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LA SPIRITUALITÀ DEL VERO APOSTOLO

MI224[09-02-1968]

9 febbraio 1968

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Editrice Trevigiana, Treviso 1966 Le citazioni, prese dalla pagina 97, vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami.

P. Antonio Chevrier (1826-1879), sacerdote della diocesi di Lione, fu mandato a svolgere il suo servizio pastorale in una parrocchia della periferia. La notte di Natale del 1856, davanti al presepio, ricevette la rivelazione della divina povertà. Sostenuto anche dal Santo Curato d’Ars, cominciò l’opera della ‘Città di Gesù Bambino’ che aveva lo scopo di assistere spiritualmente e materialmente i fanciulli poveri e abbandonati. Per accoglierli comprò una vecchia sala da ballo, ‘Il Prado’, e con alcuni sacerdoti, ai quali più tardi affiancò dei giovani che volevano farsi preti con il suo stesso spirito, iniziò l’attività che il Signore gli aveva affidato. Più tardi, da questo primo nucleo di seguaci, ebbe origine la ‘Società dei preti del Prado’.

Si tratta del terremoto avvenuto nel bacino del fiume Belice nella parte orientale della Sicilia. Il comune più colpito fu quello di Gibellina in provincia di Trapani.

Nel 1965 gli U.S.A. erano entrati direttamente in guerra a fianco del Vietnam del Sud sottoponendo il Vietnam del Nord a pesanti bombardamenti aerei. Nel 1968, dopo la sospensione dei bombardamenti aerei americani, la guerra del Vietnam si trasformò in una guerra di logoramento con numerosi morti da ambo le parti. Venivano colpiti soprattutto i villaggi rurali, e moltissimi civili inermi e indifesi persero la vita.

l riferimento è a don Pietro De Marchi, che si trovava all’epoca nell’anno del noviziato.

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1.“Vie per arrivare a Gesù Cristo”.
Qui c’è una paginetta; vediamo di ricavarci qualche riflessione. “La conoscenza di Gesù Cristo sta al centro della nostra vita spirituale. Si comprende l’espressione del P. Chevrier : “Conoscere Cristo è tutto, il resto è niente"”. Leggevo ieri mattina una paginetta del cardinale Suenens che mi ha fatto una forte impressione. Dopo, ieri pomeriggio, l’ho meditata in chiesa. Ho pensato: è avvenuto il terremoto in Sicilia. Quello non era messo nel libro! Che cosa è successo? Tutti sono corsi in aiuto... avete visto come tutti sono corsi in aiuto. Tutti sono corsi in aereo, in macchina, in nave, per portare aiuto. Nel Vietnam intanto continuano ad ammazzarsi : è un terremoto ancora peggiore, eppure si resta, non dico indifferenti, ma quasi. Quando capita una disgrazia, come un aereo che cade, una nave che lancia l’S.O.S. in mezzo al mare, si corre tutti in aiuto; se è in atto una guerra, in cui si spacca, si rompe, si fanno stragi, non si interviene. Perché nel campo spirituale non abbiamo la stessa sensibilità che dimostriamo quando capita una alluvione, quando capita una disgrazia, quando viene richiesto un aiuto? Gli studenti di Torino vanno in Sicilia, partono in aereo e corrono là per aiutare, per fare qualche cosa, e dicono: “Se è necessario, andiamo a dare una mano”. Perché non c’è questa sensibilità quando si tratta di anime? Quando si tratta del corpo siamo pronti, sentiamo di essere capaci di fare anche un grande sacrificio, ma per le anime... no! Non vi pare che il motivo sia perché valutiamo poco la vita eterna e valutiamo poco la conoscenza di nostro Signore Gesù Cristo? In Sicilia sono andati ad aiutare, e hanno fatto benissimo, benissimo. In fondo sono andati per salvare delle persone, per salvare, per esempio, una bambina...Vi ricordate che per radio hanno detto: “Io mando ventimila lire, ma per quella bambina che hanno salvato e che ho visto per televisione questa mattina”. Insomma sono andati per aiutare una bambina a vivere, supponiamo, altri ottant’anni... Però, nel nostro caso, si tratta di aiutare le persone, per esempio don Pietro , a vivere miliardi di miliardi di anni, e questo ha un valore maggiore che aiutare una bambina a vivere ottant’anni di più. Non ti sembra, don Pietro? Aiutare don Pietro a vivere miliardi di anni vale di più che aiutare una bambina a vivere alcuni anni.

