S. E. monsignor Alfredo Ancel, vescovo ausiliare di Lione e superiore generale dei preti del Prado, tenne molte conferenze e corsi di esercizi spirituali in vari paesi. Il libro citato, A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Editrice Trevigiana Treviso 1966, contiene le meditazioni tenute da monsignor Ancel durante un corso di esercizi spirituali per i sacerdoti della diocesi di Treviso, dettato nel luglio del 1962, presso la casa del Sacro Cuore di Possagno (TV).
“Ab imis” è un’espressione latina che significa: “Dalle profondità del cuore”.
A questo punto don Ottorino propone alcuni attimi di silenzio per favorire il contatto personale con il Signore.
MI205,1 [7-11-1967]
1 A Dio piacendo incominciamo la meditazione questa mattina, però giovedì, con molta probabilità, non ci sarò perché stamattina parto per Roma e spero di essere a casa domani sera o al massimo giovedì; se sono a casa domani sera, faremo la meditazione anche giovedì mattina, altrimenti rimanderemo a un altro giorno. Quest’anno vorrei prendere come guida delle nostre meditazioni un libro edito dalla Trevigiana, Il sacerdote secondo il Vangelo, di monsignor Ancel. Voi avete sentito parlare più di una volta di questo santo vescovo e sapete che vive secondo lo spirito del Vangelo, che cerca di iniettare negli altri questo spirito evangelico. Questo vescovo ha predicato molti corsi di esercizi spirituali ai sacerdoti invitandoli a vivere secondo lo spirito evangelico, e ha predicato anche a Treviso. Ne è uscito questo libro che raccoglie le sue meditazioni sul Vangelo. Io penso che se quest’anno facciamo una bella revisione della nostra vita alla luce del Vangelo seguendo il metodo di un corso di esercizi spirituali, sarebbe una revisione ‘ab imis’ , e penso che sarebbe una grazia del Signore, anche perché potremmo allora tutti insieme vedere se la nostra vita corrisponde al Vangelo. La nostra Congregazione corrisponde al Vangelo? Formiamo tutti una famiglia, per cui negli impegni di vita o in altre circostanze ciascuno potrebbe dire: “Secondo me, il nostro andare avanti così non corrisponde al Vangelo”. Tutti siamo qui per costruire, per aiutarci, per fare in modo che la Congregazione sia come la vuole il Signore. Mentre faremo queste meditazioni, mentre cercheremo di avere questo contatto con il Signore individualmente, vediamo poi durante quest’anno di avere un contatto con il Signore anche comunitariamente, e domandarci: “Signore, sei contento di me? Sei contento della nostra Congregazione? C’è qualcosa, Signore, che secondo te non va?”. Se sentite qualche cosa, non mettetevi in spirito di critica perché questo non piace al Signore, ma in spirito di costruzione: avvicinate qualcuno di più vecchio, discutete in due o tre fra di voi su questo tema per vedere se avete preso un abbaglio o no, e poi avvicinate i responsabili o domandate in pubblico, perché così si costruisce la casa. E adesso, prima di partire, ci mettiamo un istante in contatto con Dio; siccome entriamo in casa sua, cerchiamo che sia un contatto più forte di quello degli altri giorni. Procedamus!CHIESA Vescovo
CONVERSIONE esame di coscienza
COMUNITÀ
critica
COMUNITÀ
dialogo
PREGHIERA unione personale con Dio
Don Ottorino non legge nel libro di mons. Ancel, ma riassume con parole proprie il suo pensiero.
Forse, don Ottorino, vuol dire che il codice ha fissato l’obbligo degli esercizi spirituali per i sacerdoti come mezzo di santificazione.
Cfr. Atti 1, 8.12-14.
Le citazioni del libro di mons. Ancel, tratta dalle pagg. 12-13, vengono sempre riportate in corsivo, senza ulteriori richiami.
