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GESÙ MODELLO ANCHE NEI MOMENTI DI STANCHEZZA

MI221[30-01-1968]

30 gennaio 1968

L’Assistente Vinicio Picco sarebbe partito in aereo di lì a qualche giorno insieme con don Aldo per visitare le Comunità dell’America Latina.

Il riferimento è a Raffaele Testolin, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Il riferimento è a Raffaele Testolin, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che all’epoca si trovava nell’anno del noviziato.

Da poco più di mese era stato effettuato il primo trapianto cardiaco da uomo a uomo a Città del Capo dal prof. Christian Barnard e già si parlava di trapianti di organi da animali all’uomo; si parlava anche della possibilità di costruire in laboratorio il cuore artificiale.

John Berchmans Kayondo e Maxensio Osinde erano due religiosi di una congregazione ugandese, ospiti nella Casa dell’Immacolata. Avevano portato alcuni strumenti musicali del loro paese (tamburi, bonghi, eccetera) che ogni tanto suonavano facendo divertire un po’ tutti.

A questo punto don Ottorino concede una breve pausa, come era solito fare in ogni meditazione, per favorire l’incontro personale con il Signore.

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Editrice Trevigiana, Treviso 1966. Le citazioni, prese dalle pagine 90-92, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

MI221,1[30-01-1968]

1.Sia lodato Gesù Cristo!
Sono questi gli ultimi giorni nei quali abbiamo l’onore di avere con noi un consigliere generalizio, il nostro caro Vinicio . Ancora un poco e poi non sarà con noi, e potrebbe essere con Dio. E questo potrebbe capitare anche a noi, figlioli. Caro Raffaele , tu dici che sarà lui a morire prima di te, mentre potresti morire tu prima di lui: lui arriverebbe in cielo dall’apparecchio e tu a causa di una buccia di banana per cui vai a sbattere il naso per terra e muori. Ora, giacché un bel giorno ci incontreremo tutti con Dio... L’altro giorno siamo andati a trovare monsignor Sebben e abbiamo sentito che parlava di Faliva , perché era morto in quegli ultimi giorni; vedevi che anche lui aveva un po’ di fifa, perché ci ha detto che si sentiva poco bene. Caro don Pietro , un bel giorno moriremo anche noi: o in aereo o a piedi o in macchina, e allora compariremo davanti a Dio o con il nostro cuore o con il cuore di una scimmia , non importa niente, compariremo dinanzi a Dio. E allora quello che resterà della nostra vita sarà l’amore, la carità; il resto non vale niente. John , anche i tamburelli sono niente; solo l’amore di Dio! E noi, adesso, diciamo al Signore che bruci tutto quello che in noi non vale e che ci faccia aumentare l’amore, la carità. Dobbiamo incontrarci ancora con il Signore, dobbiamo conoscerlo. Si può dire che tutte le meditazioni fatte precedentemente nella nostra vita, cominciando da quando eravamo ragazzi, dovevano portarci a questa meditazione, a questo incontro con Dio, a divenire una cosa sola con il Signore, però ricordatevi che incontrarsi con Dio non è incontrarsi con qualcosa di ideale, ma è incontrarsi con l’uomo-Dio. E sottolineo quello che ho detto nelle meditazioni precedenti e che troveremo continuamente in questa: Gesù è uomo, soltanto che, a differenza di noi, è uomo perfetto ed è uomo-Dio. Bisogna che anche noi ci rassegniamo ad accettarci come uomini. Vi accorgerete di questa necessità quando sarete un po’ più vecchi e cominceranno gli acciacchi della gioventù avanzata, non della vecchiaia... della gioventù avanzata. Ora si avrà male ad una gamba, ora alla testa, ora allo stomaco, o si farà la constatazione di una deficienza e poi di un’altra... e allora verrebbe la voglia di dire: “Oh, se io fossi... se io non avessi... se avessi la salute, se avessi più intelligenza, se da giovane fossi stato educato meglio...”. In altre parole, costatando la nostra natura e le sue debolezze è facile che noi cerchiamo di trovare una scusa per non fare quello che dovremmo o potremmo fare. Anche Gesù era uomo: sentiva la stanchezza, il sonno, la pesantezza, eccetera, però in lui la volontà dominava la natura. Impariamo questo dalla meditazione Abbiamo già considerato Gesù all’età di dodici anni, e oggi vogliamo fare un passo avanti.