CREATO

CARITÀ

amore al prossimo

SOCIETÀ

DOTI UMANE sensibilità

APOSTOLO salvezza delle anime

NOVISSIMI eternità

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2.Dicevo che ieri, leggendo il cardinale Suenens e riflettendoci sopra, sono stato impressionato. Infatti quando capita una calamità, una disgrazia, per esempio un aereo che cade in mezzo al deserto, si organizza un movimento di aerei, si va in cerca di quell’aereo per raccogliere almeno le salme. Capita un incidente in mare, una disgrazia, una collisione: allora ecco tutto un movimento di soccorso. Questo è un segno buono: si vede come tutto il mondo si muove. Non è vero che è così? Tutto il mondo si muove per accorrere dove c’è una disgrazia.
E perché non siamo altrettanto sensibili quando pensiamo che ci sono delle anime in peccato mortale? Se sentissimo dire che qui vicino è crollata una casa e che sotto le macerie ci sono sette o otto persone, io sono certissimo che più di uno di voi mi direbbe: “Don Ottorino, mi permette che vada a dare una mano per scavare fra le macerie e cercare di salvare quelle persone?”. Anche se domani doveste sostenere un esame, fareste qualunque sacrificio. Se, per esempio la casa qui davanti, quella di Nassi, fosse crollata, e sotto le macerie ci fosse la signora con tutte le persone di famiglia, e si sentissero uscire dal di sotto delle grida - allora saremmo sicuri che c’è qualcuno vivo -, ho troppa stima di voi per pensare che non vi muovereste. Qualcuno di voi direbbe: “Andiamo a dare una mano!”. Anche don Pietro, no? Ci si mette la tuta e si va a dare una mano. Ma, scusate, fratelli: quanti sono quelli sotto le macerie qui a Vicenza, che stanno per morire in peccato mortale? Quanti nell’Italia meridionale? Quanti sparsi per il mondo che aspettano solo qualche volontario, qualcuno, insomma, che si metta di buona volontà a rimboccarsi le maniche e a sgomberare le macerie per salvare loro la vita?

SOCIETÀ

CARITÀ

amore al prossimo

MONDO

PECCATO peccatore

“Per me infatti il vivere è Cristo...” (Filippesi 1, 21).

S. E. monsignor Italo Di Stefano era il vescovo delle nostre Comunità del Chaco (Argentina).

Zeno Daniele frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.

