1. Con il commento al testo che stiamo usando siamo giunti alla fine del V volume : il Divino Maestro parla agli Apostoli. Mi sembra che sia uno spunto meraviglioso anche per noi. Ho voluto che ci trovassimo insieme soltanto coloro che hanno già i voti e si sono già impegnati con la professione religiosa. I novizi infatti potrebbero dirmi: “Beh, noi non abbiamo ancora emesso i voti, perciò stiamo ancora guardando!”. I cosidetti piccoli poi di don Venanzio potrebbero dire: “Beh, noi non siamo ancora entrati in noviziato!”. Ma qui siamo fra uomini che un giorno si sono presentati dinnanzi all'altare e hanno detto: “Signore, eccoci qua! Siamo tutti tuoi, tutti tuoi”.
Rendetevi conto dell’importanza di assumere un impegno.Quando mi sono presentato davanti al notaio e ho ceduto alle Suore Dorotee la casa di Asiago ho fatto una firma. Dopo quella parola scritta “sacerdote Ottorino Zanon”, la casa di Asiago non era più nostra. Prima vi entravamo liberamente perché era nostra; dopo basta. Ora possiamo passare vicino, e anche due giorni fa sono andato ad Asiago, ma non è più casa nostra. L'abbiamo costruita noi, l'abbiamo fatta, l'abbiamo abbellita. Ricordate quanto abbiamo tribolato per il terreno, per ottenere a Roma i permessi necessari. La conoscevamo sasso per sasso, si può dire, pezzo per pezzo, perché l'abbiamo fatta con tanti sacrifici. Dal giorno che ho fatto una firma non è più nostra. Capite che cosa vuol dire un istante, l’istante della firma, a tal punto che mi possono cacciare come un ladro se vado dentro, perché non è più casa nostra.Val Giardini! Ricordate quanto lavoro avete fatto, quanto avete sudato per assestare quella terra! Vinicio , ti ricordi? Per tirar su quei sassi... pioggia e sassi, pioggia e sassi, quante carriole! E i prefabbricati, e i gabinetti, e una storia e l'altra... Dopo la firma di vendita non è più casa nostra. Hanno tolto anche il nome “San Gaetano”. Non è più casa nostra, e se si passa vicino non si ha neanche il coraggio di entrare, anche se l’abbiamo costruita noi.
Ricordo benissimo che quando siamo andati per la prima volta a val Giardini siamo andati a vedere con il dottor Zulian. C'era un pezzo di terra così piccolo e abbandonato, come era prima qui, a Bosco di Tretto, dove non ci sarebbe stata una casetta neanche per sogno; ma guardando bene abbiamo detto: “Possiamo sistemare il terreno e far uscire lo spazio per una casetta proprio in quel posto”. E siamo andati, e abbiamo visto, e abbiamo fatto salire il capomastro, il povero Stella che adesso è già morto, e piano piano abbiamo costruio la casa. Poi abbiamo aggiunto un nuovo pezzo, conquistandoci il terreno zolla per zolla. L'acqua non siamo riusciti ad ottenerla, anche se abbiamo chiamato l’esperto con il bastoncino: ha provato, ha scavato, ma l’acqua non è uscita. Passando vicino ai famosi boschetti, che si trovano nella parte retrostante della casa, si rivivono, le esperienze meravigliose compiute quando voi eravate più giovani, quando c'era la stazione trasmittente da un bosco all'altro, quando si organizzavano i giochi... Era una cosa meravigliosa! Un bel giorno ci siamo presentati davanti al notaio e abbiamo ceduto tutto ai Padri Saveriani: abbiamo fatto una firma e la casa di val Giardini non è più nostra. Tutti i sacrifici di don Venanzio e dei suoi giovani e degli altri responsabili, sono andati perduti. Noi non possiamo più dire: “È casa nostra”. Hanno tirato via anche il nome... Un giorno siamo andati su, ci siamo fermati in cortile; io sarei entrato volentieri per dare un'occhiata nella casa, ma non ho avuto il coraggio di domandare il permesso di entrare e di fare un giro nella casa. Perché? Perché non è casa nostra. Se ci invitano loro... è possibile, altrimenti non è casa nostra. Ricordate i lavori per la cisterna, per l'acqua, per i lavandini... ma ora non è più casa nostra.
