1 Ieri sera, guardando la finale del cinema che vi è stato presentato, sono stato colpito dalla barbarie commessa contro quel povero uomo. Per noi, che abbiamo assistito alla guerra, non è una cosa nuova, ed è appunto per quello che il pensiero mi ha torturato. Perché sappiamo che non si tratta di una montatura cinematografica, anzi, era appena una piccola parte di una realtà tremenda alla quale noi abbiamo ripetutamente assistito fuori della porta.Quando ero cappellano delle carceri, e venivano a prendere qualcuno per portarlo ad essere interrogato, tutti sapevamo, quel povero disgraziato compreso, che l’interrogazione significava tortura. Venivano portati a San Michele di Vicenza, e là dentro c’era il posto della tortura. E più di uno finiva, se non la vita, per lo meno veniva o restava rovinato per sempre per causa della tortura.Ora, io mi son domandato: ma dove hanno trovato la forza, questi uomini, per saper tacere e non tradire i loro amici, per non rinnegare il loro ideale? Ecco, figlioli miei, questi uomini volevano liberare l’Italia dal tedesco; volevano, in altre parole, fare un’Italia nuova, libera. E per questo ideale erano pronti a qualunque sacrificio. Erano perseguitati, vivevano nei monti, vivevano un pericolo continuo di morte imminente; e presi, accettavano la tortura, accettavano la morte. Ho detto un ideale: avevano abbracciato un ideale, e per questo ideale erano pronti a morire.Però, fratelli miei, c’è un ideale ancora più grande: è l’ideale del Cristo, è l’accettazione del Cristo, totalmente accettato, che può fare dei martiri più grandi di quelli che noi abbiamo visto nell’ultima guerra. Ed è appunto uno di questi che oggi la Chiesa ci presenta: il diacono Lorenzo.
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2 Un duplice motivo, questa mattina, ci spinge a fermarci a guardare questa figura.Anzitutto è un diacono che ci viene presentato. La parola diacono, per noi, deve suscitare nel cuore un qualche cosa di gioioso. Il diaconato, istituito nei primi momenti della Chiesa, poi si è fermato per istrada: il diaconato, che già nel mio cuore pulsava dentro lì e voleva venir fuori ancora nel ‘41, nel ’42, che a un dato momento è sfociato fuori dalla bocca perché il Papa aveva parlato, e durante, prima del Concilio, noi l’abbiamo sognato, e durante il Concilio, con trepidazione, abbiamo seguito tutte le discussioni sul diaconato e che, finalmente con un decreto del santo Padre è qui alla porta della nostra casa; diaconato che fa parte proprio della nostra Congregazione, perché la nostra Congregazione, vorrei dire, scusate, senza diaconato non sarebbe più la Pia Società San Gaetano. La nostra Congregazione è nata così: sacerdote e diacono.Per tanti anni ho dovuto sostenere questa parola: sacerdote e assistente. Assistente: ricordatevi, quando ho scelto la parola assistente, io pensavo l’assistente ecclesiastico, non l’assistente dei ragazzi; l’assistente ecclesiastico dell’oratorio, l’assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica. Non potendolo dire diacono, perché mi avrebbero mandato al santo Ufficio, o forse, chissà, vero, all’Inquisizione, allora, bene: troviamo una parola che sia molto vicina. E allora, ecco l’assistente ecclesiastico. Per anni abbiamo ingannato la gente facendo credere che si chiamasse assistente dei muratori o qualcosa del genere. Ma finalmente è uscita la parola giusta: diacono. La nostra Congregazione è nata così.Andare, non sapevamo in che posto; abbiamo sempre parlato di missioni, abbiamo sempre parlato di dove c’era bisogno di far conoscere Dio, di far amare Dio. Siamo nati con il desiderio di donarci al Signore, di andare dove Dio ci attende. Finché un bel giorno il Signore ci ha detto: non al servizio dei parroci prendere in mano gli oratori, non in quel modo o in quell’altro, ma prendere in mano direttamente la parrocchia, completamente la parrocchia. Ed ecco allora che il Signore ci ha aperta la strada: prendere in mano le parrocchie, ma in un modo nuovo, in modo nuovo: non chiusi come una Famiglia religiosa, ma proprio in unione con i vescovi, proprio in unione con la gerarchia.
