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IL CORAGGIO APOSTOLICO

 

MI225[20-02-1968]

20 febbraio 1968

Il racconto dell’episodio dei due discepoli di Emmaus è narrato in Lc 24, 13-35.

Don Ottorino, che abitualmente si esprime in dialetto veneto, in questa frase lo fa con maggiore forza.

A questo punto don Ottorino concede, come di consueto, un momento di silenzio per facilitare la riflessione personale e l’incontro con il Signore.

 

MI225,1[20-02-1968]

1.I due poveri uomini che andavano verso Emmaus camminavano insieme con il divino maestro, però non si accorsero che era lui; se ne accorsero soltanto al momento della frazione del pane. E in quel momento lui scomparve. Io penso al ritorno di quei due uomini verso Gerusalemme. Il libro santo ce ne parla un pochino , facendo intendere i loro sentimenti: “Ma non avevamo gli occhi per vedere? Eravamo così stolti da non capire...”. In altre parole, tradotto in dialetto, il passo suonerebbe così: “Eravamo proprio così stolti da non capire? E sì che era lui; non ci faceva certi discorsi, non diceva quelle cose?”. Eppure hanno camminato insieme fino a Emmaus, da Gerusalemme a Emmaus, e “non lo conobbero”. Alla fine si sono detti stolti, ma intanto non lo avevano riconosciuto. Fratelli miei, anche noi stiamo camminando assieme al Signore, anche noi stiamo compiendo il nostro cammino a fianco a fianco con Gesù. Perché vogliamo aspettare proprio l’ultimo giorno, quando non c’è più tempo, per dichiararci stolti? Perché vogliamo essere costretti a dire proprio il giorno della morte: “Ho camminato sempre vicino al Signore; era vicino a me in chiesa, era lui che mi parlava attraverso il buon esempio del mio compagno, era lui che mi parlava attraverso il libro santo, con quella ispirazione... L’ho sempre avuto vicino, egli ha sempre camminato accanto a me durante la mia vita, eppure non l’ho mai visto! Ma ero proprio cieco per non vederlo? Quando mi capitava quel fatto... come ero cieco! Anche quando mi capitava quella batosta tra coppa e collo... ma ero proprio così cieco?”. E allora, perché non ci capiti questo in quell’ultimo giorno, avviciniamoci un momentino al Signore e chiediamogli che ci conceda la grazia di poterlo sempre vedere durante la giornata e di sentirlo nei momenti di luce, ma anche nei momenti di tenebre, perché forse questi ultimi momenti sono quelli nei quali lui è più vicino a noi. Procedamus!

PAROLA DI DIO Vangelo

GESÙ

maestro

GESÙ

unione con...

CROCE

Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata. Dal contesto si arguisce che aveva trascorso un momento di ritiro o di riposo con don Ottorino e altri confratelli nel villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI).

Fratel John Berchmans Kayondo era un giovane religioso africano, ospite della Casa dell’Immacolata, che proveniva dall’Uganda, e per questo si spiega l’allusione scherzosa di don Ottorino.

La ‘Legione di Maria’ nacque il 7.9.1921 a Dublino nel silenzio e nella semplicità. Un gruppo di persone si era riunito a pregare per cercare il modo migliore per servire il Signore donando tutto di se stessi. Erano i primi vespri della Natività di Maria. Si erano messi in ginocchio a pregare davanti a una statua di Maria Mediatrice per implorarne ispirazione e guida nel loro desiderio di lavorare per l’avvento del regno di Dio. Maria gradì l’offerta dei suoi fedeli e da essi cominciò l’inarrestabile sviluppo di questo movimento che oggi conta aderenti in tutto il mondo.

In questa meditazione don Ottorino si serve del libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editore Roma 1953. Le citazioni, tratte dalle pagine 110-113, vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami specifici.

Cfr. Isaia 55,8.

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, il quale all’epoca stava facendo l’anno del noviziato.

Don Ottorino si riferisce alla morte improvvisa del papà di un giovane di Crotone (CZ), entrato nella Casa dell’Immacolata per studiare la propria vocazione.

