MI85[05-08-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata durante il campeggio estivo al monte Verena sull'altopiano di Asiago (VI). Don Ottorino, prendendo spunto dal libro di René Voillaume "Sulla traccia di Gesù", sottolinea l’importanza di imitare Gesù attraverso la testimonianza della carità, l’accettazione del Vangelo “sine glossa”, l’umile obbedienza ai superiori. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 38’. 1. IntroduzioneQuesto straordinario libretto ha riscosso nei secoli un'accoglienza paragonabile solo al Vangelo, tanto che il grande predicatore francese Bossuet lo definì il "Quinto Vangelo". Non si conosce il nome del suo autore : per alcuni è l'italiano Giovanni Gersenio (morto nel 1240); i più propendono per il fiammingo Tommaso da Kempis (1380-1471).
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1.Siamo chiamati a imitare il Padre: Gesù ce ne offre un esempio. Per imitare il Padre noi dobbiamo cercare di imitare Gesù, per cui il nostro sforzo durante la vita deve essere quello di imitare Gesù. L’autore del libretto "L’imitazione di Cristo" conosceva il Vangelo e ciò che il Signore vuole da noi. Viene allora naturale - ne discuteremo un pochino questa sera - il domandarci nelle nostre azioni: "Che cosa farebbe Gesù?", cioè, in altre parole: "Con questa mia azione sto imitando Gesù?". Adesso io sto per compiere un'azione: Lui, Gesù, preoccupato solo di fare la volontà del Padre, che cosa farebbe al mio posto? Poiché anch'io devo fare altrettanto, sforzarmi di fare la volontà del Padre, allora anch'io devo cercare di fare la volontà del Padre bene come la faceva Gesù. Se facessi la volontà di Dio, se mi sforzassi in tutte le azioni di fare la volontà di Dio, non occorrerebbe che mi domandassi: "Che cosa farebbe Gesù?", perché Gesù farebbe esattamente quello che faccio io. Noi prendiamo Gesù come modello perché ci è più facile avere uno davanti a noi che ci accompagni, e così stringiamo la nostra amicizia con Lui; così non soltanto abbiamo un modello, ma abbiamo anche un aiuto, uno che ci aiuta, che ci sostiene con la sua grazia, con la sua amicizia. Allora non ci sentiamo più soli, ma in due, e camminare in due è più facile che non camminare da soli. 2. L’imitazione di Gesù esige la testimonianza della caritàDIO Padre
GESÙ
imitazione
VOLONTÀ
di DIO
GESÙ
amico
GRAZIA
GESÙ
unione con...
Don Ottorino si riferisce alla seconda parte del libro di RENÉ VOILLAUME, Sulla traccia di Gesù, Editrice Ancora, Milano 1966, che porta come titolo “I Misteri di Gesù”.
Cfr. Isaia 6,3 ; Apocalisse 4,8.
Cfr. Filippesi 2,7.
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2.Adesso incominciamo la seconda parte. Se dobbiamo imitare Gesù è giusto che studiamo la vita di Gesù. Nei giorni scorsi dicevamo che per entrare in questo spirito bisogna prima avere una grande idea di Dio. Nell'Antico Testamento che cosa è successo? Dio ha educato il suo popolo a una grande idea del Dio tre volte santo. Di conseguenza se tu capisci chi è Dio, quando ti avvicini a Gesù Cristo capisci chi è: la seconda Persona della SS. Trinità che si è fatta uomo. Ma se tu non hai un'idea grande di Dio, Gesù sarà piccolino, piccolino. Quanto più grande è l'idea di Dio, tanto più comprenderai che cosa vuol dire: "Exinanivit semetipsum formam servi accipiens" ; capirai il salto che Lui ha fatto nel farsi uomo e la bontà che lo ha portato a farsi uomo per noi. E allora tu sentirai amore e riconoscenza verso questo Gesù che è venuto in mezzo agli uomini proprio per la nostra salvezza. Il cammino che dobbiamo fare è questo: prima, sforzarci di capire Dio, di adorare Dio, di pensare a Dio; poi, studiare Gesù. Ed è quello che ci accingiamo a fare adesso. Però, per potere capire Gesù, abbiamo bisogno dello Spirito Santo: la luce dello Spirito Santo ci farà comprendere Dio e capire Gesù. Questo è il cammino che dobbiamo percorrere tutti, la strada obbligatoria: adorare Dio, avere una grande idea di Dio, studiare Gesù, e tutto questo nella luce dello Spirito Santo, cioè nella semplicità di una bambino, dicendo: "Signore, parla tu perché io, povero uomo, da solo non ci riesco". Con questo spirito, e cioè insieme con lo Spirito Santo, intraprendiamo il nostro cammino.DOTI UMANE studio
DIO
GESÙ
conoscenza
DIO Figlio
DIO Trinità
GESÙ
incarnazione
GESÙ
uomo
GESÙ
salvatore
EUCARISTIA adorazione
DIO Spirito Santo
VIRTÙ
Il libro di René Voillaume, che don Ottorino sta proponendo come meditazione, è formato da varie lettere scritte dal Voillaume stesso da luoghi e in tempi diversi a confratelli della sua Congregazione, i Piccoli Fratelli di Gesù.
