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IL CORAGGIO DI FRONTE ALL’IMPOSSIBILE

MI228[29-02-1968]

29 febbraio 1968

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che all’epoca stava facendo l’anno del noviziato e che amava usare espressioni forti e significative.

A questo punto don Ottorino concede un momento di silenzio per facilitare l’incontro personale con il Signore.

Cfr. Filippesi 4,13.

Il riferimento è senza dubbio a Giovanni Orfano, come forse era anche il precedente “don Giovanni”, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico e si impegnava con particolare impegno e con buon esito negli studi.

Anche Zeno Daniele frequentava lo stesso anno del corso teologico.

Atti 3,6.

Cfr. Luca 5,5.

Esclamazione dialettale di meraviglia.

Il riferimento è a fratel John Berchmans Kayondo, giovane consacrato ugandese ospite della Casa dell’Immacolata.

Don Vittorio Venturin era all’epoca già sacerdote e faceva parte della Comunità della Casa dell’Immacolata.

MI228,1[29-02-1968]

1.Mettiamoci un momentino alla presenza del Signore.
Se in ogni tempo dobbiamo chiedere perdono al Signore per i nostri peccati, penso che in questo momento, dopo la celebrazione della Messa, che è stata tutto un inno alla misericordia e al pentimento, in modo particolare in questo periodo di Quaresima, il nostro atteggiamento davanti a Dio dovrebbe essere proprio quello del “cor contritum et humiliatum”. La cerimonia delle Ceneri di ieri sera non dev’essere una cerimonia simbolica, ma una cerimonia vissuta con spirito veramente penitenziale. In altre parole: sul nostro capo è stata messa un po’ di cenere, ma noi dobbiamo sentire il bisogno di prostrarci a terra e di metterci in atteggiamento di umiliazione, con il desiderio di essere come i rifiuti degli scarichi pubblici, di essere gettati proprio nello scarico. Non è vero, don Pietro ? Spiritualmente parlando si dovrebbe dire: “Signore, per favore, gettami là, perché quello è il mio posto! Peccavi, Domine!”. Bisognerebbe assumere questo atteggiamento intimo che fa sentire di essere l’ultima creatura sopra la terra, la più miserabile: “Signore, se io confronto le grazie che tu mi hai concesso con la mia incorrispondenza, sento proprio il bisogno di mettermi all’ultimo posto. Signore, miserere mei! Abbi pietà di me! Abbi pietà delle anime che tu vuoi che io salvi! Io voglio corrispondere alla tua grazia, perdonami, Signore! Io ho fatto come Giona che è scappato via. Io dovevo predicare l’amore, predicare la penitenza, portare il tuo amore in mezzo alle anime e, invece, Signore, ho peccato, sono fuggito davanti al tuo volto, Signore!”. Ecco l’atteggiamento che dobbiamo avere durante la Quaresima, e che ci deve portare a fare penitenza. Partiamo! La formula dell’acqua, mi sembra, è H2O. Se uniamo H e O non abbiamo una molecola d’acqua; occorre unire H2 e O. La formula per ottenere l’apostolo è “miseria e coraggio”, cioè il niente e il tutto. Se manca il niente non abbiamo l’apostolo, e se manca il tutto non abbiamo l’apostolo. Occorrono la convinzione della nostra miseria e la convinzione della nostra potenza: “Omnia possum in eo qui me confortat” Sembrerebbe quasi assurdo, mio caro don Giovanni, avere la convinzione di essere niente. Essere niente non vuol dire essere scemi. Sarebbe come se Giovanni dicesse: “Io sono contento, Signore, di essere una povera creatura; sono l’ultimo della classe!”. No, se sei il più bravo della classe, figliolo, il più bravo in Sacra Scrittura, in storia... puoi dire senza superbia e con semplicità che sei il primo della classe. Il secondo è Zeno , mi pare, non è vero? Ma ciò non vuol dire non riconoscere i doni del Signore. Se uno sa cantare bene... Per esempio, se io so cantare bene e riesco bene nel canto, lo riconosco con semplicità; solo che, invece che cantare alla Scala di Milano, vado a cantare alla scala della cantina! Fratelli miei, il tutto va riconosciuto con semplicità. Però, pur riconoscendo i doni che il Signore ci ha dato, anzi proprio riconoscendoli, dobbiamo avere questa coscienza: io sono una povera creatura. Perché? Perché ho sciupato i doni di Dio, perché non ho corrisposto alla grazia di Dio. Ecco la mia miseria! Tuttavia, nonostante questa mia miseria, io posso tutto con il Signore, che mi perdona i peccati e prende queste mie povere qualità, che io purtroppo ho anche rovinato, e confido. “Non ho né oro né argento, ma nel nome di Gesù alzati e cammina!” , ma “in nomine tuo... nel tuo nome, nel nome di Gesù”. “Ho lavorato tutta la notte e non ho preso niente, ma... in verbo autem tuo laxabo rete”. Ci vuole questo binomio: il niente e il tutto. Sono niente per la mia miseria, sono tutto insieme con il Signore. Anzitutto mi prostro dinanzi al Signore e mi riconosco povera creatura; poi afferro la fionda e nel nome del Signore affronto anche il gigante Golia: tan e tan...“orca la bachetela”! Caro John, capisci che cosa vuol dire ‘orca la bachetela’? Non aver paura; c’è don Vittorio che te la tradurrà.