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2. Bisogna che ci convinciamo che il giorno nel quale noi ci siamo presentati dinanzi all'altare e abbiamo detto: “Signore, per un anno io faccio voto di povertà, castità e obbedienza”, per quell'anno, o per tutta la vita per coloro che hanno fatto i voti perpetui, comunque per quel tempo, la nostra casa non è più casa nostra. Se tu l'hai data per un anno, l'hai affittata per un anno; se tu l'hai data per tutta la vita, l'hai ceduta per tutta la vita. E anche il padrone di casa, quando entra in una casa che ha affittato, deve levarsi il cappello e suonare il campanello perché non è casa sua. Lui riceve l'affitto, ma non è casa sua. Se poi l'ha venduta, peggio che peggio: non può più dire neanche una parola.Ricordatevi che forse, forse, noi ci comportiamo in modo tale che vogliamo il denaro della casa e anche la casa. Vogliamo dare noi stessi a Dio, ma nello stesso tempo conservare la nostra autonomia. Mi pare che questo comportamento cade sotto le norme e le sanzioni del codice penale. Se io, infatti ho venduto la casa alle suore e ho firmato e poi faccio ancora da padrone, io cado sotto il codice penale, cioè manco contro la giustizia.Questo è il tema che tratteremo adesso, se faremo in tempo a trattarlo, che mette a fuoco questo aspetto. Noi religiosi, quando ci siamo presentati dinanzi all'altare e con intima commozione abbiamo pronunciato la formula della professione religiosa, abbiamo fatto un contratto, abbiamo ceduto qualcosa. Che cosa abbiamo ceduto? Abbiamo ceduto completamente la proprietà di noi stessi.Ora mi pare che, con una certa facilità, poi scendiamo a compromessi: abbiamo ceduto e vogliamo essere ancora padroni, abbiamo ceduto e vogliamo ancora avere. Mi pare che questo non piaccia al Signore. In altre parole, siamo religiosi, ma viviamo volentieri lo spirito del mondo; abbiamo rinunciato al mondo, ma andiamo a compromessi, non c'è una donazione totalitaria. Guardate che su questo punto tutti abbiamo qualche cosa da piangere. Però non è giustizia: è una mancanza di giustizia verso Dio. Dio potrebbe dire: “Io non ti ho costretto a farti religioso, io non ti ho costretto ad emettere i voti; ti ho invitato. Ma dal momento che tu mi hai donato te stesso e io mi sono donato a te, da quel momento tu dovevi tagliare con il mondo”. È come una ragazza che sposa un giovane che continua ad uscire con altre donne; la ragazza può dire: “Tu hai detto liberamente il tuo sì dinanzi all'altare e anch'io l'ho detto liberamente; io mi sono donata a te, e tu perché non ti sei donato a me?”.Potremmo anche paragonare le nostre mancanze contro la vita religiosa a un vero e proprio adulterio, a una vera e propria mancanza di fedeltà coniugale. Dico eresie, don Zeno ? Sono una vera mancanza di fedeltà coniugale. E guardate che a questo proposito è molto e molto facile mancare. Potrebbe essere il troppo attaccamento alle cose del mondo e voi “non siete del mondo” ; potrebbe essere l’esagerato interessamento per il calcio e lo sport. “Che male c'è?”, potrebbe dire qualcuno. “Non c’è niente di male, niente di male... per uno che non è esclusivamente del Signore”. “Che male c'è interessarsi, far quella gita e far quel giro, insomma?”.
