ho perso un mese per farvi le prediche, un ottavario, e non mi va di...”. No, no, no! Comincia a dire: “Sì, ringraziamo il Signore, perché io vedo... come in un orto dove c’è solo una piantina di insalata: ‘Oh... è nata l’insalata!’; e dopo: ‘Oh, sono nati i peperoni’, non quelli brasiliani! Vedo qualcosa che va bene: intanto ringraziamo il Signore, perché vedo che è nata l’insalata e non pomodoro! Vedo che queste virtù essenziali per la comunità ci sono: ringraziamo il Signore. Adesso aumenteremo queste e toglieremo il resto, ma intanto queste ci sono”. Ecco l’ottimismo, ecco l’ottimismo! 2. La fede si misura dalle opereDIO riconoscenza a...
GRAZIA Corpo Mistico
VIRTÙ
GESÙ
incarnazione
GESÙ
mistero pasquale
ESEMPI comunità
COMUNITÀ
NOVISSIMI paradiso
GESÙ
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del testo di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova Roma 1965, del quale ora ha letto una frase del commento a pag. 35. Tutte le citazioni del testo vengono riportate in corsivo, senza ulteriori richiami.
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del testo di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova Roma 1965, del quale ora ha letto una frase del commento a pag. 35. Tutte le citazioni del testo vengono riportate in corsivo, senza ulteriori richiami.
Cfr. Luca 5,5.
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3.“Quando in una comunità Dio è all’opera, e Gesù Cristo vi agisce mediante lo Spirito Santo, in essa fioriscono la fede, la carità e la speranza...”. Queste virtù, poi, si manifestano all’esterno, quando ci sono. Ad esempio la fede si manifesta nelle sue opere. Una comunità che vive di fede riuscirà a realizzare opere tali... Vediamo che cosa ha scritto l’autore: “... a realizzare ciò che sembrerebbe impossibile”. Quando ho scritto queste parole: “Una comunità che vive di fede riesce a realizzare opere tali che sembrano impossibili”, ho pensato a questo: il Signore tante volte si accontenta di tanta poca fede per realizzare le sue opere. Mentre scrivevo questa frase pensavo a quello che il Signore ha fatto nella nostra Casa. Sono venticinque anni da quando abbiamo cominciato, dico abbiamo cominciato perché c’eravate anche voi quando ho cominciato io, anche se poi ognuno è venuto fuori al momento opportuno. È come quando si comincia una commedia: tutti gli attori sono dietro le quinte e uno comincia. A volte succede che un attore, che deve entrare in scena al secondo atto, intanto va a bere un caffè, parla, va di qua, va di là; e quando tocca a lui il buttafuori lo chiama: “Ehi, fermati! Coraggio, tocca a te! Fermati... forza, muoviti!”. “Eh, ho preso l’ultima caramella”, e allora entra in scena. Voi siete entrati in palco, chi prima chi dopo, secondo le parti che avevate da fare. Ma all’inizio della commedia c’eravate anche voi, perché la commedia l’ha scritta il Signore, e ha scritto tutte quanti le parti, anche le parti del canto le ha scritte lui; chissà quante altri parti, chissà quanti altri atti usciranno ancora in questa commedia! Ebbene, ci sono state tante miserie, tante stupidaggini, tutto quello che volete, però c’è stata una cosa: “In nomine Domini laxabo rete!” . Il Signore ha detto agli Apostoli: “Andate e pescate lì”, e allora San Pietro ha risposto: “Non abbiamo preso niente durante tutta la notte, abbiamo lavorato e non abbiamo preso niente, però nel nome tuo getterò le reti”. Nel nome del Signore abbiamo incominciato, nel nome del Signore siamo andati avanti.VIRTÙ
fede
DIO
CONGREGAZIONE
AUTOBIOGRAFIA
ESEMPI comunità
Il cinema-teatro Roma era all’epoca la sala cinematografica più grande ed elegante di Vicenza. Il film in questione era la registrazione effettuata dalla RAI della cerimonia avvenuta il 4.11.66 in cattedrale di Vicenza, presenti il vescovo di Vicenza, mons. Carlo Zinato e il vescovo di Zacapa, mons. Costantino Luna, della consegna dei crocifissi ai primi 12 missionari della Pia Società San Gaetano. È evidente che don Ottorino sta parlando in forma scherzosa, sia riferendosi al cinema Roma come alla trasmissione in eurovisione.
