Don Ottorino comincia in tono scherzoso, alludendo alla tradizionale benedizione delle case che veniva fatta nel periodo dopo Pasqua. Nomina Giorgio Girolimetto, che all’epoca stava completando il 4° anno del corso teologico.
Continua il tono scherzoso con riferimento alla villa donata da Clementina Valeri, ristrutturata per accogliere benefattori anziani con il nuovo nome di “Casa San Giovanni”, della quale si era interessato anche don Giuseppe Biasio, compagno di studi di don Giorgio, che nelle necessità sapeva essere anche un buon cuoco.
S. E. mons. Carlo Fanton, vescovo ausiliare e vicario generale di Vicenza, era un grande amico di don Ottorino e dell’Opera.
Il riferimento potrebbe essere ancora a don Giuseppe Biasio, o a don Zeno Daniele che aveva seguito con responsabilità tutta la ristrutturazione della villa.
Don Guido Massignan e don Girolamo Venco avevano responsabilità di direzione e animazione nella Casa dell’Immacolata, e don Ottorino, che nelle sue visite in America Latina era stato bene impressionato dalla testimonianza di laici che avevano partecipato al “cursillo de cristiandad”, volle che per primi partecipassero a questa esperienza.
Il riferimento è ad uno dei primi lavori delle Edizioni ISG, che a don Ottorino stava particolarmente a cuore, sia per la gioia di diffondere la parola di Dio, sia per il fatto che andava in un paese sotto il regime comunista.
Floriano Apostoli, fratello dei religiosi Leonzio e Mariano, era incaricato delle edizioni nella tipografia dell’Istituto San Gaetano.
Nel testo registrato don Ottorino usa l’espressione latina: “Per fas et nefas”, che significa: “Con mezzi giusti e ingiusti”.
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1. Premetto alcuni avvisi parrocchiali. Per quanto concerne la benedizione delle case e delle stalle, eventualmente benedirà don Giorgio: se vi pare, quella delle case verrà fatta questa settimana. A proposito bisognerà benedire villa San Giovanni un giorno o l'altro, e penso che per la circostanza sarebbe conveniente che fossero presenti anche coloro che hanno lavorato o nel dare le tinte o in qualche altra cosa. Comunque c'è il conte Giuseppe dei conti Valeri; sapete che per gli amici quella si chiama “trattoria da Bepi”. Ieri sera è stata inaugurata la cucina da mons. Fanton e da tutto il gruppo. Penso che non sarebbe male se, un momento o l'altro, cercassimo il modo di trovarci insieme lì, magari domenica pomeriggio, verso sera o a qualche ora, e che quelli che vi hanno lavorato provassero se le cucine funzionano bene. Non dico di fare un pranzo, ma lasciamo ogni decisione alla discrezione del proprietario o del gerente, come volete chiamarlo. Secondo avviso. Il nostro carissimo don Guido è partito per Genova, non certo per imbarcarsi, e sarà seguito a ruota dal caro don Girolamo: farà l’esperienza del famoso “cursillo de cristiandad”. Lo sapevate già più o meno. Poiché vanno per fare un'esperienza nuova, che inizierà questa sera, seguiamoli almeno con un'Ave Maria alla Madonna, perché partecipano per portare a casa qualche cosa: lo Spirito Santo li illumini affinché, se c'è qualche cosa che è utile per noi e per il nostro apostolato, possano portarcela a casa. Segnaliamo al Signore anche un'altra necessità. Ci troviamo un po' nei pasticci a causa dell’edizione dell’Antico Testamento in cecoslovacco. Voi sapete che in un primo momento avevano dato l'incarico a noi, poi volevano commissionarlo alla Poliglotta Vaticana, alla fine sono ritornati qui da noi. Noi abbiamo promesso di fare subito il lavoro, sicuri di una promessa di Bologna, che cioè, entro una quindicina di giorni, a partire dal venerdì santo quando le abbiamo ordinate, ci avrebbero consegnato le matrici; invece esse sono arrivate lunedì, ma soltanto