Prima di questa affermazione iniziale don Ottorino invita il diacono Vinicio Picco, all’epoca consigliere generale, a prendere posto per la meditazione.
La scuola grafica fu senza dubbio il primo umile laboratorio di lavoro per i ragazzi orfani accolti nel 1941 nella Casetta, germe del futuro Istituto San Gaetano.
Per le vacanze natalizie don Ottorino aveva già programmato alcuni giorni di incontro fraterno nel Villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI), durante i quali fece un meraviglioso ricordo della storia dell’Opera che restò a perenne memoria sotto il nome di “Ritiro Natale 1970”.
Don Ottorino ricorda con viva trepidazione i progressi vissuti nella stessa tipografia dell’Istituto, con il passaggio dalla prima macchinetta alla pedalina manuale, dalle prime macchine alla più recente Eidelberg di fabbricazione tedesca.
Nel testo registrato don Ottorino tenta di spiegare che cosa siano gli oppi, specie di acero campestre, il cui legno veniva usato per il riscaldamento.
L’Istituto San Gaetano disponeva di molto terreno, che il papà di don Ottorino coltivava per ricavare la verdura per i ragazzi e anche il vino.
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1. Questi venticinque anni successivi all’ultima grande guerra hanno portato una trasformazione tale in tutti gli ambiti della vita che solo chi è vissuto prima può rendersene veramente conto. Praticamente è stato un salto dalla bicicletta all'aereo, dal salire a piedi a Monte Berico ad andarci in corriera. È difficile poter descrivere la trasformazione avvenuta; credo che sia impossibile poterla descrivere, perché c'è stato un salto tale in questi venticinque anni nel sistema di vita, dei trasporti, delle comunicazioni, eccetera, che bisognerebbe essere vissuti prima per capire che cosa abbiamo adesso in mano. Solamente per renderci conto un po' nel nostro campo, nell’ambito della nostra Famiglia, pensate alle trasformazioni nel campo tipografico. Noi abbiamo cominciato durante la guerra con la prima macchinetta, poi con una un po’ più grande, come parleremo nei prossimi giorni a Bosco ricordando un po’ la nostra storia. Pensate che dopo la guerra si è subito diffusa la notizia che c’erano delle macchine tipografiche automatiche, quando in tutta Vicenza non ce ne era nemmeno una. Si diceva che la macchina automatica prendeva il foglio da stampare da sola. Come era possibile che prendesse il foglio da sola? I tipografi commentavano: “Come può prendere un foglio da sola? Lo prende con una pinza? E non c’è il pericolo che ne prenda tre o quattro alla volta?”. Non immaginavano che aveva una presa per aspirazione. Quando è arrivata la prima macchina automatica a Vicenza fu una vera meraviglia. Io assistevo alle riunioni dei tipografi che commentavano: “Adesso con le macchine che escono si può accettare un ordine di cinquemila volantini e consegnarlo in due o tre giorni”. Questa era la realtà: mentre prima bisognava mettere i fogli uno alla volta nella pedalina, ora in un paio di giorni si potevano stampare e consegnare. Immaginate la rivoluzione prodotta dalle macchine automatiche: in poche ore era possibile stampare e consegnare. In seguito poi, quando è entrata in funzione l'Eidelberg, si riusciva a stampare quattro o cinquemila copie all'ora. Nel campo tipografico c’è stata una trasformazione eccezionale. Se io chiudo gli occhi per un momento ripensando a quei tempi e li apro e vado a visitare le tipografie che sono ora all'avanguardia qui a Vicenza, scopro che è tutta una vera trasformazione. Chi, per esempio, avrebbe pensato allora a una macchina bicolore? Lo stesso è accaduto a proposito del riscaldamento. I primi riscaldamenti erano a base di tronchi di oppi... Sapete che cosa sono gli oppi? Gli oppi si trovano abitualmente in campagna per sorreggere le viti, e allora noi andavamo nel nostro terreno dell’Istituto dove c'era tutta una fila di oppi che sostenevano le viti, e ogni giorno, o ogni due o tre giorni, se ne toglieva uno, si spaccava e lo si metteva sopra la cucina economica a seccare. Qualche volta prendeva anche fuoco, e quando era asciutto abbastanza si buttava dentro la stufa perché facesse fuoco. Quello era il modo per riscaldare nei primi tempi.SOCIETÀ
CONGREGAZIONE storia
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
SOCIETÀ
L’espressione deve essere necessariamente intesa pensando alla vita povera e precaria degli inizi dell’Opera.