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3. Ricordate il libretto scritto da don Calabria, o da un suo collaboratore, intitolato “Apostolica vivendi forma”? Guardate che noi abbiamo una forma di vivere apostolica , che deve distinguersi completamente da ogni altra. Mentre una persona che vive nel mondo può dire: “Beh, adesso vorrei fare un giretto: vado fino a Schio in macchina”, noi non lo possiamo fare. Io non lo posso fare, io non lo devo fare; se lo faccio per capriccio devo andare a confessarmi perché io ho rinunciato a questa libertà.I nostri primi fratelli cristiani che rinunciavano al mondo andavano nella Tebaide, andavano nel deserto. Per noi è più difficile vivere oggi la vita dei consacrati perché mentre loro rinunciavano a tutto, si donavano esclusivamente al Signore e si ritiravano nel deserto, noi dobbiamo vivere la stessa consacrazione restando nel mondo. Ma questo non toglie nulla all’essenza della consacrazione stessa.Il capriccio per noi deve cessare. Se io vado in città e mi viene voglia di comprarmi, per esempio, una rivista, io devo pensarci due volte e chiedermi se posso o non posso, o se manco contro la povertà. Se io vado in un certo posto e ho voglia di comprarmi un'aranciata, devo pensare: o mi sono consacrato o non mi sono consacrato, o sono coerente o non sono coerente. Se mi viene voglia di comprarmi un libro perché mi piace e allora voglio acquistarlo, devo esaminarmi attentamente perché posso mancare contro la povertà.Dobbiamo smetterla di fare commedie perché nessuno ci ha costretto a farci religiosi. “Ma a me piace essere sacerdote”, potrebbe dire qualcuno. E allora diventa sacerdote diocesano, dove ti è richiesto molto meno, o altrimenti divieni un buon papà di famiglia. Ma se hai deciso di farti religioso, se hai deciso di donarti al Signore, non mancare contro la giustizia, non mancare contro la coerenza a quello che hai promesso.E allora, figlioli miei... Scusate se uso questa parola un po' paternalistica, ma... mi sento un po' papà, perché mi pare di aver visto un pochino tutti, chi più e chi meno, succhiare qualcosa... se non altro un gelato! Dico male?
Vi dico una cosa: guardate che il mondo di oggi è tremendo e fa presto a coinvolgerci. Il mondo esterno, anche quello clericale, invita a scendere a compromessi che non sono cristiani e non sono religiosi.
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4. Se il Signore ha voluto una Congregazione religiosa in questo momento, l'ha voluta perché voleva dare un esempio al mondo di oggi.San Gaetano è stato chiamato da Dio per dare un esempio al mondo del suo tempo, e allora ha scelto di vivere nella vera povertà, nel distacco completo da tutte le cose del mondo fino al punto di arrivare a non domandare neanche l'elemosina, fidandosi veramente di Dio, dando testimonianza di fede.Noi siamo chiamati in questo momento a dare la stessa testimonianza di Cristo, degli Apostoli e di San Gaetano; soltanto che deve essere in una forma, vorrei dire, un pochino più aperta, nel senso che non ci metteremo adesso pelati a zero, vestiti con una tonaca, con il nome cambiato, ma lo spirito deve essere lo stesso.Quando Santa Chiara si è presentata a Francesco d'Assisi, Francesco le ha tagliato i capelli e le ha dato un sacco e le ha detto: “Adesso tu sei di Cristo; dinanzi a tutto il mondo sei di Cristo”.Se noi non facciamo questo materialmente, spiritualmente deve esserci in voi il desiderio. Io non prenderò mai il nostro caro Raffaele per raparlo a zero, vestirlo con una tonaca e inviarlo per la piazza a farsi deridere. Questo non sarà fatto, ma tu dovresti quasi desiderare che gli altri ti deridessero perché sei di Cristo, e che gli altri sapessero che tu sei di Cristo. Tu devi avere soltanto un amore: l'amore a Cristo, alla sua causa, alla diffusione del suo Vangelo.Per il resto io vado messo in tanto quanto è necessario, cioè secondo la misura famosa che abbiamo indicato per il passato: cercare di piacere a Dio e