MI280 [28-10-69]
28 ottobre 1969Don Ottorino si riferisce al libro di P. MATTEO SS. CC., Ritiro sacerdotale, Direzione Generale Intronizzazione, Grottaferrata (Roma) 1958, che usa anche per questa meditazione. Le citazioni, prese dalle pagine 38-41, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
MI280,1 [28-10-69]
1. 1. Introduzione Sia lodato Gesù Cristo! La volta precedente abbiamo incominciato la meditazione seguendo il testo del nostro caro padre Matteoe abbiamo affrontato il problema dell’umiltà. Secondo padre Matteo sono tre i motivi per essere umili, ma finora ne ha indicati solo due, e cioè il primo motivo per essere umili è la nostra impotenza fisica, e il secondo è la nostra miseria morale, i nostri peccati. A questo punto, invece di passare al terzo motivo, padre Matteo ci dice come possiamo essere umili e ci suggerisce due modi. Questa mattina affronteremo questo. In seguito il padre continuerà il suo cammino e ci dirà il terzo motivo per cui dobbiamo essere umili. Ci confermerà quasi nell’umiltà dicendoci: “E se non vi basta quello che abbiamo detto, sappiate che dovete essere umili anche per questo”. Non voglio anticipare i tempi, ma solo dirvi, prima di leggere alcuni pensieri che saranno oggetto della nostra meditazione, che il primo mezzo da lui suggerito per essere umili è l’obbedienza. E siccome oggi questa pillola bisogna un pochino indorarla, penso che sia bene premettere alcune osservazioni a quello che dirà padre Matteo, affinché non si faccia un’indigestione presentando l’obbedienza con parole che venivano usate dieci anni fa.VIRTÙ
umiltà
MI280,2 [28-10-69]
2. 2. L’obbedienza è responsabile e intelligente, e costa sacrificio È vero che il Concilio ha messo a fuoco il dovere dei superiori di manifestare agli altri l’amore di Dio e di invitare tutti a una collaborazione, è vero che l’obbedienza deve essere una vera collaborazione, una fraterna collaborazione, una ricerca della volontà di Dio, una cosa responsabile, fatta insieme. Su questo siamo pienamente d’accordo; però io vorrei proprio qui mettere un punto fermo, e bisogna che ci parliamo in modo chiaro perché noi siamo dei religiosi ed essendo religiosi siamo dei consacrati, degli offerti a Dio. Pur mettendoci tutto l’oro che volete, tutto il dolce che volete, resta che l’obbedienza è una immolazione di noi stessi al Signore, è un sacrificio. Parliamoci chiaro! E se vogliamo togliere quest’aspetto di sacrificio, se vogliamo escludere completamente questa parte di sacrificio, significa che non abbiamo capito niente della nostra consacrazione al Signore. Prendete il superiore più santo che ci sia, il regolamento più lieve che esista, resta sempre che a un dato momento bisogna rinunciare ai nostri punti di vista, al nostro io, e fare qualcosa che non piace. Prima di camminare su questa strada cerchiamo anzitutto di pensare un pochino al nostro maestro, a Gesù. Credo che Gesù non fosse fuori dei tempi. Se venisse ora, Gesù farebbe anche oggi quello che ha fatto più o meno duemila anni fa: cambierebbe un pochino il modo di parlare, la forma, ma resta che Gesù ha fatto un’obbedienza responsabile. La sua fu una obbedienza in collaborazione con il Padre, cioè anche quando cercava di prendere iniziative proprie ‘telefonava’ in cielo: se arrivava il permesso, bene; se non arrivava, pazienza! La nostra obbedienza ha queste caratteristiche: chi obbedisce deve saper prendere anche delle iniziative, offrire una collaborazione. Non dobbiamo avere una obbedienza passiva: “Mi hai detto di portare un mattone, faccio questo, porto un mattone!”. Se il superiore che ti ha mandato a prendere un mattone e si è dimenticato di dirti di prendere anche la malta, porta un mattone e anche la malta. È chiaro? Se vedi che il superiore ha sbagliato, che intendeva dirti di prendere un blocco pesante, tu porta un blocco pesante. Qui ci vuole un certo criterio, un certo discernimento.CHIESA Concilio
CONSACRAZIONE obbedienza
CONSACRAZIONE offerta totale
CONSACRAZIONE religioso
GESÙ
servo
Don Ottorino parafrasa la preghiera di Gesù nel Getsemani (Mt 26,39), sottolineando il fatto che lui soffriva in modo particolare il caldo, e alcune Comunità missionarie della Congregazione erano situate in zone dal clima molto caldo, come Estanzuela, Rio Hondo e il Chaco.