CONVERSIONE pentimento

CONVERSIONE Quaresima

VIRTÙ

umiltà

APOSTOLO salvezza delle anime

ESEMPI apostolo

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

VIRTÙ

semplicità

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro del card. L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti editore Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 119-121, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Leggendo questa prima frase don Ottorino, come era sua abitudine, aggiunge al testo scritto qualche parola senza alcuna importanza particolare.

Don Ottorino allude a un curioso episodio: aveva accompagnato a visitare l’Istituto San Gaetano una signora elegante che non lo conosceva e che uscì con quelle parole quando alla fine si presentò come il fondatore dell’Opera.

Marco Pinton frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.

Queste ultime frasi sono dette da don Ottorino in tono scherzoso, con evidente riferimento ai piccoli scherzi che avvenivano nella vita quotidiana della Casa dell’Immacolata.

MI228,2[29-02-1968]

2.“Il coraggio di fronte all’impossibile.
L’unione con Maria conferisce ai suoi soldati un coraggio particolarissimo di fronte all’impossibile. È una tesi cara alla Legione, quella che afferma la possibilità dell’impossibile: oppure, in maniera più precisa e nello stesso tempo più pittoresca e ardita, che “l’impossibile è divisibile in un certo numero di passi possibili"”. Abbiamo visto questo l’ultima volta come distrazione. Adesso voglio farvi diventare coraggiosi. Voi sarete inviati a compiere cose che, a prima vista, sembreranno impossibili, impossibili per me, impossibili per voi. Cominciare un Istituto, una Congregazione religiosa con un insulso di pretino: impossibile, impossibile! Come si fa? “Maria Santissima, che ragazzino!”, ha detto quella signora vedendomi. Impossibile, ma per forza! È impossibile pretendere di fare un grattacielo con tre mattoni! E se invece di tre mattoni se ne ha uno solo di terra tenera, tutto schiacciato? Impossibile, impossibile! Come si può dare da mangiare a tante persone con pochi pesci e pochi pani? Impossibile, impossibile! “Paradosso? Forse, ma paradosso vissuto. Che si vuol dire? Si vuol dire che non bisogna rifugiarsi dietro la parola ‘impossibile’...”. A volte ci si nasconde dietro un pagliaio. Non è vero, Marco ? È impossibile mangiare e fare colazione perché gli altri ti nascondono le cose necessarie. È possibile nascondere un paio di uova nel cassetto? Possibile, Possibile! Tante volte ci si rifugia “dietro la parola ‘impossibile’ per sottrarsi al lavoro apostolico, e che il mezzo più sicuro di condurre a buon termine l’opera qualificata per “impossibile” è di fare un primo passo - possibile - verso una soluzione di essa”. Ecco gli addetti all’animazione vocazionale che dicono: “È impossibile raccogliere vocazioni adesso, perché gli incaricati del centro diocesano vanno dappertutto, ed è impossibile trovare ragazzi piccoli”. “E i grandi?”. “Oh, è impossibile perché non se ne trovano”. “Tu sei andato alla ricerca di vocazioni?”. “Sì, sono andato in venti posti, ho provato in venti associazioni, ma non c’è niente da fare: è impossibile, creda, è impossibile!”. Formare i ragazzi? “È impossibile! Io ho provato con il cineforum, ho provato... Qualunque cosa che incominci non attacca; si ribellano! Ecco, è impossibile, è impossibile!”. In una parrocchia: “Che vuoi? Se parli di penitenza non ne vogliono sapere, se parli dell’Inferno non ne vogliono sapere, se parli della misericordia di Dio, se parli del Paradiso ti dicono che il paradiso ce l’hanno in terra. Insomma, con la gente di oggi, con i giovani di oggi, è impossibile fare qualcosa!”.