La “Congregazione delle Scuole di Carità, Istituto Cavanis”, fondata nella prima metà del sec. XIX a Venezia dai fratelli sacerdoti Antonio Angelo e Marco Antonio Cavanis, possiede a Possagno (TV) un bellissimo e rinomato collegio maschile; sempre a Possagno i Padri Cavanis dirigono la “Casa del Sacro Cuore” per ritiri e corsi di esercizi spirituali.
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4.Ieri sera, mentre si stava lavorando per sonorizzare il film che a qualunque costo domani deve avere la sua prima visione al cinema Roma e viene trasmesso poi in eurovisione, mi domandavo a voce alta: “Per quale motivo stiamo lavorando, qui, adesso?”. E questa mattina mi domandavo, mentre mi vestivo: “E per quale motivo siamo andati in giro a vendere case, e per quali altri motivi siamo andati in giro per altre cose?”. Figlioli, c’è un solo motivo: “Nel nome del Signore getto le reti, nel nome del Signore!”. Perciò tutto quello che facciamo, - può darsi che sbagliamo, può darsi che ad un certo punto interpretiamo male la volontà del Signore - e mi pare di poter dire dinanzi a Dio anche per tutto quello che abbiamo fatto in questi venticinque anni, è cercare un cosa sola: la volontà del Signore; abbiamo cercato di camminare al cospetto del Signore. E allora ecco il segreto. Nonostante le nostre deficienze, - non è vero, caro don Luigi, che tutti ne abbiamo tante? - nonostante le nostre miserie, nonostante i pochi talenti e consumati quasi tutti inutilmente, il Signore, visto che ci sforzavamo di camminare sulla sua strada, cioè nella fede, ha fatto cose grandi, ha fatto cose grandi! Quando sarete più vecchi, quando vi allontanerete dalla casa, quando comincerete a guardare la Casa un po’ da lontano e comincerete a guardare un pochino che cosa ha fatto il Signore, allora vi accorgerete... Ieri, per esempio, i nostri cari studenti di terza liceo sono andati lassù, al Collegio di Possagno dei Padri Cavanis , poi sono andati dove c’è la casa di esercizi, e lì si sono incontrati con il maestro dei novizi che ha domandato: “Quanti novizi avete voi?”. Hanno risposto: “Sedici”, e lui ha fatto un sospiro: “E noi ne abbiamo solo quattro!”.CONGREGAZIONE
DIO stile di...
VOLONTÀ
di DIO
VIRTÙ
fede
APOSTOLO
FORMAZIONE noviziato
Don Pietro Martinello si stava preparando per il Chaco (Argentina).
Don Ottorino, dopo avere iniziato sotto il palco del piccolo teatro parrocchiale di Araceli il 24.5.41 a raccogliere e a far lavorare i ragazzi orfani e abbandonati, si mise alla ricerca di un terreno dove potere “mettere su casa” in proprio perché voleva staccarsi dalla parrocchia. Il terreno - sei campi, siti in stradella Mora, di proprietà dei fratelli Chimetto - fu acquistato dal comm. Mario Volpi e donato a don Ottorino che si affrettò a costruire “La Casetta”, che diventò la culla dell’Istituto San Gaetano.
Daniele Galvan frequentava all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico.
Nel testo registrato si ascoltano a questo punto voci e commenti.
Don Guido Massignan era all’epoca il direttore della Casa dell’Immacolata.
