Don Ottorino usa spesso il termine “distrazione” riferendosi alle ispirazioni interiori che sentiva e che volentieri proponeva con semplicità ai suoi figli.
Don Ottorino si riferisce al libro di L. GONZAGA DA FONSECA, Le meraviglie di Fatima. Apparizioni - culto - miracoli, Edizioni Paoline Roma 1966.
Don Guido Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata.
Dal contesto si capisce che in quel periodo don Ottorino dettava la meditazione ai suoi figli due volte alla settimana; chiede ora se vale la pena aggiungere una terza volta per sviluppare il messaggio di Fatima.
MI254,1 [07-01-1969]
1 Sia lodato Gesù Cristo! Prima di intraprendere, con qualche distrazione , la lettura delle delibere sulla vita di pietà, vorrei fare una proposta. Mi è venuta con insistenza l’idea di rileggere, così per conto mio, Le meraviglie di Fatima , un po’ per sentire che cosa la Madonna chiede a noi, un po’ per risvegliare ancora di più in noi la devozione verso la Madonna e lo spirito di sacrificio, e un po’ per rispondere in qualche modo al messaggio di Fatima: è un messaggio privato, ma è sempre un messaggio della Madonna. La mia intenzione era di fare la lettura per conto mio, ma mi è venuta poi una distrazione: e se invece che farla individualmente la facessimo insieme? Che ne direste se, una volta alla settimana, qui in chiesa facessimo la meditazione, prendendo in mano Le meraviglie di Fatima, servendoci di un’edizione che si presti a qualche distrazione? Si potrebbe leggerla, commentarla insieme, con molta semplicità. Mi darete la risposta. So che siete abituati a fare le votazioni, perciò, se credete, fate le votazioni o qualche cosa, insomma. Potete fare una richiesta: se volete che la facciamo in una delle due giornate fissate per settimana, oppure la terza, la quarta, la quinta... che so io! Lascio a voi decidere, insomma. raccoglierà le vostre richieste. Guardate che questo non è un ordine. Se domani direte: “No, preferiamo leggere per conto nostro qualcos’altro”, pazienza... continueremo come prima, il martedì e il venerdì, sulle delibere.CONGREGAZIONE Capitolo
PREGHIERA pratiche di pietà
MARIA Fatima
MARIA devozione a ...
PENITENZA sacrificio
APOSTOLO vita interiore
COMUNITÀ
conduzione comunitaria
Don Ottorino legge parte della delibera n. 9 sulla vita di pietà che poi commenta e sviluppa. Il testo viene riportato in corsivo, e così tutte le volte che viene ripreso e completato
Il riferimento è a don Pietro De Marchi, il quale era stato vicerettore del seminario vescovile di Vicenza prima di entrare in Congregazione.
Era il famoso ‘sale inglese’, un sale amarissimo che veniva usato come depurativo e lassativo.
Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima mons. Giuseppe Carraro come docente di liturgia, poi mons. Antonio Frigo che frequentava l’anno anteriore al suo, e infine il prof. Mario Bolfe che era insegnante di filosofia ai suoi tempi.
