Anche per questa meditazione don Ottorino si serve dell’articolo di DOMENICO MONDRONE, Don Edoardo Poppe. Un modello insigne del clero d’oggi, in La civiltà cattolica del 15 aprile 1967, anno118, quaderno 2804, pagine 127-141. Le citazioni, prese dalle pagg.139-141, vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami.
Don Marcello Rossetto era all’epoca il superiore della Comunità di Crotone, dove stava rivelando tutte le sue qualità di entusiasmo e di zelo apostolico.
MI191,1 [16-06-1967]
1 Oggetto della meditazione di oggi è la pietà di don Poppe, prendendo lo spunto dall’articolo di padre Mondrone. Abbiamo già fatto otto o dieci meditazioni su questo sacerdote, e oggi forse finiremo. Ieri ci siamo fermati su questo pensiero: “Mi è sembrato che tale missione si potesse moltiplicare nella oblazione totale della mia vita, e poiché mi consideravo indegno di compierla, mi sono offerto a Dio come il grano di frumento, che per propagarsi deve sparire nella morte. Mi sembra che, morendo, mi sarei moltiplicato in numerosi apostoli del Regno migliori di me: e in questo desiderio ho trovato la pace...”. Se vogliamo veramente essere strumenti nelle mani di Dio per fare qualcosa, uno degli stati d’animo che dobbiamo avere è quello di riconoscere la nostra impotenza. L’abbiamo detto tante volte: bisogna riconoscere chi siamo, quello che siamo, e che quello che abbiamo lo abbiamo ricevuto da Dio. Se uno è capace di cantare non deve dire che è stonato perché canta in modo corretto. Sarebbe come se don Marcello a Crotone dicesse: “Io sono un povero sciocco”. No, anzi deve ringraziare il Signore perché è riuscito a sfondare nell’ambiente perché il Signore gli ha dato delle qualità. Deve ringraziare il Signore, però anche lui, come noi, deve dire: “Se io avessi corrisposto di più alla grazia di Dio forse avrei fatto di più”. Cioè, quello che abbiamo di positivo lo abbiamo ricevuto da Dio, ma è chiaro che ognuno di noi, guardando se stesso, trova che questo aspetto positivo poteva essere usato meglio se avesse corrisposto di più alla grazia del Signore. Il Signore vuole questo atto di umiltà da parte nostra, e cioè che riconosciamo che siamo povere creature perché abbiamo sciupato la grazia di Dio, magari solo un pochino ma sempre sciupata, e che quello che abbiamo lo abbiamo ricevuto da lui. Per cui lo stato d’animo naturale in un’anima tutta del Signore deve essere questo: “Senti, Signore, eccomi qui, io mi offro a te. Se il mio sacrificio può fare in modo che venga uno più santo di me e che corrisponda meglio alla grazia, io sono disposto a dare la vita”. In pratica dobbiamo riconoscere che le cose non sono andate come potevano andare perché, forse, non abbiamo corrisposto alla grazia del Signore. E allora non dobbiamo essere preda di un senso di scoraggiamento, ma dire: “Signore, se vuoi, sono pronto a vivere fino alla fine del mondo e lavorare dove vuoi... a Crotone... dove vuoi tu, Signore. Eccomi qui, sono pronto, sono nelle tue mani. Se tu vuoi un sacrificio, se vuoi un’oblazione, se tu mi vuoi umiliato, se tu vuoi che faccia fiasco: eccomi qui. Io lavoro e voglio fare sempre la tua volontà”.VIRTÙ
umiltà
DOTI UMANE
DOTI UMANE talenti
MISSIONI
DIO riconoscenza a...
CONSACRAZIONE
GRAZIA
CREATO
CONSACRAZIONE offerta totale
PREGHIERE di donazione
VIZI scoraggiamento
VOLONTÀ
di DIO
VOLONTÀ
di DIO abbandono alla...
CONSACRAZIONE immolazione
La Comunità di Resende, iniziata nel febbraio di quell’anno 1967, era composta da don Lino Dal Moro, don Luigi Mecenero e l’assistente Gianni Sgarbossa.
Don Ottorino, forse, equivoca perché la fuga degli Apostoli avvenne nell’orto degli Ulivi e non sul monte Calvario. Cfr. Mt 26,56 e Mc 14,50.
In dialetto veneto “dare un po’ di ciucio” a uno significa “dare a uno un po’ di soddisfazione”. Il ‘ciucio’ è il biberon usato per l’allattamento artificiale del bambino.
Alla meditazione era presente anche don Marcello Rossetto che forse era tornato da Crotone per alcuni giorni di riposo.
Il riferimento è all’assistente Antonio Zordan, che aveva lavorato per qualche anno a Crotone.