NOVISSIMI morte

NOVISSIMI giudizio

CARITÀ

DIO amore di...

DIO unione con...

GESÙ

GESÙ

uomo

Nel testo registrato don Ottorino legge alcune righe già commentate nella meditazione precedente, e solo in seguito s’accorge dell’errore.

Il lago di Genezaret, detto anche il mare di Galilea nei Vangeli, si trova in una depressione di 212 metri sotto il livello del mar Mediterraneo.

Il Tabor, il monte della trasfigurazione di Gesù, si trova al limite nord della pianura di Esdrelon in Galilea, fra Nazaret e Cana di Galilea , ed è alto circa 800 metri.

La strada, pur essendo asfaltata, è molto stretta e adatta solo alle vetture. I pellegrini vengono fatti trasbordare dalle corriere ai piedi del monte e accompagnati su con grosse autovetture. Per chi vuole salire a piedi ci sono gli antichi sentieri che portano sulla cima del monte.

MI221,2[30-01-1968]

2.“Gesù al pozzo di Giacobbe.
Gli anni sono passati; Gesù è stato battezzato da Giovanni, e dopo il suo digiuno nel deserto ha cominciato il suo ministero. Dopo qualche giorno passato a Gerusalemme dove fece, dice il Vangelo, “molti miracoli” (Gv. 2,23-25), ritorna in Galilea e, ci dice ancora il Vangelo, giunge a una città della Samaria chiamata Sychar, dove si trova il pozzo di Giacobbe (Gv. 4,5-6). Il Vangelo ci dice che Gesù, “stanco per la strada fatta, si sedette presso un pozzo; era press’a poco l’ora sesta”, cioè mezzogiorno. Tratteniamoci un momento con lui e osserviamolo bene. È veramente un uomo come noi: conosce la fatica; il lungo cammino del mattino l’ha stancato”. Si fa presto a dire: “Gesù si portò da Gerusalemme in Galilea”; con due parole lo combiniamo: “Da Gerusalemme si portò a Gerico”. Quando sarete più ricchi e avrete la possibilità di fare un viaggio in Palestina, cioè quando incomincerete a prendere soldi perché sarete parroci o cappellani, allora vi accorgerete che cosa vuol dire partire da Gerusalemme e andare a finire al lago di Galilea, cioè quando farete cinque o sei ore di corriera per salite e discese con un caldo da impazzire, e arriverete stanchi morti solo perché lo avete fatto in corriera... aggiungendo inoltre la depressione perché il lago si trova sotto il livello del mare. Io mi sono domandato: questo benedetto Gesù, per esempio, è salito sul monte Tabor. E va bene! Osservate il monte Tabor : è molto ripido e le corriere non riescono a salirvi. A quel tempo inoltre non c’era la strada, e dunque bisognava salire ancora più trasversalmente. Perciò mi sono domandato: “Questo benedetto Gesù era uomo e avrà sudato anche lui. Non è vero? Si sarà stancato, e chissà che stanchezza!”. Bisogna raffigurarsi il divino maestro che, come uomo, sentiva la stanchezza. Infatti quando si mangia si sta bene e quando non si mangia si fa più fatica a camminare. Penso che anche per lui fosse così.

GESÙ

uomo

CROCE

GESÙ

maestro

Giuseppe Biasio frequentava all'epoca il 1° anno del corso teologico e amava dedicarsi agli impegni di cucina.

