Don Ottorino, durante gli anni della II guerra mondiale, andava spesso ad aiutare per le confessioni dei reclusi nel carcere cittadino di San Biagio, anche se lui in verità non era il cappellano ufficiale.
MI194,1 [10-08-1967]
1 Ieri sera, guardando la finale del film che vi è stato presentato, sono stato colpito dalla barbarie commessa contro quel povero uomo. Per noi, che abbiamo assistito alla guerra, non è una cosa nuova, ed è appunto perciò che il pensiero mi ha torturato, perché sappiamo che non si tratta di una montatura cinematografica, anzi, era appena una piccola parte di una realtà tremenda alla quale noi abbiamo ripetutamente assistito fuori della porta di casa. Quando ero cappellano delle carceri e venivano a prendere qualcuno per portarlo ad essere interrogato, tutti sapevamo, il povero disgraziato compreso, che l’interrogatorio significava tortura. Venivano portati a San Michele di Vicenza e là dentro c’era il posto della tortura; e più di uno, se non perdeva la vita, finiva per restare rovinato per sempre a causa delle torture. Più volte io mi sono domandato: dove hanno trovato la forza questi uomini per saper tacere e per non tradire i loro amici, per non rinnegare il loro ideale? Figlioli miei, questi uomini volevano liberare l’Italia dall’occupazione tedesca; in altre parole volevano fare un’Italia nuova, libera, e per questo ideale erano pronti a qualunque sacrificio. Erano perseguitati, vivevano sui monti, vivevano nel continuo pericolo di morte imminente e, quando venivano catturati, accettavano la tortura e anche la morte. Ho detto che avevano abbracciato un ideale, e per questo ideale erano pronti a morire. Però, fratelli miei, c’è un ideale ancora più grande: è l’ideale del Cristo, del Cristo totalmente accettato, che può fare dei martiri più grandi di quelli che noi abbiamo visto nell’ultima guerra. Ed è appunto uno di questi che oggi la Chiesa ci presenta: il diacono Lorenzo.FORMAZIONE
AUTOBIOGRAFIA
VIRTÙ
eroismo
SOCIETÀ
Don Ottorino allude all’istituzione dei sette ministri delle mense, narrato in Atti 6,1-6.
Gli assistenti dell’ Azione Cattolica e degli oratori parrocchiali erano sacerdoti, all’epoca dell’ordinazione sacerdotale di don Ottorino.
MI194,2 [10-08-1967]
2 Un duplice motivo ci spinge questa mattina a fermarci per contemplare la sua figura. Anzitutto ci viene presentato un diacono. La parola “diacono” deve suscitare nel nostro cuore un sentimento di gioia. Il diaconato, istituito nei primi tempi della Chiesa , si è poi fermato per strada. Il diaconato, che già pulsava nel mio cuore e voleva venir fuori ancora nel 1941 e nel 1942, a un dato momento è sfociato dalla bocca del Papa. Noi l’abbiamo sognato prima del Concilio, e durante il Concilio abbiamo seguito con trepidazione tutte le discussioni sul diaconato che, finalmente, con un decreto del Santo Padre, è qui alla porta della nostra casa. Il diaconato fa veramente parte della nostra Congregazione, perché, scusate, vorrei dire che senza il diaconato non sarebbe più la Pia Società San Gaetano. La nostra Congregazione è nata così: sacerdote e diacono. Per tanti anni ho dovuto sostenere questa parola: sacerdote e assistente. Ricordatevi che quando ho scelto la parola “assistente” io pensavo all’assistente ecclesiastico dell’oratorio, all’assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica. Non potendo chiamare diacono questa figura, perché mi avrebbero mandato al Santo Uffizio o forse, chissà, all’Inquisizione, abbiamo trovato una parola che è molto vicina. E allora ecco l’assistente ecclesiastico. Per anni abbiamo ingannato la gente facendo credere che si chiamasse assistente dei muratori o qualcosa del genere, ma, finalmente, è uscita la parola giusta: diacono. La nostra Congregazione è nata così. All’inizio non sapevamo in quale posto saremo andati, anche se abbiamo sempre parlato di missioni, di luoghi dove c’era bisogno di far conoscere Dio, di far amare Dio. Siamo nati con il desiderio di donarci al Signore e di andare dove Dio ci attende. Finché un bel giorno il Signore ci ha detto di non metterci al servizio dei parroci per l’animazione degli oratori per giovani, ma assumendo direttamente e completamente la responsabilità delle parrocchie. Ed ecco allora che il Signore ci ha aperto la strada, quella di prendere in mano le parrocchie, ma in modo nuovo: non con lo stile di una famiglia religiosa, ma in stretta unione con i vescovi e con la gerarchia.CONGREGAZIONE fondatore
CHIESA Papa
CHIESA Concilio
CONGREGAZIONE carisma
CONGREGAZIONE storia
MISSIONI
CONSACRAZIONE offerta totale
PASTORALE parrocchia
CHIESA
Il riferimento è a monsignor Dante Sandrelli, che all’epoca era il vicario generale della diocesi di Presidencia Roque Sáenz Peña nel Chaco (Argentina).