di non dispiacere agli uomini. Perciò mi presenterò pulito, mi presenterò lavato, mi presenterò educato anche nella forma e nel modo. Perché? Perché io devo poter entrare in un ambiente, ma allo stesso tempo dare la stessa testimonianza con la mia vita come la dava ieri Santa Chiara o San Francesco con la loro presentazione esterna. Io non ho questa forma esterna, non sono chiamato a testimoniare in tal modo in questi tempi che non sopporterebbero una simile forma esterna. Però, ricordatevi bene, che se non facciamo questo, se non indossiamo il saio e non andiamo elemosinando per predicare il Vangelo, dobbiamo ugualmente mostrare il Vangelo, e lo dobbiamo mostrare in modo particolare con le parole, con l’atteggiamento, con il distacco dalle cose del mondo. I nostri fratelli di ieri erano staccati completamente, anche esternamente, e tutti quando vedevano uno di loro potevano dire: “Quello è un frate, quello è uno che fa professione di santità, che ha abbandonato tutto per amore del Cristo”.Quando io, vestito o non vestito da prete, entro in una casa, o in un negozio, tutto il mio comportamento interno ed esterno deve manifestare - e capite che è molto più difficile - a coloro che incontro la mia identità, la mia consacrazione, la mia completa appartenenza al Signore. Perciò la paura di far brutta figura e il desiderio di essere all'altezza per presentarsi bene sono una cosa umana, figlioli miei, una vera tentazione diabolica.State attenti, perché il Signore non scherza. Se un ingegnere progetta un campanile e il campanile cade, voi dite: “Povero ingegnere, è fallito!”. Dio, quando fa una capanna sa che cosa fa e la fa in modo tale che non si rovesci. Se Dio ha voluto questa Congregazione, e credo che abbiamo mille prove per affermare che è sua, l’ha voluta perché sia solida.
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5. Domenica sera, caro don Girolamo , tu dicevi che in principio avevamo tanti segni; sappi che i segni sono continuati, e sono molto più grandi e molto più forti i segni di oggi che quelli di venticinque o trent'anni fa. Se ieri capitava la provvidenza per la preghiera “Signore, manda ferro”, e arrivava un po' di ferro perché un ragazzetto era rimasto due ore dinanzi al tabernacolo, sappi che può esserci un altro ragazzetto di cinquantacinque anni che ha passato una notte intera davanti al tabernacolo per domandare un segno materiale per poter avviare il Centro Audiovisivi, e il giorno dopo è andato nella chiesa dei Servi a pregare, e poi ha avuto l'ispirazione di recarsi da Maltauro per dirgli: “Abbiamo questo progetto e ci troviamo con queste difficoltà”. “Quanto le occorre?”. “Sei milioni!”, e Maltauro ha donato i sei milioni. Per conto mio non è meno grande un segno di questo genere di quello delle dodici verghe di ferro.
Guardate che questi segni sono presenti anche oggi. Non bisogna abituarci ad essi, perché penso che non passi giorno che non ne abbiamo: se non sono materiali sono spirituali, e questi ultimi possono essere molto più grandi di quelli materiali.Quando le prime volte arrivava un milione o qualche altra donazione, si andava in chiesa e si cantava un “Te Deum”. Oggi vi dico: “Guardate che è arrivato un dono del Signore”, e si sottolinea con indifferenza: “Ah, sì... Allora...”. Non raramente inoltre, dopo aver annunciato un segno della provvidenza, ho sentito proporre: “Allora si potrebbe comperare, si potrebbe fare...”. State attenti perché questo è un segno di decadenza spirituale in qualcuno. È una brutta cosa vedere i miracoli come i farisei che pensavano di ammazzare Lazzaro perché la sua risurrezione era per loro motivo di rimprovero, come se chi l'aveva risuscitato una volta non avrebbe potuto risuscitarlo una seconda!! Io ho la tremenda paura, fratelli miei, che nella nostra Famiglia religiosa sia entrato o stia entrando, nel cuore di qualcuno, un po' di spirito mondano, certamente poco ammirevole, che rende indifferenti alle realtà sante del Signore.