MI205,2 [7-11-1967]
2 Rivolgendosi a sacerdoti per un corso di esercizi spirituali, monsignor Ancel dice questo: “Portiamoci nel Cenacolo dove gli Apostoli hanno fatto il primo corso di esercizi spirituali e analizziamo il loro atteggiamento spirituale durante questo corso: il loro, infatti, è il primo corso di esercizi spirituali. Sono riuniti a pregare in attesa dello Spirito Santo”. È stato stabilito anche dal codice di diritto canonico: per ricevere lo Spirito Santo bisogna prima fare questo! Il Signore Gesù ha stabilito: “Radunatevi e state in preghiera”. E questo vescovo dice che l’atteggiamento spirituale degli Apostoli era triplice: “1) Gli Apostoli, durante il loro ritiro, avevano veramente coscienza della loro responsabilità apostolica; 2) avevano il senso delle loro deficienze e della loro incapacità; 3) erano ripieni di fiducia”. Io vorrei considerare la nostra permanenza nella Casa dell’Immacolata, nella casa di formazione, come il vivere in un cenacolo, dove il Signore ci ha messi per prepararci alla nostra vita apostolica. Vorrei dire direi alla “vostra”, perché ormai la mia... comunque, diciamo la “nostra” perché la gioventù è sempre davanti. Il Signore ci ha chiamati qui per prepararci alla vita apostolica, per darci, vorrei dire, una pienezza di Spirito Santo e per poi lanciarci dove vorrà. L’atteggiamento spirituale degli Apostoli dovrebbe trovare una risonanza nell’atteggiamento nostro e viceversa. Perché? Perché anche noi, come gli Apostoli, abbiamo davanti allo sguardo un lavoro come avevano loro. Proviamo perciò a penetrare questi tre punti e vediamo di metterci al posto degli Apostoli e di imitarli nella paura, ma di imitarli anche nel coraggio; di imitarli un pochino nell’atteggiamento interno, ma anche nell’azione esterna.DIO Spirito Santo
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
FORMAZIONE
Tutta la citazione finale di mons. Ancel è tratta da Mt 28,18-20.
Il riferimento è ai primi missionari della Congregazione partiti proprio un anno prima per il Guatemala.
L’allusione di don Ottorino è alla vespa ’50 che don Matteo Pinton e Giorgio Girolimetto usavano per frequentare l’università Gregoriana a Roma.
MI205,3 [7-11-1967]
3 Incominciamo senz’altro col primo punto. “Coscienza della loro responsabilità. È certo che gli Apostoli conservavano nel loro cuore il ricordo delle parole che Gesù aveva loro detto prima di lasciarli. Troviamo queste parole specialmente in San Matteo e in San Marco”. Gli Apostoli sono nel Cenacolo e allora dicono: “Beh, riflettiamo su quello che ci ha detto Gesù”. “Gesù aveva dunque riunito i suoi Apostoli attorno a sé sul Monte degli Olivi, come aveva loro promesso, ed ecco come li invia in missione: “Gesù, avvicinatosi, parlò loro dicendo: A me fu dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate, dunque, istruite tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, e del Figliolo e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. È un bel discorso, però se io avessi preso don Gianni Rizzi e compagni e avessi detto: “Sentite, nel nome del Signore vi mando in tutto il mondo: andate ed insegnate a tutti gli uomini quello che avete imparato nella Casa dell’Immacolata”, io non avrei potuto dire: “Sarò con voi fino alla fine”, ma avrei potuto dire: “Il Signore Gesù sarà con voi”. Ecco la missione degli Apostoli! Gli Apostoli non erano abituati a viaggiare in treno e neanche in aereo, e neanche con il cinquantino ; erano abituati a vivere nella loro piccola nazione dalla quale forse non erano mai usciti. Questi benedetti Apostoli ricevono da Gesù, in nome del Padre, nient’altro che l’ordine di andare ad evangelizzare il mondo intero, di istruire tutte le nazioni. Sembrerebbe una cosa da matti! “Andate e istruite tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutto ciò che vi ho comandato. Vi ho comandato di volervi bene? Insegnate loro ad osservarlo. Vi ho comandato di perdonare? Insegnate loro ad osservare questo comandamento. Quello che ho comandato a voi dovete insegnarlo a loro: dovete battezzarli e insegnare loro queste cose. Non abbiate paura perché sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
GESÙ
Don Ottorino si riferisce alla parrocchia di Araceli dove era stato inviato come cappellano nel 1940 dopo l’ordinazione sacerdotale.
Nelle antiche mappe geografiche romane erano segnati i confini meridionali dell’impero romano, che corrispondevano agli odierni stati dell’Egitto, del Sudan settentrionale, della Libia, della Tunisia e dell’Algeria, e il resto del territorio sahariano e africano veniva liquidato con l’espressione: “Hic sunt leones”, questi sono i territori in cui vivono i leoni, come a dire: sono territori che non ci interessano.