Don Ottorino non cita correttamente: la lettera meditata il 5.8.66 (pagine 27-30 del libro) fu scritta dal Voillaume da Saint-Maximin in Francia il 10 dicembre 1956. Le citazioni vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami.
Don Ottorino nomina don Pietro Martinello, che all’epoca lavorava nella segreteria generale della Congregazione, ma già destinato alla prima missione nel Chaco Argentino. Don Pietro era figlio di un carabiniere.
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3.Continuiamo a leggere le lettere del Voillaume. Qui scrive da Betlemme nella circostanza del santo Natale e parla di Gesù Bambino. Se vogliamo studiare la vita di Gesù è giusto che incominciamo da Gesù Bambino. Quando narreremo la storia di qualcuno di voi che muore in concetto di santità, o di don Pietro Martinello ucciso e mangiato dal quelli del Chaco, incominceremo a studiare prima la sua nascita, parleremo del papà, grande ufficiale dell'esercito dei Carabinieri, poi piano piano andremo avanti, finché arriveremo alla morte. Questo anche per Gesù. “La nascita di Gesù deve essere contrassegnata, ogni anno, da una grazia e da uno sforzo di rinnovamento nella nostra vita cristiana a religiosa.... Il mondo soffre nell'angoscia ed attende la pace tra gli uomini. Noi saremmo portati a pensare prima di tutto a questa realtà. Ma oggi Gesù c'invita a pensare alla pace in un altro modo, nelle radici profonde che essa deve avere nell'intimo del cuore di ogni uomo. L'orgoglio...”. Chi è senza orgoglio alzi la mano. “... la sete di potenza, di dominio e di ricchezza sono i sentimenti da cui nascono i progetti di guerra e di cieca distruzione. Gesù nasce piccolo, indifeso, sulla strada, come uno senza patria, e la sua presenza, lungi dal portare la pace, sembra suscitare la guerra e sarà occasione a una persecuzione sanguinosa che colpirà dei piccoli bimbi innocenti e farà piangere delle madri! Gesù piccolo bimbo, nella sua impotenza, sarà messo al sicuro con la fuga e l'esilio. Tuttavia con Gesù è nato Colui che solo può rendere i cuori pacifici, se sappiamo riceverlo”.GESÙ
incarnazione
PREGHIERA rosario
PREGHIERA meditazione
VIZI superbia
Giovanni 13,35.
Luciano Bertelli, studente di teologia, aiutava don Luigi Furlato nella preparazione dei novizi.
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4.Questa mattina dovremmo cercare di capire un punto fondamentale della nostra santificazione. Nella nostra Famiglia religiosa abbiamo come caratteristica la carità, e ci siamo proposti di dare al mondo questa testimonianza: la testimonianza della carità. Gesù ha stabilito la carità come distintivo di tutti gli apostoli: "Da questo riconosceranno che siete miei discepoli...". Noi abbiamo preso dal Vangelo questo che Gesù ha pronunciato e abbiamo detto che lo facciamo nostro. Però, se noi guardiamo nell'intimo di casa nostra, vediamo che non siamo arrivati alla perfezione nella carità, vediamo che tante piccole cose non ci dovrebbero essere. Ringraziamo il Signore che sono piccole cose, però dobbiamo fare un passo avanti. Noi riusciremo a capire la carità, che vuol dire concordia, comprensione, alla condizione che ognuno di noi si sforzi di essere simile a Gesù. Ieri, parlando con alcuni, ho portato un paragone che possiamo ripetere in questo contesto. Supponiamo che io debba incaricare uno di voi, un assistente, di tagliarmi 200 pezzi di legno lunghi 50 centimetri. Prendo un pezzo di legno per campione e lo consegno all'assistente Bertelli , e gli dico: "Luciano, prendi questo pezzo di legno e fanno 200 pezzi uguali". Lui, che ha studiato matematica, filosofia, geometria, eccetera, che cosa fa? Manda tutti i suoi confratelli più giovani a raccogliere pezzi di legno e poi dice loro: "Li taglio io stesso perché don Ottorino ci tiene che siano tutti uguali. Mi ha tanto raccomandato che siano esatti e per questo non mi fido di nessuno; li taglio io". Allora prende il campione che gli ho dato, taglia un pezzo di legno e si accerta che sia uguale al campione. Poi prende di nuovo il campione che gli ho dato io e con quello comincia a fare il mucchio. Poi con il secondo pezzo fa il terzo, con il terzo fa il quarto, con il quarto fa il quinto, finché arriva