le matrici italiane, senza quelle speciali che avevamo ordinato per la lingua cecoslovacca. Ci è stato detto che queste le consegneranno ai primi di giugno, e poi, per nostra insistenza, ci hanno detto a metà maggio. Quindi non possiamo adempiere gli impegni. Il vescovo cecoslovacco è venuto qui la settimana scorsa per vedere come va il lavoro. Abbiamo girato tutta Italia, ci siamo rivolti per telefono da una parte e dall’altra, ai padri Armeni di Venezia, a Milano... Finalmente ci sembrava di avere trovato a Udine una tipografia che avesse le matrici e che si diceva disposta a farci subito il lavoro. Allora don Girolamo, e questo è il motivo perché non è partito subito con don Guido, si è recato immediatamente a Udine ed è tornato a casa dicendo che hanno soltanto alcune matrici e che non possono farci il lavoro. Finalmente siamo riusciti a scoprire il più grande complesso di linotype di Milano, che lavora per Mondatori, che ci ha risposto: “Siamo disposti a farvi il lavoro. Per noi le matrici non sono un problema, perché le facciamo al momento”. Perciò Floriano e don Girolamo sono partiti stamattina o partiranno fra poco per Milano, dopo aver preso l'appuntamento con il responsabile per le dieci o le dieci e trenta, e dovrebbero combinare qualche cosa. Ho detto loro che combinino ad ogni costo. A Floriano, poiché sono partiti in auto e don Girolamo proseguirà poi per Genova in corriera mentre Floriano tornerà qui, ho raccomandato di portare a casa possibilmente una pagina composta in cecoslovacco o, se questo non sarà possibile, almeno il carattere con il quale comporranno quella pagina. Domani io devo andare a Roma, e vorrei avvicinare i cecoslovacchi e dire loro: “A Milano ci hanno assicurato che entro un mese o un mese e mezzo ci consegneranno tutte le veline; lavoreranno giorno e notte”. Infatti ci hanno detto: “Entro un mese o un mese e mezzo noi vi daremo tutte le veline composte e preparate”. Allora, anzi, guadagneremo tempo. Perderemo mezzo milione di lire, perderemo qualcosa, ma, d'altra parte, la parola è parola e val la pena perdere. Non vi sembra giusto? Avevamo detto: “Sì, lo facciamo noi”, abbiamo promesso a Roma che i primi testi dell'Antico Testamento li avremmo consegnati entro la metà di luglio, ed entro la metà di luglio, anche lavorando di notte, dobbiamo consegnarli. Perderemo, forse, mezzo milione nella composizione, ma il mezzo milione lo riguadagneremo con il lavoro serale, facendo ore straordinarie con le macchine offset. Insisto su questo per dirvi che la parola è parola, e quando si è data bisogna mantenerla. Domani porteremo ai nostri amici cecoslovacchi qualche cosa assicurando che il lavoro verrà fatto e dando anche i tempi di lavorazione.COMUNITÀ
conduzione comunitaria
CONGREGAZIONE storia
DIO Spirito Santo
SOCIETÀ
lavoro
AUTOBIOGRAFIA viaggi
FORMAZIONE educazione
DOTI UMANE coerenza
Don Massimo Astrua e don Angelo Albani erano preti milanesi, responsabili all’epoca dell’Associazione MIMEP, un’associazione sorta per la diffusione della parola di Dio tra il popolo. È interessante, rileggendo queste righe, cogliere la preoccupazione di don Ottorino perché ogni nuova scoperta della tecnica sia utilizzata per il bene.
Cfr. Lc 16,8.
Il riferimento è evidentemente a don Giuseppe Rodighiero, entrato in Congregazione già sacerdote, all’epoca insegnante e animatore dei novizi.
Nel testo registrato si ascolta a questo punto un meravigliato: “Noo!”.
Forse non è del tutto esatta la denominazione che don Ottorino dà di questo personaggio interessato al Vangelo in lingua araba.
S. E. mons. Edoardo Mason, comboniano, originario di Limena (PD), venne consacrato vescovo nel 1947 come vicario apostolico di Bahr el Ghazal nel Sudan; all’epoca risiedeva a El Obeid (Sudan).