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5.E poi vi avvicinerete ad altre parti e sentirete; allora vi accorgerete che cosa il Signore ha fatto qui dentro! E questo non è ancora niente... Che sono sedici novizi quando voi tra qualche anno direte: “Quando avevamo sedici novizi credevamo di averne chissà quanti! Adesso capiamo, adesso...”? Fra qualche anno capiremo. Adesso ti vedo sorridere, caro don Pietro : vedrai il bollettino quando arriverai nel Chaco... sentirai... sentirete che cosa farà il Signore. Anch’io, quando avevo la “Casetta”, mi pareva di avere chissà che cosa. Sei campi : mi pareva di avere chissà che cosa! E adesso? Si è visto che il Signore sta facendo cose grandiose, cose grandiose. Ieri sera siamo andati con Daniele a prendere la tenda per l’ufficio di registrazione, e poi due tende per metterle nella sala del nostro teatrino per fare un po’ di accademia: otto metri e mezzo di stoffa, alta due metri e settanta. Il signor Faggion ci ha detto: “Che cose grandi! Che cosa è successo? Siete andati in America. Guarda qua, guarda là...! Don Ottorino, queste tende gliele regalo io!”. E sono tornato a casa con la stoffa regalata! Amici, vi accorgerete, vi accorgerete: sono piccoli segni, ma vi accorgerete delle meraviglie che sta facendo il Signore! Ricordatevi: se uno ha la fede, se uno si sforza di avere la fede, se noi agiremo con la fede, faremo opere, e ci saranno le opere che parleranno! Lo dico perché qui non sono io solo, siete tutti, siamo tutti insieme, figlioli; di questa fede nessuno può dire: “È mia, è mia”. È di tutti, è un dono di Dio! Se domani, caro don Pietro, nel Chaco, avrete fede, farete cose più grandi di quelle di Vicenza; cioè le farà Lui attraverso voi. Se, caro don Guido , avrai fede, anche se è poca, perché puoi constatare come io ne abbia tanto poca e da tanto poca sono uscite tutte queste cose opere, figuriamoci là che è caldo e la fede sarà più calda... Se avrete fede, di qui a qualche anno Resende supererà Vicenza, sia per la santità, sia per il numero dei novizi, sia per tutto il resto : supererà Vicenza! Se vivrete con fede, se partirete da Dio e tornerete a Dio nelle vostre azioni, in neanche dieci anni Resende e il Chaco possono superare Vicenza. Figlioli, bisogna avere fede! Bisogna credere!CONGREGAZIONE storia
APOSTOLO animazione vocazionale
MISSIONI vita missionaria
AUTOBIOGRAFIA Araceli
PROVVIDENZA
VIRTÙ
fede
MISSIONI
DIO presenza di...
DIO contatto con
APOSTOLO
Cfr. 1 Ts 1,3.
Don Venanzio Gasparoni era all’epoca il vicedirettore della Casa dell’Immacolata per le medie e il ginnasio, e l’incaricato vocazionale.
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6.Non mi fermo qui, adesso, a parlare della fede perché, altrimenti, non andiamo più a finire nella carità. Bisogna sentire, insomma, che c’è Dio presente nel tabernacolo, presente nella stanza, presente nel cuore. Bisogna che tu prenda l’abitudine di conversare con il tuo Dio. La mattina, appena ti alzi: “Mio Dio, quando aprirò questi miei occhi; quando verrò lassù, in Cielo, con te, Signore?”; mentre ti lavi, mentre ti pulisci le scarpe, mentre ti vesti, continui a conversare con Dio. Figlioli, o si crede o non si crede; se non si crede, è inutile andare a predicare la fede. E quando, poi, andrai in chiesa e parlerai con Lui, anche se verrà qualche distrazione, e facendo poi ritorno dalla chiesa, e quando stai facendo colazione, e quando stai lavorando, e quando stai correndo in macchina... non c’è azione che ti possa impedire di comunicare con Dio. Allora, quello che noi facciamo è esclusivamente per Lui, solo per Lui; consumati per Lui! Se nella nostra comunità ci sarà la fede si vedranno le opere della fede. Dice San Paolo: “Io ringrazio il Signore perché vedo in voi una fede operante... le opere della vostra fede!. Caro don Venanzio , ricordatelo sempre: se tu dici di avere fede e non si vedono le opere, che possono essere sacrifici, che possono essere dolori, che possono... la fede, insomma, dimostra sempre qualche cosa! La fede non può rimanere all’interno, ma mostra sempre qualcosa: saranno opere di sacrificio, di immolazione, ma mostra, mostra qualcosa. Saranno croci in un cimitero, ma la fede mostra qualcosa. 3. La carità si manifesta negli atti concreti di amore e nelle fatiche dell’apostolatoDIO presenza di...