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3 E per me è stata una gioia quando monsignor vicario generale del Chaco, quando è venuto qui e ha detto: “Abbiamo tutte le parrocchie in mano dei Religiosi, e adesso un’altra? Eh, no! Questi non sono... sono nostri, questi li consideriamo come nostri. Li consideriamo di casa, li consideriamo diocesani; Religiosi sì, ma diocesani!”.La stessa cosa monsignor Luna, quando mi diceva a Zacapa: “Ah, ma presto verranno i nostri, e allora le cose si risolveranno. Verranno i nostri: son qui che aspetto i nostri”.Monsignor di Crotone, sua eccellenza monsignor Raimondi, che ci dice: “Crotone è vostra”. E si è fatto fare il suo piccolo appartamento a San Francesco, e dice: “Quando sarà pronto l’appartamento, Don Ottorino, io mi ritiro e lei manderà uno dei suoi che faccia il vescovo - dice - perché Crotone è vostra, Crotone è vostra!”.Non si tratta, fratelli, della gioia di dire “Crotone è nostra”, ma la gioia che i vescovi ci considerano fratelli, che ci considerano di casa, non degli intrusi. Ed era quello che io sognavo da tanti anni, vero, però con una veste nuova. Siamo di Crotone, sì, ma con una veste nuova; siamo di Zacapa, siamo di Resende, siamo di Monterotondo, ma con una veste nuova, una veste evangelica. Con uomini nuovi, sì, come dicevamo altre volte, di duemila anni fa: duemila anni fa c’era uno spirito evangelico, duemila anni fa c’erano sacerdoti e diaconi. E allora, torniamo con la veste di duemila anni fa: prendiamo in mano le parrocchie con lo spirito di duemila anni fa, sacerdoti e diaconi.
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4 E proprio in questo momento, che la Chiesa vuole che i laici sentano il loro sacerdozio, sentano che anche loro, anche loro devono collaborare per la salvezza del mondo, anche loro devono portare il loro contributo di amore, di fede, di carità, di apostolato, proprio in questo momento ecco il diacono che si inserisce nella parrocchia e che viene a smuovere i laici, proprio a mettere in moto i laici. È una figura nuova, fratelli! Il santo Padre, quando ha fatto quel decreto, ha detto: “C’è una teologia nuova sul diaconato, che si svilupperà un po' alla volta”.Fratelli, quando a Grumolo l’ispettorato dell’agricoltura ci seguiva alcuni anni fa, c’erano spesso dei campi sperimentali, dove si prendeva un campo... E chissà poi Renzo per l’anno venturo, con i suoi amici, chissà, quanto potranno sperimentare: faranno venir fuori addirittura i conigli dalla terra! Chissà che cosa faranno venir fuori!Ebbene, sentite fratelli, permettetemi che vi dica che la Congregazione nostra dovrà essere un campo sperimentale per il diacono. Deve sbocciare proprio dalla realtà della vita la figura meravigliosa del diacono, che non è il servo del sacerdote, che non è il sagrestano, no!... che è il fratello: sono due braccia dello stesso corpo, sono due mansioni uguali e distinte, uguali e distinte. Perché tutte e due queste persone, sacerdote e diacono, sono chiamate a portare il Cristo in mezzo alle anime. Soltanto che, per fare un certo lavoro ci vuole la ruspa, e per fare un altro lavoro ci vuole lo scavatore; sono due macchine distinte: lo scavatore può fare quello che non può fare la ruspa, e la ruspa quello che non può fare lo scavatore. Per fare una casa, per preparare un ambiente, e ci vuole l’uno e ci vuole l’altra.Ora, fratelli miei, ecco, nella fusione intima tra Gesù e il sacerdote e il diacono avverrà la trasformazione della parrocchia. Non si tratta di mettersi lì, uno invidia l’altro, uno: “Ma, questo tocca a me, voglio essere io, io sono il primo, io sono il secondo...”. Disgraziata quell’ora quando sorgeranno tra i nostri queste questioni del primato, questioni di una porpora più o meno rossa, di un distintivo più o meno grande! Fratelli! Siamo tutti servi! Lui, lui solo, Gesù è il Signore! Noi siamo servi, ma veramente servi, e dobbiamo sentirci servi di Gesù, servi delle anime, servi dei poveri, servi degli ignoranti, servi degli ammalati! E allora questo spirito di donazione, questo spirito di servitù, questo spirito proprio di oblazione completa fino al martirio, ecco, con questo spirito regnerà la carità fra noi, non ci saranno mai questioni sul primato del sacerdozio o del diaconato: sono fratelli che entrano nella parrocchia per dare una testimonianza di amore e di donazione e di oblazione completa.Questo è quello che ci richiama a compiere il diacono Lorenzo.