DOTI UMANE coraggio

CONGREGAZIONE fondatore

APOSTOLO animazione vocazionale

FORMAZIONE

PASTORALE giovani

NOVISSIMI

Nel testo registrato si ascolta una voce che risponde “No” a questa domanda, e “Sì” alla seguente.

Cima 12 è la vetta più alta dell’altopiano di Asiago. Era la passeggiata più impegnativa che i giovani di don Ottorino compivano quando la Congregazione aveva ancora la colonia estiva ad Asiago.

MI228,3[29-02-1968]

3.È così, don Pietro? Le difficoltà - e sono vere difficoltà - viste così sembrano impossibili. Però ascoltatemi: sei capace di mangiare un elefante? No! Ma si potrebbe farlo mangiandone un pezzettino alla volta? Sì! Ah, ha detto sì anche John; anche l’Africa è d’accordo con noi. Cioè mangiare un elefante tutto in un sol colpo non è possibile, ma mangiarlo un pezzettino alla volta si può.
E veniamo al nostro testo: “Non si può raggiungere d’un salto la cima d’una montagna, è però sempre ‘possibile’ di scalare un’altezza, poi un’altra, e così di seguito fino al vertice”. Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che si proponga di andare a Cima 12. “Per carità, io? A cinquantatre anni andare a Cima 12? Scherzate?”. “No, guardi don Ottorino: andiamo via con la tenda, camminiamo per un pezzeto, fino alla croce”. Voi sapete dove si trova la croce di Sant’Antonio. “Quando siamo alla croce, andiamo avanti un altro pezzettino di strada... finché arriviamo!”. Giunti a Cima 12 ci si chiede: “Come è andata?”. Quante volte capita questo nella vita! Ai ragazzi voi non dite: “Dobbiamo andare fino a quel punto lontano”, ma: “Beh, andiamo avanti...”, e senza accorgersi si arriva a quel posto. Vi sono mai capitate queste cose? Eppure! “Ogni possibilità vinta dà accesso ad una nuova possibilità. È il trionfo del ‘divide et impera’, dividere per regnare”. In una parrocchia a volte si dice: “Non c’è niente da fare, non c’è niente da fare, non c’è niente da fare! Ho provato con uno, con l’altro, con quest’altro....”. Senti: prova e riprova, prova con uno. Se riesci a far sì che uno venga con te in osteria a bere un bicchiere, hai intanto ottenuto una vittoria; se dopo riesci che venga anche a mangiare in casa tua, è un’altra vittoria. E piano, piano... Consumerai dieci anni per convertirne uno, ma intanto non era una cosa impossibile, perché nei hai convertito uno. Noi vorremmo con una predica convertire il paese e dopo passare in un altro. “Semplicismo, si dirà. Può darsi, ma in ogni caso, se questo ‘semplicismo’ va bene senza dirlo, va ancora meglio dicendolo. E mettendolo alla prova! Nessuno dei successi spirituali della Legione a Dublino fu tentato senza che da ogni parte si decretasse che il compito assegnato era impossibile”.

CROCE difficoltà

ESEMPI vari

In alcune meditazioni per illustrare il principio che nella vita, in certi momenti, occorre un supplemento di potenza, don Ottorino parla del doppio carburatore della nuova FIAT 1100 che gli era stata regalata. Se occorreva più potenza, magari, o per un sorpasso o su una salita piuttosto impegnativa, bastava premere sull’acceleratore e subito scattava la potenza erogata dal carburatore aggiunto che andava ad integrare quello normale.