EUCARISTIA tabernacolo
PREGHIERA dialogo con Dio
PREGHIERA carmeli ambulanti
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
VIRTÙ
fede
CROCE sofferenza
Era stato un tema molto trattato durante il campeggio estivo al Verena sull’altopiano di Asiago.
Cfr. 2 Corinzi 11,28.
Si tratta di monsignor Lidio Canova che nel 1966 era parroco nella parrocchia di San Michele, popolarmente detta dei Servi, del vicariato urbano di Vicenza.
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7.Secondo: ”... le fatiche della vostra carità”. La carità, dunque, si manifesta nelle sue fatiche. Quando si parlava ad Asiago della carità fraterna, di questa bellezza dell’unità... vorrei dire che quella è la manifestazione ultima della carità! È chiaro? Quella è la manifestazione, quasi il colore della stanza, ma ci vogliono i muri portanti, altrimenti è inutile dare il colore! Una comunità, una comunità... È così bello volersi bene, sentirsi corpo unico, vivere in questa unione. Ma questo è possibile se hai fede; e la fede ti dice che siamo uno con il Cristo capo. Noi siamo membra; e questo è la fede che te lo dice e che te lo fa vivere. Da qui sgorga tutta la preghiera, senti il Padre nostro: quel “nostro” lo senti vibrare dentro di te, per cui senti di soffrire con coloro che soffrono, di patire con tutti; senti il bisogno di dare a tutti. Se non fai questo, è inutile, casca il palco. Poi : la carità dev’essere una carità che ti porta a sudare, a fare fatica. In primo luogo viene “la quotidiana preoccupazione per i fratelli” , e le varie forme di dedizione e di servizio; aiutare i poveri, insegnare un mestiere, eccetera. In altre parole, se hai la vera carità - prima ci deve essere la fede, quella che porta alle opere - tu ti consumi per i fratelli. Basterebbe citare l’esempio di uno solo: monsignor Canova. Voi lo conoscete e lo vedete in giro per le strade con la sua gambetta, tac, tac, tac... che batte e corre di qua e di là. Se tu lo fermi e gli domandi: “Dove vai?”, puoi star sicuro che ti risponderà: “Ho una povera donna da aiutare, un pover’uomo da aiutare...”. Ha sempre da aiutare, aiutare, aiutare, da far del bene, aiutare, aiutare! Non c’è il pericolo di incontrare monsignor Canova mentre va ad una festa da ballo o a vedere un film o altre cose. No, no, no... è sempre in movimento per far del bene e per aiutare. Ora, figlioli miei, voi vi incontrerete con della povera gente che patisce la fame perché non ha lavoro; voi vi incontrerete con dei poveri orfani rimasti là abbandonati, senza nessuno, e in certe zone del mondo non troverete certo l’ENAOLI e le previdenze sociali o assistenze particolari. In Brasile, per esempio, un povero operaio riceve settantamila cruzeiros al mese di stipendio: ventimila di questi li deve dare per pagare l’affitto, e gliene restano cinquantamila; fate conto che corrispondano a dodici-tredicimila lire o poco più, e con quello deve vivere lui e la sua famiglia, deve pagare il medico e le medicine, altrimenti muore.CARITÀ
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
