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I MISTERI GAUDIOSI DEL SANTO ROSARIO

MO195 [10-08-1967]

10 Agosto 1967

MO195,1 [10-08-1967]

1 Troviamo nella Sacra Scrittura una frase che ci riempie di grande consolazione: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. Dio ha creato l’uomo ad immagine e somiglianza propria. Noi, perciò, per natura nostra, rassomigliamo a Dio. Però, Dio ha tanti figlioli.
Voi con tanta fatica e con tanto sacrificio avete costruito questa casa. Supponiamo che tra qualche tempo tutto sia finito e tutto sia completato. Partite e andate a fare una bella gita e state via quattro giorni; tornate stanchi alla sera del quarto giorno, e trovate il villaggio incendiato. Non da un corto circuito, speriamo, non da un reattore, ma incendiato da un uomo nemico, uno che ce l’ha contro l’Istituto... incendiato! Pensate che disastro! Il Signore ha creato l’uomo. L’uomo ha rovinato l’opera di Dio. E il Signore ha detto: “Facciamo la redenzione”, e ha promesso la redenzione. Ed ecco che l’uomo ferito attende il medico, l’uomo attende colui che deve venire ad aprire le porte del Paradiso, deve rimettere l’uomo sopra il piedistallo, ridare all’uomo la sua grandezza. E tutta l’umanità va gridando, dico l’umanità con la sua miseria, e il popolo ebreo che ha ricevuta la rivelazione va cantando: “Regem venturum Dominum... Venga, venga questo re, venga questo salvatore!”. Ed ecco che arriva il momento voluto e stabilito da Dio, ed un angelo si presenta ad una fanciulla ebrea e le annuncia che sarà proprio lei la madre del restauratore. E qui vorrei... Mentre, rinnovando la nostra fede, pensiamo che siamo veramente presenti a lui, presenti a lui, come dicevamo ieri sera, seconda persona della santissima Trinità, che si è incarnata ed è presente nell’Eucaristia. Io vorrei che ci raffigurassimo la scena: questa piccola fanciulla ebrea che riceve l’annuncio dell’angelo: “Tu sarai mamma di Gesù, tu sarai la mamma del salvatore!”. Questa fanciulla ebrea che concepisce per opera dello Spirito santo, e lo Spirito santo la riempie; che si mette a disposizione totale di Dio: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum”! Durante la recita di queste dieci Ave Maria, pensiamo a questo grande mistero e ringraziamo la Madonna di aver detto di sì, perché da quel momento noi abbiamo avuto la nostra salvezza. Quando mi sono portato a Nazaret, e mi sono prostrato a terra, là, nella grotta dell’annunciazione, vi assicuro che ho provato qualche cosa che è difficile a descrivere. Lì ci sono scritte queste parole: “Hic Verbun... qui il Verbo si è fatto carne”. Qui proprio: quell’ “hic” ti colpisce nell’intimo del cuore. Proprio in questo posto la divinità si è unita con l’umanità. Dio che comincia ad essere uomo, restando vero Dio nell’unione ipostatica: una sola persona, due nature. E la Vergine che comincia a portare nel suo seno purissimo il Verbo che si è fatto carne. Però avviene una cosa meravigliosa: quando la Madonna comincia ad avere dentro di sé il Verbo fatto carne, da quel momento comincia a traboccare nella vita. E tu vedi la Madonna che sente il bisogno di lei. Ha bisogno di lei per due motivi: uno, ha bisogno perché sta per nascere il piccolo Giovanni, e si trova in condizioni particolari, per cui ha bisogno di un’amica, ha bisogno di una mano, ma ha bisogno anche... di Gesù. E Gesù si lascia portare da Maria, e vuole essere portato da Maria là, per incontrarsi col piccolo Giovanni, per santificare Giovanni. Vedete, fratelli miei, quando noi abbiamo Gesù dentro di noi, naturalmente siamo portati alla carità, naturalmente siamo guidati da lui. Vi dico una piccola esperienza personale. Quando, per esempio, io faccio la meditazione a voi, sento una differenza enorme se ve la faccio prima della comunione o dopo la comunione. Anch’io la faccio, come questa mattina, durante la santa Messa; ma se la faccio dopo la comunione, mi pare che siamo in due a parlare. Eppure stiamo parlando lo stesso di lui, siamo insieme allo Spirito santo. Vedete, fratelli miei, bisogna sentire la presenza di Gesù. Quando Gesù è dentro di noi si sente il bisogno di fare qualche cosa per lui, si sente il bisogno di darlo, di andare in giro per il mondo e di portare Gesù, di portare Gesù. È per quello che ha detto questa verginella, che fa più di 100 kilometri, attraverso le montagne di Samaria, per arrivare in Giudea, ad Ain Karim, là dove c’è Elisabetta; questa verginella che adora il suo Dio che porta dentro di sé. Questa verginella ci insegni, fratelli miei, a saper accogliere Gesù, a portarlo dentro di noi, Gesù, e portarlo agli altri.