a 200. Alla fine li porta a me e li mette tutti in piedi, uno vicino all'altro, un bel fascio, e io mi accorgo che ci sono sette o otto centimetri di differenza fra il primo e l'ultimo. "Eppure, - dice lui, grattandosi la testa -, eppure sapesse come mi sono sforzato!". Gli osservo: “Sì, ti sei sforzato, ma ti è mancato un po' di criterio, figliolo: quello di non tenere come indice di misura il primo pezzo di legno, quello campione. Tu hai cercato di fare con il primo il secondo, con il secondo il terzo, e così di seguito. La differenza di ½ millimetro per 200 dà come risultato 100 millimetri, il che vuol dire 10 centimetri. Hai corretto qualcosa e sono risultati sette centimetri di differenza tra il primo e l’ultimo”. Quando vogliamo veramente farci santi, non dobbiamo prendere come modello uno qualsiasi; io prendo come modello Bertelli, Bertelli poi prende come modello un altro, questi poi un altro ancora. No, dobbiamo prendere come modello Gesù, la parola di Gesù e l’esempio di Gesù. Altrimenti ad un certo momento ci illudiamo di essere santi. Se in una Comunità dove ci sono quattro o cinque confratelli c'è qualcosina che non va, è perché non hanno preso Gesù per modello.CONSACRAZIONE santità
CONGREGAZIONE carisma
CARITÀ
MONDO
APOSTOLO testimonianza
PAROLA DI DIO Vangelo
CONSACRAZIONE perfezione
ESEMPI ideale
ESEMPI criterio
GESÙ
Nel testo registrato don Ottorino dice: “... si direbbe, in dialetto, con un pezzo grosso”.
Nei giardini sul monte Gianicolo, uno dei sette colli di Roma, si trova un gruppo statuario con Giuseppe Garibaldi in atteggiamento quasi di sfida e di minaccia verso il Vaticano.
MI85,5[05-08-1966]
5.Un giorno mi trovavo a Roma con una persona importante e siamo andati a cena insieme. Si è confidata con me dicendomi che gli era impossibile andare d'accordo con un altro pezzo più grosso ancora che rivestiva una carica nazionale importantissima, e a un dato momento mi ha detto: "Mi dica: che cosa ne pensa lei?". Io con semplicità ho chiesto: "Devo dire sinceramente quello che penso?". "Sì", mi ha replicato. Pensate che sia l’uno che l'altro facevano la comunione ogni mattina e quasi quasi si odiavano. Allora gli ho detto: "Quello che penso è questo: se uno dei due fosse santo, la carità ci sarebbe; non se tutti e due foste santi, ma se uno dei due fosse santo, la carità ci sarebbe". Ricordo che ci trovavamo sul Gianicolo ed erano le 10,30 di sera, e ci siamo fermati a conversare a lungo; c'era il nostro caro Garibaldi con il fucile in mano, che faceva la guardia. Allora si è fermato e ha detto: "Ha ragione; non ci avevo mai pensato, eppure faccio la comunione ogni mattina”. E aggiunse: “Voglio sforzarmi di essere santo!". Dopo cinque o sei mesi l'ho ritrovato e subito mi disse: "Ogni mattina nella comunione domando al Signore la grazia di essere quello che mi diceva lei, e ora le cose sono cambiate". Ed effettivamente le cose erano cambiate a tal punto che oggi questi due sono legati in modo fraterno: uno si chiama prof. Giaccone e l'altro prof. Pini; il prof. Pini è diventato direttore generale dell'ENAOLI perché il prof. Giaccone ne è il presidente nazionale. Figlioli miei, non illudiamoci! Possiamo fare la comunione ogni giorno, possiamo fare la meditazione anche per tre ore al giorno, possiamo anche flagellarci, tutto quello che volete, ma se non prendiamo per modello Gesù e non ci doniamo senza riserve nello sforzo di imitarlo, è impossibile la carità. Lui è andato fino in fondo. E adesso procediamo, ma guardate che questo è quello che dobbiamo fare. Se noi non affrontiamo in pieno la nostra donazione a Dio, nella misura in cui Gesù si è donato, cioè se non ci misuriamo con Lui, a un dato momento saremo misurati e ci troveranno come i pezzi di legno tagliati dal nostro caro Luciano. 3. L’imitazione di Gesù richiede l’accettazione del Vangelo ‘sine glossa’AUTOBIOGRAFIA viaggi
ESEMPI carità
ESEMPI santità
CARITÀ
amore al prossimo
CONSACRAZIONE santo
EUCARISTIA comunione
CARITÀ
Frase creata dal grande giornalista, scrittore, vignettista veneto Sergio Tofano per introdurre le storie a fumetti del suo eroe "Il signor Bonaventura”, che per molti anni sono apparse sul settimanale per ragazzi "Il Corriere dei Piccoli".
