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IL CORAGGIO ESIGE DISPONIBILITÀ ALLA PENITENZA E ALLE CIRCOSTANZE

 

MI227[27-02-1968]

27 febbraio 1968

Don Ottorino concede un momento di silenzio per facilitare il contatto personale con il Signore.

Il riferimento è a Raffaele Testolin, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Anche per questa meditazione don Ottorino usa il libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editore Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 117-118, sono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Nel testo registrato si ascolta uno scroscio di battimani: forse è entrato don Giuseppe Rodighiero appena laureato, al quale allude subito dopo don Ottorino accennando al “panegirico”.

Sempre nel testo registrato si ascolta un intervento, e poi don Guido, che all’epoca era il direttore della Casa dell’Immacolata, annuncia che gli allievi del corso teologico dovevano recarsi in seminario per la scuola alle otto e mezzo.

Don Pietro De Marchi si trovava all’epoca nell’anno del noviziato.

Era uso che i neolaureati venissero portati ‘in trionfo’ cinti di corone di rami d’alloro e di quercia.

 

MI227,1[27-02-1968]

1.Cerchiamo per un istante di metterci alla presenza del Signore. Procedamus! Proseguiamo con la meditazione sul coraggio che, tradotto in dialetto, caro Raffaele , significa: avere il coraggio di rinnovare il dono di esserci offerti al Signore, cioè di perseverare nell’offerta al Signore. Ci sarebbe da meditare su un altro passo messo qui in mezzo, che io tralascio perché mi interessa procedere, relativo al coraggio della nostra buona mamma, la Madonna . Voi direte: “Tralasciamolo!”. Può darsi che vi torniamo in un altro momento, ma per ora lo lascio da parte perché dovremmo sottolineare aspetti che abbiamo messo in rilievo già altre volte. Tuttavia un pensierino lo si può fare, ed è sul coraggio che, per esempio, la Madonna ha dimostrato nel dire il suo sì, nel mettersi a servizio di Dio senza conoscere praticamente nei particolari quello a cui sarebbe andata incontro ogni giorno... e sul coraggio che ha avuto la Madonna ai piedi della croce. C’è poi in questa pagina un punto che mi è piaciuto tanto. Questa meditazione l’ho fatta ritornando da Crotone, e mi sono soffermato più volte a considerare che la Madonna era preoccupata di una sola cosa: fare la volontà del Signore; il resto non le interessava. L’autore lo dice con queste precise parole: “La sua unica preoccupazione è la fedeltà al proprio dovere. Non si informa né del come né del perché. Il dolore ha trovato Maria sempre in piedi...”. Questo è meraviglioso, meraviglioso! Lei è preoccupata non di... Che tutto sia ad onore di Dio: auguri! Don Guido ci porta la notizia che in seminario c’è scuola per gli allievi del corso teologico. A che ora? Alle otto e mezzo? Sicché dobbiamo abbreviare la meditazione, fino alle otto e dieci: facciamo in tempo se finiamo alle otto e dieci minuti? Coraggio! Noi avremo coraggio. Pazienza! Perdona se adesso non possiamo fare il panegirico; lo faremo in altra circostanza. Intanto ti auguriamo che questa “legna” che il Signore ti ha dato, divenga amore di Dio e che tutto questo ti serva non solo a riscaldare la tua anima, ma ad amare sempre di più il Signore e a farlo amare sempre di più dagli altri. Questo è tutto! Che ti sembra, don Pietro? Questo gli serva ad amare molto di più il Signore e a farlo amare di più dagli altri. E allora, se questo gli serve, vorrei vedervi tutti con la corona di alloro , magari grande così... Procedamus!

CONSACRAZIONE offerta totale

MARIA la nostra buona mamma

MARIA obbedienza di ...

MARIA fede di ...

VOLONTÀ

di DIO

DIO amore di...

DIO amore a Dio

Nel testo registrato c’è una nuova interruzione perché don Vittorio Venturin comunica una telefonata dal seminario con l’avviso che la scuola è sospesa.