Don Giuseppe Messi era un sacerdote diocesano che, dopo un periodo di sanatorio, chiese di essere accolto nella colonia agricola di Grumolo della Abbadesse (VI) per riposo e convalescenza.

MI221,3[30-01-1968]

3.Ed eccolo qui. Quando leggiamo che Gesù era “stanco per la strada fatta e si sedette presso un pozzo” la parola “stanco” vuol dire che era stanco morto, che non ne poteva più. È quello che provate qualche volta anche voi quando fate una gita: cammina, cammina... non ne potete più, e dite: “Basta! Mi siedo qui!”.
Quest’estate, quando vi ho mandato il pasticcio, lassù, in alta montagna, ricordo che qualcuno - non è vero, Giuseppe Biasio? - diceva: “Stavamo scendendo dalla montagna esclamando: ‘Mamma mia, come si fa mettersi a preparare il pranzo?’. Eravamo talmente stanchi! Oggi è arrivata la provvidenza!”. È arrivata la provvidenza, e cioè è arrivato il pasticcio già fatto. Perché? “Eravamo talmente stanchi che ci sentivamo mancare le forze al solo pensiero di metterci a preparare da mangiare!”. Immaginiamo Gesù proprio in questo stato. Supponiamo che, quando siete scesi dalla montagna, in quello stato d’animo: “Come facciamo adesso a metterci a fare da mangiare?”, fosse arrivata la Samaritana. Eh, non una samaritana... perché qualche giovanotto se avesse trovato una ragazza... Parlo a giovani chierici, perciò non intendo questo tipo di samaritana, ma un’opera buona da fare, un atto di carità da compiere, magari cucinare una pastasciutta per gli altri e fare a meno di mangiarla. “Tratteniamoci un momento con lui e osserviamolo bene. È veramente un uomo come noi: conosce la fatica; il lungo cammino del mattino l’ha stancato”. Qualche volta ricordo quando la mia povera mamma conversava con altre amiche: “Benedetta Clorinda, se sapesse che cosa mi è capitato?”. “Eh, comprendo perché anche a me spesso capitano cose simili”. Avete mai sentito dire: “Capitano spesso anche a me cose simili”? Come si capiscono le donne tra loro quando una confida la sua croce e sa che anche l’altra ha portato la stessa croce! Ricordo che quando mia mamma era ammalata e don Giuseppe Messi era a Grumolo, a volte diceva: “Come mi capisce don Giuseppe! Anche l’altro prete che c’era prima mi voleva bene, ma quello non è mai stato ammalato, quello non è mai stato ammalato. Don Giuseppe, che è stato in sanatorio, come mi capisce, come sa comprendere! Si vede che è un santo!”. Perché? Era stato ammalato e capiva. Qualche volta, amici miei, quando stanchi non ne possiamo più, perché la stanchezza porta anche un po’ di scoraggiamento, porta un po’ di malinconia, fa vedere tutto nero, bisogna andare dal Signore.

PROVVIDENZA episodi di...

CROCE sofferenza

AUTOBIOGRAFIA famiglia

L’assistente Pietro Simonetto, che all’epoca lavorava nel settore falegnameria della Casa dell’Immacolata, era già stato scelto per rafforzare la Comunità di Resende in Brasile.

Il riferimento è a don Luigi Furlato, padre maestro dei novizi.

Frase popolare per indicare uno che dovrebbe star sveglio e invece si assopisce. Sul tema cita subito dopo il rimprovero di Gesù agli apostoli nel Getsemani (Mt 26,40).