MI85,6[05-08-1966]
6.“Dentro di voi prima di tutto si deve produrre il mutamento: per il momento non si tratta degli altri ma di voi”. Manca la carità? Non siamo capaci di andare d'accordo? Se un domani vado in una Comunità al Chaco o a Rio e domando: "Come va?", qualcuno potrebbe rispondere: "Ma, sa, c'è questo, questo...". Non dobbiamo scagliarci contro gli altri, ma piuttosto contro noi stessi. Fratelli miei, tutti siamo portati a dire: "Sì, sì, si va d'accordo, ma bisognerebbe, bisognerebbe, bisognerebbe avere più carità. Purtroppo sono tutti gli altri la causa di ciò". No, scagliati contro te stesso, cambia te stesso, converti te stesso, trasforma te stesso! Finché siamo nella Casa dell'Immacolata, finché ci stiamo preparando alla vita apostolica, lasciate da parte gli altri, e cominciate con voi stessi; ognuno cominci con se stesso. “Che ognuno di voi lealmente s’inginocchi davanti al Piccolo Bambino appena nato e si domandi se è in grado di ricevere, nel suo cuore, senza farlo soffrire, quel messaggio vivente di Dio che è questo Bambino, Dio con noi, l'Emanuele. Noi non vi prestiamo abbastanza attenzione, ma c'è una parola pronunziata più tardi da Gesù, che ci condanna, perché pochi sono capaci di riceverla e di attuarla...”. Qui comincia l'avventura del signor Bonaventura! Maestro dei novizi, adesso verrà freddo a te, ma anche a me. Dice Gesù:CARITÀ
COMUNITÀ
fraternità
Don Guido Massignan era, all’epoca, il direttore della Casa dell’Immacolata.
MI85,7[05-08-1966]
7.“Lasciate venire a me i piccoli, non allontanateli, poiché è ai loro simili che appartiene il Regno di Dio. In verità vi dico, chiunque non accoglie il Regno di Dio con l'animo di un fanciullo, non vi entrerà (Luca 18,16-17)”. Questa è parola di Dio: "Chiunque non accoglie il Regno di Dio con l'animo di un fanciullo, non vi entrerà"; perciò noi dobbiamo divenire come fanciulli, avere un animo come quello del fanciullo, accogliere le cose di Dio con l'anima di un fanciullo. “Questa parola è terribile, più terribile delle maledizioni contro i ricchi e i farisei, perché è ancora più esigente. Gesù ci chiude la porta in faccia se non andiamo a Lui come bambini!”. Voi avete visto che nella Casa dell’Immacolata sono stato severo in questi venticinque anni; voi sapete qualche cosa, ma non sapete dagli inizi in poi. Quando sono stato cattivo e pesante nel tagliare e nel bastonare, lo sono stato sempre perché non trovavo la semplicità del bambino. Non dico che semplicità del bambino significhi dire: "Sissignore, sissignore...!". Non è questa la semplicità del bambino: questa è la semplicità dell'oca. La semplicità del bambino consiste nel prendere il Vangelo in mano e osservarlo come vuole il Signore, non nel dire di sì al superiore anche quando si deve dire: "Nossignore, questo non è giusto!". Sei d'accordo, don Guido? Ho il dovere, in nome di Dio, di esigere che nella Congregazione il Vangelo sia osservato. Se io esigessi che si parlasse in spagnolo invece che in italiano potreste dire: "Forse sarebbe conveniente parlare in italiano invece che in spagnolo". Ci possono essere diversità di opinioni su certe cose e su altre cose si può discutere insieme. Su certe cose posso sbagliare - e sbaglierò di certo! - e potete avere ragione voi, ma ci sono delle cose nelle quali, figlioli miei, io non posso assolutamente transigere: devo esigerle, perché altrimenti domani il Signore mi chiude la porta del Paradiso. Il Signore vuole che viviamo il Vangelo, che testimoniamo il Vangelo.PAROLA DI DIO Vangelo
VIRTÙ
semplicità
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
COMUNITÀ
superiore
Don Ottorino usa con frequenza l’espressione “sine glossa” per indicare che non si può modificare il testo del Vangelo con aggiunte o note esplicative per renderlo più chiaro e più comprensibile, con il pericolo di diluirlo e di perderne la forza trasformante.
Antonio Ferrari, che apparteneva alla Comunità dell’Istituto San Gaetano di Vicenza ed era stato scelto per integrare il gruppo destinato al Chaco Argentino, si distaccava sempre per la sua generosità in ogni servizio.