Modo di dire di don Ottorino che non incitava certo all’uso della violenza fisica, ma ad una insistenza decisa.
Cfr. Filippesi 2,8.
MI280,3 [28-10-69]
3.Non si tratta di un’obbedienza matematica per cui se dici a uno: “Va’ a infornarti!”, quel tale salta dentro il forno. No, questa obbedienza lasciamola a qualche santo particolare, in un momento particolare; ma in via generale si direbbe che è una obbedienza da matti. È giusto? Un caso particolare può essere quello di un santo, ma è un caso particolare e lasciamolo fare a lui. A un certo momento ci vuole un’intelligenza ragionevole, uno che con la sua intelligenza dica anche al superiore: “Guardi, sì, obbedisco, per carità, ma forse non è il caso di fare diversamente? È bene far così, ma, ma...”. Non è una ribellione, non è uno che cerca di non fare; ma è uno che cerca di fare meglio, uno che cerca di collaborare, non uno che cerca con la sua intelligenza di levarsi di dosso il peso dell’obbedienza: questo no, assolutamente! Potrà dire: “Non ce la faccio. Faccia una carità, se è possibile mandi un altro, però sono pronto ad obbedire!”. Questo sì! “Padre, se è possibile, passi... Non mandarmi missionario su per sul Calvario - ha detto Gesù - perché la croce pesa un po’ troppo, perché lassù è troppo caldo...Però, per carità, se è questo che vuoi, sono pronto e ci vado!”. “Ci vai!”. E allora Gesù è andato ed è morto. Finché ci sarà il Cristo in mezzo a noi bisogna che l’obbedienza sia così: donazione totale, disposizione nelle mani di Dio. Perciò quando un domani sarete vecchi e parlerete ai superiori - allora ci saranno tante Case in giro per il mondo - e farete gli esercizi specializzati per i superiori, vi dico: “Bastonateli forte,bastonateli forte, il più forte possibile, per spingerli ad essere padri, a non far pesare l’obbedienza, ad aiutare i fratelli a collaborare andando incontro il più possibile alle loro reali necessità”. Ma ricordate: quando voi parlerete a tutti i religiosi, mettete davanti a loro l’esempio di Gesù... “factus oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis...”. E questo lo dico per i superiori e per l’ultimo che ha fatto i voti l’altro giorno.CONSACRAZIONE obbedienza
COMUNITÀ
superiore
GESÙ
servo
CONSACRAZIONE offerta totale
CONSACRAZIONE voti
MI280,4 [28-10-69]
4. Siamo tutti consacrati alla volontà di Dio, e la volontà di Dio non domanda sempre caramelle. Basta osservare la vita della nostra buona mamma, la Madonna. Dio, ricordatevi bene, domanderà qualcosa che costa. Del resto, non facciamo i martiri! Il Signore domanda qualche cosa che costa alle nostre buone mamme, lo domanda ai nostri papà, lo domanda a tutti gli uomini che sono sulla terra. Non dobbiamo dimenticare che siamo viatori, che stiamo andando verso la patria perché non è questa la nostra patria e che qui dobbiamo purificarci, portare un po’ di croce per pagare i peccati nostri e dei fratelli. Non dobbiamo dimenticare quello che abbiamo meditato negli esercizi spirituali, cioè che noi siamo chiamati in modo particolare a vivere la passione del Signore, e una parte è proprio questa immolazione della nostra volontà. Se poi considerate bene essa non è in fin dei conti l’immolazione più grande che il Signore ci chiede. Infatti se domandassimo a tanti papà e a tante mamme di famiglia, e ci mettessimo a confronto con loro, penso che qualche volta dovremmo arrossire. Tuttavia bisogna assolutamente che viviamo l’obbedienza con spirito soprannaturale.VOLONTÀ
di DIO
MARIA la nostra buona mamma
FAMIGLIA
NOVISSIMI eternità
CROCE
Il riferimento è a un fatto che sarebbe accaduto a Venezia durante la processione del Corpus Domini. Un signore in tuba altezzosamente ritto ai margini della gente che si era inginocchiata al passaggio della processione affermava la sua incredulità sul mistero della transustanziazione. Un popolano gli rispose che neanche lui capiva quelle ‘cose teologiche’, ma mentre si inginocchiava davanti all’ostia consacrata che passava invitava anche l’altro a fare altrettanto.