Forse il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, sacerdote diocesano di Padova, entrato nella Casa dell’Immacolata da poche settimane.

Giorgio Pieropan, il primo religioso morto il 12.11.66, a causa di un incidente stradale.

“O felice colpa...”, dal ‘Preconio’ della veglia pasquale.

 

MI225,2[20-02-1968]

2.Don Guido si trovava qualche giorno fa con me e con qualcuno dei confratelli qui presenti a Bosco, dove abbiamo fatto una meditazione tratta da un libro del cardinale Suenens, che forse ha suscitato interesse. Perciò l’altro giorno mi ha detto: “La prima volta che predicherà la meditazione, la pregherei di ripetere quella fatta a Bosco”. Può darsi che qualcuno ne abbia bisogno, a incominciare da me, e che don Guido abbia captato questo bisogno e mi abbia suggerito di fare questa meditazione. E allora, da buoni fratelli, la facciamo insieme. Si tratta di una meditazione sul coraggio apostolico: coraggio nel bene, coraggio nel bastonare, - non è vero, John? - coraggio nell’uccidere le bestie feroci della foresta e coraggio nell’uccidere anche noi stessi. Il cardinale parla del ‘Legionario di Maria’ , perciò adesso non cambierò la parola “Legione” in Congregazione o in Pia Società San Gaetano; tralascerò inoltre il preludio, perché altrimenti non avremmo il tempo per concludere... occorrerebbe un’ora come abbiamo fatto lassù. “Dio solo è Dio; ed è Lui che raggiunge ogni cosa dal principio alla fine. La sua grazia è sovrana. La sua parola è una spada tagliente. Egli dispone del tempo e degli uomini, come Gli piace. Fulmina Saulo sulla via di Damasco e lo trasforma, di colpo, in apostolo dei Gentili. La sua grazia è libera come libero è Lui stesso, e lo Spirito spira dove vuole. Rifiuta di lasciarsi incatenare da noi, e se lo crede bene, spezza i nostri quadri e i nostri piani. “Cogitationes meae non sunt cogitationes vestrae: I miei pensieri non sono i vostri, né le mie vie sono le vostre vie” ”. Queste parole, caro don Pietro , fanno paura. Ha detto: “I miei pensieri non sono i vostri”. Allora è chiaro che il Signore ha un’altra logica: ”Le mie vie non sono le vostre vie”. Allora bisogna dubitare un pochino delle nostre vie, anche quando facciamo la nostra moltiplicazione: due moltiplicato due e due moltiplicato tre non fa sempre quattro e sei. Non sempre possiamo pretendere che il Signore venga per le vie della logica perché, figlioli miei, logicamente parlando nessuno avrebbe fatto morire il papà di Ragno di colpo lasciando una famiglia orfana. Ti sembra, don Giuseppe? Nessuno avrebbe fatto morire il nostro caro Giorgio su una strada... Molte cose che capitano non le avremmo fatte accadere noi con la nostra logica, eppure, eppure... anche in questo mondo dovremmo dire qualche volta: “O felix culpa”, o felice avvenimento, o felice disgrazia!”. Qualche volta avremmo dovuto dirlo anche sopra la terra! Certo lo potremo dire in cielo, se quello è il piano di Dio. Però, bisogna che ci convinciamo che stiamo lavorando in un piano che non è una tela umana. Se comprendiamo questo, allora capiamo tutto; se non la comprendiamo, è chiaro che avete ragione di dirmi che sono matto quando vi domando certe cose, che sono fuori della realtà. Avete ragione, ve lo dico subito. Ma se voi partite dall’idea che è proprio Dio che agisce e che ha un suo piano, e che noi dobbiamo innestarci nel suo piano, allora capite, figlioli, che bisogna ragionare in altro modo.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

DOTI UMANE coraggio

DIO logica di...

CROCE

DIO piano di salvezza

Il riferimento è a don Paolo Crivellaro, che all’epoca stava completando il corso teologico e che dirigeva il coro della Casa dell’Immacolata.

Nel testo registrato si ascolta la risposta di don Paolo: “Si accordano”.