S. E. mons. Costantino Luna, francescano di origine vicentina, era il vescovo di Zacapa (Guatemala).
Il riferimento è a S. E. mons. Pietro Raimondi, vescovo di Crotone, che aveva invitato la Congregazione nella diocesi affidandole la cura pastorale delle zone Sant’Antonio, Fondo Gesù e San Francesco.
MI194,3 [10-08-1967]
3 Per me è stata una gioia grande quando è venuto qui il vicario generale del Chaco e mi ha detto: “Abbiamo tutte le parrocchie in mano ai religiosi, e adesso un’altra? Eh, no! Questi sono dei nostri, questi li consideriamo come nostri, li consideriamo di casa, li consideriamo diocesani: religiosi sì, ma diocesani!”. La stessa cosa mi diceva monsignor Luna quando andai a Zacapa: “Ah, presto verranno i nostri, e allora le cose si risolveranno. Verranno i nostri: sono qui che aspetto i nostri!”. E il vescovo di Crotone, sua eccellenza monsignor Raimondi ha detto: “Crotone è vostra!”. E si è fatto fare il suo piccolo appartamento a San Francesco e dice: “Don Ottorino, quando sarà pronto l’appartamento io mi ritiro e lei manderà uno dei suoi che faccia il vescovo, perché Crotone è vostra, Crotone è vostra”. Fratelli, non si tratta della gioia di dire: “Crotone è nostra!”, ma la gioia che i vescovi ci considerano di casa, non degli intrusi. Era quello che io sognavo da tanti anni, però con una veste nuova. Siamo di Crotone, sì, ma con una veste nuova; siamo di Zacapa, siamo di Resende, siamo di Monterotondo, ma con una veste nuova, una veste evangelica, con uomini nuovi, come abbiamo detto altre volte, uomini di duemila anni fa. Duemila anni fa c’era lo spirito evangelico, duemila anni fa c’erano sacerdoti e diaconi. E allora torniamo con la veste di duemila anni fa e assumiamo la responsabilità delle parrocchie con lo spirito di duemila anni fa: sacerdoti e diaconi.CONGREGAZIONE storia
CONGREGAZIONE fondatore
MISSIONI
CHIESA Vescovo
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa
La Congregazione possedeva a Grumolo delle Abbadesse (VI) una colonia agricola con casa, stalla e campi per pascoli e coltivazioni.
Renzo Meneguzzo, entrato da poco nella Casa dell’Immacolata come vocazione adulta, era diplomato come tecnico agrario.