Monsignor Federico Miotti era stato insegnante di matematica in seminario dal 1931 al 1944, e venne scelto da don Ottorino come padre spirituale dopo la morte di mons. Luigi Volpato.
Il riferimento è ad una delle più antiche famiglie che vivevano nella stradella Mora quando don Ottorino iniziò l’Opera nel 1941.
Don Ottorino cita il verso 99 del primo canto dell’Inferno di D. ALIGHIERI, La divina commedia.
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2. Quando siamo diventati più ricchi siamo riusciti a far fare da Miotti, lo zio di monsignor Miotti, una stufa a segatura, e ci siamo guadagnata l'amicizia di una buona signora, che poi è rimasta vedova, è stata infermiera a Villa Berica, e infine è andata ad abitare a Villa Segato, ed essa ci forniva le segature perché possedeva una segheria, e ce le dava gratuitamente, per poterci riscaldare. A noi sembrava di essere ricchi, e la gente meravigliata diceva: “Avete il riscaldamento, avete anche il riscaldamento!”. L’avevamo però soltanto nell’officina meccanica. Avevamo anche una stalla e una mucca, e per studiare, recitare il breviario, preparare le prediche e tante altre cose, si andava in stalla perché era l'unico ambiente riscaldato sufficientemente. Anche mia mamma si metteva in stalla per lavorare e per cucire. La mucca era la seconda stufa che avevamo in casa. Poi abbiamo fatto ulteriori progressi e siamo arrivati alla caldaia. La caldaia era collocata nel sottoscala, e fuori dalla porta, dall'altra parte, c'era la vasca biologica, e ogni tanto c'era l'inondazione per cui per andare in caldaia bisognava usare gli stivali e raccogliere l'acqua che usciva dalla fossa biologica con gli odori inerenti e con annessi e connessi. La caldaia andava a carbone, e allora giù carbone! Per questo serviva la legna, ma la legna era verde, e allora andavamo da Maria Vidale a chiedere se per piacere ci dava una fascinetta di legna secca per accendere il carbone. Sul più bello qualcuno gridava: “Non riscalda!”, perché evidentemente si era spenta, e allora bisognava fare fuoco; al mattino poi bisognava alzarsi presto per fare fuoco. Adesso invece si fa una corsa, si preme un bottone e la caldaia parte. È tutto un mondo diverso. In seminario si sentiva la caldaia far rumore verso le due o tre di notte, perché c’era un uomo anziano, un certo Cesare, che andava a farla partire. Funzionava, però, solo per qualche ora, e quando l'inverno era molto inoltrato, e per riscaldare solamente le aule dove si studiava. Ci fermiamo ora un momentino a riflettere. Questa corsa, che è cominciata un po' prima della guerra e ha preso sviluppo specialmente dopo la guerra, che ci ha portato dalla bicicletta con le ruote piene al pulmino nelle nostre casa religiose, dagli oppi bagnati al pulsante per il riscaldamento in tutti gli ambienti, fino a che punto deve andare e può andare? Perché noi siamo come la famosa lupa che “dopo il pasto ha più fame che pria” , e l'uomo, che è creato per l'eternità, vive su questa terra e ha fame delle cose di questa terra e ha fame del piacere, della soddisfazione, e meno sacrifici deve soffrire più contento è.CONGREGAZIONE storia
PROVVIDENZA benefattori
AUTOBIOGRAFIA seminario
ESEMPI vizi
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3. Esaminiamo un po' un cristiano, lasciando da parte per adesso i religiosi. Fino a che punto il cristiano può usare di queste cose, e quando invece il cristiano abusa di queste cose? Poi ricaveremo qualche conseguenza anche per noi. È male che un cristiano abbia la sua vettura, la sua macchina, che usi di queste cose? No, per carità! Ma, a un dato momento, se un cristiano dopo soli tre mesi cambia la macchina perché bisogna essere all'altezza dei tempi e della modernità, io mi chiedo: se la cava senza commettere peccato grave? Può un cristiano lasciarsi portare dal capriccio? Adesso c'è il riscaldamento ed è bene averlo; ma l'anno venturo si sente dire che c'è un altro sistema più moderno, e allora si butta via tutto e si pone quello nuovo. A un dato momento un cristiano può sprecare solo per il capriccio, per il gusto, per il piacere? “Non ti vergogni - dice qualche figlio al padre - di avere ancora quella macchina? Tutti gli altri ne hanno un'altra più moderna. Non ti vergogni?”