MI221,4[30-01-1968]

4.Caro Pietro Simonetto , adesso vai tutto contento in America, ma arriverà una sera che sarai stanco e che le cose saranno andate tutte storte, cominciando dal legno che si è spaccato, magari tutto il pezzo intero, e allora andrai davanti al tabernacolo e dirai: “Non ne posso più! Non ne posso più!”, e ti verrà in mente la mamma, ti verrà in mente il passato, ti verrà in mente... In quel momento è il caso di guardare Gesù, “fatigatus itinere”, stanco per il cammino, e allora avrai la forza di dire: “Senti, Signore, anch’io sono stanco per la strada che ho percorso oggi, per il lavoro che ho compiuto; sono stanco, non ne posso più”. Ma il vedere lui stanco ti deve dare forza. Anche lui, anche lui ha voluto provare questa stanchezza, questo momento di stanchezza.
“Senza dubbio doveva essere robusto”. Eh, sì, non aveva bisogno delle pillole, caro don Luigi , per dormire; era robusto. “Ne abbiamo la prova dallo stile di vita che conduceva, perché fu dura la vita di Cristo! Non solo faceva molta strada, ma faceva interminabili predicazioni; e quando finiva di parlare, si occupava degli ammalati che erano venuti da tutte le parti e passava in mezzo a loro, imponeva le mani su ciascuno; e questo lo impegnava per delle ore, tanto che, dice il Vangelo, “non aveva il tempo di mangiare” (Mc. 6,31)”. Noi diremmo che era sotto dalla mattina alla sera. “Quando sopravveniva la notte gli Apostoli dormivano, ma lui vegliava nella preghiera e spesso trascorreva nella preghiera a Dio la notte intera (Lc. 6,12)”. Pensiamo all’Orto degli Ulivi: gli altri, stanchi morti, dormivano, ‘pesavano le pere’ . Non è vero, don Pietro? “Una hora non potuistis vigilare mecum?”. Questo lavoro, questo trascorrere la notte intera in preghiera non era per lui mangiare caramelle, ma una vera fatica per il suo fisico. “Ma la sua buona salute non gli impediva di sentire la fatica. E quando era stanco, provava esattamente ciò che proviamo anche noi: non solamente quella fatica fonda che ci toglie le forze, ma anche quell’impressione di abbattimento che paralizza in qualche modo l’esercizio della nostra immaginazione”.

CROCE sofferenze morali

GESÙ

uomo

GESÙ

sequela

PREGHIERA

MI221,5[30-01-1968]

5.Questo rilievo è importantissimo, ed è quello a cui alludevo all’inizio della meditazione. Quando siamo stanchi, quando siamo quasi paralizzati nella nostra immaginazione e nel nostro lavoro, siamo pessimisti. Tutti abbiamo una dose di pessimismo, tutti. Però, quando siamo ammalati o stanchi, allora ne abbiamo una dose centuplicata, allora vediamo tutto nero. E allora si pensa: “E chi me lo fa fare? Ma che cosa ho fatto! Dovevo anche venire in America, qui, in America? Ma guarda dove mi trovo, in Guatemala! E chi me lo fa fare?”.
E tu vedi qualche buon parroco che prima sognava di essere parroco, di consumarsi per le anime... Io li ho visti questi buoni parroci che prima di esserlo venivano da me e mi dicevano: “Don Ottorino, come si potrebbe fare? Anche il vescovo... Sono anni che gli chiedo di diventare parroco; me l’ha promesso”. E dopo qualche anno: “Don Ottorino, non ne posso più! Che cosa le pare? Quando si è stati alcuni anni in una parrocchia... Io vorrei andare dal vescovo e domandare di cambiare, perché, a un dato momento, ci si fossilizza”. Siamo delle banderuole, siamo uomini. Non è vero, don Pietro? Siamo uomini! Ed ecco qui Gesù, che pure lui si manifesta come uomo. Bisogna accettarci come siamo, e questa è la prova dell’amore verso Dio. Seguire il Signore quando si sente di star bene, quando si prova la gioia di quello che si fa, va bene, ma questo lo fa anche l’uomo del mondo. Quante volte ho sentito dire qui in casa: “Se la gente, se i giovani di fuori sentissero quanto è bello stare qui, verrebbero tutti qui”. Ma verrebbero perché si sta bene o verrebbero per servire il Signore? È vero che la vita comune è una cosa meravigliosa, ma non dobbiamo essere qui per questo. Dobbiamo mettere in preventivo che ci saranno giornate nere, ore nere. Ricordate che ho detto altre volte che all’inizio ho messo in preventivo le settimane nere e le settimane bianche, poi le giornate nere e le giornate bianche, e poi le ore nere e le ore bianche? E a un dato momento si sono tutte mischiate tra loro, cioè si è fatto tanto nero che il bianco è scomparso, come i globuli bianchi che nel sangue neppure si vedono. Pazienza! E che importa? Siamo qui per dare al Signore una attestazione di amore, siamo qui per dire al Signore: “Ti seguirò, o Signore, anche su per il Calvario. Ti seguirò anche se è notte; non importa niente. Anche se tu non ti fai vedere, anche se io non sento esteriormente la gioia per quello che faccio... A me interessa soltanto sapere qual è la tua volontà. Che cosa vuoi tu da me? Vuoi che io arrivi là? E va bene, stanco o non stanco, ammalato o non ammalato, non importa; io ce la metterò tutta”.