 

MI227,2[27-02-1968]

2.Dunque la nostra buona mamma, la Madonna, ha soltanto una preoccupazione: il proprio dovere. A lei non interessa vedere se sul ciliegio ci sono ciliegie o zucche o foglie, ma solo sapere se il Padre vuole che lei salga sul ciliegio. Non mette condizione: “Io devo andare a vedere...”, ma dice: “A me interessa solo sapere qual è la volontà del Padre”. Ed è quella che lei salga. Non è attratta dalle ciliegie, dalla gioia che proverà nello staccare quel frutto, non le interessa che il frutto sia un frutto acerbo o un frutto dolce, ma solo sapere qual è la volontà del Padre. Questo è importantissimo perché molte volte, e vorrei dire la maggior parte delle volte, la volontà del Padre è che la creatura faccia la strada fino alla cima del ciliegio, per ricevere solo punture e basta. Come Abramo, il quale salito sulla cima del monte, ha sentito la voce del Signore: “Basta, sono contento così!”. Forse talvolta dimentichiamo quello a cui ho accennato anche domenica, la grandissima importanza del sacrificio nella nostra vita di cristiani prima e di apostoli poi. Forse dimentichiamo troppo spesso la parola sacrificio, e allora cerchiamo che tutto il nostro operato sia logico, che tutto sia secondo i piani umani. Vogliamo che anche l’apostolato sia condotto sugli schemi umani: cioè noi scartiamo tutto ciò che non è secondo la logica umana e dimentichiamo che proprio il Signore vuole invece così. State attenti! Forse in questi ultimi tempi - forse è il mondo che ci ha portato a questo - stiamo un po’ disabituandoci ad accettare la croce o qualche cosa che costi sacrificio, e diventiamo meno cristiani e meno apostoli. Qui ci vorrebbe un’ora per approfondire questa meditazione che avrei intenzione di affrontare questa mattina e che non abbiamo ancora cominciato.

MARIA la nostra buona mamma

ESEMPI volontà

di Dio

PENITENZA sacrificio

DIO logica di...

MONDO

CROCE

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

La Chiesa tedesca si era impegnata a dare molti aiuti alle Chiese povere dell’America Latina e dell’Africa.

L’Associazione ‘Misereor’ nacque per finanziare progetti di sviluppo sociale nella zone più povere dell’America Latina, mentre ‘Adveniat’ avevo lo scopo di aiutare le parrocchie, i missionari, i seminari e le strutture ecclesiale che direttamente servivano l’evangelizzazione delle diocesi povere dell’America Latina.

Nel suo entusiasmo, forse, don Ottorino sbaglia: forse per cinque centesimi intende cinquanta lire, per dieci centesimi intende cento lire; questa era in media l’offerta che si raccoglieva pro capite nelle Messe festive. In genere, poi, per le spese straordinarie della vita parocchiale, venivano mandate nelle famiglie delle buste per un’offerta più consistente.

 

MI227,3[27-02-1968]

3.Mi ha un po’ impressionato quello che ha detto monsignor Di Stefano dopo la visita in Germania. Qualcuno di voi l’ha forse sentito perché ne ha parlato in lungo e in largo. Ha detto che la pastorale dei vescovi tedeschi è improntata ad uno spirito di penitenza, ma non genericamente, bensì concretamente. Per cui, secondo loro, un cristiano che non fa penitenza, cioè che non si sacrifica anche dando denaro , non si salva. Ma non è soltanto il ricco che deve dare, perché non interessa la grande donazione. Per esempio, la famosa Misereor è nata così, come la Caritas in Italia, e l’Adveniat. Tutte quelle organizzazioni tedesche sono nate non solo per aiutare gli altri, ma in primo luogo per rispondere a questa esigenza penitenziale: “Noi abbiamo commesso peccati. Noi individui, noi nazione, noi comunità cristiana, dobbiamo riparare. E allora dobbiamo fare penitenza dei nostri peccati, dei peccati della comunità, dei peccati del mondo intero, e dobbiamo fare la penitenza concretamente. Perciò dal nostro stipendio dobbiamo prelevare ogni settimana qualcosa che ci costi, perché se non è qualcosa che costa non è vera penitenza. Dobbiamo impegnarci a dare una somma fissa ogni settimana, ogni mese, ogni anno, ma che ci costi, che incida sul nostro bilancio; dobbiamo sentire che togliamo qualcosa di necessario perché, altrimenti, non è accetta, non si saprebbe che cosa farne: vogliamo cogliere il frutto della penitenza”. Mi diceva, appunto, monsignor Di Stefano che non si tratta - ed è questo il fatto impressionante - di una piccola cosa, come facciamo noi, per esempio, il venerdì santo quando facciamo a meno di fumare, o magari fumiamo due o tre sigarette e versiamo l’equivalente di un pacchetto di sigarette. No, no, no: questo è un atto simbolico. In Germania invece si tratta di una cosa che costa ogni giorno, di qualcosa veramente sodo, di qualcosa insomma che pesa. Non sono i cinque centesimi, i dieci centesimi che si offrono nelle nostre chiese; crediamo con questo di avere pagato il contributo, le decime e le usanze. Da noi ci sarebbe purtroppo l’usanza di dare poco, cinque centesimi. Loro invece danno qualcosa che pesa: sarebbe come se si dicesse, per esempio, che chi ha uno stipendio mensile di centomila lire si impegna a versarne diecimila per la Chiesa, per i poveri. Capite che è un 10% e che comincia ad essere qualcosa. E loro fanno così. Noi abbiamo i comunisti che lo fanno: si privano di una parte del loro stipendio... Abbiamo, è vero, alcuni cristiani che hanno capito questo, e cioè che la penitenza deve essere qualcosa che costa, non qualcosa di superficiale. Come quando uno dice: “Beh, va là, facciamo un fioretto”, e ormai si è presa una sbornia e non ne può più. “Facciamo un fioretto”, ed è arrivato all’ultimo bicchiere. Ovvero quando uno ha mangiato un chilo di frittelle dice: “Beh, va là, facciamo un fioretto, rinunciamo all’ultima!”, perché non c’è più posto per alcuna e sarebbe un problema ficcarla giù.