MI254,2 [07-01-1969]
2. «Il religioso visiti almeno una volta al giorno Gesù Eucaristico intrattenendosi con Lui in un prolungato colloquio, nel quale esprimerà sentimenti di fede e di amore verso il suo Amico, Fratello, Medico e Maestro. In particolar modo alla sera, prima del riposo, non manchi mai di sostare almeno cinque minuti davanti al tabernacolo per approfondire l’intimità con Lui e così concludere la giornata piamente».. Mentre stavo celebrando la Santa Messa e avevo in mano lui, Gesù, siccome sapevo che dovevamo questa mattina intrattenerci su questo e su un altro pensiero che segue, - infatti ieri sera me li sono guardati - mi sono domandato, o meglio ho domandato a lui: “Signore, dimmi che cosa devo dire ai miei fratelli perché capiscano un pochino l’importanza di incontrarsi ogni giorno con te... ma incontrarsi con te nel vero senso della parola”. E mi è venuta una distrazione, non posso dire una ispirazione, mentre avevo Gesù tra le mani. Mi sembrava che mi dicesse: “Prova a raccontare quella storiella...”. E la storiella sarebbe questa. Un tale, non so se fosse della Casa dell’Immacolata, è andato dal medico perché aveva mal di gola, e il medico ha ordinato una scatola di supposte. Lui ha preso le supposte e se le è messe attorno al collo, fasciandolo con una bella sciarpa. Passato un po’ di tempo si è incontrato con il medico che gli ha chiesto: “E allora, come va la gola? La medicina ha fatto buon effetto?”. “Macché, - gli rispose - non ha fatto niente, anzi mi ha sporcato la camicia, la maglietta, tutto”. “Ma, come è possibile?”, ha detto. E allora lui ha spiegato l’accaduto. Per forza, per forza: aveva sbagliato posto! Questa è una storiella veramente capitata, e capite anche voi che se la medicina la si mette attorno al collo, la medicina non porta effetto. Capita come ai soldati durante la guerra 1915-1918, quando l’unica medicina era l’olio di ricino. Male a un piede? Olio di ricino! Noi, caro don Pietro, in seminario eravamo abituati: sempre aspirina e sale. Eh, quella era l’unica medicina! E allora, per tornare alla guerra, olio di ricino! E qualche bravo militare che cosa faceva? Versava l’olio di ricino sugli scarponi perché diceva: “Io ho male alla gamba, non ho male dentro la pancia!”, e allora versava là l’olio di ricino perché il male era là. Capite, amici: se la medicina si prende come deve essere presa porta effetto, altrimenti no. Perciò quello che diciamo a proposito dei nostri incontri con lui... o sono veri incontri con lui e allora fanno germogliare i santi, o non sono veri e allora fanno odiare la religione. È inconcepibile, per esempio, che una vada per un’ora a scuola e non ami la scuola. Eh, io ricordo che a scuola avevamo un certo professore di liturgia, il quale, poveretto, arrivava con un pacco di libri: era il professor Carraro, monsignor Carraro. Il professor Frigo, che in classe era seduto vicino a me, diceva: “Chi mi pagherà i pantaloni?”. Infatti continuava a dimenarsi qua e là. “Chi mi pagherà i pantaloni, perché ne consumo un paio ogni ora di scuola?”, diceva. È chiaro, no? Se andavi a scuola e c’era il professor Bolfe, ti dispiaceva che passasse l’ora, eppure era filosofia! Se si va a un trattenimento che piace, alla fine ti dispiace che sia terminato; se si va a uno che non piace, anche se dura un quarto d’ora soltanto, quel quarto d’ora non finisce mai.CONSACRAZIONE religioso
EUCARISTIA
GESÙ
fratello
GESÙ
maestro
GESÙ
amico
GESÙ
medico
EUCARISTIA S.Messa
AUTOBIOGRAFIA
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
ESEMPI preghiera
ESEMPI Gesù
unione con...
SOCIETÀ
scuola
AUTOBIOGRAFIA seminario
Termine dialettale che indica un ripetere come una nenia parole alle quali non si presta troppa attenzione, cioè un recitare una tiritera di parole.
Don Ottorino nomina nell’esempio don Pietro De Marchi e don Giuseppe Rodighiero, entrati in Congregazione già sacerdoti, con i quali si intratteneva spesso a conversare della vita e dei progetti della famiglia.
Don Ottorino si riferisce al fatto che il 22 giugno, festa del diacono Vincenzo, sarebbero stati consacrati i primi sette diaconi della Congregazione.