Don Ottorino invita a non cadere nella scrupolosità che porta a fare cose ridicole e strane.
Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che don Ottorino tratta con particolare attenzione e con tono scherzoso per essere entrato in Congregazione già sacerdote e con una buona esperienza alle spalle.
Don Ottorino accenna al manipolo, indumento sacro che si poneva al braccio sinistro per la celebrazione della Messa, a ricordo del lino che il celebrante una volta usava per asciugarsi il sudore, e che di fatto venne eliminato dalle riforme liturgiche.
MI280,5 [28-10-69]
5. 3. La misura dell’obbedienza sia l’amore Voi direte: “A chi dobbiamo obbedire? Per quale motivo? In che modo?”. Prima di tutto, fratelli miei, obbedienza a Dio, obbedienza ai suoi comandamenti. Non mettiamoci a giudicare, ma obbediamo: il Signore ci ha detto così. Sono il nostro Padre e il nostro fratello Gesù che ci comandano certe cose, e allora meno discussioni e più azioni, meno chiacchiere e più fatti! Non fermiamoci a chiedere: “Ma, si può... non si può...”. La misura sia l’amore, non la morale! Scusate se dico brutte parole. Non misurate le cose con la morale, misuratele con l’amore, con la carità verso Dio! Meno discussioni se la particola deve avere un diametro di tre centimetri o di tre e mezzo! Inginocchiatevi però davanti all’ostia consacrata! “Non credo a quelle cabale”. “Nemmeno io, - ha detto quel tizio - ma giù il cappello perché passa il padrone del mondo”. A un dato momento Dio ti ha comandato questo? Obbedisci a Dio! La vostra vita non sia una ricerca scientifica per evitare i pesi della legge di Dio. No, no! Sia, invece, un mettersi amorosamente a disposizione nelle mani di Dio. Non consumiamo la vita studiando tutte le enciclopedie del mondo per cercare di dare il meno possibile al Signore: diamo quello possiamo, con generosità. Non è il caso di diventare scrupolosi, di ripetere dieci volte la recita di un salmo o venti volte il Padre nostro, ma, nello stesso tempo, se Dio proibisce di dire o di fare una cosa, non la si deve dire e non la si deve fare; se comanda di farla, la si fa. Perciò cerchiamo di avere questa disponibilità alla legge di Dio. Disponibilità anche alla legge della Chiesa. Fratelli miei, siamo in un momento in cui è facile trovare chi parla male della Chiesa, chi mette in cattiva luce certe disposizioni, chi critica e questo e quello... Sentite: siamo ‘in humanis’. Diceva bene il nostro caro don Giuseppe di felice memoriache bisogna considerare che la Chiesa sta camminando “umanamente” sopra la terra. Mi pare che dicessi questo, non è vero? In essa c’è la parte umana, per cui quella è una cosa che può cambiare e che non sarà mai perfetta. Per esempio, ricordo che quando si era giovani, si criticava l’uso del al manipolo: “A che serve?”. “Una volta, la storia...”, ci rispondevano. “Ma, perché allora non può essere tolto?”. Eh, via... mettilo! Perché tante storie e perdere la pace per un pezzo di stoffa? Quando saremo preposti a tutte le cerimonie del mondo allora aboliremo l’uso del manipolo: non perdiamo la pace per un pezzo di stoffa fissato ad un braccio o per un pezzo di cingolo legato attorno alla vita!Perché perdiamo la pace per cose per le quali non vale proprio la pena di perderla? Prendiamo le cose come stanno!CONSACRAZIONE obbedienza
DIO Padre
DIO amore a Dio
EUCARISTIA comunione
CONSACRAZIONE disponibilità
Tombolo era allora un povero paese agricolo della diocesi di Treviso, dalla quale proveniva Giuseppe Sarto, che poi divenne Papa con il nome di Pio X.