. Sono problemi che i veri cristiani si pongono: “Fino a che punto io, per accontentare i miei figli, per accontentare mia moglie, per accontentare il mio capriccio, devo rincorrere tutte queste novità?”. In questi giorni, e precisamente lunedì, non tanti anni addietro, sono venuto a conoscere una cosa per me molto e molto dolorosa. Un giovane dell'Azione Cattolica che io conoscevo e conosco molto bene, - non vi dico di dov'è; voi non lo conoscete, e non ve lo direi anche se lo conosceste - un ottimo giovane, che ogni giorno leggeva il Vangelo dedicandovi mezz’ora in ginocchio, che frequentava la Messa e la comunione alla domenica e qualche volta faceva la comunione durante la settimana, che recitava il rosario ogni giorno, che si è preparato alla famiglia in un modo veramente edificante ed è partito bene con la sua famiglia, a un dato momento è riuscito ad avere un posto in una industria dove si trovava bene: ho cominciato a sentire che si lagnava dello stipendio, che non era contento dello stipendio, che gridava contro i padroni e contro le ingiustizie sociali. E questo l'ho sentito ultimamente. Lunedì ho sentito che lo stipendio che percepisce, lo stipendio fisso perché dopo ci sono le aggiunte che vi dirò, è di quattrocentocinquantamila lire al mese, e con le aggiunte arriva a settecentocinquantamila lire al mese; nonostante questo si lamenta dello stipendio, si lamenta del padrone, vorrebbe di più e vorrebbe cercare qualche altro posto dove poter guadagnare di più. Inoltre sperpera regolarmente ogni mese questi soldi, che non gli bastano, non sono sufficienti. Lunedì poi ho sentito che tra lui e la moglie c’è discordia, disastro, litigio. È logico! A che cosa gli sono serviti allora la mezz'ora di Vangelo al giorno e la corona quotidiana se non ha tenuto fermo quello che dice il Vangelo: la carità, la mortificazione, lo spirito di sacrificio?CHIESA cristianesimo
MONDO
Don Ottorino usa una espressione sarcastica molto dura e severa a proposito della corruzione morale che all’epoca stava avanzando, e in particolare sulla questione del divorzio che stava per entrare anche nella legislazione italiana.
Il riferimento è a Ugo Gandelli che all’epoca stava frequentando l’istituto per ragionieri.
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4. A un dato momento il benessere, che porta dalla macchinetta a mano a quella automatica, dalla bicicletta alla Fiat millecento, dal tronco di oppio al forno automatico, non toglie quello che è lo spirito del Vangelo, che è spirito di preghiera, di mortificazione e di penitenza. Come ho saputo lunedì di questo caso, potrei dire ancora di altri casi dove fino a ieri si cambiava la moglie senza cambiare la targa, mentre adesso con il divorzio si riuscirà anche a cambiare la targa in modo che sarà immatricolata regolarmente! Il cristianesimo non proibisce l’uso di questi beni, ma esorta a farne un uso moderato e cristiano affinché non facciamo dimenticare lo spirito cristiano che è spirito di preghiera, di penitenza e di carità verso il prossimo. Non so se siete d'accordo su questo. Che cosa ne dici, Ugo ? È il momento di lanciare un forte grido di allarme perché stiamo assistendo proprio alla scristianizzazione delle nostre buone famiglie con l'entrata del benessere nelle case. Il benessere, invece di essere un motivo per cantare le glorie del Signore, è un motivo per dire al Signore: “Non abbiamo più bisogno di te; noi viviamo lo stesso senza di te”.SOCIETÀ
Don Ottorino sembra interpellare don Zeno Daniele, che era entrato in Congregazione dopo una esperienza lavorativa bene remunerata e che all’epoca era a contatto con problemi simili come addetto all’amministrazione generale.