Don Ottorino si riferisce al recente viaggio che aveva fatto in America Latina, accompagnato da Zeno Daniele, per visitare le Comunità del Brasile, dell’Argentina e del Guatemala.
Forse il riferimento è a Giovanni Orfano, che frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.
L’espressione evangelica è presa da Mc 16,15-16.
MI205,4 [7-11-1967]
4 Fratelli, questo comando che Gesù ha dato agli Apostoli lo ha dato anche a noi. Queste parole: “Sarò con voi fino alla fine del mondo”, oggi sono riservate a noi. Duemila anni fa questa parola era riservata a loro, adesso è riservata a noi: il Signore Gesù è con noi, però noi abbiamo davanti allo sguardo la stessa missione degli Apostoli. Non possiamo dire: “La mia missione è riservata qui, è questa qui!”. Io non posso dire: “Sono cappellano ad Araceli e perciò la mia missione si esaurisce qui. I confini sono Anconetta, Cavazzale, Laghetto... Quelli al di là. “Hic sunt leones” , di là ci sono i leoni. Faccio un segno: “Hic sunt leones”, e di quelli di là a me non interessa niente!”. No, a me interessa, perché se un domani si scopre che sopra la luna ci sono uomini, mi interessano anche quelli. “Andate”! Se alcuni sono partiti in barca e sono andati in qualche luogo, allora a me devono interessare anche quelli e la mia responsabilità e la mia missione vanno fino a quelli che sono sulla luna. Caro Zeno, quando noi passavamo in aereo e guardavamo giù, quante volte questo povero prete dall’alto diceva: “Io sono responsabile di tutta questa gente. Io devo fare qualcosa”. La prima volta che sono partito in aereo ho preso paura pensando a questa responsabilità; pensavo che il mondo fosse più piccolo e invece ho visto che era grande. Andando a Crotone, le prime volte che andavo a Crotone dicevo: “Andiamo a Crotone. Là abbiamo una parrocchia, anche grande in realtà, ma quante ce ne sono da Roma a Crotone?”. Passavo sopra la Sila e vedevo villaggi e paesi e mi chiedevo: “E questa gente? Io devo fare qualcosa!”. “Un pezzettino per ciascuno,” si potrebbe dire. No, io devo fare qualche cosa perché il Signore me l’ha comandato. Caro Giovanni , sono cose d’aver paura. Gli Apostoli si erano rinchiusi nel Cenacolo per la paura che avevano e dicevano tra loro: “Il Signore Gesù ci ha comandato di andare in tutto il mondo. Come facciamo?”. “Taci, taci. - avrà detto Pietro - Ma come facciamo?”. “Per completare questo testo vi citerò anche quello che troviamo in San Marco: “Poi disse loro: Andate nel mondo intero e predicate l’Evangelo a tutta la creazione. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà sarà condannato”.APOSTOLO missione
GESÙ
AUTOBIOGRAFIA Araceli
AUTOBIOGRAFIA
Motto programmatico del pontificato del santo Papa Pio X, tratto dall’espressione paolina di Efes 1,10: “... instaurare omnia in Christo, quae in caelis et quae in terra sunt”.
Raffaele Testolin frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.
MI205,5 [7-11-1967]
5 Io non so come la pensiate voi, ma io vedo che possiamo estendere la missione “a tutta la creazione”. Non vi sentite un pochino risuonare una parola nell’orecchio “Restaurare omnia in Christo” , cioè il dovere di mettere il segno del cristiano non soltanto sopra la fronte di Raffaele e degli uomini, ma quasi su tutte le cose? Non vi sembra? Non vi pare che questo corrisponda alla nostra missione quando parliamo di santificazione del lavoro? Noi abbiamo il dovere non solo di andare a battezzare e istruire, ma anche di portare il segno di Cristo sopra tutte le cose. Dove c’è l’intelligenza umana che lavora, lì c’è il Cristo e noi dobbiamo portare il segno di Cristo. Abbiamo visto gli aerei che hanno il segno dell’Italia; che bello se tutti avessero il segno del Cristo! Dobbiamo vedere, insomma, che con la scienza siamo arrivati lì, ma che c’è Dio, Dio che ha dato la potenza, che ha dato tutto e che vuole che l’uomo continui l’opera creatrice. Noi dobbiamo santificare queste cose e mettere in luce che c’è una manifestazione della bontà di Dio in tutte quante le opere degli uomini. Dobbiamo portare in su tutte queste cose, elevarle: questa è la missione degli apostoli!MISSIONI
CONGREGAZIONE missione
GESÙ
DIO bontà
di...