MI280,6 [28-10-69]
6.Quando noi saremo Papi faremo i cambiamenti. San Pio X, quando era cappellano a Tomboloe il breviario richiedeva due ore per la sua recita perché una volta era molto più lungo di quello che diciamo noi, disse: “Se sarò eletto Papa, accorcerò subito il breviario del tempo pasquale perché in quella settimana si deve confessare di più, c’è la benedizione delle case, ci sono tante cose da fare, e proprio allora hanno fissato il breviario più lungo!”. Infatti il breviario in quel tempo liturgico era proprio il più lungo. È arrivato Papa e uno dei suoi primi atti fu quello di accorciare il breviario. E fate così anche voi! Se c’è qualcosa che non va, dite: “Bene, quando sarò Papa io, eliminerò d’un tratto quella cosa!”, oppure quando diventerete una persona importante. Amici miei, prendiamo le cose con semplicità. Non facciamo diventare essenziale quello che è molto secondario. E tante volte facciamo così perché ci costa un po’ di peso. Ecco, è tutto qui! Bisogna che siamo un pochino pieni di spirito di mortificazione, di spirito di penitenza, che prendiamo le cose con spirito di sacrificio. Credete, per esempio, che noi che noi fossimo proprio degli stupidi da non vedere certe incongruenze? Che non le abbiamo viste? Pensate voi che in trent’anni di sacerdozio non abbiamo visto che ci sono alcune cose che non vanno? Se io mi mettessi ad elencarvi tutto quello che ho visto, vi direi tante cose che voi non avete ancora visto. Ve lo assicuro: ne ho sentite tante! Vi assicuro che ne tirerei fuori di quelle che voi non avete ancora visto e non avete ancora immaginato. Però, a un dato momento, anche se in casa tua si comportano in un modo che non ti è gradito, porta pazienza! Quando non puoi modificare le cose, quando la tua critica si ridurrebbe soltanto a una mormorazione o a una critica inutile o a qualcosa di accademico, non intervenire! Basta che ti lascino il tuo Cristo, che ti lascino la possibilità di amare, di camminare verso Dio e verso le anime, e il resto accettalo! Perché perdere la pace per simili cose? Quando saremo noi i padroni del bastimento, allora faremo come vorremo; intanto il bastimento mi serve per arrivare alla patria, e allora salgo sul bastimento e parto. A un dato momento bisogna avere la capacità di essere un pochino superiori a certe cose, se no ci mostriamo bambini. Guardate che alla base di tutto dobbiamo mettere lo spirito di mortificazione.CHIESA Papa
VIRTÙ
semplicità
PENITENZA sacrificio
AUTOBIOGRAFIA
ESEMPI obbedienza
MI280,7 [28-10-69]
7. 4. L’obbedienza è fedeltà anche nelle piccole cose Direi anche, e scusate se lo dico proprio per collocare il cappello alle affermazioni di padre Matteo, che è necessaria l’obbedienza anche nelle piccole cose quotidiane nelle quali dobbiamo saper vedere la volontà di Dio. Porto un esempio, un caso. Uno va a lavorare al mattino e deve essere al lavoro alle otto. Supponiamo: ci sono gli operai che lavorano da Bressan e alla sera si mettono d’accordo: “A che ora cominciamo il lavoro domani mattina?”. “Sarebbe bene cominciarlo alle sette”. “Va bene, alle sette!”. Si mettono d’accordo di cominciare alle sette. Se qualcuno di loro dice: “Ah, forse sarebbe meglio cominciare alle sette e mezzo”. “E allora per le sette e mezzo, d’accordo; domani mattina alle sette e mezzo”. Ma alle sette e mezzo, se non altro per la parola data, bisogna essere là. Non è vero? Si va a casa in vacanza e si chiede: “Assistente, quando dobbiamo tornare?”. “Beh, volete tornare domenica sera o lunedì mattina?”. “Mah, forse è meglio tornare domenica sera”. “Va bene, domenica sera!”. E poi qualcuno torna il lunedì mattina. Ma come è possibile, come è concepibile questo? “Ma, l’assistente in un primo momento ci aveva lasciati liberi perché aveva detto che si poteva tornare...”. Era stato detto che si cominciava il lavoro alle sette e mezzo. Le sette e mezzo e basta: sette e mezzo, quella è legge per tutti e non si discute più. Questa facilità a giocare con la morale a fisarmonica non va bene. È stato detto, per esempio, di tornare a mezzogiorno. Qualche volta è successo questo! Io insisto su queste cose non per la questione di un’ora o mezz’ora di lavoro, ma perché è una malattia che potrebbe portare alla tisi, potrebbe portare a un tumore.VOLONTÀ
di DIO
CONSACRAZIONE obbedienza
ESEMPI obbedienza
È evidente che don Ottorino si riferisce al lavoro manuale che svolgevano i giovani della Casa dell’Immacolata, specialmente quando c’erano giorni di vacanza dagli impegni scolastici.