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4.L’autore parla ora della Legione di Maria e descrive alcuni casi capitati in certi luoghi, nei quali tutti dicevano: “Sono matti! Non è possibile, non è possibile!”. E invece è stato possibile.
Anche sul piano umano, oltre che su quello spirituale, si deve dire: “Senti, dobbiamo riuscire, mettiamocela tutta!”, e mettere in moto quelle famose energie di cui abbiamo parlato un’altra volta, che abbiamo recondite dentro di noi, e che saltano fuori soltanto quando, nel momento di emergenza, facciamo azionare quel famoso carburatore di cui abbiamo parlato ancora. Quando abbiamo costruito Bosco, quanti tra gli esterni dicevano: “È impossibile!”. Quanti anche dei nostri qui dentro hanno detto: “È impossibile!”. E noi abbiamo detto: “Bisogna farlo, bisogna farlo!”. Ed è stato possibile, e lo si è fatto. Lo stesso è avvenuto per la chiesa, per quest’ala della Casa dell’Immacolata, per tutto l’Istituto. Bisogna che a un dato momento abbiamo anche il coraggio di fare il piano un po’ più grande. Sarebbe come se, per esempio, avendo in tasca mille lire facessi solo il piano per cinquecento lire. Invece dobbiamo avere il coraggio di dire: “Beh, fino a mille lire ci arriviamo; per altre cinquecento speriamo e dopo... eseguiamo”. Mettiamoci un po’ di cervello, specialmente, nel campo spirituale! Non è possibile che facciamo soltanto le solite cose, vivendo di rendita - sono gli impiegati che vivono di rendita! -, ma qualcosina di più. E questo lo riferisco specialmente al campo spirituale, al lavoro spirituale, perché questo coraggio ci deve dare la forza di andare all’attacco e non lasciarci lì a dormire. Perciò se un domani ci troviamo in un centro dell’America o in un’altra parte dobbiamo dire: “Beh, vediamo che cosa si può fare!”, e non : “Ho fatto la mia predica, dunque ho fatto tutto!”. No, vediamo se possiamo fare dell’altro! Più di una volta ci capiterà, dopo essere arrivati a casa, di prendere la macchina un’altra volta per andare in cerca di un’altra pecorella smarrita e dopo vari tentativi tornarcene a casa sconfitti e dire: “Ma no, porca miseria, non sono sconfitto! Vado in chiesa a pregare e torno un’altra volta all’attacco e vediamo un po’. Se non sono capace di prenderlo per il braccio, lo prenderò per una gamba!”. Penso che su questo punto dobbiamo imparare molto dagli uomini, specialmente dagli industriali, i quali non si arrendono e, magari, producono tappi per bottiglie, e si fanno una fortuna. Il vero industriale prova e riprova, finché riesce a creare l’articolo che va e poi, via: non si perde di coraggio! Anche tu, John, quando andavi alla caccia dell’elefante, ti perdevi di coraggio? No, è vero? Era l’elefante che si perdeva di coraggio dinanzi a te!

DOTI UMANE coraggio

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

APOSTOLO vita interiore

APOSTOLO F.A.

MISSIONI vita missionaria

PREGHIERA

DOTI UMANE

MI228,5[29-02-1968]

5.“Succede per queste pretese impossibilità come per i picchi delle Alpi: da lontano sembrano irraggiungibili, fino al giorno nel quale un alpinista più audace scala la prima vetta, poi una seconda, poi una terza, poi... l’ultima. Non è necessario sapere fin dal primo passo che si tenta come si potrà fare il secondo, e tanto meno l’ultimo; basta credere che Dio ci affida l’iniziativa del primo, e che si incaricherà di quanto occorre per la tappa finale”.
È tutto qui: sapere che Dio ci affida questo lavoro da compiere. È la volontà del Signore? Sì! Il Signore mi dà la grazia di fare il primo passo? Bene! Mi aiuterà a fare anche l’ultimo! Sbaglio? Cioè mi devo chiedere: “Questa è un’opera di Dio?”. Se la risposta è affermativa si va avanti con coraggio. Quante volte abbiamo detto qui, in casa, che la preoccupazione nelle nostre decisioni è sempre stata quella di vedere se è un colpo di testa personale o la volontà del Signore, cioè vedere se questa iniziativa è opera di Dio. Per esempio, si tratta di andare a Roque Sáenz Peña, si tratta di andare a Resende: quest’opera da fare è un mio capriccio personale o mi sembra che sia opera di Dio? Perciò bisogna fermarsi per vedere se è opera del Signore. Quando si è sicuri che è opera di Dio, che ha i carismi dell’opera di Dio, e non occorrono miracoli per questo, si parte con coraggio. In seguito, se sarà necessario, il Signore, metterà a posto lui le cose. Insomma, quando avete cercato, pregando, consigliandovi, se è opera di Dio, non vi deve fermare neanche un esercito schierato contro di voi, perché gli altri spareranno e voi vi sederete sopra il bossolo della cartuccia e finirete per correre di più facendo più presto ad arrivare. Un uomo che è preoccupato di fare la volontà di Dio e si mette in cammino, ha Dio con sé, e perciò non può essere fermato. “In nomine Domine laxabo rete”, nel nome del Signore io parto! Quando ho cominciato l’Istituto, io sapevo che era volontà di Dio, e non mi ha fermato nessuno, nonostante che tutti mi dicessero che ero matto. Voi dovete fare altrettanto, in qualunque parte il Signore vi mandi.