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2. Concludo gli avvisi parrocchiali con un'altra notizia. In passato vi avevo accennato al desiderio di fare qualche filmino sul Vangelo. Vi ricordate? Don Massimo e don Angelo mi hanno consegnato ultimamente una rivista, «L'Europeo», dove era descritta la famosa cassetta, una videocassetta, che è stata presentata alla mostra del Giappone e che sconvolgerà tutto il sistema del cinematografo, in quanto avremo il cinema in casa: basta prendere una cassetta e avremo quello che vorremmo. Ora si avvera quello che hanno detto don Angelo e don Massimo, che i figli delle tenebre sono più furbi dei figli della luce. Verrà il momento, e guardate che queste cassette saranno lanciate sul mercato entro il 1970, in cui nelle case i nostri giovani, le nostre famiglie, vedranno di tutto fuorché i programmi religiosi, avranno di tutto fuorché catechismo. E allora mi dicevano appunto don Massimo e don Angelo: “Fate la carità! Anche se voi doveste fermare due o tre missionari, fermarli, tenerli qui senza che partano mai... - per esempio, supponiamo che don Giuseppe venga qui e, invece di andare a fare il missionario in America, debba star sempre chiuso in una stanza per fare cinema - per conto nostro sono giustificate quelle due o tre vite sacrificate, perché sono quelle che un domani faranno più apostolato degli altri: forniranno le armi per gli altri”. È chiaro? In previsione di questo, come abbiamo lanciato il Vangelo stampato, vogliamo essere pronti ad ogni novità. Sapete che abbiamo una richiesta del Vangelo anche in arabo. Non lo sapete? C'è una richiesta da parte di un rabbino, o meglio da parte di uno che loro chiamano rabbino : è andato a Milano su indicazione di una professoressa di Genova ed ha chiesto il preventivo per cinque o diecimila copie del Vangelo in arabo, e ora aspetta il preventivo. A Milano preparerebbero le veline. Giorni or sono, ed esattamente sabato scorso, è venuto qui mons. Mason, vescovo comboniano, e anche lui mi ha detto: “Ho chiesto... mi interesserebbero, per un padre, diecimila copie in arabo”. Perciò, se facciamo la somma delle copie ordinate dal rabbino e quelle ordinate da mons. Mason, otteniamo il numero di ventimila: allora il preventivo lo facciamo per ventimila copie, dopo avere avvisato l'uno e l'altro dei due interessati. Come ci siamo lanciati in questo campo, è giusto che ci lanciamo anche nell'altro delle videocassette. E adesso che è arrivato il nostro carissimo don Zeno, possiamo cominciare la santa meditazione. Finora ci sono stati solamente gli annunci parrocchiali.COMUNITÀ
conduzione comunitaria
MONDO progresso
MONDO tecnica
CONGREGAZIONE storia
APOSTOLO apostoli del Duemila
PENITENZA sacrificio
Allusione all’episodio biblico della benedizione di Isacco a Giacobbe, narrato in Gen 27.
Don Ottorino amava fare degli scherzi, anche per vedere la reazione dei giovani e studiarne il comportamento.
La “Casa del pellegrino” è un luogo di ristoro accanto al santuario della Madonna di Monte Berico.
Don Zeno Daniele, che don Ottorino nomina anche subito dopo come compagno di viaggio in America Latina nel 1967, era stato consacrato sacerdote pochi giorni prima.