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3.Io vi sfido a mettervi davanti all’altare, da soli, e a meditare su queste cose, e che a un dato momento non vi venga voglia di piangere: “Ma, allora, che cosa ho fatto io fino adesso? Ho fatto il funzionario, ho fatto il distributore, ho dato un po’ di benzina, ho fatto l’impiegato statale che distribuisce i pezzi di carta richiesti, ma non ho fatto il conquistatore”. Mi pare sia volontà del Signore che siate tutti conquistatori e non dei funzionari dello Stato, non dei distributori di benzina, ma uomini di punta, uomini che hanno capito che Dio vuole salvare gli uomini attraverso gli uomini.
Come succederà questo? Questo avverrà soltanto se noi, a un dato momento, avremo capito Gesù, se saremo entrati in pieno nella vita di Gesù e potremo dire: “Mihi enim vivere Christus est” . Se io vivo di Cristo, ad un dato momento i suoi problemi sono i miei problemi, i suoi desideri sono i miei desideri, e allora ne viene di conseguenza che io dovrei desiderare la croce, desiderare la sofferenza e capire che con la sofferenza salvo il mondo. Ieri sera monsignor Di Stefano mi diceva... L’ho pregato che ve lo dica lui personalmente, ma può darsi che si dimentichi di dirvi questo e chissà quante altre cose vi dirà, per cui è meglio che intanto ve lo dica io. Eravamo lì che parlavamo insieme... Nella sua diocesi ci sono cinque suore che vengono dalle Marche e lui si è recato a visitare le loro famiglie. È entrato in casa di una di loro e ha detto. “Signora, posso rassicurarla che sua figlia sta bene, è contenta, si trova molto bene laggiù; la salute è buona, fa del bene e la gente le vuole bene”. Ma quella mamma si è fatta seria, e lui le ha chiesto: “Come mai? Non è felice di sapere che sua figlia è contenta?”. “No”. “Perché?” “Perché mia figlia deve soffrire; se non soffre non va bene: mia figlia deve soffrire!”. Zeno , ha detto così? Mi pare che la frase suonasse così. Secondo quella mamma, una figlia che va missionaria deve soffrire, e se non soffre non è al suo posto. Fratelli miei, siamo convinti che noi siamo stati chiamati ad essere crocifissi con Cristo e a salvare le anime con la nostra crocifissione? Tante volte noi diciamo: “Non c’è niente da fare, non c’è niente da fare: quelle anime... è impossibile salvarle!”. La maggior parte delle volte bisognerebbe che noi dicessimo: “Non c’è niente da fare perché io non voglio fare qualcosa, io non voglio esser crocifisso, perché io non voglio dare il mio sangue, non voglio!”.

PREGHIERA meditazione

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO salvezza delle anime

GESÙ

unione con...

GESÙ

sequela

CROCE

CHIESA

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE immolazione

GESÙ

imitazione

CROCE sangue

L’assistente Giuseppe Filippi, che don Ottorino chiama scherzosamente “don”, era stato scelto per rafforzare la Comunità del Brasile, della quale era superiore don Luigi Mecenero.

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4.Ieri sera si parlava insieme con don Filippi . Non so se lo conoscete: posso citare un particolare, anche se non c’è niente di straordinario. Adesso lui andrà in Brasile e si troverà nella Comunità con don Luigi. Supponiamo che a un dato momento stiano discutendo insieme. Come prima cosa - gli ho detto - non deve succedere nessuno screzio, devono volersi bene, perché se succede qualcosa significa che uno dei due non è santo, anzi nessuno dei due è santo, perché se solo uno di loro fosse santo non ci sarebbero contrasti. Se lui mi scrive: “Don Ottorino, non vado d’accordo con don Luigi”, gli risponderei: “Constatazione fatta: nessuno di voi due è santo!”, perché se uno dei due fosse santo andrebbero d’accordo. Non è vero? È chiaro: il santo cede. Infatti se uno dei due dicesse: “Questo è mio... è mio!”, l’altro gli direbbe: “Tienilo pure”, e tutto sarebbe finito.
Però, attenti! Dicevo al nostro fratello Filippi: “Bisogna mettere in preventivo che quando voi due parlate insieme per prendere un’iniziativa apostolica ci saranno diversità di vedute”. Supponiamo che dica a don Luigi: “Mi piacerebbe andare a fare il catechismo a quella vecchina, a quella giovanotta di novant’anni...”, e lui obietti: “Ma, io...”. La prima cosa che don Luigi farà sarà quella di buttargli un secchio d’acqua addosso, di provocargli un disgusto, magari umiliandolo. Il primo passo che dovrebbe fare il nostro caro Giuseppe per salvare quella vecchietta è quello di dire: “Senti, Signore, io ti offro questo sacrificio; questo è il sangue! Siccome le anime si salvano mescolando insieme sangue e parola di Dio, intanto il sangue io ce l’ho messo e adesso è ora di portare la parola di Dio. La parola di Dio senza il sangue non fa presa, è come fare la malta soltanto con la sabbia senza il cemento e senza l’acqua. Ora ci vuole prima il sangue e perciò per prima cosa offri questo sacrificio al Signore. Però non dire: “Allora adesso ho fatto tutto!”; no, adesso ci vuole anche la parola. E allora il giorno dopo si ritorna con le buone: “Ehi, don Luigi, scusa se ieri ti ho risposto male riguardo a quella proposta”. E qui giù un’altra bastonata. Allora dirai: “Signore, forse ci vuole ancora sangue: costa cara quell’anima, eh!”. Con la carità si vince! E se dopo due o tre volte sono ancora bastonate, vuol dire che il Signore vuole salvare quell’anima senza di lui, magari per mezzo di un’altra vecchietta che va da lei e le dice una buona parola.