Si tratta del famoso ‘Libretto rosso’ che durante la rivoluzione culturale servì a Mao per liberarsi dei suoi avversari politici. Veniva sventolato dai Cinesi durante i cortei voluti dal partito comunista e doveva servire come base programmatica per ogni azione pubblica o privata di ogni cinese. Anche le frange estremiste dei comunisti italiani usavano il “Libretto rosso” come punto di riferimento culturale.

Luciano Bertelli all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso teologico e collaborava nella formazione con il padre maestro dei novizi.

Molti erano i Giuseppe presenti alla meditazione, per cui è impossibile capire a chi don Ottorino volesse riferirsi.

Don Ottorino mima il movimento che il maestro di musica fa battendo con le nocche della mano il diapason che emette il suono della nota di intonazione che è il la.

A questo punto don Pietro De Marchi risponde: “Gesù nel Vangelo dice: ‘Guarda che la luce che credi di avere in te non sia tenebre’”.

Erano due, all’epoca, i prossimi candidati all’ordinazione sacerdotale con il nome di Luciano: Luciano Bertelli e Luciano Rizzi.

 

MI225,3[20-02-1968]

3. “I miei pensieri non sono i vostri, né le mie vie sono le vostre vie ”. Figlioli, bisogna avere il coraggio di accordarci, come dicevamo in altra circostanza, - perdonate se mi fermo un istante su questo - con quella famosa nota, con quel famoso ‘la’. Io non me ne intendo troppo di musica, ma c’è il nostro caro Paolino che forse se ne intende più di me. Quando in un’orchestra cominciano a suonare, come fanno, Paolino? Ognuno parte da casa con il suo strumento, va all’orchestra e il maestro incomincia, o si accordano prima gli strumenti? E perché li accordano? Perché ognuno non può arrivare con la sua chitarra, con il suo mandolino, e mettersi a suonare; si devono accordare gli strumenti prima perché ci vuole un punto di partenza comune. Non basta che uno dica : “Io ho il mio mandolino, ho la mia chitarra che suona molto bene; vado là e suono”. Piano! Il tuo mandolino può suonare molto bene e tu puoi essere un artista, ma se tu non ti accordi con quel piano, quando il piano suona tu non sarai accordato e stonerai. Puoi essere molto più bravo del pianista, ma se non sei accordato, si rovina tutta l’esecuzione. Ora, fratelli miei, ecco la necessità di accordare la nostra vita con la Sacra Scrittura. Il nostro caro don Pietro sta facendo un lavoro: sta raccogliendo dal Vangelo tutte le parole di Gesù per farne una specie di codice. Lo hanno anche i Cinesi con le parole di Mao. Cercheremo di averlo anche noi, ma con le parole di Gesù, in modo da accordare tutti i nostri pensieri, le nostre parole, il nostro modo di fare, il nostro modo di agire, con le parole di Gesù. Per esempio, adesso voglio dare un pugno a Luciano Bertelli. Prima vediamo che cosa dice Gesù: “Perdonate ai nemici”, e allora perdono. Adesso voglio dare un pugno a Giuseppe e trovo: “Fa’ del bene a chi ti fa del male”, e allora estraggo una caramella e gliela do. Avere il coraggio di prendere la nota giusta e riconoscere di essere usciti di un’ottava è da santi. Bisogna avere il coraggio di battere la nota ‘tac’ e poi dire: “Oh, ma allora sono fuori tono! Credevo di cantare in tono giusto e invece sono io che sono stonato!”. Don Pietro, ripeti la frasetta su chi crede di essere luce... Dobbiamo avere il coraggio di confrontare quello che noi crediamo luce con il Vangelo e dubitare di noi stessi: “Ehi, aspetta, che per caso quello che io credo sia luce non sia tenebra”, e constatare qualche volta che quella luce che noi credevamo di possedere è invece tenebra. È Vangelo questo! Il lavoro che noi vorremmo fare quest’anno è proprio questo: controllare la nostra luce alla luce del Vangelo, e vedere se è luce o se è tenebra. Ed ecco allora don Luciano che, per esempio, potrebbe dire: “Io credevo di essere arrivato santo al sacerdozio e invece mi accorgo che ho la febbre negativa”. Mio caro, bisogna accordarsi, bisogna accordarsi: è questo che noi vorremmo fare.