COMUNITÀ
unità
nella carità
GRAZIA Corpo Mistico
PREGHIERA pratiche di pietà
CROCE
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8.Voi, voi, in una parrocchia, cari figlioli, sarete il papà e la mamma di queste creature. Non potete avere stanza da bagno, riscaldamento, - il riscaldamento in Brasile non occorre - avere antipasto, avere il dolce, avere tutto e dimenticare quelle povere creature. Sì, è vero, figlioli miei, nessuno di voialtri deve trascurarsi, anzi, se vengo vi rimprovero se trascurate la vostra salute, se fate a meno di mangiare per dare ai poveri. Può darsi che una volta capiti anche questo, però il necessario lo dovete avere, non il superfluo, ricordatevelo bene! Ricordatevi bene che quelli sono vostri fratelli, ricordatevelo bene: sono vostri fratelli! Non basta gridare dal pulpito: la fraternità, la fraternità! Discendi dal pulpito, entra nella casa della vedova e porta un aiuto a quella povera disgraziata, dà una mano a quella povera disgraziata. La carità ti porta non soltanto a dare dieci lire a quei poveri orfani, a quei ragazzi sulla strada, ma a vedere come tu, da papà, puoi aiutare quelle creature, risolvere i loro problemi: dove è necessario istituirai una scuola professionale e aiuterai quelle creature a farsi una posizione un domani nella vita, cercherai in mille modi di insegnare loro un mestiere... Insieme vedrete come si può intervenire: qualche cooperativa, qualcosa per aiutarli. Ecco la carità: aiutare, aiutare! Non dovete soltanto dire: ”Fratelli, vogliatevi bene!”, ma dovete voler bene, e voler bene vuol dire, se necessario, prendere anche il vostro materasso e darlo a chi ne ha bisogno. Se c’è una povera creatura che è ammalata e la vedete messa in condizioni indecenti dovete dare il vostro materasso, e anche il vostro letto, se necessario, perché è Cristo sofferente. Siamo andati nel Chaco, dove ci sono state le alluvioni, e abbiamo trovato una povera ragazza buttata per terra, su un sacco: era distesa sul pavimento, su un sacco vero e proprio, appoggiata al muro che le faceva da guanciale, e aveva la febbre quasi a quaranta gradi. E davanti a questa ragazza c’era un ragazzo mezzo scemo e la mamma seduta per terra per tenerle su la testa. Eppure sono nostri fratelli! “E allora, io prenderò quella ragazza e la porto nel mio letto!”. No, per carità, per carità: non si può portare una ragazza in camera vostra... anche per non scandalizzare il mondo. Ma, una certa carità, sì. “E allora io dono via tutto!”. No, perché altrimenti don Pietro ti rimprovera, brontola... Però, non si può tornare a casa dopo avere detto a queste creature: “Eh, accettiamo tutto dalle mani del Signore. Offriamo i sacrifici al Signore”, e tu intanto torni a casa con la pancia piena, e ti metti con la radio e la televisione. No, figlioli, no, no, no, no!PASTORALE parrocchia
APOSTOLO distacco
CARITÀ
amore al prossimo
MISSIONI vita missionaria
PASTORALE malati
PASTORALE poveri
CREATO
GESÙ
APOSTOLO missione
Non sappiamo a chi dei presenti don Ottorino si riferisca con tale titolo.