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3. Domenica sera i nostri liceali, fratelli dilettissimi in Gesù Cristo, hanno fatto una uscita fino a Monte Berico. Un po' più tardi ho pensato - non che io abbia pensato male di loro e detto tra me: “Vado a vedere dove sono andati” - e ho detto: “Poveretti! Sono andati in bicicletta fino ai piedi del monte e poi sono saliti a piedi”, o avete fatto la salita in bicicletta? “Poveretti, - ho detto - chissà quanto saranno stanchi! È giusto che andiamo lassù a portare un po' di rifornimento. Andiamo, comperiamo loro qualche cosa”. Arrivati sul piazzale li abbiamo visti in fondo, e allora ci siamo tenuti un po' lontani per non farci scorgere. Due dei manigoldi che erano con me sono scesi dalla macchina e si sono mossi piano piano verso di loro, fingendo di essere di passaggio, come due pellegrini. Senonché, invece di trovare Esaù, abbiamo trovato Giacobbe. C'è stato soltanto un cambiamento di pelo: invece dei liceali abbiamo trovato i bambini dell'asilo, cioè, scusatemi, del noviziato. Sbagliavo, eh! E allora i bambini hanno chiesto subito, com'è naturale, la caramella: “Papà, ci compera qualche cosa?”. Eh, che volete! Ma il papà ha finto di non volere comperare loro niente e di partirsene in macchina; invece si è fermato un po' lontano, ha battuto le mani e allora i bambini si sono precipitati di corsa con la speranza di ricevere qualcosa. “Beh, vediamo! Cosa volete?”. “Qualcosa di caldo, perché fa freddo; qualcosa di caldo!”. E ci siamo avviati verso la “Casa del pellegrino”. Arrivati, abbiamo trovato tutte le porte chiuse, ma poiché i novizi sono anime sante, mentre stavo dicendo loro: “Sentite, voi avete visto la buona volontà, avete visto tutto, capite anche voi...”, si è alzata subito la saracinesca e si è aperta la porta. «Ahi, - ho detto - stavolta ci sono!». Ne è uscito il frate, che fa «Eh, eh, eh, eh, eh...» con due o tre persone. Allora uno dei nostri gli ha chiesto: “La porta è aperta in senso unico o in doppio senso?”, e il frate: “Entrate, cari, entrate, entrate!”. La signorina del bar ha ribadito: “Beh, venite dentro, fate presto”. Così abbiamo ordinato una china per ciascuno: eravamo in quattordici. Arrivato il momento del conto, ho aperto il portafoglio e mi sono chiesto: “Quanti soldi dovrò pagare? Tremila lire... due, tremila lire?». Ho preso dal portafoglio tremila lire e ho fatto i conti: “Vediamo un po': ci domanderà centocinquanta o centoquaranta o centotrenta lire alla china?”. Era una china calda, con una fettina di limone dentro. Tu, Zeno , dimmi quanto poteva costare?”. Insomma, quando è venuto il momento di pagare il conto fu di mille lire in tutto. Io mi aspettavo di pagare di più, e invece ho pagato di meno, e sono stato contento perché erano contenti loro ed era contenta anche la mia coscienza perché non ho mancato tanto di povertà.FORMAZIONE noviziato
Don Ottorino si rivolge a don Giuseppe Rodighiero, che era laureato in lettere e aveva esperienza di insegnamento.
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del 2° volume di M. VALTORTA, Il poema dell’Uomo-Dio, Tipografia Editrice Pisani, Isola del Liri (Frosinone), 1961. Le citazioni, prese dalle pagine 360-361, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
La parola latina significa: abitudine, disposizione, modo di essere.
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4. Un'altra volta, invece, ci trovavamo in un famoso ristorante di NewYork: ero con don Zeno, e abbiamo bevuto un po' di vino di Soave. Ci hanno portato il conto. Beh! Vino di Soave, di Gambellara... pensavo che costasse centoventi o centotrenta lire il litro. Non ne avevamo preso neppure mezzo litro, una bottiglietta, un quarto. Ci chiesero tre dollari e mezzo, mi pare, tre dollari e mezzo. Ci siamo guardati: ci risultò veramente caro il vino Soave! Con tre dollari e mezzo in Italia si fa una buona sbornia, mentre là ci siamo accontentati di una bottiglietta, anche se ce l’hanno presentata avvolta nel tovagliolo, tenuta nel ghiaccio, con il carrello, in una specie di mastelletta con il ghiaccio dentro. Soave fu anche il conto! Ecco il punto di partenza della nostra meditazione: da una parte mi aspettavo di pagare di più ed ho pagato di meno e sono stato contento, dall'altra mi aspettavo di pagare di meno ed ho pagato di più e il vino mi è andato per traverso. Beh, insomma... è andato di traverso, ma abbiamo riso di gusto, non è vero, Zeno? Non