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6. Ogni tanto il Signore ci richiama, e in questi giorni ci sta richiamando in modo tremendo con la malattia del nostro caro Lorenzo. Qualche anno fa abbiamo raccolto un morto sull'asfalto e quello è già in Paradiso che ci giudica insieme con Dio. L'anno scorso, mi pare, - è stato l'anno scorso o l'altr'anno? - nel nostro cortile c’è stato un altro morto: mentre stavate giocando un fratello è stato chiamato improvvisamente dinanzi al giudizio di Dio. Adesso un altro ancora: se non capitano dei miracoli Lorenzo non arriva alla fine dell’anno perché è già in metastasi e sta consumandosi. Guardate però che il sangue di Abele grida vendetta dinanzi al cospetto del Signore. I nostri confratelli sono morti per noi; in modo particolare Lorenzo Centomo sta offrendo la sua vita per noi, per lo spirito della Congregazione.Il primo giorno che vi ho annunciato che questo nostro fratello aveva la sentenza di morte più o meno lontana, ma già pronunciata, alla notte qualcuno non ha dormito e il giorno dopo siamo rimasti in silenzio; dopo qualche giorno siamo tornati alla vita di prima, scherzando e ridendo come niente fosse. Ricordate che Sant'Agostino diceva: “Ho paura del Signore che passa”. Guardate che questo potrebbe essere un passaggio di Dio per selezionare; questo sangue di un fratello che patisce notte e giorno è un sangue che un domani deve essere pagato e del quale dobbiamo rendere conto, come è indicato nella parabola dei talenti.
Quando ieri sono andato a visitarlo gli ho chiesto: “Continui ancora a fare la tua parte?” . Ha fatto un sorriso e mi ha risposto: “Don Ottorino, mi sforzo, mi sforzo”. E io gli ho detto: “Beh, falla giorno per giorno”. “Eh, no! - mi ha risposto - È troppo lungo un giorno; non ce la farei. Faccio istante per istante, l'offro istante per istante”.
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7. Mentre noi stiamo qui seduti, o mentre giochiamo una partita a carte, o mentre facciamo una scampagnata a Carbonin o in qualche altra parte, o facciamo una gita in montagna, abbiamo un fratello disteso su un letto che sta aspettando la morte in mezzo agli strazi. Come Gesù è stato il redentore e la Madonna la corredentrice, un nostro fratello sta pagando i debiti della casa, i debiti nostri, e allora non ci è più lecito fare nuovi debiti. Ne abbiamo fatti? Io per primo, ma riconosco che le mie deficienze sono pagate dal sangue di un figlio, e mi sento tremare la mano quando tocco il Santissimo, l'Eucaristia, pensando che non è bastato il sangue di Gesù per salvarmi, ma ci è voluto anche il sangue di un figlio. Io tremo al pensiero che se io non mi sono fatto santo, il Signore ha avuto misericordia di me e ha mandato ancora un po' di sangue di uno dei miei figlioli perché possa farmi santo.Ma guardate che non si scherza con Dio, figlioli miei. Se il Signore ci ha chiamati a una santità straordinaria - e siete chiamati a una santità straordinaria! - non si può fallire, non si può tradire il Cristo, non si può prendere le cose in maniera superficiale dicendo: “Beh, ho fatto meditazione, sono a posto con i miei doveri”. Questo periodo di vacanze, per esempio, che avete trascorso quassù, questi quindici giorni dovrebbero essere stati quindici giorni di grazia.Per esempio. Ogni settimana dobbiamo fare la Via Crucis: questa settimana dovevate farla un po' più lunga, più prolungata, per riparare tutte le volte che si era fatta un po' maluccio o in fretta nella Casa dell’Immacolata. Ogni settimana dobbiamo fare l'ora di adorazione: questa settimana dovevamo farne almeno un paio per dire: “Beh, cerchiamo, approfittiamo... stiamo vicini al Signore un pochino di più”. Ogni giorno dobbiamo fare la lettura spirituale: in questo periodo la lettura spirituale dovrebbe essere di almeno un'oretta al giorno. Così abbiamo dei religiosi veramente religiosi, che a un dato momento hanno fatto una scelta decisiva. Come in famiglia dove si fa la pulizia un po' in fretta, ma, se viene una giornata libera, allora si fa una bella pulizia a fondo, così nella Casa dell’Immacolata abbiamo abitualmente un po’ di fretta, ma quando ci sono quindici giorni di vacanza dobbiamo dire: “Approfittiamo, facciamo un po' di deserto”.Mi ha commosso l’esempio del nostro caro Giuseppe Biasio che si è sacrificato, a Padova, facendo veramente un bel sacrificio, da lui desiderato perché ha visto la delicata situazione del povero Lorenzo che ha bisogno di particolari attenzione per le conseguenze dell’operazione, e allora ha detto: “Don Ottorino, con me ormai non ha più riguardo per la sua attuale situazione, e allora posso andare io ad assisterlo a Padova”. Eh, restare tutto il giorno, ad assisterlo è un bel sacrificio! Poi è venuto qui a Bosco un paio di giorni, e ha voluto dedicare uno di quei giorni a fare il deserto, a passare alcune ore in meditazione, in preghiera con il Signore.