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5 Questo diacono che, oltre ad aver dato al vita per il Signore in un oblazione di amore e di predicazione, l’ha data anche sopra una graticola offrendola nel martirio.Fratelli, con l’immaginazione dinanzi agli occhi di quello che avete vissuto nel cinema ieri sera, e di San Lorenzo che non cede, che persino si prende gioco dei suoi carnefici: “Guardate che sono cotto bene da una parte; voltatemi se volete mangiarmi, se volete cuocermi dall’altra parte!”... L’altro ha sputato in faccia, no? Questo non sputa in faccia, non maledice, ma riesce a scherzare persino sopra il fuoco.Ho detto prima: ma come hanno fatto questi uomini a resistere in questo modo dinanzi a tanti tormenti? Un ideale, un ideale!Ecco, vedete, fratelli, se vogliamo realizzare quella che è la volontà di Dio, dobbiamo anche noi essere presi da un ideale. Cioè, in altre parole, bisogna che noi doniamo interamente a Dio mente, cuore e braccia, cioè una oblazione totale di noi stessi. Vedete, la nostra intelligenza dev’essere donata interamente a Dio. Il nostro pensiero dominante dev’essere Dio, dev’essere Dio. E se non è Dio il nostro pensiero dominante, fratelli miei, bisogna fare in modo che divenga Dio. E se non siamo capaci che divenga Dio, fratelli, scusate, lasciate questa casa, lasciate questa casa. Faremo di più, ve l’ho detto altre volte, in dieci che non in cento, che non in mille. Fra poco più di un mese la Congregazione raggiungerà il numero di cento. Preferisco ritornare a dieci, ma che questi dieci siano come li vuole Dio. Ricordatevi che i primi uomini di Cristo, i primi Apostoli, i primi cristiani, avevano un ideale solo: Cristo! San Paolo dice: “Io conosco uno solo, Cristo, “et hunc crucifixum”.
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6 Ricordatevi bene: noi, nella nostra intelligenza non devono entrare altre cose; tutte le cose che entrano nella nostra intelligenza “per ipsum et cum ipso”, e basta! Io lavoro, io lavoro... io penso, io suono la musica, io ascolto la musica, io leggo un libro, io studio... ma, ricordate, “per ipsum et cum ipso!”. La mia mente è soltanto per lui, esclusivamente per lui. Il centro della mia intelligenza dev’essere la ricerca di lui, la conoscenza di lui. Ah! Figlioli miei, ve lo ripeto qui, dinanzi a Cristo e proprio nel cuore della santa Messa: o avete il Cristo come centro della vostra intelligenza e del vostro pensiero, lo cercate, o abbandonate questa casa! Ve lo dico! Guardate che è facile, sapete, servire in qualche modo il Cristo. Guardate che è facile in qualche modo darsi al Signore. Non basta, figlioli, come la gente del mondo: “Vado a Messa alla festa e ho accontentato il prete”. Qui si potrebbe dire: “Vado a Messa al mattino, faccio un po’ di meditazione, bestemmio un poche di corone, e ho accontentato il regolamento”.No! Figlioli, Cristo vuole qualche cosa di più. Una congregazione religiosa è qualche cosa di più. Non ci attende così, non siete degli uomini comuni, non potete essere degli uomini comuni: voi dovete essere degli uomini eccezionali, dovete essere dei santi, dovete essere dei fari. È questo che Cristo vuole da voi! E questo lavoro lo fate con Cristo, ma lo fate voi. Vi ha creati lui, ma senza di voi lui non può farvi come vi vuole lui. E guardate che è difficile, perché noi abbiamo la testa che ha una fantasia tremenda, abbiamo una testa che va a destra e a sinistra, è facile che la perdiamo dietro le stupidaggini del mondo. Siamo uomini, siamo uomini, figlioli, ed è facile perdere la testa. Al centro della nostra intelligenza lui, e solo lui, e le altre cose soltanto al servizio di lui e per conoscere sempre meglio lui.Ho detto donazione dell’intelligenza, donazione del cuore.Cosa direste voi se vostro papà, più che amare la mamma, la moglie, la mamma vostra, amasse, per esempio, l’officina. Ci sono, sapete, nel mondo degli uomini che qualche volta si ricordano di avere anche la moglie... S’è detto di qualcuno che non si è sposato perché ha sposato la politica, per non aver tempo a star dietro alla moglie; qualche altro è talmente immerso nella sua industria che ho sentito più di una signora dirmi: “Mi sono sposata, ma, purtroppo, credevo di sposare un marito, e invece ho sposato una fabbrica! Per la famiglia niente, completamente niente per la famiglia... Ha in mente le cose, gli affari, ma per la famiglia, non dà niente alla famiglia!”. Voi capite che è un marito, scusate la parola, disgraziato, quell’uomo che non dà alla sua famiglia, alla moglie, ai suoi figli il migliore... il meglio di se stesso.