Cfr. Gv 2,1-11.
Cfr. Lc 7,36-50.
Cfr. Gv 12,1-8.
Il testo registrato si interrompe a questo punto per cui la meditazione resta incompleta. Un confratello riportò nei seguenti appunti il pensiero che don Ottorino sviluppò nella parte finale: “La Congregazione deve riportare allo spirito del Vangelo, a quello che animava i nostri cristiani cinquant'anni fa: non riportare a quella vita, a quegli stenti, ma a quello spirito. Dobbiamo essere maestri dello spirito di mortificazione e di penitenza”.
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5. Il pericolo che esiste per le nostre famiglie cristiane purtroppo c'è anche per le famiglie religiose, c'è anche per le anime consacrate. Perché? Perché siamo uomini anche noi, siamo uomini anche noi. Si nota un abbassamento di quota da parte dei cristiani i quali non si accontentano più di quello che hanno. È inconcepibile che una persona che prende settecentocinquantamila lire al mese non sia contento dello stipendio, e questo non gli basti per vivere con una famiglia di tre o quattro figlioli. È inconcepibile! E allora che possiamo dire dei nostri vecchi padri che stavano contenti e soddisfatti con il poco che avevano? Beati loro che almeno avevano la felicità e la contentezza, e c'era l'amore tra marito e moglie! A un dato momento, se noi accontentiamo la nostra parte peggiore, la parte umana, la parte sentimentale, neanche se guadagnerà dieci milioni al mese l’uomo sarà contento. È sbagliato, Zeno, quello che sto dicendo? Dobbiamo vigilare perché anche noi siamo figli del nostro tempo e, senza accorgerci, abbiamo dentro di noi un po' questa malattia, e cioè anche noi, a un dato momento, possiamo sentire questi doni di Dio come una esigenza e vogliamo sempre di più possedere questi beni, che il Signore ci ha donato come mezzi e non come fine. Su questo tema io ho sentito parlare molte famiglie religiose, cioè parecchie persone responsabili di famiglie religiose: “Che vuole? Adesso guai se in noviziato non c'è la televisione, guai se non c'è questo, guai se non c'è quello. Prima di entrare domandano: “In noviziato c'è la televisione? Altrimenti noi non veniamo. In noviziato c'è questo, c'è quell'altra cosa? Altrimenti noi non veniamo”. Insomma cominciamo a offrirci al Signore in una forma limitata. Ci offriamo al Signore, però a una condizione: che ci sia la gita, che ci sia una comodità e l’altra, cioè è una rinuncia al mondo condizionata ad avere un po' di mondo e un po' di Dio. Mi sembra che questa non è consacrazione al Signore. Che poi il Signore sia tanto buono a condurci alla nozze di Cana e che faccia anche un miracolo per farci stare allegri un pochino, che ci conduca in casa di Simone o in casa di Lazzaro per passare qualche giornata in allegria, è un dono di Dio e ringraziamo il Signore. Ma se l'anima consacrata prende lo spirito del mondo di oggi e lo fa suo, in questo siamo fuori strada. Noi siamo chiamati invece a fermare gli uomini troppo presi dalle cose moderne e dire: “Caro fratello cristiano, tu che sei diretto al Paradiso, se prendendo settecentocinquantamila lire al mese non sei contento e non pensi che vicino a te c'è un fratello che prende appena settantamila lire e non dai qualche cosa anche a lui, ricordati che non salverai l'anima”. Noi dobbiamo fermare questo egoismo cristiano non perché gli uomini tornino alla foresta, non perché sappiano vivere con autentico spirito cristiano.CONSACRAZIONE religioso
FAMIGLIA
DIO
CHIESA
CONSACRAZIONE offerta totale
NOVISSIMI paradiso
CHIESA cristianesimo
APOSTOLO missione