CROCE sofferenze morali

PASTORALE parroco

APOSTOLO uomo

DIO amore a Dio

COMUNITÀ

fraternità

ESEMPI croce

“I poveri li avrete sempre con voi” (Mt 26,11).

Gaetano Scortegagna frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso teologico, come pure Luciano Bertelli che viene nominato subito dopo.

Tutto l’esempio di don Ottorino è in linguaggio scherzoso, ma dipinge perfettamente i vari momenti della vita.

Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero che stava completando la tesi di laurea in lettere presso l’università di Padova.

Il riferimento è a Natalino Peserico che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.

“Signore, mi fermo?”.

MI221,6[30-01-1968]

6.Bisogna mettere in preventivo che abbiamo un corpo da trascinare, che abbiamo una natura umana da trascinare. Una volta perché fa freddo non siamo capaci di fare la meditazione, un’altra volta perché fa caldo sentiamo un giramento di testa e non abbiamo voglia di pregare, un’altra volta perché abbiamo mangiato troppo e un’altra volta perché non abbiamo ancora mangiato, una volta perché la pressione è troppo bassa e un’altra volta perché è troppo alta... Insomma c’è sempre qualcosina! “Pauperes semper habetis vobiscum” , e il primo povero è il nostro corpo, miei cari. È questa la realtà! Sei d’accordo, Gaetano ? Una volta perché il ragazzo sta facendo lo sviluppo fisico,, un’altra perché lo ha terminato e il cuore non ha la forza di mandargli l’acqua in giusta quantità alla testa - non è vero, Bertelli? -, un’altra volta perché cominciamo a diventare vecchi e allora diventiamo corti di vista e ci fa male alla testa e dobbiamo mettere gli occhiali come le vecchie... Le cose stanno così!
“Quando si è veramente stanchi, si pensa ad una sola cosa: riposarsi; non si può far altro. E in tutto ciò non vi è peccato: è una debolezza umana. Gesù ha voluto essere stanco come noi...”. Quando si è stanchi morti, quando abbiamo qualche giornata piena, diciamo: “Senti, lasciami in pace adesso perché sono stanco!”. Per esempio, adesso c’è don Giuseppe, poverino, che sta lavorando per terminare la tesi; è stato in piedi, mi pare, fino alle due di stanotte e ora, dopo aver finito di pregare in chiesa, è corso a lavorare ancora. Quando avrà consegnato la tesi dirà: “Basta! Lasciatemi in pace, adesso sono stanco; lasciate che mi riposi un pochino”. Ebbene, anche Gesù è stanco morto. Mi sembra di vederlo arrivare al pozzo e dire ai suoi discepoli: “Beh, fate un piacere: andate a prendere da mangiare; io aspetto qui. Fatemi questa carità: preparate voi da mangiare perché io sono stanco!”. “Gesù ha voluto essere stanco come noi: egli può comprenderci bene quando siamo stanchi e quando non ne possiamo proprio più! Conosce per esperienza tutto ciò. Possiamo parlargli della nostra fatica: ci capirà”. Direi che se c’è un momento in cui dobbiamo metterci dinanzi al Signore con fede, con amore, è proprio in questi momenti di stanchezza fisica e spirituale. Mettete in preventivo - sai, Natalino caro - questi periodi di stanchezza perché verranno; non solo la stanchezza fisica, ma anche stanchezza interiore, spirituale. Guardate che vi capiterà: mettetela in preventivo. E allora che fare? Sedetevi al pozzo, vicino a Gesù, andate in chiesa, rimanete là: io guarderò lui e lui guarderà me. Gli dirò: “Signore, sono stufo! Signore, sono stufo! Mollo tutto? Sisto, Domine, sisto, Domine? ”. Ma bisogna mettersi là, pensando che anche lui ha provato questo “Padre, se è possibile, passi da me questo calice... . Padre, perché mi hai abbandonato?”. Dobbiamo provare il senso della stanchezza conosciuta anche da lui. È una delle prove d’amore che dobbiamo dare al Signore.