Cfr. Gv 20,21.
Cfr. Gv 1,1-14.
Cfr. Il Simbolo Apostolico.
MI205,6 [7-11-1967]
6 “Osserviamo gli Apostoli in preghiera al Cenacolo: essi ricordano queste parole di Gesù; ricordano che Gesù aveva anche loro detto: “Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi”. La loro missione è dunque la stessa, identicamente la stessa di Gesù”. La missione degli Apostoli è uguale a quella di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”. Gesù è venuto dal cielo... “In principio era Verbum et Verbun erat apud Deum... et Verbum caro factum est - il Verbo si è incarnato - et habitavit in nobis” ... “Crucifixus et resurrexit...” , e noi dobbiamo continuare questa missione. “Come il Padre ha mandato me io mando voi”, e cioè crocifissi e risorti, a salvare l’uomo con il sangue e la parola. Gesù è venuto a salvare con il sangue e con la parola: ha predicato e sofferto... e noi dobbiamo soffrire e predicare. “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi... Vi mando come agnelli tra i lupi”: perciò la missione è identica. Non possiamo escludere la croce, non possiamo escludere la sofferenza, non possiamo escludere le ore nere, non possiamo escludere la morte... tutte queste cose non le possiamo escludere! La nostra missione è parallela a quella di Cristo, anzi, non solo parallela, ma identica. “Il Padre ha mandato me, io mando voi. Il Padre mi ha mandato come agnello in mezzo ai lupi per essere mangiato e io mando voi come agnelli per essere mangiati. Vi mando a predicare, vi mando a seminare, vi mando... proprio come sono venuto io. Però, risorgerete con me!”. E allora dirà agli Apostoli: “Venite con me a giudicare le dodici tribù d’Israele” e “Dove sono io sarete anche voi”. “Gli Apostoli possono dire a sé stessi...”.GESÙ
GESÙ
incarnazione
GESÙ
mistero pasquale
GESÙ
salvatore
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO missione
CROCE sofferenze morali
CROCE sangue
DIO Padre
Il professor Marcello Peretti, grande amico di famiglia, era titolare della cattedra di pedagogia all’università di Padova. Era spesso chiamato da don Ottorino a tenere delle lezioni, in chiave pedagogica, ai religiosi della Casa dell’Immacolata su temi del Vangelo e delle lettere di San Paolo. Era chiamato anche fuori ambiente diocesano a tenere conferenze e dibattiti per la sua profondità di cultura religiosa e per la sua specifica preparazione pedagogica.
Il riferimento è a Giorgio Girolimetto che aveva frequentato la facoltà di filosofia dell’Università Gregoriana a Roma e frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.
MI205,7 [7-11-1967]
7 Che brutta cosa, però, se trasformassimo questa missione in mestiere! Il professor Peretti diceva: “Se non si vive profondamente la vita ascetica, certe cose non si capiscono. A un dato momento o il prete è prete e allora queste cose diventano meravigliose, sublimi, o non è prete e allora sono disastri. In certi posti dove mi hanno chiesto di fare queste lezioni avrei dovuto premettere parecchie lezioni di ascetica, ma poiché io sono un tipo da carnevale non posso farle”. Essere sacerdote, essere religioso è una cosa meravigliosa! La nostra missione, figlioli, è sublime, ma se è una donazione. Se invece è un mestiere, è il peggiore dei mestieri. Se io mi dono a Dio e sento di essere investito della stessa missione del Cristo, sento che come il Padre ha mandato Gesù, Gesù manda me con la stessa missione, come ha mandato gli Apostoli per conquistare il mondo, per conquistarlo a Cristo, e sento di avere questa missione e sento di avere il Cristo con me... Ma, a un dato momento non ci devono essere storie: io amo tutti, voglio bene a tutti, ma non ho bisogno delle cipolle d’Egitto, neanche per sogno! “Gli Apostoli possono dunque dire a se stessi: “Eccoci responsabili dell’evangelizzazione del mondo intero”. E noi dobbiamo dire a noi stessi, noi che siamo un piccolo manipolo di uomini: “Siamo responsabili dell’evangelizzazione del mondo intero”. Voi direte: “Ma ci sono anche i Saveriani, ci sono anche i Comboniani”. A noi non interessa; noi siamo responsabili. Dove ci saranno loro, noi non siamo più responsabili perché quelli si salvano, ma finché c’è uno che non è ancora salvo, noi siamo responsabili in solido, tutti quanti. È d’aver paura! Finché c’è un’anima che non conosce Dio, che non ama Dio, ognuno di noi, personalmente, è responsabile. Padre maestro, sono teologicamente fuori strada? Dimmelo, perché io sono ancora della vecchia teologia. Ci sono altri teologi qui? Tu, Giorgio , è giusto? Guardate che è una cosa che riempie l’animo di gioia, ma che fa anche paura, mettersi davanti al tabernacolo e dire: “Io sono responsabile!”