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9.Adesso, qui, stiamo lavorando fortemente con cineprese e con altri mezzi moderni, ma, ricordatevelo... se non ci fosse la questione delle vocazioni, non vedreste cineprese e non vedreste altre cose qui in casa; state sicuri, non vedreste sprechi! Questo lo facciamo perché noi pensiamo di poter moltiplicare, attraverso questo, gli uomini e anche i mezzi. Ma, figlioli miei, non perdete energie spirituali e materiali per stupidaggini. Un domani non si può perdere tempo a fare fotografie per il gusto di fare fotografie. Se è necessario fate dieci o cento fotografie per poter convertire altri a darsi al Signore, ma bisogna che finalizziate il vostro lavoro. Esaminatevi davanti a Dio e finalizzate il vostro lavoro! Ecco, anche questa è carità... carità materiale per dare una mano. Non si tratta che diveniate voi il centro sociale o l’ufficio di collocamento, ma se è possibile dare una mano, la si dà, e si cerca di suscitare nei laici il dovere che hanno di aiutare i propri fratelli. E allora, invece di lavorare per uno, lavorate per dieci o per cinquanta. Voi, assistente sociale : “Dico male?”. Dobbiamo muoverci. La prima carità è quella materiale: dare un pezzo di pane alla gente. E poi ci sono le altre fatiche: lavorare costa fatica... anche perché è difficile farsi accettare, qualche volta, da quelli verso i quali si va. Tutte le varie forme di apostolato sono la seconda fatica della carità : catechismo, confessioni, amministrazione dei sacramenti... è una fatica anche quella, ma bisogna farla questa fatica! Ecco le fatiche della carità! Se tu hai fede veramente, allora susciti opere... “Si potrebbe fare questo... quest’altro... Si potrebbe aprire una parrocchia...!”. Ecco le fatiche della carità: l’amore verso i poveri, verso gli orfani... insegnare il catechismo e compiere opere spirituali. E allora, il sacerdote resta a disposizione delle anime, trova tutte le occasioni per insegnare il catechismo, per intavolare una discussione, per dire una buona parola. Ecco in altre parole il nostro programma: “L’apostolo deve dare”. Quando avvicino una creatura, io cerco di dare qualche cosa. E qui San Paolo ci è maestro, “et ultra”! Ci sarebbe tanto da dire, ma vorrei finire questo punto. 4. La speranza si manifesta nei momenti di stanchezza e nelle difficoltàAPOSTOLO distacco
APOSTOLO animazione vocazionale
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
CARITÀ
PASTORALE laici
PASTORALE
SACERDOZIO prete
Frase attribuita a San Francesco d’Assisi.
Mons. Luigi Volpato fu padre spirituale di don Ottorino in seminario e nei primi anni di sacerdozio, cioè fino alla data della sua morte.
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10.Terzo: la speranza si manifesta nella costanza, e in primo luogo nei momenti di stanchezza fisica. Se tu hai lo sguardo rivolto continuamente a Gesù Cristo, a un dato momento comprenderai che “tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto!” ; se, invece, a un dato momento cominci a lamentarti vuol dire che non hai speranza, che non guardi davanti, perché uno veramente convinto che il Cristo risorto è ad attenderlo non fa caso alle difficoltà. Quando monsignor Volpato era vicerettore del seminario, aveva fatto la famosa statistica degli ammalati del lunedì, del martedì, del mercoledì... alla domenica di solito erano tutti sani! Al lunedì c’erano tanti ammalati, al sabato cominciava già un miglioramento e alla domenica tutti erano sani: la domenica infatti era il giorno di visita. Era un fatto psicologico: la venuta della mamma faceva guarire, specialmente la valigetta, la borsa che arrivava. Figlioli miei, se vi dicessi: “Amici, guardate che questa mattina, dopo la scuola, sarebbe necessario che andassimo a tirar su quella terra che c’è là, in fondo, col badile”, si sentirebbe: “Don Ottorino, mi scusi, andrei volentieri, ma questa notte ho dormito poco... ho un disturbo qui...”