MI254,3 [07-01-1969]
3. La nostra vita di unione con Dio o è come deve essere o, altrimenti, è un tormento. Altrimenti ci si domanda come riesca un giovane a stare un’ora in chiesa al mattino, e poi un’altra mezz’ora... insomma a fare due ore, due ore e mezza di preghiera al giorno. Le fate anche voi durante il giorno. È da domandarsi come riusciate a fare due o tre ore, - sarebbero circa tre ore, se facciamo bene le nostre pratiche di pietà - come riusciate a recitare per tre ore, a ‘dir su’, ‘dir su’ ? Come si fa a parlare tre ore con il muro? Per esempio, alla sera uno può intrattenersi in stanza. Io, supponiamo, posso fermarmi nella mia stanza con don Pietro, con don Giuseppe; possiamo starcene lì e il tempo fugge: a un dato momento ci accorgiamo che è mezzanotte. Ma mettermi da solo, là, a parlare, non lo farei... sono i matti che parlano da soli! Se mi mettessi là, in camera, e sentissi uno che mi parlasse... Uno di voi apre la porta e poi commenta: “Poverino, don Ottorino alla sera parla da solo... parla là, parla così... Gli sembra di avere sempre uno davanti dice: “Non è vero, Antonio, Giacomo...”, gli sembra di essere in osteria”. Sono i matti che fanno così; una persona sana di mente non fa queste cose, semmai si mette a cantare da solo, ma non parla così, da solo, con una persona ipotetica. O la nostra vita con Dio è vita a due, altrimenti non c’è motivo di farla: sarebbe una commedia! Se è vita a due abbiamo qualcosa di positivo, altrimenti è come prendere le supposte e metterle attorno al collo: è usare la medicina in quel modo completamente improprio. Perciò, quando noi leggiamo queste poche righe, che si possono leggere e passare avanti, ma che possono essere quelle che ci fanno fare una rivoluzione nella nostra vita di unione con il Signore, troviamo che è scritto così: «... esprimerà sentimenti di fede e di amore...». Sono due parole, ma i «sentimenti di fede e di amore» li proverete voi, cari diaconi, fra qualche giorno , quando avrete in mano il Signore, e tenendo in mano la particola santa direte: “Io credo, io credo; tu sei il mio Dio!”. Amici, io prendo la mano di Francesco e dico: “Credo che sei il mio amico”; prendo la mano di Alberto e dico: “Credo che tu sei il mio amico” e lo vedo vivo davanti a me; prendo in mano la particola e dico: “Credo che tu sei il mio Dio! La specie esterna è di pane, le apparenze pane, il gusto pane, però sei Dio vivo e vero! E io sono pronto a morire per te, sono pronto a lasciarmi uccidere, a farmi cavare le unghie una alla volta, i denti uno alla volta, a farmi maciullare: ma credo! Tu sei il mio Dio, credo! Credo e ti adoro qui presente tra le mie mani”.DIO rapporto personale
PREGHIERA vita interiore
PREGHIERA pratiche di pietà
PREGHIERA
VIRTÙ
fede
DIACONATO diacono
Cfr. Luca 17, 5.
Il riferimento è alle esperienze pastorali che i giovani chierici facevano i fine settimana in qualche parrocchia della diocesi.
MI254,4 [07-01-1969]