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO missione

APOSTOLO uomo di Dio

DIO unione con...

CONGREGAZIONE fondatore

Don Luigi Mecenero si trovava nella Comunità di Resende in Brasile dall’inizio del 1967.

Il riferimento è, forse, a don Giuseppe Rodighiero, entrato da poco nella Casa dell’Immacolata dalla diocesi di Padova.

MI228,6[29-02-1968]

6.Un giorno mi scriveva don Luigi Mecenero , un po’ scoraggiato essendo la prima volta che andava in missione, una letterona che terminava così: “Ecco, l’unica consolazione è che non sono venuto perché ho voluto io; sono stato mandato e perciò vado avanti nel nome del Signore”. Ecco ciò che ha riparato a tutto: “... vado avanti nel nome del Signore!”. Ho preso subito in mano la penna e gli ho scritto una risposta dicendo: “Bravo, coraggio! Sono contento perché dici che vai avanti nel nome del Signore”, e quando si va avanti nel nome del Signore si sfonda.
“Abbiamo una tendenza naturale a qualificare di insormontabile un determinato compito, e a decretare disperato un determinato caso. Che ne sappiamo noi? Dio si compiace di ingarbugliare i nostri calcoli e di confondere i nostri timori”. C’è la tendenza di dire subito: “È impossibile! Gesù, è impossibile! Signore, non si può!”. Il Signore si diverte ad ingarbugliare le cose. Per esempio, andiamo in un luogo, crediamo di trovare tutto pronto, e invece no... è tutto ancora da preparare. Supponiamo che si vada a dir Messa in un posto e trovi che non sono ancora apparecchiate le tovaglie dell’altare, il leggio, le candele, mancano i fiori, manca tutto: ti verrebbe la voglia di mandare a farsi benedire tutto. Non scomponiamoci, facciamo intanto po’ di pulizia, e dopo mezzoretta sarà tutto pronto; nel frattempo arriva la gente. Che volete fare! Il Signore si diverte a ingarbugliare le cose per provare la nostra fede, il Signore è nascosto dentro il confessionale e spia un po’ quello che facciamo... se diciamo qualche parolaccia, capisci, don Giuseppe ? Il Signore si diverte e finge di non avere preparato niente, come si diverte talvolta qualche mamma. Mia mamma, per esempio, si divertiva a non mostrarmi il dolce che aveva preparato e lo nascondeva sotto il secchio. Ricordate quante volte ve l’ho detto? “Sai, Ottorino, non ho preparato niente, non ce l’ho fatta, non ho potuto!”. Ma io sapevo che mia mamma lo aveva preparato, e allora andavo a cercare di qua e di là, finché lo trovavo dentro il piccolo forno o sotto il secchio; da qualche parte saltava fuori senz’altro, perché era impossibile che mia mamma non lo avesse preparato. Mia mamma faceva sempre un piccolo dolce alla domenica e più di una volta ha cercato di ingannarmi, ma non era possibile perché io sapevo che il dolce lo aveva fatto. E così è Dio: molte volte si diverte ad ingarbugliare le cose, perché vuole giocare anche lui un pochino; è un giocherellone, e vuole provare un po’ la nostra fede. Bisogna che sentiamo così il Signore.

MISSIONI vita missionaria

VOLONTÀ

di DIO

DOTI UMANE coraggio

ESEMPI vari

VIRTÙ

fede

AUTOBIOGRAFIA famiglia

DIO stile di...

Cfr. Genesi 22, 8. La lezione giusta è: “ Deus providebit sibi victimam...”.

Il professore Renato Carraro insegnava italiano, latino e greco ai giovani della Casa dell’Immacolata, e aveva un solo figlio maschio di nome Enrico.

Cfr. Genesi 22,17.

Don Ottorino continua unendo insieme l’esempio di Abramo e del professore Renato Carraro.

Piccola collina a nord-ovest di Vicenza.