MI85,8[05-08-1966]
8.La nostra Congregazione deve rifarsi al Vangelo "sine glossa", così com'è, come lo ha voluto il Signore. Le parole del Vangelo non bisogna conoscerle soltanto per spifferare una sentenza in una predica o in una conferenza, ma bisogna viverle. Siamo qui per viverle, non per dirle: per viverle! Poi saranno proclamate, ma prima devono essere vissute, per non andare in giro a dire: "Non bisogna bestemmiare!", e poi, fuori dalla porta, si bestemmia per primi. Che direste se un parroco a un dato momento predicasse in chiesa: "Fratelli, mi raccomando, non bestemmiate il nome santo di Dio; non dite parole improprie!", e poi è il primo a bestemmiare e a dire parolacce? Figlioli, state attenti perché noi viviamo spesso così. Predichiamo le cose come Gesù le ha predicate, e non viviamo le cose come Gesù vuole che le viviamo. Prendiamo, ad esempio, anche una sola parola, ma proprio alla lettera, che Gesù dice: "Se non accogli il Regno di Dio con la semplicità di un fanciullo non entri in Paradiso". Le parole che sono scritte nel santo Vangelo devono essere prese con la semplicità di un fanciullo e vissute integralmente. Gesù ha detto così, Gesù vuole così: io devo fare così! “La nostra vita è priva di ogni senso se no va fino in fondo alle esigenze del Vangelo, se non entriamo in quel Regno di verità e di vita che è Gesù donato al mondo nella sua Chiesa. Apparentemente si può fare molto in opere, in attività, in dedizione, in parole, arrivando fino al sacrificio di sé senza tuttavia avere le disposizioni di cuore e di animo di un ‘vero bimbo’”. Guardate che i fuochi di paglia durano poco. Quando voi alla sera fate il falò è come un fuoco di paglia: ci vuole sempre il nostro caro Antonio Ferrari con la forca per ravvivarlo; sono stato meravigliato l’altra sera nel vedere la sua buona volontà ad alimentare il fuoco. Quei fuochi possono attirare l'attenzione dell'altopiano se tutti i monti ne sono pieni, ma oggi ci sono e domani non c'è più niente. Non sono i fuochi di paglia che possono durare quindici o vent'anni. Hanno fatto molto di più certi vecchi parroci che hanno trasformato i paesi con la loro preghiera, con il loro sacrificio, con il loro esempio, con la loro povertà. Infatti hanno preso il Vangelo sul serio e lo hanno predicato con la loro vita e lo hanno insegnato dicendo: "Senti, figliolo, bisogna fare così; questo dice Gesù!". “Sì, in apparenza così possiamo essere uniti alla Chiesa, ad una forma di vita religiosa, all'attività apostolica: ma saremo davvero nel Regno di Dio, saremo davvero di Gesù, corpo ed anima, in un amore totale?... Ve lo ripeto, questa parola è terribile perché la maggior parte degli uomini, anche tra i sacerdoti e i religiosi, non la prendono sul serio...”. Se le dicessi io queste parole voi potreste dire: "Povero untorello, che cosa vai dicendo in giro?". Invece fa questa asserzione un uomo che conosce il mondo, un uomo che è a capo di una Famiglia religiosa importantissima, un uomo preparato spiritualmente e culturalmente. 4. L’imitazione di Gesù domanda l’umile obbedienza ai superioriCONGREGAZIONE spiritualità
PAROLA DI DIO Vangelo
APOSTOLO testimonianza
PASTORALE parroco
APOSTOLO predicazione
VIRTÙ
semplicità
NOVISSIMI paradiso
CONSACRAZIONE radicalità
Sant’Ignazio di Antiochia fu vescovo e martire nel I secolo d.c. Da Eusebio sappiamo che morì a Roma, gettato alle belve, nel 107 d.c., presumibilmente nell’anfiteatro Flavio “Il Colosseo”. Durante il suo viaggio da Antiochia di Siria a Roma, attraversando l’Asia Minore come prigioniero, scrisse 7 lettere alle Chiese che incontrava lungo il suo cammino per rinsaldare le Chiese contro le eresie nascenti che tentavano di staccarle dalla tradizione apostolica. La frase citata si trova nella lettera di Sant’Ignazio ai Romani, IV 1-2.
Don Fabiano Dalle Carbonare era insegnate presso il Collegio Vescovile di Thiene (VI) e, allo stesso tempo, amico di don Ottorino e della Casa dell’Immacolata, come pure il rettore mons. Vincenzo Sebben, che don Ottorino nomina subito dopo.
Nel testo registrato, a questo punto, don Ottorino chiede a don Pietro Martinello di andare a prendere il suo breviario che aveva lasciato nella borsa, perché in esso c’era una lettera del prof. Dalle Carbonare che voleva far conoscere a tutti in quel momento.