4 A volte si sente dire: “Se avvenisse un miracolo, se lo vedessi!”. Ma io lo vedo, con l’occhio della fede. Come quella volta che sono corsi a chiamare San Luigi IX, re di Francia, perché in chiesa, sull’altare, era apparso il Signore: “Ma - ha risposto - lo so già; non occorre che vada a vederlo!”. La fede non dovrebbe aumentare... un po’ di sentimento, sì. Se a un dato momento uscisse dal tabernacolo lui e si presentasse, tutta Vicenza ne parlerebbe, tutti i giornali ne parlerebbero. Eppure, che cosa ci sarebbe di straordinario? Il sentimento che ci ha colpito un pochino, ma la fede deve essere quella stessa di prima! Amici: è questa la fede che noi dobbiamo trasmettere al popolo, e se noi non l’abbiamo, che cosa trasmettiamo? Quando io dico fede, non intendo dire sentimento; non confondiamo le cose. Non intendo dire che quando tu prendi in mano l’ostia consacrata ti metta a tremare: “Gesù, Gesù, Gesù...”. No, no, non intendo dire questo. La fede è un’adesione e un dono di Dio che si ottiene con la preghiera, con l’umiltà, con la testa bassa, prostrati dinanzi a lui, pregando la nostra buona mamma, la Madonna, pregando il nostro angelo custode, i nostri santi protettori, i nostri parenti morti: “Pregate, pregate, perché io voglio credere, voglio credere. Voi che siete là con Dio, aiutatemi a credere, ottenetemi l’aumento della fede. Domine, adauge mihi fidem! Signore, aumentami la fede!”. Andate in chiesa, dinanzi all’altare. Avete niente da dire? Ditegli, ditegli che volete credere, che desiderate credere: “Signore, aumentami la fede perché io devo portarla agli altri. Che cosa posso portare agli altri io, se tu, Signore, non me lo insegni?”. Quando i nostri bravi chierici e studenti devono andare alla domenica in parrocchia, tu vedi che alla sera si preparano per non fare brutta figura; se devono fare un po’ di scuola di canto, tu li vedi che si preparano con l’armonio perché bisogna andare preparati. E voi vi rendete conto che dovete andare a portare la fede? Che sciocco sarebbe uno che partisse con lo stoppino spento per andare ad accendere le candele, o che partisse senza fiammiferi per andare ad accendere la stufa in chiesa, a Bosco, o che andasse senza fiammiferi ad accendere la cucina per fare da mangiare! Ma, scusa: perché aprire il gas se non hai fiammiferi per accenderlo? Perché, figlioli, perché indossare la veste? Perché lasciarsi ordinare preti, lasciarsi ordinare diaconi? Perché, perché andare nei paesi a predicare, a fare catechismo? Perché andare in giro un domani a prendere il posto che dovrebbe essere di un Curato d’Ars, se non avete fede? “Ma, io ho un camion e rimorchio di libri”. “Ma, io ho un camion e rimorchio di conoscenze”. Se non hai la fede, figliolo mio, è come se tu avessi un camion e rimorchio di legna e fossi senza fiammiferi; è meglio una bottiglia di acqua calda, perché riscalda di più di un camion e rimorchio di legna senza i fiammiferi! Benissimo un camion e rimorchio di legna, ma occorre almeno un fiammifero! Meglio un lumino a olio: fa più caldo di un camion e rimorchio di legna senza un fiammifero! Se invece c’è il fiammifero, è meglio camion e rimorchio di legna... non si discute!VIRTÙ
fede
ESEMPI i santi
PREGHIERA sentimentalismo
EUCARISTIA tabernacolo
ESEMPI fede
PREGHIERA
VIRTÙ
umiltà
MARIA la nostra buona mamma
DIO angelo custode
PASTORALE parrocchia
SACERDOZIO prete
SACERDOZIO veste
Il fatto narrato da don Ottorino avvenne giovedì 25 febbraio 1958, alla IX apparizione. Riportiamo il dialogo tra la Vergine e Bernardetta: “ La Signora mi disse: ‘Vada a bere e a lavarsi alla fontana...’. Ella mi indicò il luogo della fontana. Vi andai, ma non vidi che un po’ d’acqua sporca; cercai di smuovere la terra e l’acqua venne, ma torbida. Per tre volte la gettai via, alla quarta potei berla. Ella mi disse anche: ‘Vada a mangiare quell’erba che troverà là’. Di poi la visione disparve e io mi ritirai”.