vi sembra che tante volte per noi sia così? Tante volte ci aspettiamo a scuola - ci aspettavamo, perché per noi la scuola è già finita - un otto e invece si prende un sei e si sta male; se si aspetta un sei e si prende un otto si sta bene. Talvolta è una cosa molto soggettiva. Se ti sembra d'aver fatto male un compito e dici: “Stavolta mi va male, stavolta mi va male”, tu ti rassegni a prendere un cinque; se ti capita un sei ti senti tutto contento. Un'altra volta sei convintissimo d'aver fatto molto bene; ti capita un sei e stai male. Eppure hai preso sei. Don Giuseppe, lei che è professore, non è così? Ora mi pare che tante volte, nella vita, le croci ce le facciamo più pesanti proprio noi, perché ci mettiamo nella convinzione che bisogna pagare poco o pagare molto. È proprio questo che io vorrei sottolineare questa mattina, prendendo lo spunto da questo volume. Noi religiosi, sacerdoti e diaconi, dobbiamo ricordare che è necessario che paghiamo in modo particolare più dei cristiani, è necessario che paghiamo, abbiamo un conto da pagare, il conto dei nostri peccati e dei peccati degli uomini. Come prima cosa dobbiamo convincerci che, quando abbiamo fatto un peccato, resta qualche debito: anche se noi abbiamo domandato perdono a Dio resta un debito di pena. Se tu rompi questi vetri, va bene che tu mi chieda perdono e io te lo conceda, ma poi bisogna rimuovere i cocci, sostituire il vetro, comprarne un altro. Vi sembra giusto? Insomma c'è un lavoro, c’è una spesa, e qualcuno bisogna pur che paghi per rimettere a posto l'equilibrio. Poniamo un'ipotesi. Uno di voi commette un peccato impuro, un peccato impuro voluto, volontario. Poi capisce l’errore e si pente: “Che cosa ho fatto! Vado a confessarmi”. E nella confessione riceve l’assoluzione: “Ego te absolvo”. Ora è tutto a posto, ma c'è ancora un debito: ha rotto un vetro. Il papà gli ha perdonato, ma adesso bisogna che rimetta a posto l'equilibrio: c'è un vetro da pagare, ci sono i frantumi da raccogliere. E i frantumi tante volte sono un “habitus” , uno strascico, una debolezza: sei diventato debole in quel punto e ogni peccato ti rende più debole e più facile alla caduta. Sono cocci di vetro sparsi qua e là: puoi pungerti, per cui bisogna rimuoverli, toglierli tutti, e bisogna pagare, pagare perché tu hai offeso la giustizia di Dio, e questo pagare vuol dire fare penitenza.CONSACRAZIONE religioso
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
CONVERSIONE pentimento
ESEMPI peccato
GRAZIA Confessione
CARITÀ
perdono
PENITENZA
Don Ottorino riprende gli esempi precedenti, quello con i novizi nella “Casa del pellegrino” e quello con don Zeno a New York.
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5. Amici miei, ci rendiamo conto che dobbiamo far penitenza per i nostri peccati? Qualcuno potrebbe dire: “Io non ho mai fatto peccati mortali”. Ma se tu avessi fatto anche un solo peccato veniale, dovresti pagare per quel peccato veniale. Poniamo un'altra ipotesi. In uno scatto di nervi, per un colpo di rabbia, strappo l'orologio a Zeno, lo butto per terra e lo rompo. Dopo, c'è una cosa che devo fare: domandare perdono a Zeno, ma poi andare a raccogliere anche l'orologio e farlo riparare a mie spese. Sono due quindi gli atti: anzitutto devo ottenere il suo perdono, poi, devo far riparare l'orologio. Se potessi dovrei dargli due orologi, ma almeno devo restituirgli l'orologio nello stato di prima. Questo è il minimo che io possa fare come penitenza: restituire a don Zeno l'orologio com'era prima, almeno, e domandargli perdono. E poi devo cercare di amarlo di più per fargli dimenticare, se fosse possibile, che sono stato cattivo con lui, o meglio riparare con l'amore l’atto di scortesia o di cattiveria che ho compiuto verso di lui. Ogni peccato veniale, per quanto piccolo esso sia, ogni imperfezione è, come minimo, un atto di scortesia. L'imperfezione è una scortesia, il peccato veniale è un atto di cattiveria, il peccato mortale un atto criminale. Ora, se io ho mancato di scortesia verso uno, se ho mancato di cattiveria o sono stato un criminale, amici miei, prima devo domandare perdono e poi devo riparare. Voi direte: “Allora c'è tanta gente che non ripara, tanta gente che non capisce questa necessità, che va a confessarsi e si accontenta di una assoluzione. Il prete assegna dieci Ave Maria ed essi se ne vanno tutti contenti”. Purtroppo ci sono tanti cristiani che non capiscono queste verità. E allora, che