MI191,2 [16-06-1967]
2 È chiaro che siamo uomini, e quando si lavora si sentirebbe anche la gioia di raccogliere un pochino. Chi è così eroico da dire: “Beh, io vado; a me non interessa raccogliere...”? Per esempio, se i nostri cari fratelli di Resende , Don Luigi Mecenero e compagni, dopo un anno dovessero tornare sconfitti, sarebbero in grado di dire: “Oh, siamo contenti perché abbiamo preso le bastonate e ci hanno cacciato via a calci...”? Non sarebbero neanche uomini se dicessero così! Gli Apostoli l’hanno fatto, ma forse una volta sola, perché sulla via del Calvario sono scappati anche loro, e anche con poco onore. Vi ripeto che noi dovremmo essere spiritualmente disposti a lavorare e a prendere bastonate e a morire crocifissi come Nostro Signore. È pur vero che la natura umana sente il bisogno di un po’ di ‘ciucio’ , e il Signore, che è tanto buono, ce lo dà. A questo proposito potrebbe parlarci qualcuno che torna dal luogo di missione e dire se non è vero che tante volte il Signore riempie di grazie nonostante le nostre deficienze. Quando, per esempio, ti incontri con un’anima che ritorna alla grazia, constati che non è merito tuo. Don Marcello , non so se esagero a dire questo. Anch’io ho sperimentato nel campo apostolico che ci sono degli effetti non proporzionati alla causa che abbiamo posto. Vai con dieci lire in bottega e ti danno roba per un milione, ti riempiono la borsa. Tu metti quel poco che potevi mettere, e messo poi in forma umana, perciò con qualche piccola deficienza, e il Signore ti dà un frutto che non è proporzionato a quello che hai fatto. Il Signore è così: quando noi diamo, quando ci sforziamo di dare e di dare tutto e non cerchiamo la nostra gloria, non cerchiamo il nostro trionfo, non mettiamo limiti al sacrificio; quando ci tuffiamo e nuotiamo dentro al lavoro apostolico con spirito di sacrificio, senza guardare a noi stessi, il Signore è così tanto buono che ti dà dei frutti che ti chiedi: “Da dove vengono questi frutti? Non certo dal mio lavoro!”. C’è la grazia del Signore! Si ripete, cioè, la moltiplicazione dei pani. Diceva, appunto, ieri don Marcello ciò che ha detto tante volte anche Antonio , che la beneficenza, vorrei dire il pane quotidiano, arriva sempre: tu lo dai loro ed essi te ne danno. Se c’è un sacerdote che ci tiene a farsi dare i soldi di qua e di là, a un dato momento muore di fame. Voi date ai poveri, dimostrando di essere staccati dai soldi, e la gente vi riempie di beni. Quante volte vi ho detto che laggiù, in Italia meridionale, arrivano con cinque litri di latte, arrivano con le uova, arrivano con una cosa e con un’altra! È naturale: anche nel campo materiale il Signore è così, ma questo accade specialmente nel campo spirituale.CREATO
MISSIONI
CROCE fallimento
GESÙ
GESÙ
imitazione
DIO bontà
di...
GRAZIA grazie attuali
PASTORALE
GRAZIA Sacramenti
CONVERSIONE
APOSTOLO
DIO
VIRTÙ
PENITENZA sacrificio
PROVVIDENZA
La lezione giusta è: “... desiderium habens dissolvi et esse cum Christo...” (Filippesi 1,23).
Cfr. 2 Cor 11,29.
MI191,3 [16-06-1967]
3 “Gesù stende la mano e chiede come un mendicante ciò che tanto brama donare: “Voglio portare il fuoco! Che s’accenda questo fuoco!”. S’accenda in me, questo fuoco del Regno, perché io infiammi tutti i miei confratelli”. Dobbiamo sentire, per esempio, nella nostra meditazione, nella nostra ora di adorazione, nei momenti che passiamo davanti al tabernacolo, che il Signore vuole che noi lo aiutiamo a portare il fuoco nel mondo. Che cosa ha detto il vescovo al Santo Curato d’Ars? “Va’, là non c’è l’amore di Dio: portalo, portalo!”. Che cosa andiamo a fare noi nelle varie parti del mondo dove il Signore ci chiama? Andiamo a portare l’amore di Dio, andiamo a portare il fuoco. Per prima cosa, fratelli miei, bisogna che noi sentiamo il desiderio di questo fuoco, dobbiamo sentire il bisogno di questo fuoco: “Io ho sete di amore di Dio”. Il “cupio dissolvi et esse cum Christo” dovrebbe essere l’ardente desiderio dell’anima nostra: noi dobbiamo sentire il bisogno di essere con Cristo, di vivere solo per lui. “Signore, io faccio tutto questo per te. Io adesso sono in macchina, guido la macchina; adesso sono in treno; adesso vado a lavorare in mezzo ai pannelli, in officina; vado a studiare, vado a prepararmi una predica, vado a confessare... Signore, io cerco una cosa sola: l’amore tuo; non cerco altro, Signore. Sacrifici o non sacrifici, di notte, di giorno, io ho un desiderio solo: voler bene a te!”. Il nostro amore, figlioli miei, deve essere aspro, duro, non un amore sensibile. A me non interessa la soddisfazione o no; la ricompensa l’avremo in Paradiso! Bisogna avere un amore virile, che si dimostra nell’essere sempre pronti a disposizione delle anime, nell’essere divorati per la salvezza delle anime, e che si dimostra non soltanto nelle cose spirituali, ma anche nelle cose materiali, dando una mano, aiutando, come dice San Paolo: “C’è qualcuno che soffre che io non soffra?”. Se un domani nella parrocchia c’è uno che ha bisogno, che non trova chi l’aiuti, c’è una disgrazia... da chi vanno, benedetti figlioli? Se muore il marito, la moglie da chi va? Se capita un disastro familiare: da chi si va? Noi siamo gli uomini di Dio e perciò dobbiamo essere a disposizione delle anime: ecco la carità. Perciò, non belle parole scritte sulla porta della chiesa o su certe riviste, ma carità mostrata specialmente nella donazione, nel sacrificio: ecco l’amore di Dio! Devo essere innamorato di Dio in questo senso: “Signore, eccomi qua. Io desidero consumarmi per te”.PREGHIERA meditazione, contemplazione
EUCARISTIA adorazione
EUCARISTIA tabernacolo
APOSTOLO F.A.