. Se invece dicessi: “Ragazzi, dopo prendiamo il pullman e andiamo ad Asiago!”, tutti starebbero bene. Siamo fatti così, siamo fatti così! Ora, se noi puntiamo in avanti e sappiamo che siamo diretti a raggiungere Cristo, allora questa speranza del Cristo che ci attende ci dà la forza, ci dà la costanza. Ed ecco, allora, che quelle giornate di pene naturali perché piove, perché c’è pesantezza, perché si sta poco bene, perché c’è un’indigestione, perché c’è un dispiacere che hai ricevuto, tu le superi con il sorriso, perché “tanto è il bene che mi aspetta...” che queste cose non mi interessano. In secondo luogo: costanza negli insuccessi, nei periodi di pesantezza che dovete mettere in preventivo. Lavoro, lavoro, e poi mi manda via! Sul più bello che ho ‘impiantato’ il Chaco, giunge una lettera: “Caro don Pietro, parti!”. “Dove?”. “Maestro dei novizi”. Figlioli, mettete in preventivo gli insuccessi; mettete in preventivo la “fabbrica di fiaschi e damigiane”, mettete in preventivo di lavorare e lavorare e lavorare, ed essere trattati male anche dagli uomini, anche da coloro che non dovrebbero trattarvi male, cominciando dai vescovi. Andate in una parrocchia, lavorate, impiantate, e poi vi cacciano via come cani: “Deo gratias”. È inutile che mi guardi sorpreso : questa è la realtà, caro mio!VIRTÙ
speranza
CROCE
GESÙ
crocifisso
GESÙ
sequela
AUTOBIOGRAFIA seminario
ESEMPI generosità
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
CROCE prove
PENITENZA
CROCE fallimento
MISSIONI
Cfr. Filippesi 4,13.
MI115,11[07-12-1966]
11.Questo lo farete se avrete la speranza, se lavorerete per Dio e non per gli uomini, se il vostro sguardo sarà rivolto a Lui. Quindi : fede, carità consumata e speranza in Dio, solo in Lui... “Omnia possum in eo qui me confortat” , ma solo in Lui! E allora superi il caldo del Chaco, la giornata di umidità intensa che ti opprime, che ti porta la tristezza e ti fa cantare la marcia funebre; e allora superi gli insuccessi, i fiaschi, e anche le calunnie e le persecuzioni che ci devono essere! Ecco il nostro caro Antonio che un giorno viene fermato per strada da una giovinotta di settantanove anni: “Senta lei che è un uomo di Dio. Io non ho il coraggio di avvicinare don Pietro: è tanto serio, ha gli occhiali e io non mi sento a mio agio. Mi trovo in una situazione un po’ difficile: sono indecisa se sposarmi o no, perché sono vedova, mi sono sposata cinque volte”. E allora lui si ferma e le dice una buona parola: “Guardi, stia attenta: ormai è meglio che prenda in mano la corona...”; le dice una buona parola. Si fermano a parlare insieme per due o tre volte, e lei, un po’ convertita, dice a tutti: “Che bravo ragazzo! Quello è un figliolo d’oro! Quello è una creatura d’oro! Ah, quello...!”, e in giro per il Chaco si diffonde al voce che Antonio Zordan è innamorato di questa donnetta. E allora cominciano le chiacchiere... e non si mormora solo di questo, anzi giurano che lo hanno visto, e qua e là, o chissà cosa, come dice il Manzoni. A un dato momento... “desolatio magna”! Figlioli, ve lo dico, perché queste cose vi capiteranno sulle spalle. Questi pretini giovani che vanno a confessare, e magari stanno un minuto di più con una donna, avranno le altre fuori a commentare per invidia: “Con quella è rimasto più a lungo, perché è simpatica... A me ha dato tre minuti di meno... Con me è rimasto un minuto di meno... Quella sì, ecco là, ecco là...!”; e se sono dieci minuti, dicono che sono venticinque minuti... non ve la cavate da queste maldicenze. Quasi tutti i preti che ho incontrato sul mio cammino ci sono cascati in queste calunnie. ”Estote parati”! Hanno chiamato Cristo mangione e bestemmiatore; di Lui ne hanno dette di tutti i colori, anche se non hanno detto queste cose perché non andava a confessare. Figlioli, state bene attenti: se voi lavorate solo per il Cristo, sarete prudenti e starete attenti, ma accetterete anche queste calunnie “in nomine Domini”. 11 dicembre 1966VIRTÙ
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