MI228,7[29-02-1968]

7.“La mano vittoriosa del Cristo s’impadronisce anche delle anime più ribelli, e la storia del colpo di folgore sulla via di Damasco è di tutti i tempi. Non si finirebbe più, se si volesse citare tutti questi prodigiosi interventi della divina misericordia”.
Bisogna confidare in questi interventi prodigiosi della divina misericordia, della bontà di Dio. Vi ho detto tante volte che forse collochiamo il nostro lavoro apostolico troppo sul piano del ragionamento. Quando Abramo saliva il monte con Isacco, questi gli chiese: “Papà, la legna e il fuoco ci sono; e la vittima?”. “Dominus providebit...” , rispose Abramo. Quest’uomo di Dio va a compiere il sacrificio del suo unico figlio che aveva tanto desiderato e per il quale il Signore gli aveva fatto tante promesse. Il Signore chiede il sacrificio: non si discute! Ma pensateci un pochino: il Signore aveva promesso, una donna sterile aveva partorito, aveva ottenuto il figlio, ne ringrazia il Signore, e se lo vede strappare. Immaginate che il professor Carraro avesse soltanto il figlio Enrico: lo educa con amore e quando arriva all’età di dodici o tredici anni... Isacco avrà avuto almeno dodici o tredici anni se aiutava suo padre anche a portare la legna e le cose occorrenti per il sacrificio. Abramo era arrivato all’età avanzata senza figli, aveva solo questo figlio tanto desiderato, e il Signore dice: “Ecco ti benedirò: la tua discendenza riempirà la terra e sarà numerosa come le stelle del cielo...” ; Dio promette un mucchio di belle cose. Poi dice: “Abramo-Renato, prendi il ragazzo, sali sul monte Crocetta e uccidilo!”. Ditemi un po’. E lui: “Signore... Che cosa?”. Ma ti verrebbe da dire: “Signore, hai perduto la testa?”. E invece Abramo prende il ragazzo e sale il monte, e il ragazzo durante il cammino gli chiede: “Papà...?”. “Dominus providebit!”. E arrivati in cima Abramo prepara tutto; il ragazzo piange e lui alza la mano. “Alt, basta!”, gli ordina il Signore. Il Signore agisce sempre così. O voi capite questa lingua oppure sarebbe come se andaste in Brasile e parlaste solo il dialetto veneto. Se andate in Brasile e non imparate il brasiliano, è inutile; è meglio che rimaniate a casa. Andare in Brasile e parlare solo il dialetto veneto? Lasciate che lo parli io, ma voi no, no! Andare in Francia e parlare solo l’italiano: no, bisogna parlare il francese! Se volete essere uomini di Dio dovete ragionare come Dio, parlare come Dio, agire come Dio, altrimenti voi parlate una lingua che non è la lingua di Dio. E la lingua di Dio e il suo agire manifestano che l’opera è di Dio, che vuole essere lui l’artefice, e che perciò fa fare la ginnastica ai suoi uomini. Un momento ti fa salire sul monte... senza che tu ne capisca qualcosa, e improvvisamente appare lui; un altro momento si nasconde e ti dice: “Vieni là che ci sono io!”, ma lui non c’è. Insomma sta qui la bellezza della nostra opera, perché dopo interviene lui. Le opere grandi, meravigliose, le compiono soltanto gli uomini che sono capaci di essere sempre e solo a disposizione di Dio: questi uomini compiono le cose che sembrerebbero impossibili. E allora vedrai uno che, poverino, ha ricevuto soltanto due talenti, però li ha trafficati ed ora ne ha quattro, e con questi quattro improvvisamente diventa il padrone d’Italia; quell’altro che aveva milioni da parte, se li è mangiati al casinò. Che vuoi farci? È così! È la storia di tutti i tempi! “Come sapere che io ho fatto ‘abbastanza’ per quell’anima? Con quale criterio posso misurare la pazienza di Dio?”.

DIO misericordia

DIO stile di...

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

ESEMPI Dio stile di...

VIRTÙ

fede

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

Importante centro sulla statale Valsugana per Padova, ormai quasi alla periferia di Bassano del Grappa da cui dista 2 chilometri.

Mons. Angelo Celadon fu padre spirituale del seminario vescovile di Vicenza dal 1919 al 1930, quando venne sostituito da mons. Luigi Volpato.