MONDO
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
CREATO
PREGHIERE di donazione
FAMIGLIA papà
PREGHIERA sentimentalismo
CARITÀ
NOVISSIMI paradiso
CONSACRAZIONE disponibilità
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO
CARITÀ
Antonio Pernigotto, prima di entrare in Congregazione, lavorava come agricoltore nel suo podere assieme ai suoi familiari.
MI191,4 [16-06-1967]
4 Quante volte abbiamo detto che dobbiamo essere come la lampada del Santissimo che si consuma solo per il Signore! Qui, dinanzi al tabernacolo, guardando quella lampada del Santissimo, dobbiamo sentire il desiderio di essere anche noi come quella lampada: “Signore, quella lampada è stata accesa per te e si consuma tutta per te. Anch’io, Signore, voglio consumarmi interamente, proprio completamente per te. Non m’importa se in America Latina, se a Vicenza, se a Crotone, se superiore o primo o ultimo, se con trionfi o senza trionfi, purché mi consumi solo esclusivamente per te, come vuoi tu: non come voglio io, ma come vuoi tu”. È importante avere questa disponibilità: “Come vuoi tu! E questo nel trionfo o nell’umiliazione, purché sia come vuoi tu!”. Fratelli, bisogna che ci accendiamo di questo amore, che ci carichiamo di questo amore, perché se non siamo carichi di questo amore non possiamo portarlo in mezzo alle anime, e se andiamo in mezzo alle anime senza questo amore, senza questo fuoco, sarebbe come andare ad accendere una candela con lo stoppino spento. Quante volte abbiamo detto: “Come è possibile andare ad accendere una candela con lo stoppino spento?”. Che cosa si può fare oggi nel mondo? Portare chiacchiere? Ne sentono anche troppe di chiacchiere nel mondo! Portare riforme sociali? Non facciamo niente se queste riforme sociali non sono incendiate di questo amore di Dio, se non portano il timbro dell’amore di Dio. Perciò mi pare che don Poppe sia un esempio meraviglioso quando scrive queste parole: “Voglio portare il fuoco! Che s’accenda questo fuoco!”. Non dovete fare come Santa Maria Maddalena de’ Pazzi che di notte si alzava e andava in giro per il convento gridando: “L’Amore non è amato!”; non dovete fare questo, per carità, perché qualcuno non vi rincorra con la scopa, ma dovremmo anche noi fare come l’industriale che si sveglia di notte e pensa alla sua industria e ai suoi affari, o come l’agricoltore - vero Antonio ? - che pensa alla sua campagna e apre la finestra della camera per vedere se c’è il sole per poter andare ad arare e a seminare. La vita dell’apostolo deve essere così. È così bello sentire che i nostri interessi sono quelli di Cristo! È così brutto che qualche volta l’apostolo faccia quasi l’impiegato: “Adesso bisogna fare il prete, e adesso, invece, sono libero”!CONSACRAZIONE immolazione
CONSACRAZIONE offerta totale
EUCARISTIA tabernacolo
PREGHIERE di donazione
CONSACRAZIONE disponibilità
VOLONTÀ
di DIO
VOLONTÀ
di DIO abbandono alla...
DIO
APOSTOLO F.A.
ESEMPI F.A.