MI85,9[05-08-1966]
9.“La maggior parte degli uomini, anche tra i sacerdoti e i religiosi, non la prendono sul serio; oppure si cullano nell'illusione di credere che non sia rivolta a loro! "Chiunque non accoglie il Regno dei Cieli con l'animo di un bambino, non vi entrerà". Non si tratta di provare una dolcezza, una passeggera tenerezza di sentimento per il Bambino Gesù. Si tratta di un amore e di una purificazione ben più profonda. Dio vuole da noi l'umiltà, la semplicità, che sole ci faranno calpestare il nostro amor proprio, l'attaccamento alle nostre idee personali, la nostra personalità orgogliosa ed egoistica, per confessarci vinti, senza riservarci più nulla, e pronti a ricevere tutto nell'obbedienza. Il Regno di Dio si accoglie nell'umile docilità della fede, nell'umile obbedienza alla Chiesa, cioè agli uomini che in nome di Gesù saranno gli strumenti di questa rinunzia a noi stessi, per possedere tutto, in un altro modo, nel Regno di Gesù”. Il nostro orgoglio ci porta a giudicare gli uomini, e sono uomini che Dio ha messo ad avere autorità su di noi e vorremmo trovare in loro e nel loro modo di governare la perfezione. Allora sì obbediremmo. Ma questa non sarebbe l'obbedienza di un fanciullo perché Gesù venendo sulla terra non ha trovato gli uomini perfetti; purtroppo ha trovato uomini piuttosto fuori di posto e tuttavia ha obbedito e si è donato. Qui è dove c'è in noi il difetto, figlioli miei: il difetto è proprio alla base. La nostra è una donazione troppo ragionata, umanizzata. È vero che noi dobbiamo suggerire al superiore perché abbiamo il dovere di collaborare attivamente con lui, di dirgli le nostre impressioni, di aiutarlo, perché dobbiamo vivere insieme, ma questo non toglie quella donazione che noi dobbiamo fare continuamente, il desiderio dell'immolazione, il desiderio di ciò che mi costa, il desiderio di essere sacrificato nell'obbedienza. Lo so che è difficile mettere insieme una cosa con l'altra, ma io devo desiderare: "Signore, a me non interessa niente”. Io voglio solo essere macinato - come diceva Sant'Ignazio - dai denti dei leoni, dai denti dei miei superiori; voglio essere macinato per dare il sangue per la salvezza del mondo". Bisogna entrare in questa semplicità tipica del bambino: il bambino si offre, si dona a Dio, non si dona da semplicione, ma mette la sua attività, la sua personalità, tutto se stesso in collaborazione. Alla base, però, deve esserci questa donazione. Sono stato commosso nel vedere don Fabiano Dalle Carbonare, che voi conoscete bene, venire da noi e divertirsi a scherzare e a ridere con semplicità. Anzi avete notato che scherza anche con il suo rettore. È un vero sacerdote, e mi commuove il suo modo di fare perché il suo rettore non è il superiore di una Comunità religiosa, ma ugualmente ha con lui un rapporto speciale, per cui scherza sempre, ride, lo prende in giro e lo fa con carità, con fraternità, facendo capire che vuole bene al suo rettore.VIRTÙ
semplicità
SACERDOZIO prete
CONSACRAZIONE religioso
VIZI superbia
CONSACRAZIONE obbedienza
GESÙ
incarnazione
CONSACRAZIONE
COMUNITÀ
superiore
CONSACRAZIONE immolazione
PREGHIERE
CROCE sangue
APOSTOLO salvezza delle anime
DOTI UMANE personalità
ESEMPI semplicità
Il riferimento è a Raffaele Testolin, che era novizio.