. Chi ha girato un pochino e ha visto il mondo si rende conto che ci sono ancora molte cose fuori strada... e io sono responsabile! E allora invece di criticare dobbiamo dire: “Io sono responsabile!”. Vedi che vengono commessi delitti, vedi che vengono commesse ingiustizie sociali, vedi che vengono commesse cose che non vanno bene: “Io sono responsabile!”. Allora non ti basta più il tempo per metterti a criticare, per perderti in stupidaggini, per dedicarti a discussioni frivole. Il Signore mi ha chiamato, mi ha dato una missione, io sono responsabile!APOSTOLO missione
PENITENZA
SACERDOZIO prete
CONSACRAZIONE religioso
CONSACRAZIONE offerta totale
DIO Padre
APOSTOLO distacco
APOSTOLO F.A.
CONGREGAZIONE appartenenza
APOSTOLO salvezza delle anime
EUCARISTIA tabernacolo
COMUNITÀ
critica
APOSTOLO chiamata
La voce dei Berici è il settimanale della diocesi di Vicenza.
Cfr. Mt 19,20-23 e Mc 10,35-45.
Cfr. Atti 3,6.
Lc 5,5.
MI205,8 [7-11-1967]
8 Quando io vi dicevo: “Fratelli, ricordatevi che voi dovete sentirvi tutti superiori generali e perciò responsabili della Congregazione”, intendevo questo, intendevo dirvi: “Guardate che ognuno di voi deve sentirsi unico responsabile dinanzi alla salvezza del mondo intero. Tu sei solo; i dodici Apostoli muoiono tutti e resti tu solo, e tu sei responsabile del mondo intero perché Cristo ti ha dato questa missione”. Voi direte: “Sono cose da infondere spavento”. No, sono cose da morire d’amore per Nostro Signore che ha tanta stima di noi nonostante le nostre deficienze, sono cose da ringraziare Dio che ci fa veramente grandi. Bisogna che arriviamo ad essere presi dalla grandezza di questa missione; poi nella meditazione seguente saremo presi dalla nostra miseria, e poi nell’altra meditazione ancora dalla nostra pochezza. Ecco i tre passi che dobbiamo fare. Anzitutto dobbiamo capire la missione che abbiamo; non andare avanti alla buona e farla diventare un mestiere. “Signore, io devo salvare il mondo, io, proprio io? E allora io ce la metterò tutta. Sono capace di scrivere? Scriverò articoli su “La voce dei Berici’. Sono capace di fare qualcos’altro? Lo faccio, faccio quello che posso fare. Devo salvare il mondo. Devo mettercela tutta”. Nell’altra meditazione vedremo che allo stesso tempo il Signore vuole questo da me, ma io che cosa sono? Niente, niente! Vedremo questo nella meditazione seguente, e vedremo che gli Apostoli, poveretti, hanno avuto coscienza di questa missione, ma, allo stesso tempo, hanno avuto coscienza anche della loro miseria. Uno aveva tradito, un altro aveva abbandonato il Signore, tutti erano scappati via. Pochi giorni prima dicevano: “Signore, chi è il primo nel regno dei cieli? Chi starà allo destra e chi alla tua sinistra, che sarà il primo e chi il secondo ministro?”. E poi ne hanno combinata una per colore fino alla fine. Eppure avevano questa missione, nonostante le loro miserie. E poi, su che cosa potevamo contare? Sul denaro? Non avevamo denaro; Giovanni e Pietro non avevano i soldi neanche per fare l’elemosina: “Argentum et haurum non est mihi” . Su che cosa potevamo contare? Sulla potenza, sull’influsso diplomatico? Sui sacerdoti? Il sommo sacerdote ha fatto uccidere Cristo. Allora sulla potenza di Roma? Pilato lo ha messo in croce. Allora su Erode? Erode lo ha deriso. E allora su che cosa dovevano contare? Su se stessi? No, perché non erano niente! Sul denaro? Non ne avevano! Sull’influenza? Non ne avevano! Su che cosa allora? “Signore, in nomine autem tuo laxabo rete”. Ecco come noi dobbiamo essere: avere vera coscienza della nostra missione, e di questo ne parleremo molto, e desiderio assoluto di realizzarla; coscienza della nostra miseria, ma anche coscienza della nostra potenza in nome di Cristo.CONGREGAZIONE spiritualità
DIO riconoscenza a...