APOSTOLO uomo

CROCE sofferenze morali

GESÙ

uomo

DIO amore a Dio

PREGHIERE a Gesù

MI221,7[30-01-1968]

7.“Ma Gesù non è semplicemente un uomo come noi; egli è nello stesso tempo l’uomo perfetto, e la perfezione dell’uomo vuole che egli sia sempre padrone di sé, qualunque sia l’impressione che prova nella propria sensibilità e nel proprio corpo”.
Dunque Gesù sente la stanchezza, però in lui c’è la volontà che domina. Non deve dominare la stanchezza, ma la volontà. Per esempio, nella scena che segue viene la Samaritana e lui è stanco, però c’è un’opera buona da compiere e allora non si discute più: balza fuori l’uomo perfetto e la volontà domina, la volontà guidata e sorretta dalla volontà di Dio. Quante volte può capitare anche a noi di essere stufi, stanchi morti... Viene uno a chiedere un piacere. Verrebbe voglia di scattare: “Ma va’ a farti benedire! Va’ in malora! Adesso non ne ho voglia, adesso sono stufo”. Bisogna, invece, saper dominare la natura, avere in mano il volante della nostra macchina. “Gesù è stanco. Ha fame. Ha sete. Non ne può più. Ma ecco che arriva una donna e questa donna è peccatrice: ha bisogno di essere salvata, e malgrado i suoi peccati ha un fondo di buona volontà. Allora Gesù dimentica in certo qual modo la sua stanchezza e immediatamente si mette a parlare con lei”. Ecco un vigile del fuoco: è stanco morto, va a letto. Suona il telefono: “C’è un edificio qui in città, la prefettura, che sta incendiandosi”. Broommm... salta giù, dimentica la sua stanchezza; la volontà domina. Ecco un medico: va a letto, stanco; non ne può più. Lo avvisano con il telefono di un incidente stradale. Salta giù, prende la sua borsetta e via... lo chiama il suo dovere. Ecco un sacerdote: va a letto; battono alla sua porta. Che cosa fa il sacerdote? Si alza e corre dall’ammalato grave. Se invece di trattarsi di un ammalato grave, battesse alla porta un uomo che dice: “Avrei da scambiare quattro parole con lei”, forse si risponderebbe: “Beh, perché è lei!”. Se lo chiamano presso un ammalato grave, si alza immediatamente e corre da lui; se, invece, viene qualcuno e dice: “Scusi, avrei da domandarle un piacere”, gli risponde: “Non aveva altre ore per venire? Proprio adesso? No, sono stanco, sono occupato”. E forse il Signore ha mandato la Samaritana proprio in quel momento.