MI194,4 [10-08-1967]
4 Proprio in questo momento in cui la Chiesa vuole che i laici sentano il loro sacerdozio, sentano che anche loro devono collaborare per la salvezza del mondo, che anche loro devono portare il loro contributo di amore, di fede, di carità, di apostolato, proprio in questo momento appare il diacono che si inserisce nella pastorale parrocchiale e viene a smuovere i laici, a mettere in moto i laici. Fratelli, è una figura nuova! Quando il Santo Padre ha firmato il decreto ha detto: “C’è una teologia nuova sul diaconato che si svilupperà un po’ alla volta”. Fratelli, quando alcuni anni fa a Grumolo venivamo seguiti dall’ispettorato dell’agricoltura, c’erano spesso dei campi sperimentali: si prendeva un campo e si sperimentava una coltura. Chissà poi Renzo , con i sui amici, quante cose potranno sperimentare l’anno venturo... faranno venir fuori addirittura i conigli dalla terra! Chissà che cosa faranno venir fuori! Fratelli, permettetemi che vi dica che la nostra Congregazione dovrà essere un campo sperimentale per il diacono. Proprio dalla realtà della vita deve sbocciare la figura meravigliosa del diacono, che non è il servo del sacerdote, non è il sagrestano, ma il fratello del sacerdote: sono due braccia dello stesso corpo, con due missioni uguali e distinte, perché tutte e due queste persone, sacerdote e diacono, sono chiamate a portare il Cristo in mezzo alle anime. Soltanto che per un certo lavoro ci vuole la ruspa, e per un altro lavoro ci vuole lo scavatore, due macchine distinte: lo scavatore può fare quello che non può fare la ruspa e la ruspa quello che non può fare lo scavatore. Per fare una casa, per preparare un ambiente, ci vuole l’uno e l’altra. Fratelli miei, nella fusione intima tra Gesù e il sacerdote e il diacono avverrà la trasformazione della parrocchia. Non si tratta di mettersi a invidiarsi reciprocamente: “Mah, questo tocca a me... Voglio essere io... Io sono il primo... Io sono il secondo...”. Disgraziata quell’ora quando sorgeranno tra i nostri queste questioni del primato, questioni di una porpora più o meno rossa, di un distintivo più o meno grande! Fratelli, siamo tutti servi. Solo lui, Gesù, solo lui è il Signore! Noi siamo servi, ma veramente servi, e dobbiamo sentirci servi di Gesù, servi delle anime, servi dei poveri, servi degli ignoranti, servi degli ammalati. E allora con questo spirito di donazione, con questo spirito di servitù, con questo spirito di oblazione completa fino al martirio regnerà la carità fra noi, non ci saranno mai questioni sul primato del sacerdozio o del diaconato. Il sacerdote e il diacono sono fratelli che entrano nella parrocchia per dare una testimonianza di amore, di donazione e di oblazione completa. Questo è quello che ci richiama a compiere il diacono Lorenzo.SACERDOZIO sacerdozio dei laici
DIACONATO
VIRTÙ
fede
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
SACERDOZIO prete
APOSTOLO salvezza delle anime
ESEMPI diaconato
GESÙ
unione con...
VIZI invidia
COMUNITÀ
servizio reciproco
GESÙ
CARITÀ
CONSACRAZIONE offerta totale
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
Nel testo registrato don Ottorino cita la parte finale dell’espressione paolina di 1 Corinti 2,2 in latino: “... et hunc crucifixum”.
MI194,5 [10-08-1967]
5 Il diacono Lorenzo, oltre ad aver dato la vita per il Signore in una oblazione di amore e di predicazione, l’ha data anche fisicamente, morendo sulla graticola, nel martirio. Fratelli, restiamo con l’immagine dinanzi agli occhi di quello che avete visto nel film ieri sera, e di San Lorenzo che non cede, che persino si prende gioco dei suoi carnefici dicendo: “Guardate che sono cotto bene da una parte; se volete mangiarmi, voltatemi dall’altra parte!”; l’attore del film ha sputato in faccia ai suoi uccisori, mentre San Lorenzo non sputa in faccia, non maledice, ma riesce persino a scherzare sopra il fuoco. Ho detto prima: come hanno fatto questi uomini a resistere in quel modo dinanzi a tanti tormenti? Avevano un