MI55[12-01-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. È un breve frammento di meditazione, nel quale don Ottorino, ad un mese dal suo primo viaggio in America Latina, parla dapprima della necessità di testimoniare la carità agli uomini, e poi cerca di illuminare la diversa missione del sacerdote e del diacono. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 8’. 1. La carità è il distintivo dell’apostoloIl riferimento è al 1° viaggio in America Latina che don Ottorino avrebbe fatto con don Aldo, nei mesi di febbraio e marzo 1966, per visitare specialmente il Guatemala e il Chaco (Argentina).
La ditta Grassetto era all’epoca una grande impresa edile, con attività in varie parti del mondo e con sede centrale a Padova.
Don Ottorino pronuncia il nome in dialetto veneto, e poi scherza con la stessa parola che significa anche “povero uomo”.
Il richiamo è al passo evangelico di Gv 17,21: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
S. E. mons. Pietro Raimondi era il vescovo di Crotone, uomo avanzato negli anni e dalla voce abbastanza debole.
Nel testo registrato don Ottorino parafrasa l’inizio dell’inno paolino sulla carità di 1ª Cor 13,1-2.
MI55,1[12-01-1966]
1.Attenti un momento: il mese prossimo, non l’anno prossimo, io andrò in America Latina. In seguito, poi, vi invierò alcuni di voi, i quali si presenteranno in una scuola e parleranno di Nostro Signore. Con quale “firma”? Già molte volte ho detto queste cose, ma le ripeto ancora una volta perché è necessario ricordarle; quale è la firma che questo ambasciatore di Dio porta con sé per avvalorare che è veramente un ambasciatore di Dio? Se riflettiamo un po’ è una cosa ridicola presentarsi al mondo - non parliamo della povera gente ignorante che vive nelle foreste, ma delle grandi metropoli come Milano, come San Paolo - e dire agli uomini: “Io sono venuto a parlarvi in nome di Dio!”. Sarebbe come se una persona si presentasse presso l’amministrazione della ditta Grassetto e dicesse: “Mi ha inviato il signor Giovanni per chiederle cinque milioni”. Potete immaginare che cosa passerebbe se tutti i poveri uomini si presentassero a chiedere cinque milioni a nome del signor Giovanni! Occorre qualche cosa che faccia fede di questo incarico. E il Signore l’ha stabilito con chiarezza. Insisto su questo punto perché è una condizione indispensabile, è un qualche cosa alla quale forse non abbiamo pensato sufficientemente, ma che deve diventare sangue del nostro sangue. Quando ci recheremo in un posto, soltanto la carità di Cristo attesterà che noi siamo suoi ambasciatori: allora ci crederanno e la nostra parola diventerà efficace. “Affinché il mondo creda...”. Come Gesù ha stabilito le parole della consacrazione per rendere presente il Corpo di Cristo, così ha stabilito che attraverso la carità noi saremo i suoi testimoni e saremo riconosciuti come tali. Se noi, invece, non diffonderemo la carità, non saremo riconosciuti come suoi testimoni e parleremo un linguaggio umano. Sarebbe come un vescovo che stesse parlando in una grande cattedrale, un vescovo dalla voce non sufficientemente forte, come ad esempio mons. Raimondi , e improvvisamente venisse a mancare la corrente: non lo sentirebbe neppure il chierichetto più vicino! È chiaro? Se manca la carità... è inutile avere anche uomini grandi e grossi, dotti, con mille qualità, capaci di parlare sette o otto lingue, con molte conoscenze, eccetera! “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità... non sono nulla”. È chiaro? Noi dobbiamo assolutamente fondare il nostro apostolato sulla carità, sulla fraternità. In altre parole, prima della camicia che indossiamo, dobbiamo sempre portare la carità con noi, nel nostro bagaglio. Capisci, Mario? Quando andiamo in qualche parte dobbiamo portare nel nostro bagaglio la carità, la fraternità nel senso pieno della parola: sarà il faro che noi accenderemo e che aprirà ogni porta. 2. La missione del diacono e del sacerdoteAPOSTOLO ambasciatore di Dio
AUTOBIOGRAFIA viaggi
CARITÀ
ESEMPI apostolo
GESÙ
CHIESA Vescovo
APOSTOLO chi è
All’epoca la Congregazione non aveva ancora ottenuto il riconoscimento del diaconato permanente, per cui era composta di sacerdoti e di assistenti.