MONDO
SOCIETÀ
ESEMPI di Santi
ESEMPI apostolo
MI191,5 [16-06-1967]
5 Anche ieri sera siamo restati tutti con don Marcello per un’ora, e il nostro argomento era le anime, la vita apostolica: non abbiamo altro e non dobbiamo avere altro. Per l’apostolo, sia per quelli che sono in parrocchia, sia un domani per voi che siete nel Chaco, sia per noi che siamo qui, i problemi devono essere gli stessi: la nostra preparazione e la nostra santificazione, la ricerca di vocazioni, l’aiuto ai fratelli con il sacrificio e con la preghiera, e anche con i soldi se è necessario. Siamo in battaglia e durante la battaglia si pensa solo alla battaglia, e perciò, di notte e di giorno questo amore di Dio deve farci divenire industriosi, deve scuoterci e muoverci. Dobbiamo sentire che stiamo lavorando per una causa santa, per la causa dell’amore di Dio: ecco il fuoco! In caso contrario siamo degli stazionari, dei malati, dei funzionari che aprono la chiesa a una data ora e poi tutto è finito, perché quando hanno detto la Messa è tutto a posto. Se il nostro apostolato si riduce a questo è meglio che ci buttiamo nell’Astichello! Ricordatevi che fa più un don Poppe che ha avuto otto anni di sacerdozio, quattro da sano e quattro da malato, ma riempiendo il Belgio e il mondo delle sue opere perché aveva spirito di sacrificio e il cuore pieno di amor di Dio, che tanti apostoli che sono solo dei funzionari. Saltiamo avanti un pochino.APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO
MISSIONI
PASTORALE parrocchia
CONSACRAZIONE santità
APOSTOLO animazione vocazionale
PENITENZA sacrificio
PREGHIERA
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
APOSTOLO F.A.
EUCARISTIA S.Messa
Il riferimento è all’assistente Antonio Ferrari, in partenza per il Chaco (Argentina), che godeva di una salute di ferro e aveva una solida corporatura.
MI191,6 [16-06-1967]
6 “C’era in lui una sproporzione irriducibile tra l’anima grande e travolgente e il corpo troppo gracile a sorreggerla”. Avete osservato? Tante volte - non è il caso del nostro caro Antonio - il Signore si serve di gente che vale due soldi come salute, di persone che dovevano morire prima di essere preti o qualcosa del genere, per fare cose grandi e, magari gente sana - lo diciamo ad Antonio che stia in dieta e così fra poco peserà trenta chili... vanno apposta a curarsi nel Chaco perché là c’è caldo - non riesce a realizzare nulla. Il Signore si serve magari di chi ha pochi talenti per sconvolgere le cose del mondo. Prendiamo come esempio i primi della classe dei nostri anni: i primi della classe erano quelli che generalmente avevano tutti dieci e ‘maxima cum laude’ e sono quelli che poi a volte non hanno realizzato granché. Quante volte è accaduto! Il Signore prende chi vuole lui, e si può dire che con le cose piccole, con le cose veramente inadeguate vuole sconvolgere lui, vuole fare lui la rivoluzione. Perciò bisogna sentirsi nelle mani del Signore! Guardate anche l’esempio di quest’uomo, morto a soli trentatré anni. “Il 10 giugno 1924 moriva a trentatré anni. Tutto il Belgio ne fu commosso. Migliaia di persone furono al suo funerale, trasformandolo in un’apoteosi. Il card. Mercier diceva: “Io l’invoco come un santo e spero che la Chiesa un giorno lo glorificherà”. La glorificazione di don Edoardo Poppe sarà una grazia grandissima offerta al clero, che troverà in lui un fraterno e validissimo modello. Ed, oltre tutto, un modello simpatico”.VIRTÙ
umiltà
DIO
SACERDOZIO
DOTI UMANE talenti
ESEMPI di Santi
Battuta frequente di don Ottorino che per ‘collegio maschile’ intendeva il ‘porcile’: in dialetto veneto maiale si dice màs’cio, ma anche per dire ‘maschio’ viene usato lo stesso vocabolo.
“Fabioco”: termine intraducibile del dialetto veneto che significa “uno che si comporta come un citrullo”; il classico babbeo.
Il riferimento è sempre all’assistente Antonio Zordan, che era in partenza per il Chaco e che era stato per alcuni anni nella Comunità di Crotone lavorando soprattutto tra i giovani.