ideale. Fratelli, se vogliamo realizzare la volontà di Dio, dobbiamo anche noi essere presi da un ideale, cioè, in altre parole, bisogna che ci doniamo interamente a Dio, mente, cuore e braccia, che facciamo cioè una oblazione totale di noi stessi a Dio. La nostra intelligenza deve essere donata interamente a Dio; il nostro pensiero dominante dev’essere Dio, dev’essere Dio. E se il nostro pensiero dominante non è Dio, fratelli miei, bisogna fare in modo che lo divenga; e se non siamo capaci che divenga Dio, fratelli, lasciate questa casa, lasciate questa casa! Faremo di più, ve l’ho detto tante volte, in dieci che non in cento, che non in mille. Fra poco più di un mese la Congregazione raggiungerà il numero di cento religiosi: preferisco ritornare a dieci, ma che questi dieci siano come li vuole Dio. Ricordatevi che i primi uomini di Cristo, i primi Apostoli, i primi cristiani avevano un ideale solo: Cristo. San Paolo dice: “Io conosco uno solo, Cristo, “e Cristo crocifisso”.VOLONTÀ
di DIO
CONSACRAZIONE offerta totale
CONGREGAZIONE storia
GESÙ
crocifisso
CONSACRAZIONE radicalità
MI194,6 [10-08-1967]
6 Nella nostra intelligenza non devono entrare altre cose; tutte le cose che entrano nella nostra intelligenza devono essere “per ipsum e cum ipso”, e basta! Io lavoro, io penso, io suono la musica, io ascolto la musica, io leggo un libro, io studio... tutto deve essere “per ipsum et cum ipso”. La mia mente è soltanto per lui, esclusivamente per lui; il centro della mia intelligenza dev’essere la ricerca di lui, la conoscenza di lui. Ah, figlioli miei, ve lo ripeto dinanzi a Cristo e proprio nel cuore della Santa Messa: o avete il Cristo come centro della vostra intelligenza e del vostro pensiero e lo cercate, o abbandonate questa casa! Ve lo dico: abbandonate questa casa! Guardate che è facile seguire il Cristo in qualche modo, è facile darsi al Signore in qualche modo! Non basta, figlioli, fare come fa la gente del mondo: “Vado a Messa alla festa e ho accontentato il prete”, e qui si potrebbe dire: “Vado a Messa al mattino, faccio un po’ di meditazione, bestemmio un po’ di corone... e ho accontentato il regolamento”. No, figlioli, Cristo vuole qualcosa di più. Una congregazione religiosa è qualcosa di più.Voi non siete uomini comuni, non potete essere uomini comuni: voi dovete essere degli uomini eccezionali, dovete essere dei santi, dovete essere dei fari. È questo che Cristo chiede da voi! E questo lavoro lo fate con Cristo, ma lo fate voi; vi ha creati lui, ma, senza di voi, lui non può farvi come vi vuole lui. E guardate che è difficile perché noi abbiamo la testa che ha una fantasia tremenda, abbiamo una testa che va a destra e a sinistra ed è facile che la perdiamo dietro le stupidaggini del mondo. Figlioli, siamo uomini, siamo uomini, ed è facile perdere la testa, e allora al centro della nostra intelligenza mettiamo lui, e solo lui, e le altre cose soltanto al servizio di lui e per conoscere sempre meglio lui. Ho detto donazione dell’intelligenza e donazione del cuore. Che cosa direste voi se vostro papà, più che amare la moglie, la mamma vostra, amasse, per esempio, l’officina? Nel mondo ci sono uomini che qualche volta si ricordano di avere anche la moglie. Si è detto di qualcuno che non si è sposato perché ha sposato la politica per non dedicare tempo alla moglie; qualche altro è talmente immerso nella sua industria che ho sentito più di una signora dirmi: “Mi sono sposata, ma purtroppo, credevo di sposare un marito e invece ho sposato una fabbrica. Per la famiglia niente, completamente niente per la famiglia; ha in mente le cose, gli affari, ma per la famiglia niente: non dà niente alla famiglia”. Voi capite che, scusate la parola, è un marito disgraziato quell’uomo che non dà alla sua famiglia, alla moglie, ai figli il meglio di se stesso.EUCARISTIA S.Messa
GESÙ
centro
CONGREGAZIONE spiritualità
APOSTOLO uomo
GESÙ
sequela
FAMIGLIA coppia
L’omelia è fatta a Bosco di Tretto (VI) durante il periodo delle vacanze estive.