CHIESA cristianesimo

CHIESA Vescovo

PECCATO

PENITENZA

PASTORALE

MONDO comunismo

Erano pastiglie prodotte dalla Ciba. Si trattava di un medicinale che veniva usato come analgesico contro le nevralgie, contro il mal di testa, e come antipiretico. Le pastiglie erano molto amare se sciolte lentamente in bocca.

 

MI227,4[27-02-1968]

4.Non si può concepire una vita religiosa senza penitenza. E vi dico questa cosa mi ha fatto impressione e avrei voluto trattare questo argomento in altra sede, cioè in un incontro domenicale. Ma siamo proprio all’inizio della Quaresima e ho voluto accennare a questo problema, perché mi è venuto spontaneo. Ne ho già preso nota per ricordarmelo. Per il passato abbiamo detto, qui in casa, e volevamo perfino metterlo nei nostri manuali, che sarebbe bene che ognuno facesse ogni giorno qualche sacrificio. Volevamo quasi fissare tre sacrifici volontari ogni giorno nella nostra Congregazione. Dicevamo: perché non si potrebbe fissare tre sacrifici volontari, in modo che ognuno abbia l’obbligo di fare tre sacrifici volontari? Non è così semplice, però bisogna che troviamo il modo di fare qualcosa. Tutte le Famiglie religiose sono partite con un po’ di sacrificio anche collettivo. Non parliamo dei Passionisti che hanno cominciato con l’alzarsi di notte, con il dormire sul pagliericcio, eccetera, eccetera. Noi non facciamo così, caro don Giuseppe, altrimenti moriresti prima del tempo e, allora, addio laurea che resterebbe vedova proprio ai primi giorni delle nozze! Però qualcosa di collettivo, qualche cosa insieme dobbiamo farla. Per esempio, qualche cosa che incida un pochino sulle critiche, sulle mormorazioni... perché quella è la prima penitenza che dobbiamo fare; ma poi anche qualcosina d’altro... Se voi andate al Carmelo di Firenze, voi vedete quelle nostre carissime sorelle che nel periodo di Quaresima, in Avvento e in altre circostanze hanno delle regole strettissime. E perché noi in Quaresima non potremmo fare qualche cosa? Io non voglio suggerirvi niente. Dieci anni fa vi avrei suggerito io stesso, ma adesso ci sono nella Congregazione degli uomini capaci di interpretare la volontà del Signore anche più di me. Ricordatevi, però, che abbiamo l’obbligo di fare qualche penitenza, e questo dovrebbe essere in tutto il tempo dell’anno, come si fa, per esempio, nelle nostre buone famiglie nelle quali i bambini dicono: “No! Oggi è sabato, niente quella cosa; oggi facciamo un fioretto”. Ci dovrebbe essere nella Congregazione qualche impegno nella linea penitenziale che ci accompagni per tutto il tempo dell’anno. Piccole cose, ma qualcosa, come un campanello che ci ricordi che dobbiamo fare qualche atto penitenziale. Poi, in certi periodi dell’anno, come in Quaresima, qualche altro impegno particolare. E questo dovrebbe sorgere spontaneamente da voi e io dovrei frenarvi. Ricordatevi che nei primi tempi dell’Istituto io dovevo frenare qualcuno: nei primi tempi dell’Istituto c’erano dei vasi pieni di cibalgine che si tenevano in bocca per succhiarle e fare penitenza. Ho dovuto comprare all’ospedale civile delle pastiglie al rabarbaro, cioè qualcosa di egualmente amaro che non danneggiasse la salute, in sostituzione delle cibalgine: qualcuno ne succhiava quattro o cinque al giorno, fratelli miei. Ho dovuto frenare qualche altro perché faceva pazzie: andava a baciare l’interno del water per fare penitenza, e questo per vincere se stesso; parlo di qualcuno che è qui in Congregazione. Ho dovuto regolare certi atti di penitenza perché erano un po’ esagerati. Ma state attenti: tra l’esagerazione e il niente c’è in mezzo qualche cosa che non possiamo eliminare perché lo vediamo nella volontà del Signore.