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8. State attenti perché il Signore si lavora qualcuno, ma qualche altro potrebbe non partire. Io ho visto nella nostra Famiglia religiosa qualcuno che è partito verso la santità, mentre qualche altro potrebbe restare con il cappello in mano davanti alla corriera che è già partita.Questa mattina io volevo fare un richiamo anzitutto per me e poi per voi, anche se mi dispiace che riserveremo il testo per un'altra volta. Il sangue di Lorenzo è quello che giudicherà qualcuno di noi: o noi lo digeriamo e ci facciamo santi, o per qualcuno potrebbe essere causa di rovina eterna. Guardate che non scherzo, eh, perché possono andare all'Inferno anche i preti. Il sangue di un fratello che non porta frutto potrebbe far fare indigestione.Per questo penso che è ora di decidersi: non si può assolutamente continuare con i compromessi, con le piccole mancanze, con le bambinate. No, no! Qui è il momento di farsi santi, di dare tutto al Signore. Siamo coerenti con la veste interna che portiamo, cioè con la nostra consacrazione. Se c'è qualche cosa dentro di noi che dobbiamo togliere, la togliamo in modo deciso.A questo proposito ho avvicinato ieri i giovani del primo anno del corso teologico. Alcuni hanno detto: “Bisogna che ci mettiamo veramente con impegno, bisogna partire sul serio”. E mi ha fatto piacere anche constatare la loro disponibilità. È bene che comunichiamo apertamente quello che hanno deciso, prima che si venga a conoscerlo per vie sotterranee. Il nostro caro Raffaele ha detto: “Io vedo che devo impegnarmi di più. Per questo desidererei fermarmi un anno per lavorare più intensamente”. Altri tre, mi pare che siano il caro Fernando, il carissimo Renzo e il venerabile padre Dario, desidererebbero fermarsi un anno anche loro e far l'esame di terza liceo per prepararsi meglio, per disporsi con maggiore responsabilità.
Insomma, tutto questo mi fa piacere. Dinanzi a una meta meravigliosa e tremenda che ci attende, quale è quella di metterci sopra un piedistallo per predicare il Vangelo, bisogna, se è necessario, fermarsi anche dieci anni, ma prepararsi bene, prepararsi bene. Oggi nel mondo non c'è un venticello, ma un uragano; il demonio ha scatenato un uragano. E i nostri religiosi, i nostri preti, devono resistere a questo tremendo uragano.E allora sentite, fratelli miei. In questi giorni pensate spesso al fratello che sta morendo. E quando qualcuno tornerà da Padova e dirà: “Va sempre peggio”, o forse lo porteremo a Vicenza e andrete a trovarlo nella stanza dove sarà, e lo porteremo a casa fra qualche settimana o lo porteremo a Villa Berica per averlo gli ultimi mesi o gli ultimi giorni vicino a noi, quando lo avvicinerete e sentirete magari già la puzza di un corpo che va verso la corruzione, ricordatevi che è Dio che passa in mezzo a noi per invitarci ad essere coerenti alla promessa che abbiamo fatto dinanzi all'altare, con la quale abbiamo ceduto, senza condizioni, il nostro modo di pensare, il nostro modo di agire, i nostri affetti e noi stessi interamente al Signore. Ricordatevi che con Dio non si scherza.