MI191,7 [16-06-1967]
7 Voglio commentare questa espressione: “un modello simpatico”. Non dobbiamo intendere la parola ‘simpatia’ in senso umano, che vuol dire ricerca di qualcosa o di qualcuno che venga a saziare la nostra parte umana. Quando a tavola si presenta un pranzo bisogna preparare la tavola decorosamente. Non puoi presentare una pastasciutta e un pollo arrosto su una tavola del ‘collegio maschile’ , sporca e unta; è meglio allora pane e formaggio, ma su una tavola pulita. Per servire le portate ci vuole anche un vassoio, senza lusso, ma con pulizia e decoro. Noi portiamo un messaggio che non è nostro, è il messaggio di Dio, e bisogna ricordare questa realtà. Quando giorni fa don Marcello faceva la processione con il Santissimo e portava il Santissimo non poteva andare con la tuta o in qualche altro modo poco decoroso: portava il Santissimo e andava con le vesti sacre. È chiaro che se tu fai la processione e porti il Santissimo ti metti in una forma diversa di quando vai a lavorare in officina. Ora, figlioli miei, noi stiamo portando un messaggio al mondo: non si può andare con certe vestaglie che si usano in officina a portare il Santissimo in giro per il mondo, non si può. Noi portiamo un messaggio e la nostra veste esterna - parlo di veste come del complesso della nostra presenza - deve essere tale che non sia indegna di questo, anche se non saremo mai degni e la nostra veste non sarà mai adeguata al messaggio che portiamo. Lo abbiamo detto tante volte: piacere a Dio e non dispiacere agli uomini; cioè dobbiamo avere la preoccupazione di piacere a Dio e di non dispiacere agli uomini. Mi pare che questo sia un nostro dovere. Non possiamo trascurare la parte umana; il nostro modo di presentarci deve offrire un ‘modello simpatico’. Anche il cardinale Montini, quando faceva le sue ‘Istruzioni al Clero’, quante volte ha insistito su questo punto, quante volte ha detto che bisogna sforzarsi di essere presentabili, per cui a un dato momento uno possa dire: “C’è gusto a stare insieme con quell’apostolo”! Perciò anche nelle case di formazione bisogna togliere via tutto quello che è di ostacolo a questo e con la correzione fraterna aiutarci a togliere qualche spigolo, qualche angolo, qualche modo di fare, di brontolare, di arrabbiarci e di litigare. La parte umana non significa essere ‘fabiochi’ , ma vuol dire avere la carità. Don Marcello, vuoi dire una parolina su questo punto? È giusto o non è giusto? Queste cose che dico sono sbagliate? Dico male? Queste cose sono o non sono importanti nel campo apostolico? Perché i fedeli vedono anzitutto l’uomo. Parliamo di Crotone perché è stata la nostra prima missione, dove per prima cosa guardano l’uomo. Ricordo quante volte l’ho detto a voi, scusate se tiro fuori questo problema, ma tutti lo sanno, anche Antonio , e non la dico perché è presente don Marcello, anzi queste cose le ho sempre tirate fuori. Quante volte ho tirato fuori queste cose? Io ho già narrato il fatto del comunista che vi ha detto quando siete andati giù: “Tornatevene lassù perché questo non è il vostro posto”, e dopo poco tempo ha invece detto: “Siete preti, ma non siete preti come gli altri!”. Non ha detto così, pressappoco: “Voi non siete come gli altri!”? Ma io vorrei domandarvi: questo è successo perché pregavate o perché vi presentavate in forma umana? È stata la parte umana che ha colpito quell’uomo: è o non è vero? La carità, la bontà, il volersi bene, questo atteggiamento umano, vorrei dire l’essere simpatici alla gente.CREATO
APOSTOLO uomo
APOSTOLO ambasciatore di Dio
EUCARISTIA
FAMIGLIA papà
MONDO
ESEMPI apostolo
DIO
VIRTÙ
APOSTOLO
FORMAZIONE case di formazione
COMUNITÀ
correzione fraterna
PECCATO difetti
CARITÀ
MISSIONI
Cfr. 2 Timoteo 4, 2.
MI191,8 [16-06-1967]
8 Non commettiamo l’errore di portare la parola simpatico nel campo umano, materiale, brutto. Gesù Cristo era una persona simpatica. Sì o no? E Papa Giovanni era simpatico, non perché era magro, in linea, tanto che una signorina poteva innamorarsi di lui perché era bello; no, no, perché non era attraente. Perché allora? Perché c’era qualcosa che creava la simpatia, prescindendo da quello che era l’aspetto fisico. Era così e si presentava in una forma simpatica. E così dobbiamo essere anche noi. E allora sono disposti a ricevere il messaggio che portiamo. Quante volte ho insistito sulla parte umana, e voi i più grandi, i collaboratori più anziani, gli assistenti dovete battere ‘opportune et importune’ sulla formazione umana degli apostoli. È l’atto più grande di carità che possiamo fare a un fratello fargli notare se c’è qualche carenza su questo punto, sulla parte umana. Bisogna saper suscitare un senso di simpatia nella gente con il saper salutare, con il saper essere educati, dando il sorriso, in modo che Gesù sia contento di come lo rappresentiamo in mezzo agli uomini. Noi dobbiamo rappresentare Cristo, l’abbiamo detto alcune mattine fa: noi dobbiamo sforzarci di essere Cristo. Lo diceva don Poppe: “Io devo essere Cristo!”. Non facciamo fare brutta figura a Cristo: non si può pensare a un Cristo antipatico, a un Cristo brontolone, a un Cristo nervoso, a un Cristo lunatico, a un Cristo che bisogna vedere che giornata ha altrimenti non si può avvicinare, a un Cristo che perché gli va storta una cosa fa stare male tutta la Comunità. Che razza di Cristo sarebbe stato quello? Perciò Cristo dobbiamo rappresentarlo bene. Don Poppe era “oltre tutto un modello simpatico”.GESÙ
CREATO
CREATO corpo
DOTI UMANE
FORMAZIONE
APOSTOLO uomo
CARITÀ
amore al prossimo
COMUNITÀ
confratelli
DIO
FORMAZIONE educazione
APOSTOLO
CONSACRAZIONE
VIRTÙ
Lovanio, cittadina del nord del Belgio, possiede un’antica e famosa università che fu fondata dal Papa Martino V nel 1425, su richiesta del duca di Brabante, che voleva attirare verso la capitale del suo ducato i giovani sudditi che si recavano a studiare a Colonia o a Parigi.