CONSACRAZIONE santità

COMUNITÀ

COMUNITÀ

uniti nella diversità

CROCE sangue

APOSTOLO salvezza delle anime

Cfr. Giovanni 4, 6.

Don Ottorino fa una allusione scherzosa a S.E. mons. Di Stefano, ospite in quel periodo nella Casa dell’Immacolata, che durante la proiezione di un film aveva dormito saporitamente.

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5.Bisogna insomma rendersi conto che, sotto, c’è lo Spirito Santo, c’è la grazia di Dio, e che si salva attraverso questo modo. La carità è impossibile se non partiamo da questa idea, è possibilissima in caso contrario. Noi dobbiamo collaborare con Gesù per salvare le anime mettendo a disposizione il nostro sangue, in modo particolare il nostro io, perché il Signore cava sangue specialmente dalla testa: è il migliore e perciò cava quello.
E allora ecco l’apostolo che parte, che va, e se si tratta di scegliere un confratello, sceglie specialmente quello che gli pesa un po’ di più. Se fra tre confratelli dovessi sceglierne uno per caricarmelo sulle spalle e uno pesasse dieci chili, un altro un quintale e un altro dieci quintali, dovrei prima osservare me stesso perché se ogniqualvolta lo carico sulle spalle vedo che mi schiaccia non lo posso fare, ma se vedo che posso portare quello che pesa dieci quintali, mi prendo quello perché quello mi cava più sangue e mi aiuta a salvare più anime. Se invece vedo che la mia debolezza non mi consente di portarlo, dico al mio superiore: “Vedi, non ce la faccio. Ho provato tante volte, ma ogni volta che mi trovavo insieme ho sempre detto delle parolacce”. Allora si parla da buoni fratelli, ma non appena vedo che con l’aiuto di Dio posso sopportare quel peso, io dovrei scegliere quel peso. Fratelli, la salvezza delle anime dipende da questa nostra vita interiore, da questa nostra unione con Gesù, dal desiderio di imitare Gesù. Non vogliate insistere nel domandare al Signore che vi distrugga la natura umana per non sentire il dolore. Abbiamo visto nelle meditazioni precedenti che Gesù è rimasto uomo, “fatigatus ex itinere” , dormiva saporitamente, non fingeva di dormire, caro Giuseppe, dormiva perché aveva sonno, aveva tanto sonno e dormiva, era stanco morto come monsignor Di Stefano, stanco morto, e dormiva con piacere. Però, la sua natura umana, sempre tanto sensibile, era dominata dalla volontà e la volontà era legata a quella del Padre. E allora non vogliamo distruggere la nostra natura: quando sarà caldo sentiremo il caldo, quando sarà freddo sentiremo il freddo, quando avremo fame sarà fame, figlioli! Ieri sera monsignor Di Stefano ha detto: “Ho fame perché oggi non ho affatto mangiato; stasera però mangerò di gusto!”. E a Grumolo abbiamo visto che ha mangiato veramente di gusto, Non è vero, Giuseppe? Ha mangiato di gusto? Eh, sicuro, di gusto! E così anche noi non possiamo distruggere la natura umana, anzi, essa ci farà versare il sangue, ci darà il mezzo per offrire il sangue al Signore perché, essendo sensibile, essendo capace di soffrire, di patire - è lei che qualche volta ci fa un po’ patire - ci darà la possibilità di collaborare con Cristo attraverso la sofferenza.

DIO Spirito Santo

GRAZIA

CARITÀ

APOSTOLO missione

CONSACRAZIONE immolazione

CROCE sangue

COMUNITÀ

confratelli

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO vita interiore

GESÙ

unione con...