MI254,5 [07-01-1969]
5. Amici miei, sono poche parole; eccole: «... esprimerà sentimenti di fede». Da parte nostra bisogna compiere un atto: bisogna che domandiamo la fede, che ci disponiamo alla fede, che apriamo le vele per accogliere questo vento di Dio, questo soffio di Dio. Bisogna che ci prostriamo e terra, che abbiamo ancora la forza di prostrarci e di baciare la terra, di fare questi atti di umiltà: “Signore, dammi la fede! Sono polvere, sono niente. Dammi la fede, Signore!”. Adesso si ragiona troppo, figlioli, si scartano troppe cose. Un tempo, con semplicità ci si prostrava a terra in chiesa, ricordate? Anche in cortile ci buttavamo per terra durante il mese di maggio e domandavamo la fede al Signore: “Signore, guarda questo gruppo di giovani! Non ti domandiamo ricchezze, non ti domandiamo qualcosa di straordinario... Signore, dà a noi la fede, la speranza, la carità; dà a noi queste tre virtù teologali: ne abbiamo bisogno. Signore, non te le domandiamo per noi, ma per le anime. Sappiamo di non meritarci questo dono, ma ci sono le anime che aspettano, e queste anime hanno bisogno della fede; sono là che aspettano la fede. Signore, abbi pietà di queste anime”. Nei primi tempi lo facevamo; vi ricordate? E se queste cose adesso non le facciamo pubblicamente, non vuol dire che non bisogna farle. Certi atti di penitenza e di umiltà, figlioli, non sono sorpassati. Quando la Vergine santa a Lourdes ha detto ha Bernardetta: “Prendi e mangia; bevi, lavati e mangia...” , noi vediamo che la fanciulla va disorientata verso il Gave e, poi, viene richiamata e comincia a scavare con le mani, a bere quell’acqua e a lavarsi con quell’acqua, e tutta sporca di fango si presenta dinanzi alla folla e la gente comincia a dire: “È matta! Credevamo... ma è matta!”.VIRTÙ
fede
VIRTÙ
umiltà
CONGREGAZIONE storia
PREGHIERE per chiedere fede, speranza, carità
MI254,6 [07-01-1969]
6. Amici, oggi si ha paura di passare per matti. Un tempo i religiosi desideravano passare per matti, e allora... ecco il taglio dei capelli, ecco un sacco come veste! Dicevano: “Fra me e il mondo non c’è più niente; io sono di Dio!”. Adesso dobbiamo tenere con il mondo un atteggiamento tale da non dispiacere ad esso quando andiamo nel mondo. Però ciò non toglie che noi dobbiamo fare un distacco tra noi e il mondo. E se non è un distacco pubblico, esterno, guardate che qualcosa di interno, di intimo fra noi e Dio deve esserci. Se non fate proprio niente, niente, non pretendete che il Signore vi dia la fede senza un po’ di penitenza, senza un po’ di umiliazione, senza qualche cosa, figlioli. Se non lo fate pubblicamente, fatelo nell’intimità della vostra stanza. Lo so, sono tutte pazzie! È pazzia che Bernardetta vada a bagnarsi in quell’acqua sporca di fango; è pazzia che mangi quell’erba... Lo so, lo capisco! È pazzia che noi ci prostriamo in stanza sul pavimento, lo baciamo e diciamo: “Signore, fammi conoscere che sono una povera creatura, però aiutami! In nome tuo io so che farò quello che tu mi domanderai”. Era pazzia, lo capisco, era pazzia in seminario baciare il muro della propria stanza e dire: “Signore, io sono sotto il tuo tetto, siamo sotto lo stesso tetto, ma non potendo venire a baciarti là, nel tabernacolo, bacio qui questo muro”. Lo so, sono pazzie! L’ho fatta anche ieri sera, se volete, questa pazzia: ho baciato il muro della mia stanza perché non potevo baciare il tabernacolo prima di andare a letto. Sono pazzie... Però, ricordatevi che se qualche piccola pazzia non la fate anche voi, è difficile che vi incontriate con la fede! Don Giuseppe, che ne dici? Sono fuori di strada proprio del tutto? Fratelli, la fede è un dono di Dio. La fede esige che rinunciamo a Satana, alle sue pompe e alle cose del mondo, esige che noi ci doniamo interamente e solo a Dio: allora comincia a vivere. Una candela accesa, se si gira per la strada quando spira il vento, non resta accesa. La fede vive in un terreno diverso da quello mondano. La fede, da noi religiosi, esige una totale donazione al Signore.CONSACRAZIONE religioso
MONDO
APOSTOLO distacco
APOSTOLO vita interiore
VIRTÙ
fede
VIRTÙ
umiltà
PENITENZA
MARIA Lourdes
AUTOBIOGRAFIA seminario
AUTOBIOGRAFIA
EUCARISTIA tabernacolo
CROCE Demonio
Don Ottorino ricorda come vivevano gli zingari ai suoi tempi giovanili, quando passavano per i paesi con i loro carri-casa ripieni di tante cianfrusaglie, aggiustando le pentole e andando ad elemosinare o contrattando con i contadini la vendita dei cavalli da lavoro; spesso, poi, attaccati ai carri c’erano muli e altro bestiame.