CONVERSIONE Quaresima

PENITENZA

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONGREGAZIONE spiritualità

COMUNITÀ

critica

VOLONTÀ

di DIO

FAMIGLIA

CONGREGAZIONE fondatore

Uccello molto comune nella pianura veneta, dal piumaggio variegato e dai molti colori; si ciba di insetti, locuste e anche piccoli roditori che uccide infilzandoli nelle spine delle siepi.

Cfr. 1 Pietro 5,8.

 

MI227,5[27-02-1968]

5.Una penitenza, per esempio, che troviamo nella nostra buona mamma, la Madonna, è la sua disposizione a salire sul ciliegio e non trovarvi ciliegie; a lei interessa sapere solo se Dio vuole che salga sul ciliegio. Questa disposizione d’animo deve esserci in tutti noi, e consiste nell’interessarsi solo di sapere se quello che si fa è volontà di Dio; il resto non deve interessare. Ognuno impiegherà tutta la sua buona volontà per aiutare il superiore a fare ciò che Dio vuole. Gli può dire: “Senta, secondo me...”, ma poi: “Questa è la volontà di Dio? Sì! Basta!”. Tante disgrazie nel campo apostolico - gente che, come si sente dire a destra e a sinistra, si ribella, vuole andarsene dalla Congregazione, eccetera - succedono unicamente perché i religiosi non sono ancora entrati in orbita, non hanno capito che cosa significa essere religiosi, essere donati interamente al Signore, essere a sua disposizione come un soldato sull’attenti. Un esempio. Il Signore comanda: “Sali su quella pianta!”. E tu: “Signore, è un salice; lassù non ci sono ciliegie!”. “Sali”, e quando vi sarai salito ti dice: “Guarda là!”. Tu guardi e: “Signore, non ci sono frutti!”. “Beh, tu guarda là”, e allora scorgi un nido di averle . “Ebbene, tu porta giù il nido di averle”. Il Signore costuma fare così! “Ma io credevo che mi mandasse a raccogliere frutti e non mi aveva detto che mi mandava a cacciare averle”. Va bene? Qualche altra volta ti fa salire su una pianta dove non c’è niente, ma sotto c’è un ‘leo rugiens’ , e tu dovrai ammettere: “Aaah, io non avevo visto il leone!”. E qualche altra volta non ci sono né nidi di averle né leoni. Non dire mai: “Non capisce niente... Che cosa mi ha mandato a fare là in cima, il Signore? Sono salito e sono sceso... Beh, ho fatto l’obbedienza e basta così!”. Se non vi convincete che... Io vorrei farvi capire che non è un prurito da parte di chi comanda avere della gente che obbedisce. No, perché l’obbedienza più grande dovrete farla più alle circostanze che agli ordini dei superiori. Accettare le circostanze è più difficile che accettare l’ordine di un superiore; ve ne accorgerete nella vita apostolica. Saper vedere la volontà di Dio nelle circostanze in cui vi troverete, sapere accettare così... Per esempio, per noi accettare adesso le circostanze del diaconato con il vescovo, e dover fare tutto e accettare le contraddizioni e dire: “Sì, Signore, sia fatta la tua volontà!”, ma nello stesso tempo fare di tutto per ottenerlo. Quante volte vi capiteranno circostanze analoghe, che dovrete accettare, pur senza rinunciare a ‘fuggire in Egitto’! La Madonna ha accettato la volontà del Signore, ma è fuggita in Egitto, perché il Signore le ha detto: “Fuggi in Egitto”. Non è rimasta a Betlemme perché venisse ucciso il bambino! Eh, scusate: finché abbiamo le gambe buone scappiamo anche noi, scappiamo per avere il diaconato da un’altra parte! Invece quel giorno che la Santa Sede ci dicesse: “Per il momento, no!”, allora da parte nostra non aggiungeremo una parola. Il primo nostro superiore è la Santa Sede, e se essa è d’accordo, bene! Ma il giorno in cui dicesse soltanto: ”Per adesso neanche parlarne!”, basta e non si discute più. Aspettiamo anche cinquant’anni, anche una generazione intera perché questa sarebbe la volontà di Dio. Ma finché là dicono ‘Sì’, e qua dicono ‘No’, noi non siamo autorizzati a condannare e non dobbiamo dire niente, e il Signore comprenderà: abbiamo il dovere prima di tutto di accettare la prova dalla mano del Signore e poi, umanamente parlando, che cosa dobbiamo fare? In altra sede, potremo trattare l’argomento. Questa è proprio la disposizione della nostra buona mamma, la Madonna, questa è la prima penitenza che dobbiamo fare: la totale disposizione alla volontà di Dio. State attenti, fratelli, perché a parole tutti siamo d’accordo, ma in pratica, quando ci troviamo nella circostanza, allora cominciamo a scrollare le spalle e dire: “Ma sì, io... sì, io... qua, io... là!”. Così non combiniamo niente, non combiniamo niente!