GESÙ

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6.Per esempio, mi ha fatto tanto piacere, quando sono andato al Carmelo di Firenze, - scusate se andiamo fuori della meditazione, ma è meditazione anche questa - sentire come i Comboniani del Kenya, non del Kenya, ma dell’Uganda, abbiano chiesto insistentemente un convento di clausura, e stiano già combinando con le suore di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, anzi hanno quasi già combinato che quattro di loro andranno laggiù per cominciare un convento di clausura. Questo comporta spese per il mantenimento e spese per la costruzione della casa, e poi c’è il fatto che essendo di clausura non faranno apostolato esterno. Voi direte che lo fanno per una propaganda spirituale. Non lo credo, non lo credo; lo fanno perché vogliono avere un parafulmine; infatti queste creature si alzano nella notte a pregare e hanno un vita dura, dura, e offrono tutta la preghiera al Signore per la salvezza delle anime. Abbiamo visto più di un vescovo, insomma, chiedere questi conventi di clausura, perché sono quasi dei baluardi per la salvezza delle anime.
Bisogna che noi ci rendiamo conto che se un domani dovessimo andare in Brasile e vi restassimo solo a pregare e a soffrire, se il Signore ci chiamasse a questo, noi faremmo già molto, molto, molto! Invece noi siamo chiamati a pregare, a soffrire e a lavorare. Tuttavia non pensate, figlioli miei, che quella prima parte sia la parte minore, la parte più piccola: è la più importante! Perciò nella Casa dell’Immacolata dovete imparare l’italiano per poter parlare, l’inglese per potervi manifestare poi in mezzo agli Inglesi, lo spagnolo, il portoghese, ma queste lingue vi insegneranno a parlare di che cosa? Parlare di teologia, e allora occorre studiare la teologia. Però c’è un’altra cosa che dovete imparare: il contatto con Dio e la capacità di soffrire. E questo bisogna impararlo qui, nella Casa dell’Immacolata. Quante volte vi ho detto: imparate ad accettare le croci che il Signore vi manda, imparate a cercare qualche penitenza volontaria, qualcosa di volontario da aggiungere! Non ci sia giornata nella nostra vita in cui non aggiungiamo qualche cosa, specialmente in questo momento in cui gli uomini stanno cercando soddisfazioni dappertutto.

PREGHIERA

PENITENZA

GRAZIA Corpo Mistico

APOSTOLO missione

CROCE sofferenza

CONSACRAZIONE immolazione

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

DIO contatto con

VIZI

Don Ottorino fa una allusione scherzosa a S.E. mons. Di Stefano, ospite in quel periodo nella Casa dell’Immacolata, che durante la proiezione di un film aveva dormito saporitamente.