VOLONTÀ

di DIO

ESEMPI Dio stile di...

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

GESÙ

maestro

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CONVERSIONE esame di coscienza

PAROLA DI DIO Vangelo

“Le cose abituali non fanno impressione”: principio filosofico d’uso molto frequente.

 

MI225,4[20-02-1968]

4.Adesso il Signore ci parla e ci dice: “Guardate che i vostri pensieri non sono i miei pensieri... Dubitate dei vostri pensieri, perché non sono sempre i miei”. “Tutto ciò bisogna saperlo, di scienza vissuta, per non fare dell’apostolato una cosa nostra”. Qui non basta una scienza conosciuta, perché non è sufficiente dire: “Beh, su questo siamo d’accordo!”. No, no! Ci vuole una scienza vissuta; la scienza intellettuale è diversa dalla scienza vissuta. Tutti siamo d’accordo sulle parole del Vangelo, tutti siamo d’accordo su questi principi, ma ci vuole una scienza vissuta. Noi abbiamo bisogno di uomini che vivano queste cose per mandarli a predicare il Vangelo. Non basta che conoscano queste cose per predicare il Vangelo. Il conflitto, che qualche volta avviene fra don Ottorino e voi, è solo per questo. Io ho il dovere di esigere da voi che non solo andiate a scuola e prendiate dieci su queste cose, ma che le viviate. Ed il conflitto è qui, proprio qui. “Tutto ciò bisogna saperlo, di scienza vissuta, per non fare dell’apostolato una cosa nostra”. E qui c’è un pericolo, fratelli miei: “Ab assuetis non fit passio”. Voi siete abituati a sentirle queste cose, siete abituati a sentire che qualcuno ve le grida, proprio così, nude e crude, ma guardate che è pericoloso abituarsi a certe cose, è molto pericoloso. Guai se disgraziatamente nella Casa dell’Immacolata uno dicesse: “Io sono abituato a sentire le parole di don Ottorino; ormai non mi fanno più impressione”. Sarebbe brutto che uno non sentisse più il dolore! Quando mi pungo con uno spillo e non sento più il dolore, vuol dire che ho fatto una paralisi; se ho una gamba che non sente più il dolore, vuol dire che la gamba è paralizzata. State attenti! Sarebbe una brutta cosa non sentire più la forza di queste parole che non sono mie. Per esempio, dinanzi a una affermazione si potrebbe dire: “Io, sì, sono d’accordo!”, ma poi, praticamente, sfuggire; sentire cioè un po’ di impressione nel momento della meditazione e poi non portarla nella vita. “È Dio che dirige, Dio che sa. Dio che vuol trovare in noi anime docili e pieghevoli, attraverso le quali Egli possa agire”.

CONVERSIONE esame di coscienza

APOSTOLO testimonianza

FORMAZIONE case di formazione

CONGREGAZIONE fondatore

ESEMPI apostolo

Don Giuseppe Rodighiero stava per laurearsi in lettere presso l’università di Padova proprio in quei giorni.

Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima Giuseppe Zorzi, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale, e poi Giuseppe Biasio, che aveva iniziato il 1° anno del corso teologico.

Il vescovo diocesano monsignor Carlo Zinato, al contrario, nutriva un certa perplessità nei confronti della reintroduzione del diaconato come ministero ordinato autonomo, cioè non in vista dell’ordinazione presbiterale.