MARIA la nostra buona mamma

VOLONTÀ

di DIO

COMUNITÀ

superiore

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE offerta totale

DIO logica di...

CONSACRAZIONE obbedienza

DIACONATO

MARIA obbedienza di ...

CHIESA autorità

 

MI227,6[27-02-1968]

6.Non voglio adesso entrare nei particolari, ma chi è alla testa della Congregazione potrebbe tirarvi fuori molteplici esempi concreti. Noi non siamo qui per andare un domani in giro per il mondo a spargere pettegolezzi, perché pettegolezzi... no, no, no! O voi accettate questa vita religiosa, e allora il vostro passaggio sarà una bomba atomica, un’esplosione che trasformerà il mondo, o voi non la accettate, e allora avremo delle Comunità anche buone, ma dove ogni volta che si va, appena arrivati, si sente dire: “Siete appena arrivati in tempo per mettere a posto le cose!”, e pettegolezzi, pettegolezzi... “Guai se non foste venuti! Guai, guai!”. Voi direte: “Ma che cosa? Ma come?”. Non si tratta di cose grandi, ma guai se non si arrivava in tempo: sarebbe stato un disastro. Questo me lo ha scritto don Aldo sia riguardo all’Argentina come riguardo al Brasile. Perché? Stupidaggini, piccole cose, e si tratta di anime buone in quelle Comunità! Figlioli, non dovete andare avanti con la testa nel sacco. Guardate che questo capiterà anche a voi, e se sentite don Ottorino che grida è per questo, figlioli. Perciò state attenti: o voi siete in questo spirito di disponibilità a Dio oppure è inutile che andiate avanti, perché sarete una croce per voi, una croce per i vostri superiori e una croce per la Chiesa. Se vi donate interamente a Cristo non vi saranno pericoli, perché il cuore voi l’avete già dato al Signore. Se invece non vi donate interamente a Cristo sarete un pericolo per le ragazze che incontrerete. E uno dei vostri confratelli si è trovato in enorme pericolo; non vi dico chi, che cosa o come, ma è stato in un pericolo enorme, enorme, e si è giunti appena in tempo per salvarlo. Sarete un pericolo poi per l’organizzazione interna. E uno dei vostri confratelli è stato lì lì per abbandonare la Congregazione e andarsene altrove. Vi prego, serbatela per voi questa notizia, ma era giusto che ve ne accennassi, perché vi rendiate conto che io non grido per niente, figlioli. Perché a un dato momento la situazione è irreparabile. E sono anime buone, ve l’assicuro, anime buone che, però, non sono arrivate a quel grado di cottura spirituale o a quel grado di spiritualità, per cui a un dato momento ci si mette in orbita. E allora succede, naturalmente, la parabola discendente. Perciò o voi siete arrivati a quella data altezza e allora siete in orbita, e altrimenti abbiamo la parabola decrescente.