Don Ottorino per firma intende forse dire la stampigliatura automatica che l’orologio marcatempo fa sul cartellino personale di ogni dipendente, dal quale la ditta a fine mese rileva le ore effettivamente fatte dal dipendente e può applicare le multe per i ritardi annotati sul cartellino stesso.
Mons. Alberto Bovone, che lavorò in molte Congregazioni romane fino a ricoprire l’ufficio di segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e concludendo con l’elevazione al cardinalato, fu sempre legato a don Ottorino da sentimenti di amicizia sincera e generosa.
La cifra sembra irrisoria, ma discreta per gli stipendi del tempo.
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8.Guardate che la cosa è grave, è grave! Supponiamo che a un dato momento tra di noi si stabilisca: “Li facciamo tornare la domenica sera o il lunedì mattina?”. “Perché farli tornare la domenica sera, poveri figlioli? Facciamoli tornare il lunedì mattina”. “E a che ora? Alle otto?”. “Tornino verso mezzogiorno in modo che facciano mezza giornata di lavoro”. È logico che sarebbe stato utilissimo farli tornare la domenica sera, ovvero alle otto della mattina successiva per fare la giornata intera di lavoro, ma abbiamo detto: “Bene, che tornino almeno a mezzogiorno. Non cade il mondo se perdiamo una mezza giornata di lavoro!”.Però si fa conto che a mezzogiorno siate qui. Supponiamo che uno dica: “Io torno alle due del pomeriggio, perché il lavoro comincia alle due”. Ma, scusate, non è questione di lavoro; è questione che tu ti sei offerto a Dio, e in quel momento lì tu non stai facendo la volontà di Dio: ricordati che ti sei offerto a lui. Ci vuole un motivo proporzionatamente grave perché tu non torni a quell’ora. Tu hai dato la parola a Dio, non agli uomini, tu non sei più tuo, altrimenti avrei dovuto restare nel mondo. Se dai la parola di incontrarti con lui alle dieci: “Ci troviamo domattina alle dieci”, non puoi mancare di parola! Per esempio, è stabilito che il lavoro incominci alle otto. Esce uno a dirmi: “Guardi che non ce la facciamo per le otto”. “E va bene, mettiamoci d’accordo: fissiamo per le otto e dieci?”. “Ma, è ancora troppo presto”. “Otto e un quarto?”. “Otto e un quarto!”. Però nessuno deve arrivare alle otto e sedici minuti. Guardate che l’arrivare quando si vuole è una brutta malattia, ma proprio una brutta malattia. Negli stabilimenti, dove è stato installato un orologio e ci sono una firmae una multa, tutti sono puntuali; dove non c’è un orologio, non c’è una firma, non c’è una multa, si manca di parola. A Roma mi diceva monsignor Bovoneche Papa Giovanni ha messo persino nelle Congregazioni romane l’orologio e la multa perché neppure i monsignori di quelle Congregazioni erano fedeli all’orario. E lo stesso monsignor Bovone, che è uno dei pezzi grossi di una Congregazione, al mattino deve firmare il cartellino e a ogni minuto di ritardo corrisponde una trattenuta che viene applicata; allora erano sei o nove lire al minuto che venivano tolte dallo stipendio mensile.È umiliante, però! Eppure Papa Giovanni ha aumentato lo stipendio di tutti i monsignori e sacerdoti che lavorano in Vaticano, ed erano tutti contenti... però l’orologio! “Io vi aumento lo stipendio, però anche voi dovete accettare questo controllo!”, poiché della parola non ci si può fidare. Ah, è un’umiliazione, siamo sinceri, è un’umiliazione!CONSACRAZIONE offerta totale
VOLONTÀ
di DIO
CHIESA
Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata.