GESÙ

uomo

DOTI UMANE buona volontà

VOLONTÀ

di DIO

A Bosco di Tretto (VI), dove la Congregazione nel 1967 aveva costruito il villaggio San Gaetano, c’era una locanda gestita dal signor Giovanni Dalla Costa che era diventato un caro amico di don Ottorino e di tutti i suoi figli.

“Vieni, o Spirito Creatore” è un inno della liturgia in onore dello Spirito Santo.

MI221,8[30-01-1968]

8.Bisogna vedere quel filetto di buona volontà che il Signore ha trovato nella Samaritana e saper dire: “Il Signore mi manda adesso questa creatura e io devo portarla a lui”. Chissà quante anime, forse, non entreranno in Paradiso perché non sapremo captare questo momento! Chissà quante volte io ho mancato verso di voi! Ero stanco, e voi venivate da me. Il Signore, forse, mi aveva mandato vicino qualcuno perché gli dicessi una buona parola, perché lo facessi camminare di più... forse, per la mia stanchezza, non ho saputo capire che era il momento di Dio. Se mi avessero chiamato perché qualcuno si era rotto la testa in cortile, sarei corso, ma perché ero stanco non ho saputo afferrare il momento giusto e dare una mano a quel fratello.
“Nonostante tutto, le sue prime parole rivelano lo stato nel quale egli si trovava. Queste parole sono certamente il punto di partenza di un cammino verso una conversione, ma esse esprimono contemporaneamente un bisogno: “Dammi da bere”, dice (Gv 4,7)”. Gesù vede la Samaritana, ma il suo stato è quello della stanchezza. Dunque lui è stanco; viene questa donna, e la volontà subito comanda: “Adesso bisogna compiere un’opera apostolica”. E comincia il famoso dialogo. In che modo? Nella forma più umana possibile: lui ha sete e le domanda da bere. Se si ha sete lassù a Bosco si va da Giovanni e gli si domanda un quarto di vino: è la cosa più semplice di questo mondo! Dovendo cominciare a fare, cominciamo intanto con il ‘Veni Creator” e con il “Dacci oggi il nostro pane quotidiano...”. “E più tardi, quando gli Apostoli gli porteranno da mangiare, non accetterà il loro cibo e dirà: “Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”(Gv 4,32). I discepoli che vivevano con lui ogni giorno e lo vedevano mangiare e bere come ogni altro uomo, non supposero il motivo che, per così dire, gli aveva tolto l’appetito, e si domandavano tra loro: “Qualcuno gli avrà portato da mangiare” (Gv 4,33). Ma Gesù risponde loro: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera” (Gv 4,34)”. Il mio cibo è questo, e basta! Gli Apostoli pescano per una notte intera e non prendono niente anche se è il loro mestiere fare i pescatori. Dice loro Gesù: “Gettate le reti”. Gettano le reti e la barca si riempie di pesci: il loro mestiere era pescare. La nostra missione è salvare. Perciò il nostro cibo è fare quello che vuole lui, istante per istante, gettare continuamente le reti dove vuole lui.

DOTI UMANE buona volontà

CARITÀ

amore al prossimo

APOSTOLO salvezza delle anime

GESÙ

uomo

‘Stravacà’ = sdraiato in posizione scomposta.

S.E. mons. Carlo Fanton era il vescovo ausiliare di Vicenza, molto amico di casa.

MI221,9[30-01-1968]