MI85,10[05-08-1966]
10.Ascoltate che cosa scrive in una lettera da Lourdes: "Rev.do don Ottorino, sono qui da lunedì e ripartirò domani. Se sempre è vivo, in questi giorni di privilegio poi il ricordo di don Ottorino è ancora più vivo. Martedì ho celebrato per me e i miei cari, ieri per monsignor rettore cui devo immensa riconoscenza, e stamattina ho celebrato per lei cui pure devo essere grato per tanta, troppa bontà, eccetera. E mi permetta di notificarglielo subito. Il resto lo immagina anche lei. Giornate troppo veloci, vissute in una atmosfera incandescente di devozione mariana. Unico disagio: doversi staccare e rientrare nel povero, piccolo mondo, ricco di tutte le miserie. Con tanto ossequi e fiducioso nella sua preghiera...". Mi ha commosso vedere quest'uomo che ha tre Messe da celebrare a Lourdes: una per sé, una per monsignor rettore perché è il rappresentante di Dio nell'ambiente dove lui si trova, e una per questo povero prete. Non vi nascondo che mi sono domandato se i miei giovani non fanno mai qualche comunione per i loro superiori: “Faccio la comunione per don Aldo, faccio la comunione per don Ottorino". Non voglio la risposta, ma non vi nascondo che me lo sono domandato. Avete mai detto: "Faccio la comunione per don Ottorino perché deve dirigere una Congregazione, ha delle responsabilità; che il Signore lo aiuti!"? Vi chiedo se non lo avete mai fatto, ma non ve lo domando personalmente. Se non lo avete mai fatto in tanti anni o se l'avete fatto una sola volta occasionalmente, ricordatevi che don Fabiano dice tante Messe per don Ottorino, e non è un membro della Congregazione. Sappiate che don Ottorino, stamattina, l'ha detta per tutti voi, ieri mattina per...; ne dice tre o quattro alla settimana per tutti voi. E quando so che qualcuno ha dei bisogni particolari, allora mi propongo: "Stamattina dico Messa per Raffaele ... Stamattina dico Messa per quell'altro...". Non occorre che venga a dirvelo, ma sappiate che più d'uno di voi si è portato via da don Ottorino qualche Messa particolare. Voi direte: allora è una grazia fare i birbanti qualche volta! Sottolineo questo perché, a un dato momento, bisognerebbe sentire che non è un uomo, un povero uomo disgraziato, che sta alla testa, ma che lì c'è un rappresentante di Dio, perché Dio si serve di quell'uomo per far firmare la sua volontà.MARIA Lourdes
COMUNITÀ
superiore
CONGREGAZIONE fondatore
EUCARISTIA comunione
EUCARISTIA S.Messa
CONGREGAZIONE
AUTOBIOGRAFIA
VOLONTÀ
di DIO firma di Dio
Il riferimento è a don Pietro Martinello e a don Erasmo De Poli, ambedue già sacerdoti.
Si tratta dei Poveri Servi della Divina Provvidenza di Verona.
Il riferimento è a Giorgio Girolimetto, che aveva trascorso un periodo presso la Casa di Don Calabria a Primavalle (Roma) prima di passare a Monterotondo (Roma).
L’espressione latina significa “Cicerone a difesa della sua casa”, ed è usata per indicare uno che parla a favore dei propri interessi.
MI85,11[05-08-1966]
11.Per esempio, supponiamo che io abbia domani per superiore don Pietro Martinello o don Erasmo. Vorreste che io facessi a meno, avendo una Messa libera una volta al mese o ogni due o tre mesi, di applicare la Messa per il mio superiore che è il rappresentante di Dio, anche se lui è più giovane di me? Io so che facendo la sua volontà faccio quella del Signore. Naturalmente questo non significa che non devo aiutarlo a fare la volontà di Dio, non suggerirgli quello che mi sembra opportuno. Lui mi darà del lei, io gli darò del tu: "Senti, don Erasmo, quest'oggi penserei di andare a Vicenza per fare questo e questo; non hai niente in contrario? Per piacere, mi permetti che vada". Lui mi dirà: "Ma don Ottorino...". E io insisterò: "Permetti che vada?". Io vengo a chiedere a Dio, non a lui, che può essere uno stupido qualunque; posso anche non stimarlo come uomo, posso vedere anche dei difetti gravi in lui, ma quando mi presento a lui per dire: "Per piacere, mi permetti...?", non vado da lui a chiedere: io mi sono donato a Dio! Dio ha messo San Giuseppe nella casetta di Nazaret, e Gesù andava da San Giuseppe a domandare sebbene San Giuseppe non fosse forse all’altezza di Gesù; lasciamo da parte se avesse o non avesse il privilegio, ma lui era uomo, l'altro era Dio. Figlioli, manca questa fede, questa semplicità. Ve l'ho detto tante volte: mi dispiace essere in questo posto. Se invece di essere nel posto in cui sono fossi in un altro posto, vi assicuro che vi metterei in uno scrupolo tale per l'obbedienza che farei uscire più di uno di voi dalla Congregazione o vi farei cambiare testa. Non si tratta di fare come in certe Famiglie religiose; per esempio i Religiosi di don Calabria vanno dal loro superiore e si inginocchiano ogni volta per ricevere la benedizione. In refettorio, Giorgio , uno va dinanzi al superiore - magari uno che ha 50 anni e il superiore ne ha 30 -, si inginocchia, riceve la benedizione ed esce; quando entra si inginocchia e riceve la benedizione. Si può sorridere di queste cose, si può sorridere dell’aspetto esterno, ma l'essenza è questa: io mi sono donato e desidero essere annientato, io voglio ammazzare me stesso. È qui la sostanza, figlioli. Io voglio ammazzare il mio io, proprio io che vorrei essere, io che desidererei essere il primo, io che vorrei che il mio giudizio fosse sempre rispettato, io che vorrei che quello che dico fosse scelto da tutti, io, io... io voglio ammazzare me stesso perché capisco che questo non è cristianesimo. E se mi inchino dinanzi a un superiore, se mi prostro, mi prostro davanti a Dio per schiacciare me stesso. Guai se io non fossi nel posto che occupo, perché in questo posto sembra che io faccia il "Cicero pro domo sua" . Vi assicuro però, e scusate se stamattina sono andato a toccare un punto dolente, che se non spiritualizzate la vostra obbedienza in modo da sentire...EUCARISTIA S.Messa
COMUNITÀ
superiore
VOLONTÀ
di DIO
ESEMPI obbedienza
CONSACRAZIONE obbedienza
PECCATO difetti
GESÙ
uomo
VIRTÙ
fede
VIRTÙ
semplicità
CONGREGAZIONE fondatore
SLOGANS consacrazione
VIZI superbia
CHIESA cristianesimo
VIRTÙ
Padre Falcetta era un gesuita di Casa San Giuseppe a Bassano del Grappa (VI), al quale don Ottorino fece ricorso quando volle stendere le Costituzioni per l’Opera.