MI254,7 [07-01-1969]
7. Qualche volta parlavamo di piccoli idoli. Vi ricordate? Dicevamo che se ci sono dei piccoli idoli in casa nostra... State attenti! Tante volte possiamo coltivare dentro di noi dei piccoli idoli che sono più pericolosi di quelli grandi: piccoli attaccamenti nei riguardi della povertà, della castità, della superbia. È facile, è facile, fratelli, attaccarvisi! Abbiamo rinunciato a tutto, ma un po’ alla volta abbiamo ripreso qualcosa, un pochino... È un attaccamento, però! Crediamo necessario quello che non è necessario: nel cuore, nel pensiero, negli affetti, e che so io... Le tentazioni sono tentazioni, e non abbiate paura: con l’aiuto di Dio si possono vincere, si devono vincere. Ma non pretendete che in voi ci sia la vera fede, la fede viva di un apostolo, se coltivate dentro di voi un po’ voi stessi, se non fate dentro di voi piazza pulita. “Vieni e seguimi”, ha detto Gesù, e noi lo abbiamo seguito; ma bisogna seguirlo senza comportarci come quegli zingari che, quando vanno per la strada, hanno una quantità di barattoli e barattolini attaccati al carro. Avete mai visto? Vanno in giro con pentole e pentolini, hanno un po’ di tutto. E noi tante volte seguiamo Gesù portandoci dietro pentole, pentolini, capre e muli, e che so io. Tiriamo avanti, avanti, avanti... Non si può seguire Gesù così! Quando andate a fare ginnastica, indossate la tuta per essere un pochino più snelli. Una volta andavate a fare ginnastica o a giocare a pallone con la veste; poi avete cominciato a levare la veste e andare con i calzoni lunghi, e in seguito con i calzoni a mezza gamba; adesso siete arrivati ai minicalzoni. Ebbene, speriamo che non si vada più avanti, eh! Perché andate vestiti così? Per essere più liberi, per correre di più, per poter essere più agili. Riguardo alla fede bisogna fare così, sapete: togliere anche i minicalzoni, staccarsi completamente da tutto. Se avete poca fede, guardate di vedere in casa vostra che, forse, forse, non abbiate i calzoni troppo lunghi, che non abbiate una veste troppo pesante, che non abbiate detto di sì al Signore e vi siate tirato dietro troppe cose nella vita religiosa!DIO idoli
CONSACRAZIONE voti
VIZI superbia
CONSACRAZIONE distacco
CROCE tentazioni
VIRTÙ
fede
APOSTOLO
CONSACRAZIONE verginità
GESÙ
sequela
ESEMPI distacco
SACERDOZIO veste
Il professor Marcello Peretti era un docente di pedagogia presso l’università di Padova che don Ottorino spesso invitava, per l’amicizia che li legava entrambi, a tenere qualche conferenza alla Casa dell’Immacolata sul metodo di Gesù.
Il riferimento è a Zeno Daniele, che all’epoca stava frequentando il 3° anno del corso teologico.
Don Ottorino nel testo registrato, completa la frase latina con una battuta scherzosa in latino maccheronico: “Siamo stati riuniti per andare uno alla volta in pentola”.