MO195,3 [10-08-1967]

3 Ed ora, ecco che Gesù nasce. Siamo tanto abituati a vedere il presepio, siamo tanto abituati a sentirsi ripetere che Gesù è nato in una povera stalla, e riposto sopra la mangiatoia. Però, forse, questa abitudine ci è dannosa. Lui che ha creato l’oro, le gemme preziose; lui che ha creato i fiori, che ha creato le bellezze che sono sopra la terra, ha scelto un luogo così umile, ha scelto lui di nascere in un luogo così povero.
Nel catechismo di Pio X, a questa domanda: “Perché Gesù volle nascere povero?”, viene questa risposta: “Per insegnarci a non riporre la nostra felicità negli onori e nelle ricchezze”. Credete, il cristiano non... Il cristiano dovrebbe servirsi delle cose del mondo, dovrebbe servirsi, vorrei dire, in ginocchio delle cose del mondo, delle cose buone, delle cose belle, di quelle cose che Dio ci dona, anche dei ritrovati della scienza. Oggi, per salire, si va in ascensore; per andare in America non si va con la barca di Colombo, ma si preferisce andare con un DC 8, vero Zeno?, per fare più presto, per portare Dio, per portare una parola di fraterno incoraggiamento in pochi giorni da un lato all’altro dell’America. Ma se oggi noi dobbiamo servirci delle cose che il Signore ha permesso che l’uomo scoprisse, servirsi dei mezzi di trasporto, servirsi delle comodità, del frigorifero, servirsi delle altre comodità che la tecnica odierna ha messo a nostra disposizione, però resta sempre che lui è nato in una stalla e posto in una mangiatoia, per insegnarci a non riporre la nostra felicità nelle ricchezze e negli onori. Resta sempre che noi dobbiamo amare la povertà, dobbiamo amare che qualche volta ci sia qualche fessura nelle finestre della nostra stanza, che ci sia, in altre parole, qualcosa che ci manca. Dobbiamo amare che qualche volta ci costi il pane che mangiamo perché dobbiamo guadagnarcelo col sudore della fronte, che qualche volta il pane sia anche duro. Fratelli, guai a noi se non sapremo amare la povertà, se non sapremo vedere nella povertà il Cristo che ha scelto la povertà! Certamente verrà il momento che abbiamo una macchina e si romperà una gomma, verrà il momento in cui si romperà una valvola, verrà il momento che partiremo pensando di arrivare in un’ora e invece arriveremo in due ore per qualche difetto della macchina, verrà il momento che premeremo il bottone dell’ascensore e invece dovremo fare magari dieci piani a piedi perché l’ascensore in quel giorno non funziona. Ricordatevi, sono i momenti in cui il Signore vuol farci toccare la povertà, vuol farci sperimentare la povertà. Noi certo non andremo a piedi in America, ma se il Signore volesse che dovessimo fare anche duecento kilometri a piedi, li dobbiamo fare.

MO195,4 [10-08-1967]

4 Non possiamo noi respingere la povertà, non possiamo respingere il sacrificio: usare i mezzi moderni, usare la tecnica moderna, ma se il Signore per una circostanza o per l’altra vuole farci gustare il sacrificio, farci toccare il sacrificio, ricordatevelo bene, lui per primo ha scelto volontariamente il sacrificio. Perciò io direi: stiamo in guardia perché le cose belle, le cose... nevvero, possono anche a un dato momento farci dimentica la grotta di Betlemme. C’è sempre un punto oltre il quale noi manchiamo, c’è sempre un punto oltre il quale Gesù dice: “No, non rassomiglia a me, non sei mio allievo!”.
Se partendo da qui andassimo a Vicenza a piedi per far penitenza, il Signore direbbe: “No, io mi servivo della macchina!”. Se noi dovessimo partire da qui e comperare un elicottero apposta per andare da qui a Vicenza direbbe: “No, siete fuori posto!”. Conservare questo equilibrio oggi, conservarlo domani nella casa dove vi troverete ad esercitare l’apostolato, è una cosa difficile; però è una cosa necessaria, assolutamente necessaria per piacere a Gesù e per essere in mezzo agli uomini i testimoni del Vangelo. Ricordatevi bene che se andate fuori da questa linea, a un dato momento non piacerete al Signore, e allora non correrà più la corrente dal tabernacolo a voi, e voi conterete le storie e non parlerete in nome di Gesù; e gli stessi uomini non vi riconosceranno come fratelli di Gesù, non vi riconosceranno come i testimoni del Vangelo. Ricordatevi, un’altra lezione: a non riporre la nostra felicità negli onori. Per noi non c’è pericolo di una ricerca di titoli, di essere monsignori, che so io, cavalieri, commendatori, so io; forse non ci sarà questo pericolo, ma siamo sinceri, siamo sinceri: quando tu vai a scuola preferisci avere una lode piuttosto che un biasimo.