APOSTOLO missione
APOSTOLO salvezza delle anime
VIRTÙ
umiltà
Il riferimento è al cardinale Agnelo Rossi, che all’epoca era arcivescovo di San Paolo in Brasile e che in quei giorni era stato ospite presso la Casa dell’Immacolata.
Mariano Apostoli stava frequentando all’epoca il 1° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.
MI205,9 [7-11-1967]
9 Andiamo avanti! “Avevano pure compreso che non sarebbe stato sufficiente offrire il messaggio in un modo qualunque: bisognerà offrirlo con un immenso amore...”. Non si può offrire il messaggio in un modo qualunque, non si può partire e andare senza adeguata preparazione. Quando il cardinale Rossi parlava con noi tre sere fa era tutto contento perché a Trento gli avevano offerto una ventina di preti. Qui siamo in famiglia e quindi possiamo parlare liberamente; spero di non scandalizzare Mariano Apostoli . Il cardinale era tutto contento per una ventina di preti, e guardate che sono contento anch’io, e tanto contento. Domenica sera il professor Peretti mi ha detto che a una riunione di preti, alla presenza del vescovo, un sacerdote ha alzato la mano e ha chiesto: “Professore, scusi se le faccio un’obiezione. Non le sembra che sarebbe meglio che nei seminari si lasciasse la Messa libera per i teologi? Mi pare che questo li abituerebbe a un senso di maggiore responsabilità...”. E allora questo tizio ha esposto che, secondo lui, sarebbe contro la psicologia costringere i chierici ad andare a Messa ogni giorno. Il professor Peretti ha domandato al vescovo se poteva rispondere liberamente e il vescovo ha acconsentito. Potete immaginarvi quando è partito lui! Allora ha cominciato a dire: “Senta...”. Io so che l’ho detto altre volte per alcuni di voi, ma poiché è un’idea che in America è frequente, è meglio che ripetiamo la cosa. Il professor Peretti ha detto: “Senta, quando uno va per farsi prete, va liberamente, sceglie liberamente. Se uno va al conservatorio di musica, va perché dice: ‘Io voglio imparare a suonare il piano’, ed è implicito che se va ad imparare a suonare il piano deve impegnarsi a suonare per alcune ore al giorno. Se invece va al conservatorio senza impegnarsi, e suona quando gli piace, è logico che gli diranno: ‘Fa’ un piacere, ritirati perché per imparare a suonare il piano tu devi suonare ogni giorno’. Ora, uno che va in seminario per farsi sacerdote, arrivato a una certa classe, arrivato a un certo punto, deve anche misurare se stesso per vedere se domani può dire Messa ogni giorno, se un domani la sua vita è la vita dell’Eucaristia, se un domani la sua vita è una vita di unione con il Signore. Scusatemi, ma uno che si offre al Signore ha abbracciato una vita nuova; l’avete detto voi chierici il giorno che siete stati iscritti nel clero: “La mia porzione è il Signore”, a meno che quel giorno non siate andati a fare una commedia”.FORMAZIONE
SACERDOZIO prete
Cfr. Filipp 1,21, la cui lezione esatta è la seguente: “Mihi enim vivere Christus est et mori lucrum”.
Il riferimento è alla mamma di Girolamo Venco, che all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso teologico, la quale si era trasferita dal paese di San Pietro Mussolino (VI) a Chiampo (VI), ove i figli le avevano costruito una casa nuova.