MI85,12[05-08-1966]
12.Osservate i Gesuiti. Ricordo che da giovane mi ha fatto impressione perché mettevano uno più giovane ad assistere i più grandi. Padre Falcetta mi diceva che ad assistere in liceo mettevano uno di quinta ginnasio, il quale qualche volta commetteva delle stupidaggini che non stavano né in cielo né in terra. Senza offendere i giovani di quinta ginnasio, è strano mettere uno di loro assistente di quelli di terza liceo, i quali dovevano dargli del lei e lui dare del tu a loro: quello però era il rappresentante di Dio. Tempo addietro facevano così per educare a riconoscere anche esternamente il rappresentante di Dio. Per esempio, mandiamo a passeggio un gruppo di Religiosi e mettiamo a capo della spedizione un tale: se tu sei veramente un Religioso, se gli domandi un permesso e lui te lo dà, tu sai che stai facendo la volontà del Signore. Bisogna che spiritualizziamo il nostro lavoro, altrimenti la nostra Congregazione diventa una società umana, diventa una commedia. Allora sarebbe stato meglio restare nel mondo o andare sacerdote diocesano. La vita religiosa è qualcosa di sublime, ma soltanto se è totalitaria, non certo se è limitata, se è giocata: non si può giocare con Dio. Gesù è Gesù, non può essere mezzo Gesù. È così che diventiamo grandi nel regno dei cieli; in caso contrario diventiamo piccoli quaggiù e piccoli lassù. 5. ConclusioneAUTOBIOGRAFIA seminario
CONGREGAZIONE assistente
FORMAZIONE educazione
CONSACRAZIONE religioso
VOLONTÀ
di DIO
CONSACRAZIONE vita religiosa
CONGREGAZIONE spiritualità
CONSACRAZIONE autenticità
MI85,13[05-08-1966]
13.“Questo e non altro attende da voi Gesù Bambino a Natale. Penso che tutto il resto: povertà, spogliamento, sofferenza, abiezione, non sia nulla in confronto della umiltà del cuore”. Dio vuole da noi l'umiltà e la semplicità, e poi porterà ciascuno di noi per la sua strada. Uno, per esempio, sarà portato un domani ad adorare, ne sentirà il bisogno e si alzerà di notte per adorare il Signore; un altro s'incamminerà per la via della sofferenza; un altro... Il Signore vi porterà per la vostra strada, però conservando tutti questo denominatore comune: la semplicità del fanciullo. “Non trattenete più nulla per voi, non conservate niente presso di voi, non irrigiditevi sotto la guida dello Spirito di Gesù, mettete il silenzio e la pace dell'umiltà nell'intimo dell'anima vostra. Non v’illudete: la docilità alla Chiesa, la totale disponibilità nell'obbedienza, l'astenersi dallo spirito di critica e dal giudicare gli altri, il rispetto per tutto ciò che è debole, per tutto ciò che è umano...”. Troverete tanta parte umana, figlioli, quando andrete in giro per il mondo a predicare il Vangelo. Troverete vescovi uomini, vicari generali uomini, colleghi tra i sacerdoti uomini; troverete uomini, uomini, con le loro miserie, ma se avrete la semplicità del fanciullo non vi farà più paura niente. “... disponibili per ogni legittimo desiderio altrui, sono i soli atti che mostreranno come sappiate accogliere il Regno di Gesù coll'animo di un bambino. Ci resta ancora un lungo cammino da percorrere per arrivare a questa meta: bisogna che il Natale ne segni una tappa”. Amen. 5 agosto 1966VIRTÙ
umiltà
VIRTÙ
semplicità
APOSTOLO chiamata
MONDO