MO195,5 [10-08-1967]

5 Fratelli miei, sentivo proprio ieri sera, del padre... Stava per fare un esame: “Signore, domani farò l’esame. Non ti chiedo promozione o bocciatura, sia fatta la tua volontà! Io riceverò dalle tue mani e la promozione e la bocciatura; però, se per la tua gloria fosse meglio la bocciatura, a parità io preferisco la bocciatura. Signore, non vorrei che fosse un atto di superbia questo, però io chiedo la tua volontà. Ma se si trattasse di scegliere, Signore, sceglierei la bocciatura!”.
Fratelli, io mi domando: noi nelle nostre azioni, proprio abbiamo questa disposizione spirituale: “Signore, io voglio fare la tua volontà, però se si tratta di scegliere tra la minestra col sale o senza, preferisco quella senza sale; fra una lode e una bastonata, per amore tuo preferisco la bastonata”? Se nella vostra vita spirituale mai, mai avete sentito il bisogno di scegliere le umiliazioni, pensateci bene: forse siete molto poco cristiani. Non sempre si ha la forza di presentarsi dinanzi al tabernacolo e dire: “Signore, desidero l’umiliazione”; però, dinanzi a un Gesù che si umilia là nella stalla di Betlemme, qualche volta in vita si dovrebbe sentire il bisogno di essere poveri come lui e umiliati come lui.

MO195,6 [10-08-1967]

6 Quella volta quell’ubriaco che era seduto sulla riva del fosso con la chiave in mano, è passato vicino uno: “Cosa stai facendo, caro, lì?”. E questo: “Ah, vedo che tutto gira, ha detto, e sono qua che aspetto che passi la porta di casa mia. Vedo che passa tanta roba, invece che andare a cercarla io, verrà una volta o l’altra qua, - ha detto - così entro senza fare tanta fatica”.
Ecco, quando si perde Gesù non possiamo sederci sulla riva del fosso come l’ubriaco e dire: “Aspettiamo che venga!”, e tanto... che era seduto là che aspettava, e tanto meno mentre se ne andava in giro a destra e sinistra... il Signore verrà! Guardate, fratelli, che quando Maria e Giuseppe si sono accorti di aver perso Gesù, dopo una giornata di cammino, sono tornati indietro il giorno dopo e hanno fatto un’altra giornata di cammino, e al terzo giorno lo hanno ritrovato; si sono messi alla ricerca, parentesi, birichino, che l’aveva fatta a loro. Ma loro vanno in cerca di Gesù, e lo trovano, Gesù. Vi ho detto in questi giorni che lo possiamo perdere il Signore per il peccato, per colpa nostra; lo possiamo perdere perché lui si nasconde. Però nell’uno e nell’altro caso dobbiamo cercare noi, e dobbiamo aiutarci a cercarlo. Non possiamo pretendere, fratelli miei, di sederci sulla riva del fosso e attendere: dobbiamo cercarlo il Signore. Vedete, qualche volta, chi vi conosce si accorge se l’avete perso o non l’avete perso Gesù. La Maddalena, vi dicevo giorni fa, è andata in cerca, ha trovato quell’uomo, credeva fosse l’ortolano: “Ma dimmi, se l’hai trovato, dov’è?”. Guardate che è facile alla vostra età perdere Gesù, è facile un pochino smarrirlo, un pochino. Bisogna cercarlo, figlioli miei, bisogna andare in cerca, e c’è la Madonna che ve lo può dare, e c’è il padre spirituale che ve lo può dare, e ci sono i superiori, c’è il Vangelo, c’è la preghiera, c’è la meditazione. Bisogna cercarlo Gesù; non potete pretendere di poterlo trovare se non lo cercate, Gesù. Vedete, guardate che potreste far fallimento intorno alla vostra santificazione, appunto perché vi manca questo desiderio di cercare il Signore. E anche se siete stanchi come Giuseppe e Maria, dovete sforzarvi ugualmente di fare questa ricerca, perché senza questa ricerca, ricordatevi, Gesù non si trova.