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7 Se poi questo uomo finisce anche per avere altri amori e perdere la testa, come purtroppo tanti e tanti oggi fanno, per altre donne, per altre creature, capite che è veramente un disgraziato. Uno che dinanzi all’altare ha steso la mano e ha promesso fedeltà a una donna, deve avere per primo amore l’amore verso quella donna, che è la madre dei suoi figli.Ora, fratelli miei, noi abbiamo un cuore. Avrei potuto anch’io scegliere una donna e scegliere dei figli naturali. Cristo mi ha chiamato e ho stesa la mia mano sopra l’altare e ho detto: “Tu, Cristo, sarai l’oggetto del mio amore, e le altre creature le amerò per te!”. Voi vi siete inginocchiati, la maggioranza di voi, dinanzi all’altare e come me avete steso la mano. Non siate adulteri, figlioli! Non tradite quell’amore che avete giurato! E guardate che è facile, sapete, tradirlo! Non lo si tradisce solo commettendo atti impuri, non lo si tradisce solo andando dietro a ragazze o pensando a ragazze: lo si tradisce anche non amando lui come lo si dovrebbe amare. Guardate che è facile amare le cose, amare il piacere, amare la soddisfazione, amare mille altre cosette. Primo amore a lui! Nelle nostre case, ringraziando Dio, abbiamo assistito a una cosa meravigliosa: all’amore tra mamma e papà. Abbiamo visto - io penso in questo momento a tante vostre famiglie - cose meravigliose: l’amore, la fedeltà. Ebbene, impariamo dai nostri genitori ad essere fedeli verso colui che abbiamo sposato, interamente. Il nostro cuore deve essere per lui.Qui bisogna proprio esaminarci, fratelli miei, se veramente lo amiamo il Signore, se veramente, veramente! Almeno lo amiamo tanto quanto il fidanzato ama la sua fidanzata, almeno tanto così! Se veramente è il primo e l’unico amore, e se gli altri amori sono legati a questo amore. Tutti gli altri amori che non sono legati a questo amore, ricordatevi, sono idoli, sono cose che devono essere assolutamente allontanati da noi.Offerta della mente, offerta del cuore, offerta delle braccia.Siamo uomini: ci siamo offerti a lui, alla sua causa, al trionfo della sua causa; e allora, le mie braccia, e allora le mie gambe, e allora tutte le mie energie fisiche e morali, devono essere a disposizione della sua causa. Fino a quanto? Fino al martirio! Se è necessario, fino al martirio come l’ha avuto San Lorenzo.Guardate che non è terminata l’ora dei martiri. Guardate che può proprio essere riservata anche per la nostra Famiglia religiosa la corona del martirio per qualcuno. Guardate che in quell’ora Dio non vi lascerà mancare la sua grazia, però soltanto a condizione che voi, voi, vi siate donati mente, cuore e braccia interamente a lui, anche se poi la fragilità umana qualche volta vi fa far cilecca, cioè qualche volta succederà che devierete un pochino. Ma la vostra donazione, se è totale, mente, cuore e braccia, ricordatevi che nell’ora del martirio, nell’ora della prova, vi dico, - e non voglio fare il profeta in questo momento, ma Dio volesse concedere questa grazia alla nostra Congregazione! - io vi dico, guardate che l’ora dei martiri non è finita, e ognuno di voi dev’essere pronto a dare la vita per il Signore. Ma se oggi non siete capaci di rinunciare a qualcosa, se oggi non siete capaci di sforzarvi ad avere Cristo al centro del vostro pensiero e del vostro amore e delle vostre azioni, ricordatevi, domani, dinanzi alla prova sarete inevitabilmente dei traditori.E allora preghiamo il nostro grande diacono Lorenzo, che quest’oggi è venuto un pochino, vorrei dire, ad allietare la nostra Famiglia, perché era giusto che venisse anche un diacono a visitarci quassù.Dicevano i piccoli di Fatima: “Vengono tante genti a Fatima, ma il Papa non viene mai. Come mai non viene il Papa?”.Bene, tanta gente viene a visitare quassù il nostro villaggio; quest’oggi è venuto anche un diacono. Ed era giusto che venisse un diacono a trovarci, dato che la Congregazione è la Congregazione dei sacerdoti e dei diaconi, dei diaconi e dei sacerdoti. Bene, preghiamo il caro diacono, questa mattina, che ci dia la grazia di essere come lui: di duemila anni fa. Per il resto egli non era del duemila, ma a quel tempo egli era del duemila. Per essere del duemila, penserà la Madonna poi a farci divenire.