9.“Così Gesù ci manifesta la perfezione della sua natura umana. La perfezione umana dell’attività fisica, infatti, non consiste innanzitutto negli atti che si possono compiere, ma in una totale disponibilità del nostro corpo alla nostra volontà. Un corpo è perfetto quando si lascia dimenticare”.
“Un corpo è perfetto quando si lascia dimenticare”. Leggevo ieri sera in un libro che la Madonna, quando avvertiva questo senso di stanchezza, cioè quando si trovava dinanzi alle prove, è sempre stata trovata in piedi dal Signore: era sempre in piedi, pronta. Anche noi, dinanzi alle difficoltà, dovremmo sempre essere trovati in piedi dal Signore. Supponiamo, per un momento, che noi qui in chiesa ci sentiamo stanchi; e allora ci mettiamo seduti in modo scomposto, in dialetto si direbbe ‘stravacà’ . Se a un dato momento entrasse in chiesa il vescovo, ci si alzerebbe prontamente in piedi. La volontà di Dio deve trovarci sempre in piedi. Non vi pare? C’è il momento della stanchezza, c’è il momento dello scoraggiamento, c’è il momento in cui vediamo nero, ma quando intravediamo la presenza del Signore, la volontà del Signore, quando sentiamo la voce di Dio, dobbiamo essere pronti. Supponiamo di trovarci in una stanza, nella mia stanza, di sera, e che io sia stanco: mi levo le scarpe, mi metto le ciabatte, mi butto sulla poltrona e voi tutti attorno, uno seduto sul letto, uno di qua, l’altro di là... Se udissimo al di là della porta la voce di monsignor Fanton , tutti salteremmo in piedi, ci infileremmo le scarpe: “Oh, Eccellenza, è venuto qui?”. Perché? È una voce amica che è al di fuori della stanza, e ci si metterebbe subito in assetto di “guerra”. Ebbene, quando noi sentiamo passare la volontà di Dio, dobbiamo saltare immediatamente in piedi. Non è vero, John? Capisci? Sì? Bene, bravo.

GESÙ

uomo

MARIA

CROCE

VOLONTÀ

di DIO

DIO presenza di...

Don Ottorino tralascia buona parte della pag.92 del libro che sta usando, e si limita a leggere l’ultimo capoverso.

MI221,10[30-01-1968]

10.“Gesù aveva tutto dimenticato: la fatica, la fame, la sete; vi era un’anima da salvare, ed egli era venuto per questo.
È veramente bello il nostro Maestro! Sì, è un uomo come noi. Sente come noi che cosa significa essere stanchi, ma è l’uomo perfetto. Potessimo non solamente conoscerlo, ma anche trovarci in lui e partecipare alla sua forza! Quando ci comunichiamo con lui, ci comunichiamo non solo con la sua divinità, ma anche con la sua umanità: se aprissimo la nostra anima, farebbe certo passare in noi qualche cosa della sua forza”. Quando facciamo la comunione al mattino oppure quando ci mettiamo in chiesa dinanzi a lui, potessimo dire: “Signore, non ne posso più!”. E lui ci capirebbe perché lui ha provato. “Infine troviamo, nella medesima scena del Vangelo, i segni che ci mostrano che Gesù viene dall’alto. Per noi che sappiamo essere egli il Figlio di Dio, questi segni ci ricorderanno la sua divinità. Dopo una prima discussione con la donna, Gesù le dice: “Va’ a chiamare tuo marito, e ritorna"”. Adesso dobbiamo fermarci perché il tempo è passato. Concludiamo leggendo la parte finale, perché non facciamo in tempo a fare la parte centrale. “In qualunque situazione ci troviamo, anche se il peccato e la tiepidezza avessero avvilita la nostra anima, possiamo mediante questo testo riconoscerlo per il Cristo, il Salvatore del mondo. Signore, sono un povero cieco, fa' che io veda!”. La conclusione della meditazione sia proprio questa: non scoraggiamoci mai e poi mai quando ci accorgeremo di essere uomini, poveri uomini, miseri uomini, deboli uomini. Guardiamo Gesù, che non era un misero uomo, ma sempre un uomo. Dalla sua stanchezza, dal suo senso di pesantezza impariamo a dire anche noi:“Bene... il corpo non vuole muoversi, ma la volontà dice di sì, perché Dio vuole che diciamo di sì”.

GESÙ

uomo

APOSTOLO uomo

VOLONTÀ

di DIO

DOTI UMANE