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9.Infatti, scusate: se io mi sono impegnato di andare a quell’ora, perché non devo essere là a quell’ora? Un domani che cosa succederà? Succederà che da sacerdote tu andrai a celebrare la Messa alle sette e trenta anziché alle sette, andrai a visitare un ammalato domani invece di oggi, anziché lavorare otto o dieci ore nell’ufficio chiacchiererai per quattro o cinque ore e perderai tempo. Amici miei, per il fatto che noi non abbiamo un capo stabilimento o un preside, non vuol dire che noi possiamo fare quello che vogliamo. È tutto qui: non possiamo fare quello che vogliamo. Noi dovremo rispondere a Dio di più di colui che è controllato da un capo, perché del nostro tempo noi dobbiamo rispondere a Dio. E io vi dico che obbedienza vuol dire disciplina, e questa dobbiamo imporcela noi. Sta di fatto che gli uomini del mondo sono legati a un dovere, a una disciplina, a una penitenza. Allora hanno ragione quelli che parlano contro i preti. Osservate anche i nostri maestri di lavoro: devono essere lì alle otto del mattino o alle otto e mezzo; a mezzogiorno se ne vanno per pranzare; poi devono tornare alle due del pomeriggio e vanno a casa alle sei. Se vogliono fare qualche acquisto in città, devono andarci il sabato pomeriggio, se il sabato hanno mezza giornata libera. Ma tutte le giornate son lì, legati lì, e devono fare l’atto di umiltà di andare dal padrone e domandare: “Per piacere, mi concede mezza giornata?”, e devono chiedere ‘per piacere’. Solo noi per qualunque capriccio possiamo lasciare il posto di lavoro: ci viene in mente che dobbiamo andare a comprare, che so io, la tettarella per il poppatoio, e allora si tralascia tutto perché devo andare in città a comprare la tettarella. Tre ore dopo ci si ricorda d’esserci dimenticati: “Ah, un momento! Vado a comperarmi quella cosa”. Solo noi possiamo seguire il capriccio? Loro devono aspettare per una settimana il sabato pomeriggio perché non possono prima, e invece noi possiamo fare quello che vogliamo. Amici miei, non possiamo prendere la vita in questo modo! Dico male don Guido?CONSACRAZIONE obbedienza
PENITENZA
Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima Giuseppe Biasio, poi Gianni Zarzo, che avevano svolto attività lavorative prima di entrare in Congregazione e quindi avevano esperienza diretta di quanto stava dicendo sulla fedeltà ad un orario di vita.
Don Ottorino usa il termine scapoli per indicare persone senza impegni e senza responsabilità.
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10.Scusate, io vedo per esempio il vostro impegno nel lavoro: vedo, osservo... ma pure lì ho rilevato questo. Guardate che anche qui c’è questa malattia che ci fa prendere le cose con superficialità. È necessario sacrificarsi, fare, e “in hoc laudo”, ma dovete imporvi una disciplina. Non voglio dire che ve la metto io. A un dato momento verrebbe la voglia di collocare l’orologio anche in laboratorio, o all’entrata della Casa dell’Immacolata per quelli che vanno in vacanza, ma l’orologio dovete collocarvelo voi. Se, per esempio, sono stabilite quattro ore di lavoro, non devono essere quattro ore meno un minuto; se è stabilito che dovete tornare a mezzogiorno, non dovete tornare a mezzogiorno e un minuto; se è stabilito che dovete essere a letto alle dieci e mezzo della sera potete dire: “Alle dieci e mezzo è troppo presto; possiamo fissare per le undici?”. “Fissiamo per le undici”. Ma una volta stabilito che dovete andare a letto alle undici, deve essere per le undici. Se è stabilito di alzarsi alle sei del mattino, ci si alza alle sei e non alle sei e un minuto. Questo, figlioli miei, non ve lo dico per oggi che siete qui, dove potrebbe esserci qualcuno che vi prende a braccetto e vi dice: “Amico mio, perché fai questo?”, ma voi dovete farvi un orario, assumere un impegno nella vita. Anche se un domani siete in una Comunità da soli, dovrete imporvelo, perché gli altri, fuori, hanno questo orario imposto dalle necessità, dal lavoro, dalla famiglia; devono alzarsi prima per prendere qualcosa e poi andare al lavoro. Dico male, Giuseppe, lei che ha lavorato tanto tempo fuori nel mondo? È così o no? Osservate Gianni, poveretto, là all’ospedale: “Presto... bisogna studiare!”. Insomma quelli di fuori sono legati, sono condizionati a una vita segnata da un orario. Noi che ci siamo offerti a Dio, noi che dovremmo essere i prototipi delle anime sacrificate, noi praticamente minacciamo di essere, come direbbe qualcuno, degli scapoli, e allora offriamo il fianco a quelli che dicono: “È ora di finirla che ci sia una categoria di padroni, di signori, di benestanti. Vadano anche loro a lavorare, sappiano qual è il sacrificio della vita!”. Amici miei, voi capite che a questo proposito si potrebbero dire tante cose.CONSACRAZIONE obbedienza
CONSACRAZIONE fedeltà
CONSACRAZIONE mediocrità
Citazione latina tratta dalle Odi del poeta latino Orazio : “Vi sono, insomma, dei limiti determinati, fuori dei quali non può esservi il retto modo di agire”. Il poeta nella morale appoggiava l’ ‘aurea mediocritas’, cioè l’arte del ‘carpe diem’ degli epicurei che perseguivano la capacità di dosare in modo soddisfacente per la persona e per il vivere civile la rinuncia moderata e l’ascolto degli istinti.