 

MI225,5[20-02-1968]

5.È qui, proprio qui il punto centrale! Noi siamo contentissimi che il nostro caro don Giuseppe fra qualche giorno sarà laureato: faremo una grande festa, faremo scoppiare mezzo Istituto dalla gioia. Non è vero, don Giuseppe? Ma se questo non gli servisse per divenire più docile nelle mani del Signore sarebbe meglio che fosse nato scemo. Scusa, non c’è niente da fare! Io sarei felice se un domani prendesse delle altre lauree... ma benissimo, benissimo; io sarei contentissimo! Se vorrà prendere quella in veterinaria... ma fin che vuole! Però, piano, figlioli, piano! Se questo lo fa per divenire sempre più docile nelle mani del Signore, allora quanto più studia, quanto più vi si dedica, tanto più potrà rendere; ma, figlioli miei, se questo gli toglie anche soltanto un millesimo della sua docilità nelle mani di Dio e si crede un pochino più capace di fare da solo, allora, figlioli, bisogna avere paura, avere paura. Perché “Dio vuol trovare in noi anime docili e pieghevoli, attraverso le quali Egli possa agire”. Lui sa quello che vuole fare! “Ciò è vero, immutabilmente vero. Non bisognerà mai dimenticarlo nella pratica”. Voi sentite come l’autore insiste: “Ciò è vero...”. Noi ci troviamo tutti d’accordo, quando si ragiona. Ed è chiaro! Ma il ragionamento non deve essere mai dimenticato nella pratica, altrimenti non vale niente; è nella pratica che bisogna saperlo, non teoricamente. Vedete, stiamo gettando la base per quel coraggio che dovremo trattare: ci vorranno due o tre meditazioni per portarla a termine. L’unione abituale con Dio “Eppure, questo Dio Sovrano, Onnipotente, che crea il mondo con un semplice “fiat”, ha voluto avere bisogno del nostro aiuto”. Adesso vi farò prendere anche un pochino di paura. Supponiamo che io mi trovassi al posto di Giuseppe, e che accanto a me ci fosse l’altro Giuseppe. Immaginiamo che qui, al mio posto ci fosse monsignor Zinato che fa un bel discorso: “Cari amici, sono venuto perché ho da darvi una grande notizia: sappiate che io desidero proprio ardentemente che venga introdotto il diaconato nella Pia Società San Gaetano”. Tu, Giuseppe, - io sono al posto di Zorzi - mentre parla monsignor Zinato non mi guarderesti mai? Non mi faresti neanche un sorrisetto? Dimmi, Giuseppe Biasio, che cosa mi faresti? Scommetto che di nascosto mi daresti anche qualche pugno. Finora abbiamo parlato di Dio, abbiamo parlato del piano di Dio, abbiamo detto che Dio è sovrano, che ha dei piani meravigliosi. Ognuno di noi ha appena ricevuto la comunione: ha provato nel suo intimo un po’ di gioia per questo piano grandioso, meraviglioso di Dio? Non ha sentito quasi il bisogno di dare un colpetto al Signore per dirgli: “Beh, siamo d’accordo!”? Questo è un po’ il segno se siete o non siete vicini al Signore. Questa abitudine di vivere a contatto con il Signore deve portarvi quasi naturalmente, quando si parla del Signore, a compiere gesti e a dire parole d’intesa con lui.

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

CONSACRAZIONE fedeltà

DIO unione con...

DIO piano di salvezza

Raffaele Testolin frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.

Cfr. Luca 17,10.

Il fiferimento è a René Voillaume, primo priore dei Piccoli Fratelli di Gesù sorti dalla spiritualità di Charles De Foucauld.

 

MI225,6[20-02-1968]