Don Ottorino celia perché Saviabona era una delle zone più povere e socialmente degradate di Vicenza, dove certo non brillava la cultura
Nel testo registrato don Ottorino ripete per due volte la stessa formula: “... con una pagnotta grossa così...”. Probabilmente alla parola ‘così’ seguiva un gesto che quantificava la pagnotta di pane attraverso l’immagine che ne dava con la mimica delle mani.
MI191,9 [16-06-1967]
9 “Don Poppe era dotato di una intelligenza ricca e versatile. A Lovanio si era laureato in filosofia summa cum laude”. Solo alle fine di tutte queste meditazioni vien fuori che era laureato in filosofia ‘summa cum laude’. Questa laurea in filosofia l’aveva presa perché il Signore gli aveva dati tanti talenti. Il Santo Curato d’Ars, poverino, non sarebbe arrivato a laurearsi a Lovanio, forse a Saviabona , ma non certo a Lovanio. Però avete visto come il nostro caro autore ha messo in luce prima l’uomo di Dio, l’uomo congiunto con Dio, e poi l’uomo che ha trafficato i suoi talenti. E lo dice quasi in forma marginale. Don Poppe aveva cinque talenti e ne ha restituito dieci; il Santo Curato d’Ars ne aveva uno e ne ha restituito due, e il Signore ha fatto cose grandi con il Santo Curato d’Ars e grandi cose con questo sacerdote. Però, per prima cosa, dobbiamo essere convinti di quello che dobbiamo essere nei nostri rapporti con Dio: donati interamente a Dio! E poi trafficare i talenti a seconda di quelli che il Signore ha dato, perché il Signore ha stabilito di mettere uno in una stanza più grande e uno in un’altra stanza, e allora ognuno è lampada, ma nel posto dove il Signore lo vuole. E forse rende di più quello che ha ricevuto un talento che non quello che ne ha ricevuto cinque, perché il Signore si serve di quello che vuole lui: magari di una pagnotta grossa per dare da mangiare a cinque persone e di una pagnotta piccola per dar da mangiare a cinquemila. “Ego Dominus”: il Signore è lui, e fa quello che vuole lui. “Godeva di una rara comunicativa nella parola e negli scritti. D’un carattere schietto, socievole che gli guadagnava subito le amicizie e la confidenza”. “La comunicativa” è un dono di Dio; il “carattere schietto” invece bisogna farselo. Se uno non ha il dono della parola facile, pazienza, pazienza! Faccia quello che può; però costruirsi un carattere schietto, questo sì bisogna farlo. Bisogna avere onestà, dire bianco al bianco e nero al nero, non giustificarti: “Mah, sì, qua, là, sotto, sopra...”. Hai sbagliato? Di’: “Ho sbagliato!” e basta, bianco al bianco e nero al nero. Lealtà, lealtà! Lealtà in Comunità, lealtà fuori di Comunità! Arrivi in ritardo cinque minuti? Non tirar fuori tante storie, ma riconosci sinceramente: “Mi sono preso a letto”. Non inventare tante scuse. Sbaglio, signori? Lealtà, lealtà, prima bisogna essere uomini e riconoscere: “Sono stato un lazzarone, un pelandrone; ho sbagliato e basta! Don Aldo, don Marcello, don Guido, ecco, sono così e basta!”. Lealtà, perché, la gente si accorge se siamo leali o no. Ma non dobbiamo farlo solo perché la gente se ne accorga, ma perché il Signore vuole così.DOTI UMANE talenti
APOSTOLO uomo di Dio
ESEMPI talenti
CONSACRAZIONE offerta totale
DIO
DOTI UMANE amicizia
FORMAZIONE educazione
PAROLA DI DIO
VIRTÙ
VIRTÙ
umiltà
Nel Comune di Torreglia di Padova, sulla cima del Monte Rua a circa 400 metri di altezza, sorge l’antico eremo della SS. Annunziata di Monte Rua. In esso vive una Comunità di Eremiti Camaldolesi di Monte Corona, dediti alla contemplazione in un deserto claustrale completo.