MI254,8 [07-01-1969]
8. La vita di fede è vita di amore. Insisto: amore non vuol dire sentimento. L’amore è donare, diceva il professor Peretti . L’amore si riconosce specialmente dallo spirito di sacrificio, lo si vede soprattutto quando uno si sacrifica per gli altri, quando uno segretamente fa, non quando uno critica, non quando brontola perché il corridoio è sporco, ma quando prende in mano la scopa e pulisce senza che gli altri se ne accorgano. Guardate che la vita apostolica è vita di donazione, non una bottega dove io do e ricevo: nella vita apostolica c’è solo il dare! Voi dovete dare senza pretendere di avere; voi andate a donare, per amore di Cristo, non le vostre cose, ma voi stessi, e se vi cavano i denti, se vi cavano le unghie, se vi cavano anche il cuore, non importa! Giorni fa mi incontravo con un sacerdote che mi diceva: “Ho una croce troppo pesante”; e mi descriveva la sua croce. Io, con semplicità, gli ho detto: “Sai, mi dispiace tanto, ma tu perché sei andato prete? Non lo sapevi? E se oltre questo ti capitasse quest’altro, e quest’altro ancora... non devi lamentarti”. E lui si è messo a piangere come un bambino. “Sì, - mi ha risposto - lo sapevo, ma non ci ho mai pensato”. Amici, ricordatevi bene: voi non siete qui per andare fuori a fare una parata! Quando nel retropalco tu vedi gli attori, uno vestito da Nerone, un altro vestito da... si gongolano tutti perché stanno uscendo per fare una comparsa. Voi siete come i capponi dentro una gabbia, che dovete essere presi uno per volta e messi in pentola. Che cosa volete fare? È inutile, caro Zeno , questa è la storia: “Congregavit nos in unum ut eamus... uno alla volta in pentola”! Non c’è niente da fare! Siamo chiamati qui per essere crocifissi con Cristo, per vivere l’unione con Cristo spinta fino al massimo eroismo, all’immolazione della propria vita per i fratelli. Nessuno ama tanto il proprio fratello come colui che dà la vita per lui. E noi siamo chiamati a dare la vita per i fratelli. Se noi, nella vita apostolica, ci fissiamo questo bellissimo programma: “Vivere solo per il Signore, staccati da tutto”, il resto non ci interessa. Certamente avremo un vestito, certamente avremo le cose necessarie, ma non interessa. Un tempo nella vita religiosa fissavano anche le più piccole cose. Ricordo che in certe Famiglie religiose i membri dovevano avere la veste, le camicie, ma dovevano essere della Comunità, per cui numero uno, numero due, numero tre... nessuno aveva la propria camicia personale. Voi direte: "Stupidaggini!". Va bene, tutto quello che volete, però c’era un distacco, siamo sinceri, che noi non siamo capaci di fare. Le chiamiamo stupidaggini perché non saremmo capaci di farle. Noi non dobbiamo arrivare a questo, ma dobbiamo avere lo spirito di quelli.PREGHIERA sentimentalismo
PENITENZA sacrificio
CARITÀ
amore al prossimo
COMUNITÀ
critica
COMUNITÀ
servizio reciproco
APOSTOLO vita interiore
CONSACRAZIONE offerta totale
AUTOBIOGRAFIA
SACERDOZIO prete
CROCE
APOSTOLO chiamata
GESÙ
unione con...
VIRTÙ
eroismo
CONSACRAZIONE immolazione
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO distacco
CONSACRAZIONE vita religiosa
CONSACRAZIONE distacco
Cfr. Filippesi 2,7.
Padre Giuseppe Zecchin era un padre comboniano, con molti anni di esperienza in Africa, che era stato compagno di seminario di don Ottorino.
La parrocchia dei Servi ha la chiesa nella piazza dei Signori e abbraccia una zona del centro storico di Vicenza.
La somma era considerevole per quei tempi, anche per una parrocchia formata da persone in buona posizione economica.
Nel testo registrato don Ottorino continua l’esempio di p. Zecchin, ma in maniera confusa e poco chiara.