cosa capita? Nelle nostre case, quando un ragazzo rompe un vetro domanda perdono alla mamma; allora il papà tira fuori i soldi per pagare il vetro, la mamma deve rassegnarsi a fare pulizia alla casa e il figlio, magari, se ne va tutto contento al cinema. Purtroppo è così, tante volte è così: il figlio commette l'errore e domanda perdono, il papà e la mamma perdonano e dicono: “Ripariamo noi”. Perciò l'uno lavora un'ora di più, l'altra si affatica per rimettere un pochino a posto la casa. Amici miei, quando noi religiosi abbiamo detto di sì al Signore, abbiamo accettato il compito del papà e della mamma, che è quello di ottenere il perdono per i fratelli, ma anche di pagare, poi, al posto dei fratelli. È giusto o è sbagliato? Io vado in una parrocchia, a Roma o nell'America Latina, e vado a portare ai fratelli il perdono di Dio, a riparare il vetro che è stato rotto. Se questi miei fratelli non lo riparano, o per ignoranza o perché non hanno una preparazione spirituale sufficiente, non c'è altro da fare: il vetro, se non vogliamo che d'inverno entri il freddo, deve essere rimesso; l'orologio deve essere riparato e, se non lo ripara quel povero americano o quella povera creatura di Roma, lo devo riparare io. Perché? Perché io sono il padre di famiglia, perché Dio ha chiamato me a capo di essa. Perciò, io non sono il capo perché faccio un ingresso trionfale o indosso un po' di ornamenti rossi, sono a capo perché devo mettere in ordine la casa, ristabilire l'equilibrio. Se non abbiamo capito questo, amici miei, abbiamo capito poco o niente della nostra missione apostolica, sacerdotale o diaconale. Noi siamo chiamati ad andare nei vari posti del mondo per essere i mediatori del perdono di Dio, coloro che pagano la china se si tratta di china, o il vino di Gambellara o di Sorio se si tratta del vino di Gambellara o di Sorio.PENITENZA
CARITÀ
GRAZIA Confessione
CONSACRAZIONE religioso
PENITENZA riparazione
APOSTOLO salvezza delle anime
DIO perdono di...
APOSTOLO chiamata
APOSTOLO missione
APOSTOLO ambasciatore di Dio
In Colossesi 1,24 si legge: “... completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo”.
Don Ottorino nel testo registrato cita il passo di Isaia 6,8 in latino: “Ecce, mitte me”.
Don Matteo Pinton era all’epoca insegnante di filosofia e animatore dei giovani del corso teologico.
Cfr. Filippesi 2,7-8.
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6. Ora vorrei leggervi una paginetta su questo argomento. «Gli angeli... - è sempre Gesù che parla agli Apostoli - Gli angeli, spiriti puri e perfetti, viventi nella luce della Santissima Trinità e in essa giubilanti, nella loro perfezione hanno, e riconoscono di averla, una inferiorità rispetto a voi, uomini lontani dal Cielo. Hanno l'inferiorità del non potersi sacrificare, del soffrire per cooperare alla redenzione dell'uomo. E che vi pare? Dio non prende un suo angelo per dirgli: “Sii il redentore dell'umanità”. Ma prende suo Figlio. E sapendo che, per quanto sia incalcolabile il Sacrificio e infinito il suo potere, ancor manca - ed è bontà paterna che non vuole fare differenza fra il Figlio del suo amore e i figli del suo potere - alla somma di meriti da contrapporsi alla somma dei peccati che d'ora in ora l'umanità accumula, ecco che non prende altri angeli a colmare la misura e non dice loro: “Soffrite per imitare il Cristo”, ma lo dice a voi, a voi uomini. Vi dice: “Soffrite, sacrificatevi, siate simili al mio Agnello. Siate corredentori...”». San Paolo lo dice con chiarezza: “Bisogna completare quello che manca alla passione del Signore” , non perché il Signore non avrebbe potuto pagare lui stesso, ma perché l'Eterno Padre ha voluto che una parte la pagasse Gesù e una parte la pagassimo noi, con la grazia di Gesù, il quale dà potenza, dà forza, dà valore alla nostra sofferenza. Noi siamo chiamati perciò a colmare il calice, a rimettere a posto la misura. Immaginiamo di avere una bilancia: su uno dei due piatti c'è il male, sull'altro il bene. Il male è quello che gli uomini continuano ad accumulare su uno dei due piatti con i propri peccati. Gesù ha dato un colpo meraviglioso all'altro piatto della bilancia, però, per riportare l'equilibrio e fare in modo che il bene sia superiore al male, il Signore ha scelto Gesù, San Pietro e tutte le anime buone, in modo particolare noi consacrati. Non possiamo quindi far mancare sulla bilancia il peso della nostra offerta, cioè il peso dell'offerta