CONGREGAZIONE fondatore

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONSACRAZIONE mediocrità

COMUNITÀ

critica

CONSACRAZIONE disponibilità

CROCE

GESÙ

amico

 

MI227,7[27-02-1968]

7.Ora, figlioli, come si fa a mettersi in orbita? Vi metterete in orbita soltanto se agite unicamente per il Signore, solo per il Signore. Agire per il Signore non significa essere delle marmotte. Perché se c’è qualcosa che non va, voi avete il dovere di venire a dire: “Senta, don Ottorino; mi sembra di non capire quella cosa...”. Questo è agire da fratelli, da amici; ma non mugugnare: “Boo, bo, bo...”. È sufficiente una parola di quelle per tradire che non siete in orbita, per tradire voi stessi, per dire che state lavorando umanamente. Bastano due o tre che dicono: “Oh, ecco qua, ecco là...”, basta una frase di questo genere per dire che un domani darete dei grattacapi alla Congregazione e sarete il tormento di voi stessi e degli altri. Se sentite questo povero vecchio che lo fa, ricordate che grida non tanto per queste stupidaggini, cioè per quattro parole che ha sentito, perché queste non gli fanno né caldo né freddo. Penso di essere superiore a queste cose. Grido perché un domani capiterà che la piccola linea di febbre di oggi porterà la tisi, perché quella piccola cosa che oggi è niente, come la nuvoletta di Elia sospesa nell’aria, dopo poco porterà il temporale. E la nostra povera esperienza di vita apostolica, anche se voi dite che i vecchi non capiscono niente, ci permette di vedere la piccola nube che poi causa il temporale. I vecchi dicono: “Eh, quando spunta quella nuvola da quella parte, siamo sicuri che fra poco pioverà”, e non sbagliano, sapete, non sbagliano, perché l’hanno vista tante volte quella nuvoletta. È questa la realtà! Invece potrebbero sbagliare su altre cose, perché non sanno che cosa sia la televisione, la radio... non sanno niente di lauree! State attenti: quella parolina indica che c’è un’anima poco religiosa, un’anima che non vive come la nostra buona mamma, la Madonna, nell’atteggiamento di chi desidera solo fare la volontà di Dio e il resto non conta. Se so che questa è la volontà di Dio, il resto non conta. E allora? Non posso ragionare? No! Tu devi domandare spiegazioni, questo lo puoi fare, ma devi innanzitutto chiederti: “Qual è la volontà di Dio a mio riguardo?”. Vi domandate mai, figlioli: “Sono in cordata giusta?”. Non potete dire che non vi ho detto queste cose.

CONSACRAZIONE fedeltà

CONSACRAZIONE mediocrità

CONGREGAZIONE fondatore

DOTI UMANE scienze umane

VOLONTÀ

Il detto latino significa: “Nessuno è giudice nella propria causa”.

 

MI227,8[27-02-1968]