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7.Monsignor Di Stefano, che è venuto in Italia, ed è andato anche in Spagna, diceva ieri: “Gli uomini stanno perdendo la testa, non si accontentano più. Dove andremo a finire? Questa gente piena di comodità, piena di tutto... Mi pare che si spenda troppo, si spenda troppo per capricci”.
In altre parole, figlioli, gli uomini stanno attaccandosi troppo alle cose della terra. Non abbiamo qui la nostra casa, fratelli, stiamo vivendo in una tenda. E che succede? Invece della tenda, noi vogliamo avere un palazzo in tutti i posti in cui ci fermiamo. Ma è da pazzi! È come se, per esempio, facessimo un viaggio turistico: ci fermiamo a Napoli e lì ci costruiamo un palazzo; andiamo più avanti e ne costruiamo un altro. Ma è da matti! Neanche il conte Marzotto fa così se è di passaggio e se poi non passerà più per quel luogo. Io non passo più per i cinquant’anni. perché allora dovrei costruirmi un palazzo a cinquant’anni? Per i cinquantuno non passo più; perché costruirmi un palazzo? Basta una tenda dove fermarmi e dove ci sia il necessario per riposare. Non vi pare? Perciò noi badiamo ad avere il necessario per la vita, ma una tenda, non un palazzo! Gli uomini, e anche i nostri buoni cristiani, stanno piantandosi un palazzo in ogni posto dove mettono piede. E’ sbagliato, fratelli. E allora non basta più la paga di centomila lire e ci vogliono le centocinquanta mila, e dopo le duecentomila; a qualcuno le duecentomila non bastano più e non si fa altro che gridare: “Ci vuole di più, ci vuole di più!”, e allora duecentocinquanta mila. Fratelli, è una pazzia; fuori stanno diventando matti! E sono i nostri buoni cristiani, e vanno a fare la comunione. Sarebbe da dire loro: “Che cosa fate? Chi ricevete nella comunione? Qual è la vita cristiana?”. E non fanno più carità! Quando avevano cinquantamila lire di paga trovavano il modo di fare carità, e so che certe persone che oggi hanno più di duecentomila lire di paga non trovano più il modo di fare carità, perché i soldi non bastano... però hanno la macchina, hanno tutto il necessario, ma non trovano più il modo di dare mille lire di carità. Dico bugie, fratello? Perciò noi dobbiamo essere i rivoluzionari, noi dobbiamo dare testimonianza, e far vedere che sono beati i poveri, beato chi soffre, beato chi patisce. Questo dobbiamo testimoniare e testimoniarlo con la nostra vita, accettando il sacrificio, accettando una mortificazione volontaria. Dobbiamo avere il necessario, ma fare anche una mortificazione volontaria. Fratelli miei, possiamo fare questo soltanto se noi siamo attaccati al Signore, se abbiamo continuamente come nota dominante il famoso ‘la’ che si chiama Gesù.

SOCIETÀ

NOVISSIMI eternità

ESEMPI novissimi

MONDO

CHIESA cristianesimo

CARITÀ

Monsignor Ernesto Dalla Libera insegnava musica e canto in seminario. Sollecitato dal vescovo mons. Fernando Rodolfi negli anni trenta aveva dato impulso al canto liturgico nelle parrocchie della diocesi con la promozione di scuole di canto parrocchiali e la preparazione musicale degli organisti e maestri di musica nelle ‘Scuole Ceciliane’. Sacerdote di straordinaria dinamicità e competenza portò a buon fine un grande numero di iniziative perché il canto sacro desse giusta dignità alle celebrazioni liturgiche.

La Messa “Papae Marcelli” è la più famosa delle 105 scritte da Pierluigi da Palestrina (Palestrina 1525 - Roma 1594), fu il grande riformatore della musica sacra della Controriforma voluta dal Concilio di Trento.

Congregazione dei Missionari di San Carlo di Piacenza, detti Scalabriniani. Dal 1930 sono presenti a Bassano del Grappa (VI) con il loro seminario minore, e ora anche con un centro di accoglienza per immigrati.

Don Ottorino scherza sulle sue scarse qualità canore, e si riferisce in particolare al canto del racconto della passione durante la settimana santa, nel quale abitualmente cantava le parole dette da Gesù, mentre don Giovanni Sartori, che era un buon musico, cantava la parte del cronista.