MI194,7 [10-08-1967]
7 E se poi quest’uomo finisce per avere altri amori e perdere la testa, come purtroppo tanti e tanti oggi fanno, per altre donne, per altre creature, capite che è veramente un disgraziato. Uno che dinanzi all’altare ha steso la mano e ha promesso fedeltà a una donna deve avere per primo amore l’amore verso quella donna che è la madre dei suoi figli. Ora, fratelli miei, noi abbiamo un cuore. Avrei potuto anch’io scegliere una donna e scegliere di avere dei figli naturali, ma Cristo mi ha chiamato e io ho steso la mia mano sopra l’altare e ho detto: “Tu, Cristo, sarai l’oggetto del mio amore, e le altre creature le amerò per te”. Voi, la maggioranza di voi, vi siete inginocchiati dinanzi all’altare e, come me, avete steso la mano: non siate adulteri, figlioli, non tradite quell’amore che avete giurato, e guardate che è facile tradirlo. Non lo si tradisce solo commettendo atti impuri, non lo si tradisce solo andando dietro a ragazze o pensando a ragazze: lo si tradisce anche non amando lui come lo si dovrebbe amare. Guardate che è facile amare le cose, amare il piacere, amare la soddisfazione, amare mille altre cosette. Il primo amore deve essere per lui! Nelle nostre case, ringraziando Dio, abbiamo assistito a una cosa meravigliosa: all’amore tra la mamma e il papà. Abbiamo visto - io penso in questo momento a tante vostre famiglie - cose meravigliose: l’amore, la fedeltà... Ebbene, impariamo dai nostri genitori ad essere fedeli interamente a colui che abbiamo sposato. Il nostro cuore deve essere per lui! Qui bisogna proprio esaminarci, fratelli miei, se veramente amiamo il Signore, se lo amiamo almeno quanto il fidanzato ama la sua fidanzata, se veramente lui è il primo e l’unico amore, e se gli altri amori sono legati a questo amore. Ricordatevi che tutti gli altri amori non legati a questo amore sono idoli, sono lacci che devono essere assolutamente allontanati da noi. Offerta della mente, offerta del cuore, offerta delle braccia. Siamo uomini e ci siamo offerti a lui, alla sua causa, al trionfo della sua causa. E allora le mie braccia, e allora le mie gambe, e allora tutte le mie energie fisiche e morali, devono essere a disposizione della sua causa. Fino a quanto? Fino al martirio; se è necessario fino al martirio come l’ha avuto San Lorenzo. Guardate che non è terminata l’ora dei martiri! Guardate che può essere riservata proprio per la nostra Famiglia religiosa la corona del martirio per qualcuno. Guardate che in quell’ora Dio non vi lascerà mancare la sua grazia, però a condizione che voi vi siate donati mente, cuore e braccia interamente a lui, anche se poi la fragilità umana, qualche volta, vi fa fare cilecca, cioè succederà che qualche volta devierete un pochino. Ma se la vostra donazione è totale, mente, cuore e braccia, ricordatevi che nell’ora del martirio, nell’ora della prova, Dio vi assisterà. Non voglio fare il profeta in questo momento, ma volesse Dio concedere questa grazia alla nostra Congregazione! L’ora dei martiri non è finita, e ognuno di noi dev’essere pronto a dare la vita per il Signore. Ma se oggi non siete capaci di rinunciare a qualcosa, se oggi non siete capaci di sforzarvi ad avere Cristo al centro del vostro pensiero, del vostro amore e delle vostre azioni, ricordatevi che un domani, dinanzi alla prova, sarete inevitabilmente dei traditori. E allora preghiamo il nostro grande diacono Lorenzo che quest’oggi è venuto ad allietare la nostra Famiglia, perché era giusto che venisse anche un diacono a visitarci quassù. Dicevano i piccoli veggenti di Fatima: “Vengono tante persone a Fatima, ma il Papa non viene mai. Come mai non viene il Papa?”. Bene, tanta gente viene a visitare quassù il nostro villaggio: quest’oggi è venuto anche un diacono. Ed era giusto che venisse un diacono a trovarci dato che la nostra Congregazione è la Congregazione dei sacerdoti e dei diaconi, dei diaconi e dei sacerdoti. Preghiamo il caro diacono, questa mattina, che ci dia la grazia di essere come lui: di duemila anni fa. Per il resto egli non era del duemila, ma a quel tempo egli era del duemila. Ci penserà poi la Madonna a farci divenire apostoli del duemila.FAMIGLIA
AUTOBIOGRAFIA
GESÙ
CONVERSIONE esame di coscienza
DIO idoli
CONSACRAZIONE offerta totale
CROCE martirio
CONGREGAZIONE spiritualità
GESÙ
centro
PECCATO tradimento