8.Questa mattina, perché vi ho accennato soltanto a qualche piccolo particolare, vi ho visti subito seri; qualcuno è diventato anche un po’ pallido perché ho accennato a questo. Le stesse cose ve le ho dette in tono diverso altre volte, quando ho insistito che bisogna esser accordati con la nota del dominante. Che cosa dicevo? Le stesse cose, eppure allora vi hanno fatto meno impressione. Se io continuassi su questo argomento e dicessi nomi e cognomi e fatti e particolari, io penso che stanotte qualcuno non dormirebbe per la paura del proprio domani. E invece vi dico: abbiate paura del vostro oggi, non del vostro domani, perché qualcuno è poco preoccupato di essere giustamente incordato. Ricordatevi bene che io visto perlomeno nove o dieci sacerdoti che hanno gettato la veste da quando io sono stato seminarista, ma vi posso assicurare che i nove o dieci che ho visto fare questo non mi hanno meravigliato, perché già da seminaristi non erano accordati bene. Grazie a Dio non ho mai visto finora un seminarista bene accordato che poi abbia gettato la veste. Non so se don Pietro è d’accordo con me su questo. Può succedere una disgrazia, una malattia, un momento di sbandamento. Può avvenire che un domani uno si ammali, e allora, poveretto, la malattia è una disgrazia. Ma tu vedi quel tale che, a un dato momento, perde la testa, commette una pazzia, e va avanti traballando. Chi si è donato veramente, continua la sua donazione; uno invece che tu vedi che si arrampica su per gli specchi, che fa la sua vita, che si costruisce il suo piccolo mondo, che fa la sua santità, non resiste. Figlioli, non potete essere voi gli artefici della vostra santificazione! Non potete voi dire: “Io voglio essere così! Noi dobbiamo essere così! Ma, non è giusto...”. Voi non potete afferrare la mano di chi ha l’obbligo da parte di Dio di portarvi, vorrei dire di cesellarvi; non potete voi afferrare la mano che deve cesellarvi e cesellare voi stessi. Sarebbe la vostra rovina, figlioli! Oggi il dialogo è aperto e va bene, ed è giusto, è giustissimo; oggi i rapporti fra superiori e giovani devono essere improntati a fraternità, ed è giustissimo, e a una fraternità ancora maggiore, se volete. Ma c’è un pericolo enorme: che vogliate essere voi gli artefici di voi stessi. E sta qui la vostra rovina! Perché? “Nemo iudex in causa propria”, risponderebbero forse i dottori. Cari figlioli miei, anche il medico ammalato va da un altro medico e non si fida di se stesso. Quando un medico si ammala, se ha veramente giudizio, si mette come un bambino nelle mani di un altro medico, perché il medico capisce di non essere obiettivo con se stesso. Vi dico di più: il professor Pezzotti, qui a Vicenza, quando sua mamma si ammalava, chiamava sempre il dottor Campesato, perché diceva: “Io sono accecato dall’amore che porto a mia mamma e temo di non essere oggettivo nel giudicarla e nel curarla”, e metteva sua mamma in mano di un suo assistente di ospedale. Perché? “Ho paura; è mia mamma, è mia mamma, capisci, e ho paura di non essere esatto nel curarla”. Ed era il suo professore! Ma è logico, è logico, è logico! Sarebbe come se uno volesse essere il direttore spirituale dell'amico, al quale porta tanto affetto. Che volete: a un dato momento resta accecato, non ha più il coraggio di fare quell’operazione, quell’intervento che qualche volta sarebbe necessario.

CONGREGAZIONE carisma

CONGREGAZIONE fondatore

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONVERSIONE

AUTOBIOGRAFIA seminario

CROCE

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE santità

ESEMPI obbedienza

ESEMPI vita religiosa

Cfr. Mt 28,19-20.

 

MI227,9[27-02-1968]

9.Figlioli miei, vi supplico veramente. Il tempo a nostra disposizione è già passato. Guardiamo alla nostra buona mamma, la Madonna, e rileggo queste parole. “La sua unica preoccupazione è la fedeltà al proprio dovere. Non si informa né del come né del perché. Il dolore ha trovato Maria sempre in piedi: l’anima sua era pronta fin dal primo istante. Non fece alcun ritorno su se stessa: ciò che importava era soltanto la gloria di Dio e la sua dolce volontà”. Figlioli, a questo punto sarebbe pronta la meditazione su “Il coraggio di fronte all’impossibile”. Quando un giovane, che si è donato generosamente al Signore, ha impostato la sua formazione come i tedeschi, in forma penitenziale: “Ho peccato, devo fare un po’ di penitenza per me e per gli altri”, e si mette nell’atteggiamento di chi dice: “Anche se il Signore mi domanda qualcosa che costa, non importa; lo sapevo, devo fare penitenza”, e non si ribella dinanzi alle croci, non si ribella dinanzi alle difficoltà che possono provenire dall’incoscienza o dalla cattiveria di un confratello, ma pensa: “Non importa niente! So che devo fare penitenza!”, quando un giovane entra nel campo apostolico con questo spirito, è capace di avere coraggio anche di fronte a ciò che sembrerebbe impossibile. E guardate che anche a voi il Signore domanderà del coraggio che sembrerà impossibile. “Andate e predicate il Vangelo a tutti gli uomini, a tutti; andate e predicatelo a tutti!”. Ma come si fa? Anche se il mandato che vi darà il Signore sembrerà impossibile, se voi vi siete donati, l’impossibile sarà possibile. Però, ricordatevi che se voi non siete donati, anche le più piccole cose diverranno impossibili e non le realizzerete.

MARIA la nostra buona mamma

VOLONTÀ

di DIO

FORMAZIONE

CONSACRAZIONE religioso

PENITENZA

PECCATO peccatore

CROCE

APOSTOLO chi è

l’

apostolo