del nostro sacrificio, perché finiremmo per far mancare una parte essenziale. Supponiamo che il Signore dicesse agli angeli del Paradiso: “Sulla terra, per rimettere in equilibrio i piatti della bilancia, ci vorrebbe ancora un altro redentore, un altro che completi il peso mancante. Ci sarebbe fra voi qualcuno disposto a incarnarsi come il Figlio e discendere sulla terra ed essere crocifisso? Alzi la mano”. Gli angeli non hanno le mani, ma supponiamo che alzino le ali. Ebbene, ditemi voi, quanti angeli direbbero al Signore: “Eccomi, manda me”? Io penso che tutti si offrirebbero e si sentirebbero onorati e gioiosi di poter imitare il Verbo incarnato. E direbbero: “Padre, se c'è bisogno di uno di noi, dammi il privilegio...”. Così direbbero San Gabriele, San Raffaele e tutti gli angeli del Paradiso, ne sono certissimo: “Padre, eccomi: come è andato il Verbo, così anch'io. Eccomi qui”. Ora il Signore non dice di far questo agli angeli, ma lo dice a noi. E quando ha chiamato don Matteo dicendogli: “Vieni; vuoi farti religioso?”, gli ha domandato: “Senti, caro Matteo, sei disposto, per piacere, a imitare Gesù, il quale “exinanivit semetipsum.. factus oboediens usque ad mortem...” per salvare i tuoi fratelli?”. E lui ha risposto di sì. Capite allora che proprio qui sta il fondamento della nostra carità, della nostra unione?DIO Padre
GESÙ
Via Crucis
GESÙ
redenzione
GRAZIA
APOSTOLO chiamata
CONSACRAZIONE religioso
PENITENZA sacrificio
DOTI UMANE collaborazione
APOSTOLO salvezza delle anime
CONSACRAZIONE disponibilità
CROCE sofferenza
DIO Figlio
GESÙ
incarnazione
GESÙ
Espressioni di lode e di condanna, che troviamo nel Vangelo in occasione dell’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme e della sua passione, in Mt 21,9 e 27,22-23; Mc 11,9 e 15,13-14; Lc 19,38 e 23,23; Gv 19,6.
Don Giuseppe Rodighiero era stato per un periodo prolungato a Resende (Brasile) per l’animazione di un corso di preparazione al diaconato e poi aveva visitato le Comunità dell’America Latina.
MI305,7 [29-04-1970]
7. Quando andiamo in una Comunità religiosa e troviamo che c’è da soffrire... lo sapevamo già; non c'è niente da fare! Sarebbe come una mamma va a trovare la figlia sposata e si sente dire: “Mamma, sto per diventare mamma anch'io, ma sento la sofferenza...”. “Non hai voluto provare? Sapevi già che per diventare mamma bisogna soffrire le doglie del parto. Lo sapevi già!”. “Ma, sai... il piccolo, la notte, fa la pipì a letto, mi sveglia...”. “Lo sapevi già, cara, benedetta dal Signore! Volevi forse sposarti e avere figli discesi dal cielo, che avessero già vent'anni, che andassero già a lavorare? Eh, no! Conoscevi già il processo della natura. E una cosa così naturale!”. Amici miei, volete voi pretendere di andare un domani missionari e non trovare delle difficoltà anche in seno alla Comunità stessa o nella comunità parrocchiale? Se Gesù Cristo è venuto dal cielo ed ha trovato tanta incomprensione da parte degli uomini che l'hanno messo in croce, vogliamo noi pretendere di trovare sempre l'«osanna» e mai, mai il «crucifige», di trovare la piena comprensione e mai qualche piccola contrarietà, qualche piccolo screzio nella nostra famiglia? Noi ce la metteremo tutta perché ci sia questa carità, ma ognuno di noi deve pagare di persona il frutto dell'unità e della carità, e mettere in preventivo che, involontariamente, ci sarà qualche cosa, qualche piccolo screzio, qualche piccola incomprensione, qualcosina di umano, qualche colpo di vento, qualche finestra che sbatte involontariamente. In quel momento dobbiamo ricordarci che noi siamo andati non per far la bella vita, ma apposta per pagare, perché i fratelli hanno rotto i vetri e bisogna riparare il guasto. Se quel giorno dimenticheremo questo, dimentichiamo, per conto mio, la nostra missione, dimentichiamo anche la forza dell'unità e della carità. Non so se tu, don Giuseppe, che hai girato il mondo, sei d'accordo in questo. Se noi respingiamo questo, crolla un punto fondamentale della nostra missione. È sbagliato?COMUNITÀ
CROCE sofferenza
CROCE difficoltà
CROCE incomprensioni
GESÙ
incarnazione
GESÙ
Via Crucis
CARITÀ
Il riferimento scherzoso è ai motori elettrici che per molti anni vennero costruiti nell’officina elettromeccanica dell’Istituto San Gaetano. Nei primissimi tempi, per la difficoltà di incontrare il materiale necessario, si usava anche la latta dei barattoli di conserva, con inevitabili sorprese al momento del collaudo.