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8.Ricordo che siamo andati a cantare... Non siamo andati, ma sono andati, perché io non avevo ancora l’onore di essere cantore in seminario; ero in ginnasio ed è stato in liceo che sono stato così onorato di far parte del coro. Ricordo che durante il ginnasio il nostro caro monsignor Dalla Libera , che dirigeva la “schola cantorum” del seminario, è andato a Bassano ad eseguire la Messa ‘Papa Marcello’ del Palestrina , e hanno cantato nel duomo. C’è stato uno degli Scalabriniani che ha tirato fuori il diapason e ha detto: “Scusi, monsignore, siete calati di un quarto di tono”. Sapete che quella Messa si canta senza accompagnamento ed è a sei voci, e capite che cantare, per esempio, il ‘Gloria’ e calare di un quarto di tono è facile. Che cosa ne dici, compare? Quel religioso poteva compatirli, e invece no: “Il coro è calato di un quarto di tono”, e l’ha detto con una certa aria, tanto che io ricordo che per tre anni monsignor Dalla Libera lo ha strigliato per bene a scuola, quel povero prete. Voi sapete che a monsignor Dalla Libera piaceva a scuola chiacchierare di musica e altro: nei primi anni era contro Roma per tutte le sue storie con la curia romana, e dopo contro quel povero prete perché aveva detto: “È calato di un quarto di tono!”.
Noi dovremmo andare ogni giorno dinanzi al tabernacolo, metterci dinanzi a Gesù e dare il colpetto al diapason per vedere se siamo calati di un quarto di tono. Qualche volta, guardandomi, mi accorgo che sono calato addirittura di qualche ottava, ma dipende dal fatto che sono stonato... Che cosa volete? È così! Avete sentito qualche volta cantare il “passio”, e avrete anche sentito quel prete che si chiama don Ottorino che qualche volta faceva: “Buum” sul “Quem quaeritis?”. Lo ricordate, vero? E dopo, don Giovanni Sartori doveva fare le acrobazie per afferrarsi a quel pezzo di corda che io avevo lasciato in tanta malora. Spiritualmente parlando, noi dobbiamo tornare sempre alla nota dominante. Fratelli miei, non possiamo attaccarci alle note che studiamo sui libri, non possiamo attaccarci ad altre note; e invece, purtroppo, tante volte stiamo cantando, sentiamo qualcuno che canta ‘Spazzacamino’ e ci attacchiamo a quello. Cioè tante volte, scusate, noi facciamo come coloro che compongono canti che sono il risultato di una moltitudine di arie messe insieme. Vi ricordate i canti che avete fatto durante l’accademia? Finivate un canto con una nota e prendendo quella stessa nota passavate ad un’altra canzone e poi ad un’altra, e ad un’altra, e ad un’altra ancora... Alla fine ci si sarebbe potuto chiedere: “Da dove siamo partiti? ”. Non è così? Cinque o sei motivi, e al termine: “Da che punto siamo partiti?”. Generalmente noi facciamo così nella vita spirituale: arriviamo al termine di un canto, la sua ultima nota ci richiama alla mente un’altra melodia e, allora, avanti con quella, e poi un’altra, e avanti con quella. L’apostolo, il cristiano, non può fare così, figlioli. Noi dobbiamo tenere sempre la nostra nota, tenere sempre la nostra dominante, la nostra musica che è amore di Dio, spirito di sacrificio, donazione per la salvezza delle anime. Il resto? Il resto, sì, quello che volete, ma, ogni tanto, ogni tanto, altrimenti non salviamo anime, altrimenti ci adagiamo, diventiamo dei funzionari e allora non valeva la pena di fare una Congregazione religiosa.

AUTOBIOGRAFIA seminario

ESEMPI apostolo

EUCARISTIA tabernacolo

APOSTOLO vita interiore

DIO amore di...

APOSTOLO salvezza delle anime

CONGREGAZIONE carisma

Don Ottorino sembra interpellare don Pietro De Marchi e don Giuseppe Rodighiero, entrati in Congregazione dopo una buona esperienza sacerdotale.

Girolamo Venco, che all’epoca stava completando il corso teologico, era di corporatura alta e robusta.