Cfr. Gv 4,5-26.
Il testo registrato è in pessime condizioni, per cui è difficile ricostruire bene il discorso di don Ottorino. Dal contesto si intuisce che per lui il diacono ha l’impegno del primo contatto con l’operaio, mentre al sacerdote corrisponde la parte più spirituale e sacerdotale.
Il riferimento è all’assistente Giuseppe Filippi.
MI55,2[12-01-1966]
2.Prendiamo, per esempio, il diacono: dovrebbe essere specializzato per gli operai. Non occorre che abbia tutte le qualità, ma che conosca il linguaggio degli operai e che viva a contatto con gli operai. Un altro, invece, avrà maggiori attitudini per i giovani... Ognuno secondo i doni che ha ricevuto dal Signore. Uno potrebbe essere bravo in matematica, un altro nel lavoro... benissimo! Si dovrà cercare di formare ognuno secondo i suoi doni specifici e per un determinato ambiente. Se, per esempio, siamo un collegio di professori, uno è laureato in matematica, un altro in ginnastica, un altro ancora in disegno... ma tutti i professori siamo impegnati per formare lo stesso alunno. Se vuoi formare il Cristo nella parrocchia occorre la persona specializzata. Si troverà allora la persona intellettuale, perché ha studiato, che si specializza. E allora fra i nostri assistenti ci saranno alcuni con la laurea in teologia o con il corso seminaristico di teologia completo, i quali andranno ad insegnare religione nelle scuole pubbliche del ginnasio o del liceo, incontrando e parlando con i professori e portando così un influsso benefico nell’ambiente della cultura. Un altro, invece, avrà maggiori inclinazioni per i giovani e lavorerà nell’oratorio; un altro ancora avrà qualità speciali per formare le nuove leve che poi si divideranno da una parte e dall’altra. Ci saranno quindi le specializzazioni, perché sono particolarmente necessarie per il diacono. Il sacerdote deve essere l’uomo di Dio, che sa parlare dell’aspetto religioso: io lo vedrei quasi come il consigliere spirituale. Il diacono parla con gli operai, e l’operaio ad un certo momento sente il bisogno di aprire la propria anima perché nel suo lavoro incontra delle difficoltà morali, non sa se una cosa è lecita o illecita... Allora si incontra con l’uomo di Dio, in confessionale o fuori o durante una gita comunitaria, e come Cristo si è incontrato al pozzo con la Samaritana così il sacerdote gli trasmette coraggio e gli dà la grazia. Il diacono ha un piede in chiesa e uno fra la gente, una mano in chiesa e una accanto ai fratelli; il sacerdote invece ha ambedue i piedi in chiesa e le mani protese verso i fratelli. Non so se ho reso bene il mio pensiero. In una parrocchia, per esempio, - dicevo ieri sera a Filippi , e mi sembra che l’immagine possa passare - io vedrei il parroco, cioè il sacerdote che può essere parroco o viceparroco, come la mamma, mentre il diacono, prescindendo da quello che farà, come il papà. Voi capite che in una famiglia il papà è una figura più grande di quella della mamma, almeno sotto un certo punto di vista, anche se non si può dire chi è più grande o meno grande: sono grandi e importanti ambedue. Per questo non si può dire: “Io voglio essere sacerdote perché... Io voglio essere diacono perché...”. Per noi ambedue le figure sono grandi: la mamma compie il dovere di mamma, il papà quello del papà. 23 gennaio 1966DIACONATO diacono
ESEMPI apostolo
PASTORALE parrocchia
SACERDOZIO prete
APOSTOLO uomo di Dio