MI191,10 [16-06-1967]
10 “D’un carattere schietto, socievole che gli guadagnava subito le amicizie e la confidenza”. “Socievole”: guardate dentro di voi se siete socievoli; guardate che non facciamo tanti piccoli carmeli chiusi, che in una Comunità di sei persone non ci siano sei monasteri. Se volete realizzare la santità individuale, andate a Monte Rua , ma non con noialtri: qui c’è la santità collettiva. L’abbiamo detto tante volte: santità collettiva! Dobbiamo farci santi insieme, e dopo aprire le porte della canonica ed essere santi insieme; poi aprire le porte della parrocchia ed essere santi insieme con la diocesi; aprire le porte della diocesi ed essere santi insieme con tutta la Chiesa; e se ci sono uomini anche sulla luna, anche con quelli dobbiamo essere santi insieme! Dico male? Perciò dobbiamo realizzare questo sentirci fratelli: non può rimanere ognuno seduto al suo piccolo tavolino, ma tutti seduti a una tavola unica. Nelle nostre Comunità non deve capitare che uno arrivi a casa, magari stanco, e gli altri restano rinchiusi nel loro piccolo mondo, ritirati nella loro cella. No, siamo fratelli! In una famiglia arriva a casa un figlio e la mamma subito lo avvicina: “Ehi, Antonio, com’è andata la giornata oggi? Come stai? Dove sei stato?”. Si deve sentire anche nelle piccole cose, nelle cose materiali, che siamo una famiglia. Siete in sei in una Comunità? Se arriva a casa uno, e non importa che sia il superiore, sia don Marcello, ma può essere anche il più giovane, si deve vedere che gli altri cinque sono con le braccia aperte ad accoglierlo. Dico male? E questo si deve vedere nel lavoro apostolico, ma anche in casa nell’alzarsi a fare servizio, nel portare via un piatto... e questo anche se c’è da fare un lavoro senza dire: “Io ho finito e tu arrangiati!”. No, siamo fratelli; si veda insomma che siamo fratelli; vorrei dire che per aiutarsi quasi dovrebbe esserci una gara uno con l’altro. “D’un carattere schietto, socievole che gli guadagnava subito le amicizie e la confidenza. Pur impegnato in un ascetismo eroico, nel tratto, non aveva nulla del santificetur”.COMUNITÀ
ESEMPI comunità
CONSACRAZIONE santità
SLOGANS comunità
PASTORALE parrocchia
CHIESA
GRAZIA Corpo Mistico
COMUNITÀ
confratelli
VIZI superbia
VIZI egoismo
FAMIGLIA mamma
FAMIGLIA figli
COMUNITÀ
superiore
COMUNITÀ
Adolfo Soprana era stato allievo del seminarietto negli anni in cui il chierico Ottorino era prefetto, e continuava ad essere amico di don Ottorino e di tutta la Congregazione.
MI191,11 [16-06-1967]
11 Ah, che bello, ragazzi! Se anche noi prendessimo questa strada... Io ormai ho fatto fiasco, ma sarebbe bello se voi riusciste ad essere così con questa apertura, questa gioia! Vorrei che aveste la santità come i grandi santi, come i grandi asceti, ma senza teste storte, anche perché non sono più di moda. La gente vuole vedere l’uomo come loro, semplice. Questo è l’ascetismo che aveva don Poppe: aveva un ascetismo che era eroico. L’abbiamo visto nei giorni scorsi. Allo stesso tempo, però, era naturale: gli uomini non vogliono vedere gente imbellettata, dipinta... no, no, no! La gente vuole cose genuine, alla gente piace quello che è semplice. “Era abitualmente sorridente e c’è chi ricorda ancora certi scherzi originali e di buon gusto. In una foto del 1915, seduto al centro di un gruppo di seminaristi, è il più allegro di tutti e, in quel sorriso tra birichino e burlesco, si rivela il compagnone impareggiabile: come vorremmo vedere diffusa quell’immagine lì a differenza di altre!”. Quante volte vi ho detto che se andassi in Paradiso e vedessi gente imbronciata, tornerei indietro! Quante volte vi ho detto che se si sposa una vostra sorella e vostra mamma va a trovarla e la vede in casa seria, certamente le chiede: “Non sei contenta di essere sposata? Che cosa hai?”; se invece la vede contenta, la mamma torna a casa contenta anche lei. Ci siamo donati al Signore e la gente deve vedere che siamo contenti di esserci donati al Signore. Altrimenti a un dato momento capita quello che mi ha detto Soprana : “Viene in negozio anche qualche prete, ma si vede subito che qualcuno di loro non è contento e si intuisce che se potesse tornerebbe indietro volentieri”. Figlioli, non diamo alla gente questa brutta impressione di essere quasi pentiti di avere fatto la nostra offerta al Signore. Offriamo la nostra vita con gioia, offriamola con prontezza, anche quando abbiamo la croce, perché lo sappiamo già che ci saranno delle croci. Anche le nostre buone mamme avevano le loro croci: chiedete alle vostre mamme se non è vero. Guardiamo alla mamma di don Marcello, poverina, con tutti i figli che ha avuto e che ora è rimasta sola con il marito. Domandate quanto hanno sofferto, quanto hanno patito le nostre buone mamme, quella di Vinicio, quella di Ferrari, tutte... ma domandate loro anche come hanno fatto a saper soffrire così: come sapevano soffrire queste mamme! Come erano pronte ad accettare la sofferenza: “Bene, bene; se il Signore vuole così... Speriamo nel Signore... Lui, poveretto, ha sofferto di più sulla croce! La Madonna, poverina, ha sofferto di più! Ben, bene, che cosa vuole farci, Maria, pazienza... D’altra parte non si può andare in Paradiso in carrozza!”. Bisogna che impariamo a portare la croce col sorriso, con senso di rassegnazione cristiana, con fede, sapendo che con la croce stiamo collaborando con Cristo per salvare le anime.APOSTOLO
CONSACRAZIONE santità
APOSTOLO uomo
APOSTOLO testimonianza
PREGHIERA sentimentalismo
VIRTÙ
semplicità
NOVISSIMI paradiso
FAMIGLIA mamma
FAMIGLIA figli
CONSACRAZIONE offerta totale
SACERDOZIO prete
FAMIGLIA papà
CROCE sofferenza
GESÙ
crocifisso
MARIA
CHIESA cristianesimo
Questa frase viene attribuita a un contadino di Ars, a cui il Santo Curato aveva chiesto cosa facesse davanti al Santissimo, senza dire parola alcuna.