6.Se uno sta parlando e, all’improvviso, il suo discorso cade su don Ottorino, e don Ottorino è vicino, è quasi naturale rivolgere il pensiero a lui, e magari, guardarlo o dargli un colpetto. Se, per esempio, sono vicino a don Giuseppe, e chi sta parlando, dopo aver toccato vari argomenti, all’improvviso dice: “Qui, in mezzo a voi, c’è un universitario che ha concluso i suoi studi”, io un colpetto glielo do ed è naturale darglielo. Abbiamo parlato di Dio: perché non gli diamo quel colpetto amichevole d’intesa? E quanti colpetti dovremmo dargli durante la giornata con santa semplicità! Ecco la vita vissuta con Dio con semplicità, non artificiosamente; la cosa deve riuscire naturale, altrimenti diventiamo dei ciarlatani che vanno parlando di cose studiate, non vissute. Mi guardi, Raffaele ? È facile essere ciarlatani, sapete, è facile divenire dei ciarlatani! “Eppure questo Dio Sovrano, Onnipotente, che crea il mondo con un semplice ‘fiat’, ha voluto aver bisogno del nostro aiuto. Dio ci offre e ci comanda di collaborare con Lui...”. Dio ha voluto aver bisogno del nostro aiuto, e ci offre e ci comanda: “Raffaele, vuoi?”. E lo comanda lui, che ha il suo piano, che ha i suoi disegni: lui ha tutto, ma vuole avere bisogno di te e te lo comanda. È meraviglioso... una cosa misteriosa: lui è tutto e vuole avere bisogno. “... invita noi, i servi inutili, ad essere i suoi cooperatori: Dei adjutores”. Sottolineo: servi inutili, siamo servi inutili , continueremo ad essere servi inutili; lui lo sa e ce lo ricorda, perché il piano è tutto suo, eppure ci vuole collaboratori, non come uno che gesticola con la bocca mentre è un altro che parla, cioè fingere di essere collaboratori, ma veramente collaboratori; non si tratta di una finzione, no, no, dobbiamo essere veri collaboratori di Dio. Perciò dobbiamo mettercela tutta da parte nostra, perché siamo effettivamente collaboratori: uno porta la malta e l’altro i mattoni; non bisogna fare in modo che il Signore porti tutto, malta e mattoni. “D’altra parte, Egli non accetta che Lo si serva con la punta delle labbra o delle dita: qualche rapida preghiera e basta”. Cioè tutta l’opera è sua, ma non si accontenta che noi lo serviamo soltanto con la punta delle labbra o con qualche dito: solo un pezzetto, ora qua, ora là. “Il mondo è cattivo, si dice, troppo cattivo per poter essere trasformato; non c’è altro che pregare per gli infelici che si perdono”. Non resta altro che pregare, sì, sì, non resta altro che pregare. “Preghiamo” è spesso un sotterfugio, un alibi. Se si trattasse almeno d’una preghiera sostanziale! Ma il “preghiamo” è sovente una forma di pio sospiro e copre ben poco, se lo guardiamo da vicino”. “Beh, beh, cara Maria! – si sente talvolta dire – Che vuole? Non c’è niente da fare: preghiamo, preghiamo, preghiamo!”. E il parroco: “Che vuol fare! Io, ormai, ho provato tutto; non resta altro che pregare... preghiamo!”. È un bel modo per dire che non c’è più niente da fare. “Non intendiamo qui, naturalmente, parlare di una vita contemplativa, che è certo d’incommensurabile valore, ma anche una vocazione particolare ed eccezionale”. Chiaro: quella è una vita contemplativa e deve esservi la chiamata, ed ha un suo valore; ma noi siamo chiamati a una vita contemplativo-attiva, noi siamo chiamati ad essere i ‘carmeli ambulanti’, l’uomo in contemplazione sulla strada, direbbe in altre parole il Voillaume .

DIO unione con...

APOSTOLO chiamata

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE offerta totale

PREGHIERA

SLOGANS carmeli ambulanti

Nel testo registrato si ascolta dapprima la risposta di fratel John, poi un breve commento di molti, e in fine una breve annotazione di don Pietro De Marchi.

 

MI225,7[20-02-1968]