MI254,9 [07-01-1969]
9. Quante volte vi ho detto: “Fate l’esame di coscienza per vedere se nella vostra vita c’è qualcosa che non dovrebbe esserci, domandate a voi stessi: io, per amore di Gesù, sarei pronto in questo momento a spogliarmi di tutto, compresa la camicia, a indossare un’altra veste, un altro indumento, a spogliarmi di tutto, del breviario... di tutto, tutto e a prendere un’altra veste, un altro breviario, andare dove non sono conosciuto e solo, in mezzo a gente ostile, e predicare il Cristo? Lo so, mi costerebbe tanto, ma sarei disposto?”. Qualcuno direbbe: “Sì, ma... Io non sarei disposto a rinunciare al mio amico Roberto. Sarei disposto, ma se si trattasse... ma non sarei disposto a rinunciare alle mie scarpe... mi costerebbe rinunciare ai miei capelli”. No, amici: bisogna che ci esaminiamo spesso, specialmente prima di accostarci all’altare, perché lui “exinanivit semetipsum formam servis accipiens...”, e noi dobbiamo essere pronti a rinunciare a noi stessi, completamente a tutto per lui e per le anime. Questa deve essere la disposizione necessaria perché ci sia in noi la fede e l’amore che un domani possono farci gustare, veramente gustare, l’amico, il fratello, il medico, il maestro e la salvezza delle anime. Quante volte abbiamo detto: oggi il mondo non ha bisogno di numero, ha bisogno di qualità. Avete visto, mi pare l’altro giorno, padre Zecchin. Che cosa avete ammirato di quell’uomo? Forse la bella barba lunga... o avete ammirato l’uomo di fede? Certamente l’uomo di fede che colpisce. Ieri sera è venuto qui a salutare prima di partire e ci ha detto: “Sono andato nella parrocchia dei Servi a tenere la giornata missionaria e sono state raccolte settecentocinquantamila lire !”. Vedete: anche nel campo economico, se c’è uno che ci crede, la gente resta colpita e dona... settecentocinquantamila lire per una giornata missionaria. Se in mezzo alle anime passa un uomo così, le anime vengono conquistate. Ricordatevi bene che gli uomini di fede, gli uomini che vivono d’amore, e quando dico che vivono d’amore intendo dire che vivono per gli altri e non per se stessi, sono capaci di rompere la roccia, di spezzare anche i cuori più duri. Sogno uomini che, se li butti in mezzo ad un deserto, fanno uscire un’oasi; se li butti nell’America Latina, immediatamente ne balza fuori una comunità di ferventi cristiani. E sono questi gli uomini che Dio vuole escano dalla nostra casa, ma essi, fratelli miei, non possono essere fatti con uno stampo comune: pur rispettando la personalità di ciascuno, devono essere lavorati, cesellati, uno ad uno, qui, dinanzi al tabernacolo, dinanzi a lui.CONVERSIONE esame di coscienza
SACERDOZIO veste
CONSACRAZIONE distacco
CONSACRAZIONE offerta totale
APOSTOLO predicazione
APOSTOLO salvezza delle anime
CONSACRAZIONE disponibilità
VIRTÙ
fede
GESÙ
amico
GESÙ
fratello
GESÙ
maestro
MONDO
APOSTOLO testimonianza
APOSTOLO uomo di Dio
ESEMPI testimonianza
ESEMPI apostolo
CHIESA cristianesimo
DOTI UMANE personalità
MI254,10 [07-01-1969]
10. Mi fermo perché mi pare che il tempo sia passato. È passato? Allora mi fermo. Ci sarebbe da toccare l’altro punto, quello della Madonna; ci riserveremo di parlarne un’altra volta. Sottolineiamo, invece, i cinque minuti della sera. I cinque minuti della sera non sono altro che la continuazione dei cinque minuti del mattino. Io direi che alla sera dobbiamo ripetere quello che abbiamo fatto al mattino. Quel Cristo che avevamo in mano... dobbiamo adorarlo, ringraziarlo, chiedergli perdono e metterci a sua disposizione. Ecco la nostra preghiera, ecco i cinque minuti: credere che lui è lì presente, sentire il bisogno, ma un grande bisogno, di ringraziarlo, dirgli grazie, e poi domandargli perdono perché abbiamo peccato. Ecco l’atteggiamento di umiltà. Fratelli, scusate se sono uscito in escandescenze nel parlare, ma dovete capire che se dico questo è perché, guardando il mondo d’oggi, vedendo il bisogno estremo che c’è nel mondo di oggi di amore, di fede, di carità, penso che solo uomini che se la intendono con lui sono capaci di sconvolgere il mondo e di rimetterlo a posto. Uomini funzionari, uomini grandi organizzatori, grandi intelletuali, non farebbero niente. Tenete ferma l’immagine: un camion e rimorchio di legna, se manca il fiammifero, non riesce a riscaldare neppure un pulcino.MARIA
PREGHIERA i cinque minuti della sera
GESÙ
EUCARISTIA adorazione
DOTI UMANE disponibilità
VIRTÙ
umiltà
APOSTOLO F.A.
MONDO
VIRTÙ
fede