MI280,11 [28-10-69]
11.Per esempio, è tempo di studio e uno dice: “Oggi io non vado a studiare; esco tre ore”. Io non vengo a controllare, ma dovete controllarvi voi, dovete domandarvi in ogni istante se siete dove Dio vi vuole in quel momento. Per il fatto che voi stessi vi fate l’orario, non vuol dire che potete fare quello che volete. Non potete fare la comunione al mattino se non avete fatto il vostro dovere durante al giornata; prima fermatevi davanti all’altare e chiedete perdono al Signore. È troppo facile dire: “Gesù mio, misericordia!”, e butto dentro tutto; prima ci vuole un proposito! Perché anche noi, nonostante abbiamo lavorato quattro o cinque ore in laboratorio, potremmo mangiare il pane a tradimento, potremmo tradire la nostra vocazione, la nostra missione. 5. L’obbedienza è il presupposto della vita comunitaria Direi ancora di più: dobbiamo obbedienza anche ai superiori, sottomettendo qualche volta il nostro giudizio a chi è incaricato. È toppo facile avvisare soltanto e non domandare il permesso. Non scendo a particolari, perché i particolari possono essere stupidi, ma state attenti, fate un pochino di esame interiore per vedere se vi siete offerti o se è quasi un peso il vivere da consacrati: “Beh, glielo diciamo che andiamo a fare questo!”. Amici miei, abituatevi un pochino a sacrificare voi stessi, a sottoporre il vostro giudizio, le vostre azioni, con spirito di umiltà, non di umiliazione. Non andiamo all’esagerazione opposta, ma guardate che c’è un punto oltre il quale siete fuori strada. “Sunt certi denique fines quos ultra citraque nequit consistere rectum”, ci insegnavano in passato: ci sono certi confini oltre i quali ci si rompe le gambe. Perciò vi direi: non andiamo all’esagerazione! Non rivolgetevi al superiore per domandargli: “Posso pulirmi il naso? Posso andare ai servizi?”. No, no, non vi domando questo, però ci sono delle cose per le quali bisogna chiedere il permesso.VOLONTÀ
di DIO
EUCARISTIA comunione
CONSACRAZIONE obbedienza
CONVERSIONE esame di coscienza
L’espressione latina: “Alla maniera di un cadavere”, è attribuita abitualmente a Sant’Ignazio di Loyola e vuole indicare l’obbedienza passiva nelle mani del superiore, ben lontana da quella illustrata e voluta da don Ottorino.
A questo punto della lettura del testo di padre Matteo, don Ottorino aggiunge: “E qui ci sarebbe da fare un lungo discorso riguardo al padre spirituale”.
A questo punto don Ottorino aggiunge specificando: “Che non sia peccato, s’intende”.
MI280,12 [28-10-69]
12.Altrimenti un domani nella Comunità che formeremo capiterà che ognuno farà quello che vorrà. E invece no! Si deve fare insieme. “Ma, io faccio...Vado avanti per conto mio!”. Ecco il pericolo: ognuno va avanti per conto suo e allora la Comunità, invece di divenire una fraternità, diviene un albergo. E questo ha origine da qui. Quando un religioso si abitua a fare quello che vuole: lavora, fa anche bene, ma non parla, non si esprime, non si umilia un pochino davanti al superiore per dire: “Guardi, avrei intenzione di fare questo: che ne dice? Qual è il suo parere?”, non costruisce fraternità. Eh, parla almeno come segno di informazione, di amicizia, fraternità, perché, altrimenti, coltivi un egoismo che in fondo, stringi, stringi, stringi, insomma, è superbia! Non so se siete d’accordo su questo. Voi capite che ci sarebbero da dire ancora molte altre cose, ma dobbiamo incominciare la meditazione. 6. L’obbedienza non sbaglia perché è sottomissione a Dio Vorrei ora leggervi due paginette, e con il cappello che abbiamo premesso penso che possono passare anche adesso sebbene siano cambiati i tempi.COMUNITÀ
CONSACRAZIONE religioso
COMUNITÀ
fraternità
Don Ottorino nel suo entusiasmo chiama Vangelo l’espressione paolina di Filippesi 2,8.