Don Ottorino cita in latino l’espressione biblica di Sap 11,20.
A questo punto la registrazione si interrompe bruscamente e la meditazione rimane incompleta della parte conclusiva.
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8. Rivolgo allora un invito, amici miei, su questo punto, specialmente a coloro che qualche volta si ritireranno per meditare e fare deserto. Ho sentito che il primo maggio alcuni saliranno a Bosco e si fermeranno a pregare e a meditare. Mettete a fuoco specialmente questo. Amici miei, senza andar tanto lontano con il pensiero, mettete a fuoco i vetri che avete rotto voi, non quelli che hanno rotto gli altri. Lassù a Bosco, fino a mezzogiorno, io ho messo a fuoco e ho pianto i miei peccati. E se mi capita qualche croce dico: “Mi sta bene perché ho peccato”. Non è il caso che stiamo a fare i santi, e prima di pagare per gli altri dobbiamo pagare i nostri peccati. Se San Luigi Gonzaga è svenuto il giorno che si è presentato al confessionale perché aveva fatto qualche peccatuccio, non so quanto dovremmo svenire noi. E invece, magari le nostre confessioni vengono fatte con la solita superficialità: “Aspetta che vado a confessarmi”. Amici miei, ci rendiamo conto della gravità del peccato? Io ho paura che con il mondo di oggi, in questi tempi si vada perdendo un po' il senso del peccato, dell'offesa a Dio. E quando anche voi vi ritirerete in meditazione a Bosco o in un altro luogo, mettete a fuoco specialmente questi punti: il peccato, l'offesa a Dio, che cosa vuol dire offendere Dio, e come ogni peccato, per quanto sia piccolo, rompe l'equilibrio. Voi sapete che i gommisti hanno un apparecchio per equilibrare le gomme, perché se una gomma non è equilibrata la macchina non corre bene. Non parliamo, poi, di un motore elettrico il quale, se non è equilibrato, si muove e sembra quasi girare per tutta la tavola. Così capitava ai nostri primi motori, che andavano da una parte all'altra dell'officina da soli, anche perché, invece d'essere costruiti con lamierino magnetico al silicio, erano fatti con i fondi dei barattoli, con la lamiera dei barattoli facendo sentire ancora l'odore dei pomodori o delle sardine che avevano contenuto. Beh, amici miei, quando un motore non è equilibrato, è un disastro! Quando io commetto un solo peccato veniale rompo l'equilibrio di tutto l'universo. È sbagliato? Per quanto poco, rompo l'equilibrio. Guardate che dobbiamo renderci conto di questo. Ognuno di noi ha collaborato a rompere l'equilibrio, e la penitenza è un mezzo per equilibrare l'universo. Dio ha creato tutto “con calcolo e misura” , tutto nell'armonia. Io, uomo, posso rompere l'armonia. In che modo? Ribellandomi: è sufficiente un peccato veniale volontario. Amici miei, mi ricordo...PREGHIERA deserto
CONVERSIONE esame di coscienza
CROCE
GRAZIA Confessione
MONDO
PENITENZA
DIO creatore