7.“Per il cristiano nel mondo la preghiera valida è il preludio dell’azione e poi il suo accompagnamento necessario”. Perciò non posso escludere la mia azione. Io devo pregare, è chiaro! Prima di venirvi a fare la meditazione devo fare io meditazione, e mentre faccio la meditazione devo continuare a pregare, perché altrimenti la mia meditazione non è meditazione, sono chiacchiere. Mentre io vi parlo, mentre proferisco le frasi che vi dico, sarei un ciarlatano se non interpellassi molto spesso il Signore. Questi momenti di silenzio, le brevi pause che notate, devono essere per forza incontri con lui per sottoporgli il pensiero che ho in mente di dire a voi, altrimenti corro il rischio di dirvi parole, solo parole. O almeno devo essere prima talmente unito a lui e continuare a lavorare per lui, per cui a un dato momento io possa dire: “Sono io, ma è lui che parla; siamo insieme. Siamo uno e siamo due”. Capite? “... la preghiera valida è il preludio dell’azione e poi il suo accompagnamento necessario. L’azione umana è per Dio ciò che è l’acqua del Battesimo e il pane dell’Eucaristia...”. Dio ha stabilito così! Prendo il pane e dico: “Hoc est enim...”. Non c’è proporzione fra il pane e il corpo di Cristo, ma senza pane non abbiamo il corpo di Cristo. Il Signore ha voluto che ci sia l’azione del sacerdote, dell’apostolo, del diacono. Attraverso questa azione e la potenza di Dio si ottiene la conversione del mondo. Ma ci vuole questo pane, questo povero pezzo di pane, tutto intero, com’è. “La preghiera è indispensabile, ma deve prolungarsi nell’azione. Devo implorare Dio per il mio prossimo in pericolo, ma gli devo anche tendere la mano per impedire che si anneghi”. Un esempio. Vedo John caduto in una pozza, sott’acqua, che sta facendo “glu, glu”. John, capisci che cosa dico? Comprendi? Stai per affogare. Passa vicino don Pietro che corre a casa e raccoglie i novizi: “Fratelli, andiamo in chiesa a pregare!”. “Perché?”. “Perché c’è John che sta affogando, poveretto. Andiamo in chiesa a pregare!”. Suona la campanella. “Che cosa c’è?”. “Tutti a pregare perché John sta affogando”. Io direi: “Figlio di un cane di don Pietro!”. Scusa la parola, ma te la meriteresti se tu facessi così. Levati la veste e indossa una tuta; ma no, rimani in calzoncini, così come ti trovi e dagli una mano; andate dopo in chiesa a ringraziare il Signore che lo ha salvato. Qualche volta bisogna avere il coraggio di levarsi la veste e di indossare la tuta. Non ti pare, John caro? Se tu ti trovassi in quella pozza e stessi per annegare, preferiresti che don Pietro corresse in chiesa a pregare o venisse a soccorrerti? A darti una mano. Bravo!

PREGHIERA meditazione

DIO unione con...

EUCARISTIA S.Messa

CONVERSIONE

ESEMPI preghiera

 

MI225,8[20-02-1968]

8.“Lo stesso Maestro che ci ha chiesto “di pregare senza posa” ci ha dato pure l’ordine di andare e di agire. “Signore - diceva S. Tommaso Moro - dammi la forza di compiere quelle cose per le quali prego”. La Legione intende rispettare e praticare questo dovere di cooperazione necessaria all’opera di Dio”. Siamo ancora al preludio della meditazione, e bisognava mettervi questo cappello introdutivo. Noi intendiamo rispettare l’opera di Dio e cooperare con lui. Vedremo in che modo cooperare, e cioè cooperare l’uno con l’altro. “La Legione incarna la sua concezione in una terminologia militare, per esprimere che essa vuol servire Dio con un coraggio degno di Lui”. Mi dispiace che siano già le otto. E allora non iniziamo nemmeno. Vi leggo un pensiero che può essere molto utile per il vostro cammino spirituale. “L’eroismo non è un lusso facoltativo, un soprappiù del dovere, come alle volte lo si vorrebbe far credere... Il medico che cura un malato contagioso non fa che il suo dovere di medico”. Basterebbe forse questo pensiero: l’eroismo cristiano, l’eroismo apostolico non è un lusso. Un medico di condotta, se ha un malato contagioso, non può vantarsi di essere stato eroico perché è andato a visitarlo; non ha fatto né più né meno che il suo dovere. Perciò, qualche volta, non indietreggiate dinanzi all’eroismo perché per noi cristiani l’essere eroici non è un lusso, una eccezione: è un dovere! È questo il tema che tratteremo parlando del coraggio apostolico.

GESÙ

maestro

CONSACRAZIONE radicalità

APOSTOLO F.A.