Don Ottorino dapprima cita e poi spiega una frase sull’obbedienza, attribuita abitualmente a don Bosco.
Nel testo registrato don Ottorino scherzosamente dice: “... cambiando le mutande, è ancora valida. Bisogna che li faccia ridere, poverini, perché non si addormentino!”.
Evidentemente don Ottorino si riferisce a qualche controversa decisione presa a Crotone.
MI280,13 [28-10-69]
13.Eh, è un argomento che oggi non si capisce più! Oggi si scrive che l’obbedienza non è virtù. Mi dispiace, ma così togliete il Vangelo: “Factus oboediens usque ad mortem...”. Non confondete l’obbedienza con l’atteggiamento di chi si comporta come uno sciocco: “Eccomi qua, mi butti pure là come un fazzoletto...”. Fazzoletto sì, ma inteso come deve essere inteso. Credo che anche don Bosco l’intendesse così.CONSACRAZIONE obbedienza
NOVISSIMI
VOLONTÀ
di DIO
Nell’esempio don Ottorino nomina don Girolamo Venco e il diacono Vinicio Picco, che all’epoca erano responsabili delle attività lavorative nella Casa dell’Immacolata.
MI280,14 [28-10-69]
14.In un primo momento potrebbe far sorridere il dire che il superiore ha sempre ragione, però se non capite l’essenza di questa cosa io vi dico che non avete capito niente della vita religiosa. Se non avete capito per esempio, che stabilito di tornare a mezzogiorno bisogna tornare a mezzogiorno perché altrimenti il Signore non è contento, che stabilito di andare al lavoro alle otto e dieci bisogna essere lì alle otto e dieci, e non perché Venco altrimenti ti rimprovera o perché Vinicio ti richiama o perché don Ottorino altrimenti fa una scenata,ma perché Dio vuole questo. Mi sono impegnato e io so che in questo modo faccio un piacere a Dio. Stabilito che la Messa è alle otto, io devo uscire alle otto e non fermarmi a chiacchierare cinque minuti, perché Dio la vuole alle otto. “Ma, questa regola l’ho stabilita io!”. “Sì, l’hai stabilita tu, ma adesso la Messa la devi dire alle otto! Hai annunciato in chiesa che la Messa è alle otto, e tu la dirai alle otto, non alle otto e cinque o alle otto e dieci minuti”. Se non avete capito questo, voi state facendo continuamente la vostra volontà, avendo fatto il voto di obbedienza. Sbaglio, don Luciano? Questo non vuol dire: “Ma, allora, devo dirla sempre alle otto se si potrebbe dirla alle sette?”. Va bene, riprendi in mano la questione: se puoi decidere tu da solo, decidi; se invece la cosa deve essere trattata insieme con altri, si tratta insieme, ma a un dato momento devi importela. Amici miei, in seminario noi non eravamo religiosi, eppure ci hanno insegnato a farci un orario: dovevamo farlo noi e presentarlo poi al padre spirituale, e accettarlo come volontà di Dio e, per quanto possibile, attenerci a quell’orario. Qualcosina, insomma, dovete imporvela anche voi. In uno stabilimento è il padrone che fa l’orario, ma a un dato momento deve tenerci a quell’orario, anche se l’ha fatto lui, se vuole che lo stabilimento vada avanti. «È ben vero che noi viviamo in un’epoca molto difficile, estremamente opposta a questa dottrina».CONSACRAZIONE vita religiosa
COMUNITÀ
superiore
VOLONTÀ
di DIO
EUCARISTIA S.Messa
CONSACRAZIONE obbedienza
AUTOBIOGRAFIA seminario
Il testo riporta l’indicazione della citazione evangelica: Lc 2,51.
Di nuovo il testo riporta l’indicazione della citazione paolina: Fil 2,8.
MI280,15 [28-10-69]
15.Ricordatevi che se avete capito questo, avete il punto d’appoggio e la leva per sollevare voi stessi e gli altri verso la santità; se non l’avete capito, vi manca il punto d’appoggio e voi vi appoggiate sempre più sulla terra. Una leva poggiata sulla terra non regge.CONSACRAZIONE santità
CONSACRAZIONE obbedienza
VOLONTÀ