A Rosà c’era un seminarietto per i ragazzi delle medie, che poi passavano nel seminario di Vicenza per il ginnasio, il liceo e il corso teologico.

Don Paolo Crivellaro frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso teologico, ma già don Ottorino prevedeva di inviarlo a Roma per specializzarsi in Sacra Scrittura.

Il riferimento è a don Luigi Furlato, che all’epoca era maestro dei novizi, che don Ottorino aveva scelto perché si specializzasse a Roma in teologia spirituale; a don Luciano Bertelli e a don Girolamo Venco, ambedue dell’ultimo anno del corso teologico, per specializzarsi in teologia, a Roma don Luciano e a Milano don Girolamo.

Don Ottorino voleva che anche gli assistenti, che avrebbero ricevuto l’ordine del diaconato, fossero adeguatamente preparati sia in teologia che in Sacra Scrittura.

Don Ottorino naturalmente scherza perché non c’era nessuna università a Saviabona, località povera e popolare della periferia di Vicenza.

MI228,8[29-02-1968]

8.Quante volte desistiamo dall’opera di apostolato verso qualcuno dicendo: “Ah, non c’è niente da fare! Ho provato; ormai non c’è niente da fare, niente da fare!”. Quando è possibile togliere uno dal polmone d’acciaio e dire: “Basta adesso, perché è morto”? Quando è possibile prendersi la responsabilità dinanzi a Dio di dire: “Io non gli rivolgo più nessuna parola, perché ormai non rimane più niente da fare”, spiritualmente parlando?
“Consideratele da vicino, e vedrete che un buon numero di ‘impossibilità’ risultano bell’e possibili”. Tante volte tu vedi dei poveri pretini che non valgono venti soldi, eppure hanno fatto diventare possibile quello che era impossibile. Per esempio, tu vai in una parrocchia: il parroco che a scuola era il primo della classe, resta in quella parrocchia alcuni anni, prova, grida, ma la parrocchia non cambia. Arriva un altro che è pieno di doti, e non cambia. Va un povero prete, con meno doti, ma pieno di Dio perché ha trafficato i suoi talenti, altrimenti non sarebbe pieno di Dio, e nel giro di pochi anni trasforma la parrocchia, e la trasforma in modo meraviglioso. Un esempio: l’esperienza di monsignor Celadon a Rosà. Qualcuno ricorda o ha sentito nominare mons. Celadon? No. Che impronta ha lasciato a Rosà! Ancora adesso la parrocchia vive di rendita. Dopo di lui, c’è stato monsignor Albiero, e dopo monsignor Albiero c’è monsignor Ciffo, e vivono ancora di rendita di questo prete semplice, che non aveva doti, non era laureato, non era nulla, ma era un uomo di Dio, un uomo talmente di Dio che non ne avete neanche l’idea. Una volta la settimana, quando era padre spirituale nel seminario, andava con la sua bicicletta nel seminarietto di Rosà , pacifico e tranquillo. Ma era un uomo di Dio! Il Signore si serve degli uomini, li vuole abbandonati completamente nelle sue mani e, se hanno ricevuto dieci talenti, li vuole con venti. Per il passato io ho insistito su questo punto, e adesso sto lavorando anche per avere uomini laureati. E voi sapete che abbiamo già disposto che il nostro caro Paolino continui gli studi per laurearsi in Sacra Scrittura. Il prossimo anno, mentre don Luigi andrà a spiritualizzarsi e don Luciano comincerà a specializzarsi in teologia, Venco andrà avanti e indietro a Milano per licenziarsi in teologia, e Paolino andrà a Roma per la Sacra Scrittura. Penso che non ve ne dispiaccia, non è vero? Venco dopo lo riserveremo per gli assistenti e allora è giusto che sia preparato, e Paolino lo manderemo all’università di Saviabona a insegnare Sacra Scrittura.

APOSTOLO missione

DOTI UMANE talenti

SACERDOZIO prete

PASTORALE parroco

APOSTOLO uomo di Dio

CONGREGAZIONE missione

Dopo le difficoltà a causa dei contrasti con i familiari San Tommaso si recò a Colonia in Germania dove insegnava Sant’Alberto Magno. San Tommaso era sempre molto raccolto e silenzioso sicché i suoi compagni, alludendo anche alla sua corporatura piuttosto robusta, lo chiamavano il ‘bue muto’. Dopo una disputa teologica sostenuta brillantemente da San Tommaso, Sant’Alberto disse: “Noi lo chiamiamo ‘bue muto’, ma egli con la sua dottrina emetterà un muggito tale che tutto il mondo ne risuonerà”.