MI191,12 [16-06-1967]
12 E terminiamo con le ultime parole. “Solo i santi, soleva dire, lasciano una traccia; gli altri fanno solo del chiasso e nulla lasciano dietro di sé”. Cari fratelli miei, in qualunque parte il Signore abbia stabilito di portarvi, ricordatevi di una cosa sola: “Solo i santi lasciano una traccia, gli altri fanno solo del chiasso...”. Credo che non siamo in un tempo in cui vale la pena di far chiasso: ce ne sono già tanti che nel mondo fanno del chiasso! Oggi bisogna lasciare la traccia di Cristo: Cristo deve lasciare la sua traccia, e il Cristo ha scelto degli uomini per lasciare la sua traccia, e noi siamo responsabili di questo. E saremo santi se giorno per giorno faremo bene il nostro dovere, in unione con Dio, con gioia, con serenità, amanti del sacrificio, pronti ad immolarci per lui, assetati di lui e di portare l’amore di Dio nel mondo. “Alla luce dei suoi esempi, i sacerdoti potranno persuadersi che un grande dilemma s’impone, oggi particolarmente, di fronte alla loro missione: o la preghiera o la deriva!”. Perciò, se solo i santi possono lasciare una traccia, per essere santi non c’è che una strada: la preghiera. Se non si prega non c’è che un’altra strada : andare alla deriva. Per resistere alle lusinghe del mondo, vorrei dire anche alle distrazioni del mondo, a tutto l’insieme delle cose del mondo, per poter portare l’Assoluto in mezzo a questo mondo così materialista non c’è che un mezzo: essere carichi di Dio, caricarsi di Dio, e ci carichiamo di Dio, fratelli miei, solo con la preghiera, con la meditazione. “Lui mi guarda e io lo guardo.” Monsignor Volpato diceva: ‘la cura del sole’. Occorre una preghiera di fede: in stanza mi fermo, parlo con lui e lui parla con me. Soltanto se noi pregheremo, se sentiremo il bisogno della preghiera, anche quando non si prova il gusto, anche se c’è aridità e freddezza ma c’è la convinzione che senza di lui non facciamo niente, allora portiamo l’amore di Dio alle anime. Senza di lui siamo cisterne vuote. È inutile che facciamo viaggio da qui all’Italia meridionale per portare una cisterna che dovrebbe essere piena di nafta, e arrivati si scopre che è piena di aria. Questo è agire da stupidi, da insensati! Non è vero, Antonio Zordan? Prendo una cisterna e la portiamo giù, la aprono ed è vuota, dentro non c’è niente: e allora che cosa portiamo? Dobbiamo portare la cisterna piena, altrimenti è inutile. E come sarà piena questa cisterna? Soltanto se preghiamo, perché solo Dio può riempire la nostra cisterna. Io vi faccio l’augurio che possiate essere sempre cisterne piene di Dio, in modo che quando arriverete nel campo apostolico e le anime verranno ad aprire il rubinetto non restino deluse e dicano: “Che cosa ci avete portato: aria? Ci avete imbrogliati!”.CONSACRAZIONE santo
CONSACRAZIONE santità
APOSTOLO testimonianza
MONDO
CREATO
CONSACRAZIONE
APOSTOLO
VOLONTÀ
di DIO
DIO amore a Dio
GESÙ
unione con...
PENITENZA sacrificio
CONSACRAZIONE immolazione
APOSTOLO F.A.
PREGHIERA
CROCE tentazioni
PREGHIERA meditazione, contemplazione
APOSTOLO vita interiore
EUCARISTIA cura del sole
VIRTÙ
fede
PREGHIERA unione personale con Dio
CROCE aridità
APOSTOLO salvezza delle anime
ESEMPI apostolo
DIO