MI205,10 [7-11-1967]
10 A un dato momento vi siete donati al Signore e dovete vivere di Cristo. “Mihi vivere Christus... Il mio vivere è Cristo”; dovete vivere solo per il Signore. Ora se un chierico non litiga per stare ad una Messa di più c’è da dubitare. È logico che la natura può tirare indietro, e per questo non parlo di sentimento, ma di volontà. Lo so anch’io che può esserci il giorno in cui si preferisce stare a letto invece che andare a Messa, può esserci un giorno in cui si fa fatica ad andare in chiesa, ma quello non interessa. Ma se uno dice: “Voglio donarmi interamente al Signore, voglio che la mia vita sia consumata solo per il Signore...”, e arrivato alla fine della teologia o verso la fine del liceo non ha ancora capito che per donarsi al Signore il minimo è di andare a Messa, fare la meditazione, assolvere questi impegni e dice: “Quando sarò prete farò queste cose”, quello non ha capito niente. Giorgio, sei d’accordo? Scusatemi tanto, quando è che quel tale si dona al Signore? Allora quello va a fare il ‘mestiere’, e il giorno che sarà prete lo sentirai lamentarsi: “Adesso mi tocca dire la Messa; adesso mi tocca fare quella cosa...”. Queste sono cose che devono scaturire dall’amore! Il papà del cardinale Rossi va a Messa alla mattina, va a Messa alla sera, e non è prete. Però è uno che ha capito chi è Cristo e bisogna frenarlo più che spingerlo in avanti. Guardate le nostre buone mamme... Ieri sera siamo andati a casa di Venco e sua mamma era avvilita e diceva: “Che cosa vuole: siamo lontani dalla chiesa. La casa è nuova, tutto è bello, ma a me dispiace perché siamo lontani dalla chiesa”. Uno che vuol bene al Signore è così; le nostre buone mamme sono così: “Sa, sono distante dalla chiesa”.CONSACRAZIONE
EUCARISTIA S.Messa
CONSACRAZIONE offerta totale
FAMIGLIA mamma
MI205,11 [7-11-1967]
11 Se un chierico, che deve essere maestro in Israele, non capisce queste cose, chi deve capirle? È lui che deve guidare le anime, è lui che deve insegnare ad amare il Signore: bisogna che per primo cominci ad amarlo lui! Lasciate stare il sentimento, perché può darsi che anche a cinquant’anni tu faccia fatica ad andare a fare l’ora di adorazione. Si può arrivare alla domenica sera dopo le funzioni e devi ancora finire l’ora di adorazione, hai ancora da fare la Via Crucis... Io vi dico che la natura mi avrebbe portato ad andare fuori invece che andare in chiesa, ma d’altra parte bisogna pur che vada a farla, e dopo, magari, alla fine, il Signore ti dà una caramella, una mentina per tenerti su un pochino; ma non importa niente che me la dia o non me la dia la mentina, perché il nostro dovere è quello. Il professor Peretti ha detto questo e l’ha detto in una forma piuttosto forte. Il vescovo dopo gli ha detto: “Grazie, mi ha fatto un grande piacere; che certe cose le dica il vescovo o le dica un altro l’impressione è diversa. Purtroppo c’è più di uno che la pensa così”. Mentre il professor Peretti diceva così, e poiché era proprio il vescovo di Trento che lo ringraziava, pensavo: “Il cardinale Rossi è tutto contento perché entro quattro anni avrà venti preti. E se in mezzo a quei preti entra uno che la pensa così?”. Tu, Zeno, che sei stato in America Latina, pensi che sarebbe meglio che quel prete andasse o stesse fuori? Penso che sarebbe meglio non averlo; è preferibile nessuno che uno così. Figlioli, qui non si tratta di fare, ma di fare secondo queste parole: “Avevano pure compreso che non sarebbe stato sufficiente offrire il messaggio in un modo qualunque; bisognerà offrirlo con immenso amore”. A me non interessa avere preti, avere assistenti diaconi; mi interessa avere uomini che offrano un domani il messaggio con ‘immenso amore’. Non è il numero che interessa in America Latina o in Italia meridionale dove stiamo lavorando: è la qualità che interessa. Dobbiamo portare uomini nuovi, come li vuole Gesù. Ecco quello che avevano capito gli Apostoli, ecco quello che dobbiamo fare noi. Il tempo è passato; continueremo domani.SACERDOZIO prete
CHIESA Vescovo
MISSIONI
CONGREGAZIONE fondatore
APOSTOLO uomo di Dio