A Grumolo delle Abbadesse (VI) la Congregazione possedeva una colonia agricola con campi e animali.

MI228,9[29-02-1968]

9.Io sono il primo a sottolineare la necessità di preparare culturalmente molti altri, ma con i piedi su questo piedistallo; se c’è questo piedistallo bene, ma se non c’è questo piedistallo non c’è niente da fare! A che servirebbero tutte quelle cose? Fa molto di più il Santo Curato d’Ars! Ma se il Signore vuole e il Santo Curato d’Ars e San Tommaso d’Aquino, va bene: faremo anche il Paolino d’Aquino. Speriamo che non sia un ‘bue muto’ e che in seguito non ci dia qualche cornata anziché il muggito di San Tommaso, perché qui dentro possono esserci anche buoi che danno cornate. Non è vero, Paolino? Ad ogni modo è piccolo di statura e possiamo ancora buttarlo fuori della finestra!
Se questi uomini sono nelle mani di Dio, dovrebbero esserlo in modo tale che, per esempio, all’ultimo giorno dei loro studi, prima di essere laureati, dovrebbero essere disposti a dire con santa semplicità: “Senta, se lei crede, se il Signore vuole, se è volontà di Dio che io parta e vada a Grumolo a fare il bovaro per tutta il tempo della vita, sono pronto: eccomi qua, Signore!”. Ovvero: “Se lei crede che io vada nel Chaco a fare il cappellano per tutta la mia vita, sono pronto! Io non ho ambizioni personali, ma solo l’ideale di fare la volontà di Dio”. Con questi uomini, figlioli, si realizza qualche cosa, ma con quelli che hanno sempre delle scusanti... il Signore non sa che cosa fare. Sono carri di letame! Sbaglio? Sono carri di letame per quante doti abbiano! Sono quelli che dicono: “Io sì, ma... Io sì, però... Vorrei vedere, perché sennò...”, cioè vogliono essere loro gli artefici delle loro scelte di vita, perché pensano di avere dei talenti e il dovere di collaborare per trafficare i talenti, ma stringi, stringi, stringi sono pieni di se stessi e hanno il desiderio di essere qualche cosa. Avete il dovere di collaborare grandemente, ma di collaborare per diventare di Dio, interamente di Dio: questo dovete fare! Tutti, infatti, dobbiamo collaborare per questo.

DOTI UMANE scienze umane

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO uomo di Dio

CONSACRAZIONE mediocrità

VIZI superbia

COMUNITÀ

Cfr. Numeri 27,12-14.

MI228,10[29-02-1968]

10.Terminiamo la lettura. Oh, mamma mia, arriveremo fino dove è possibile.
“Questo coraggio è raro...”. Figlioli, si tratta del coraggio di trasformare l’impossibile in possibile; è raro trovare chi ha questo coraggio, ma è necessario, è necessario. Tu parli insieme con tanti apostoli e li trovi scoraggiati, scoraggiati: “Sì, ormai, che cosa vuole? Con i nostri ragazzi ormai non c’è niente da fare... La gioventù ci sfugge tutta”. Trovi spesso apostoli che parlano così. È raro trovare chi ha il coraggio di dire: “Le cose stanno così, ma... coraggio, avanti!”. È raro trovare questo coraggio, però questa parola è tremenda. “Questo coraggio è raro, eppure è comandato”. È raro trovare questo coraggio, ma è comandato. Perciò io e voi abbiamo un comando da parte del Signore di non tornare indietro, di non retrocedere dinanzi a ciò che sembrerebbe impossibile. Se il Signore ti dice: “Le porte sono chiuse, ma tu devi entrare”, arrampicarti sul muro senza esitare un istante e senza avere paura di sbattere il naso e di rompertelo. Se non siete così, cambiate mestiere! Capito? Vi dico: se voi siete sicuri che è volontà di Dio che passiate al di là del muro, voi dovete farlo senza esitare un istante e senza neppure pensare di mettervi in tasca un fazzoletto per asciugarvi il sangue che potrebbe uscirvi dal naso. Perché, sennò, vi capita quello che è capitato a Mosè: ha battuto due volte sulla roccia e per questo non è entrato nella terra promessa. Andiamo!

DOTI UMANE coraggio

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE fedeltà