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9.Don Pietro dirà che esigo troppo. Esigo troppo? E tu, don Giuseppe caro, domando troppo? No, niente di straordinario.
Non vi dico di intonarvi su di me perché io sono stonato. Non vi dico: “Dovete essere tutti grassi come lo sono io”, perché altrimenti dovrei tagliare il mio Venco a pezzi e distribuire i suoi i pezzi a qualche altro che è più magrolino. No, no, no, per carità: libertà di spirito! Però, figlioli, libertà con lui! Vorrei proprio che voi arrivaste ad unirvi al Signore, a capire il Signore, a comprendere il Signore, e mettervi davanti a lui. Non domandate a me: “Don Ottorino, è contento?”; domandate a lui! Supponiamo che io venga a visitarvi, supponiamo che tu, don Pietro, sia vescovo ausiliare a San Paolo del Brasile e mi chieda: “Don Ottorino è contento di me?”. No, figliolo, devi domandarlo a lui, domanda a lui! Anzi andiamo insieme a chiederlo: “Signore, sei contento di noi due?”. E allora il Signore dirà: “Di don Pietro sì; ma di te, don Ottorino, no!”. Domandiamo a lui, domandiamo a lui, perché è lui il superiore, è lui l’amico, è lui quello a cui abbiamo donato la vita sia l’uno che l’altro. Che cosa vi pare? Dobbiamo essere preoccupati di piacere a lui in ogni istante. Non illudetevi: ci possono essere dei superiori che vengono e vi incensano, ci possono essere dei vescovi che magari vi lodano, può essere che il Papa vi faccia cardinali. Non importa niente, figlioli! Quello che vale è che lui sia contento di voi, che lui in ogni istante dica: “Sì, hai fatto proprio quello che desideravo”. Troppe volte, consciamente o inconsciamente, passiamo vicino a quel povero disgraziato sulla strada di Gerico senza fermarci: o perché nessuno ci vede o perché stiamo chiacchierando fra noi e non ci accorgiamo che c’è un povero disgraziato che sta morendo sulla strada. Questo accade troppo spesso, sapete! Voi direte: “Perché mai lei ci dice queste cose?”. Forse non abbiamo coscienza della situazione delle anime, della situazione del mondo. Sono cose lontane da noi, sono cose spirituali che non si vedono, ma non ne abbiamo coscienza. Ragionate un momentino. Adesso nel Vietnam stanno ammazzandosi in mezzo alle strade. Siete capaci di capire che ci sono uomini che si sparano tra loro per ammazzarsi l’un l’altro, a centinaia, a migliaia? E chi è responsabile di tutto questo? Anche noi, anche noi! Ieri dicevo al Signore: “Signore, basta con le uccisioni, basta con gli odi, basta, Signore! Basta con questi peccati impuri, con questo mormorare l’uno dell’altro! Basta con il processo di uno contro l’altro, ma insomma, basta! Questi odi...”.

CONGREGAZIONE fondatore

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

DIO unione con...

GESÙ

amico

CONSACRAZIONE offerta totale

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO salvezza delle anime

PECCATO passioni

MI224,10[09-02-1968]

10.Il Signore non vuole questo. E chi può mettervi fine? Solo lui! Però lui si serve di noi. E allora: “Signore, se vuoi vittime, se vuoi martiri, se vuoi qualcuno... vieni qui, in casa nostra, e scegli chi vuoi tu. Ci vuoi tutti uccisi? Vuoi il sangue di tutti noi raccolto in un unico vaso? Eccoci qua, siamo qua, pronti! Domanda quello che vuoi tu, ma basta! Abbi pietà di questa povera umanità”. Pensavo come sarebbe bello il mondo se tutti gli uomini si volessero bene.
Supponiamo che nella Casa dell’Immacolata ci siano due che si vogliono bene, supponiamo che don Giuseppe e don Pietro si vogliano bene, e che tutti gli uomini fossero così, che si volessero bene così, almeno tanto quanto si amano loro due. Sarebbero risolti i problemi, e anche la vita sarebbe così bella! Sarebbe un paradiso anche qui. Noi dobbiamo collaborare perché il mondo divenga così. Dio vuole così gli uomini, li vuole fratelli, vuole anche che si aiutino, che si comprendano, che il povero aiuti il ricco a salvarsi togliendogli un po’ delle sue ricchezze, e che il ricco aiuti il povero dandogli qualcosina. Questo vuole il Signore, ma lo vuole fare attraverso di noi. E allora bisogna pregare, bisogna sentire queste cose e sentirle specialmente dinanzi al tabernacolo. Scusate, voi direte: “Sempre le stesse cose!”. San Giovanni ne diceva di meno, ne diceva una sola: “Vogliatevi bene”. Io, almeno, vi ho detto qualcosa per intonarvi un pochino. Amen!

PECCATO

CONSACRAZIONE offerta totale

CARITÀ

MONDO

DIO Padre

VOLONTÀ